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Kylian

A due settimane dalla sfida di Torino, eccoci di nuovo qui: Champions League. Ritorno dei nostri quarti di finale contro la Juventus.  

Non era una sfida da prendere sottogamba. Loro avevano vinto 3-2 la sfida d'andata, pur non facendo grandi cose, e avrebbero fatto di tutto per non farci segnare. Una cosa era sicura però: io ero più che pronto per questa gara. Avevo da poco ritrovato il gol nella sfida di andata, e anche nelle due partite in campionato ero riuscito a far 3 gol tra Clermont e Marsiglia. 

Dovevamo avere più motivazione della Juventus per passare il turno. E da quel che vedevo, il gruppo sentiva molto a cuore questa sfida, poiché senza la Champions sarebbe stata una stagione fallimentare. Non potevamo assolutamente permetterci di sbagliare. Chi avrebbe sentito poi i tifosi? O i giornali? Che avrebbero sparato a zero su tutto l'ambiente? Vabbé. Non volevo neanche pensarci.

Eravamo già in ritiro con la squadra e sentii subito che anche gli altri avvertivano la pressione: per esempio, Ney in campo aveva sbagliato qualche stop di troppo, non da lui. Gini si lamentava per un affaticamento muscolare, credo più per la tensione che per vero sforzo fisico. Anche il mister Pochettino era in ansia ma cercava comunque di spronarci perché sapeva benissimo di essere nell'occhio del ciclone anche lui. 

Io stavo bene. Sapevo quel che dovevo fare. Non c'era nessun problema. Avevo qualcosa da conquistare, da ottenere... E un po' di ansia non poteva sbarrarmi la strada. Inoltre, sapevo di avere delle persone che mi volevano bene, che si interessavano a me, e non potevo deludere  loro. Una di quelle persone era proprio Nafris: Ancora non mi capacito di come sia potuto nascere tutto questo. Da qualche messaggio scambiato, fino ad arrivare a quell'incontro appena fuori dall'Allianz Stadium. Un momento unico, breve ma che mi é rimasto in testa. Avevo stampata nel cervello l'immagine di io e lei abbracciati in quella fredda sera di Torino, sotto quel nevischio e un pullman che a momenti mi lasciava lì. Mi era rimasto impresso il suo sguardo e il suo viso, arrossato per il freddo ma sincero, e lieto di vedermi. E poi quelle parole, quell'amore che sentivo nei miei confronti non era passato inosservato Nafris, stanne certa. Avevo tutta la buona intenzione di continuare a sentirla, a parlarci, e approfondire la nostra conoscenza. Ma purtroppo in queste 2 settimane non ci siamo praticamente mai sentiti: lei non pubblicò neanche una storia dedicata a me, e io non sapevo come poter iniziare a parlare "veramente". Avrei voluto inviarle i biglietti per la gara di stasera, ma non credo che sarebbe riuscita a venire. Inoltre avrebbe dovuto prendere un aereo, e non so se fosse disposta a tutti questi sacrifici. C'era un blocco: come se non trovassi lo spazio contro una squadra tutta chiusa in difesa. Ma allo stesso tempo, sapevo che con un mio cambio di passo potevo arrivare in porta. Ma non volevo affrettare le cose. E soprattutto, ero sicuro che ci saremmo rivisti molto presto, o almeno, ci speravo. Ma questa situazione mi rimbalzava in testa. Soprattutto quando non avevo niente da fare, nel tempo libero. Ero sconvolto dalla mia stessa condizione mentale. Non sapevo cosa fare. Speravo solo di sentirla al più presto...

Nafris

Siamo ad aprile. E la mia maturità si avvicina. Le giornate sembrano volare via. Vanno veloci come Kylian sulla fascia. Proprio a proposito di lui, non ho neanche il tempo per guardarmi le sue partite ormai. Arrivo a casa sempre stanchissima, e non vedo la luce in questo tunnel buio. In generale poi la situazione a scuola non cambiò moltissimo: ero messa da parte da mezza classe, ma almeno con qualcuno ero riuscita ad avere un rapporto minimamente di amicizia. Era Lia, un'altra ragazza che era un po' emarginata non so bene per quale motivo. Avevo però una grande stima da parte dei professori: avevo una bella media, la migliore della classe e forse tra le migliori di tutto l'istituto. Avevo tutta le buone intenzioni di finire al più presto per concludere questo capitolo della mia vita. La scuola: un ambiente che in realtà non ho mai disprezzato. Certo, ci sono stati alti e bassi come in tutte le cose, però non avevo mai avuto problemi soprattutto in Sardegna. Avevo amici, ero felice, non ero messa da parte come qua. A 3 mesi dall'esame invece, mi ritrovo da sola in mezzo a un branco di gente che a malapena ricorderò la faccia o il nome. Per come mi hanno trattata, non si meritano di essere ricordati. In ogni caso, le giornate passavano così: tra una prova dell'esame, fino allo studio intensivo a casa. In poche parole: era proprio un periodo di merda, suvvia. Nonostante tutto, mi ero promessa di vedere la partita di Kiki contro la Juventus. 

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