Washington DC 1 Parte

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Washington D.C.

Brenda, puntuale, alle nove aspettava il gruppo per la visita di Washington DC, con la cartellina in mano e un’enorme borsa piena di libri e appunti. Aveva studiato tutta la notte precedente ed era eccitata all’idea di poter spiegare al gruppo tutte le curiosità della città, a partire dal suo stesso nome, che derivava dal primo presidente della nazione, George Washington, o che gran parte della pianificazione a rettangoli di strade e viali si doveva all’urbanista Pierre Charles L’Enfant, che non riuscì a portare a termine il progetto in seguito a dissapori col presidente Washington.

Molti di loro erano entusiasti nel poter vedere per la prima volta la capitale degli Stati Uniti d’America nel District of Columbia, ad eccezione di Kiki, che c’era già stato qualche anno prima per visitare una mostra sulle Avanguardie, e di Aberdeen, che non dimostrava alcun interesse.

Si era presentato visibilmente assonnato e aveva già messo in funzione il suo costosissimo cellulare dal quale non si staccava mai, aspettando che il suo tablet finisse di scaricare dalla rete un film che avrebbe gustato la sera stessa nella sua suite. Aveva optato per una favolosa camera con vista con tanto di Jacuzzi sul terrazzo. Per i primi giorni si era adattato a condividere la stanza con un altro del gruppo, ma quando toccò a lui la camera singola non badò a spese. Gli accordi presi prevedevano il pernottamento in stanze doppie a rotazione, e perciò a turno, a ciascuno, toccava la singola.

Passando per la hall, il suo sguardo da seduttore era stato attratto dalla receptionist a cui aveva fatto una serie di complimenti sdolcinati, con lo scopo di portarsela al più presto a letto. Si era dilungato così tanto nel corteggiamento da scordarsi che il gruppo lo attendeva. Logan, da persona seria e scrupolosa, glielo aveva fatto notare ma nel ragazzo non aveva sortito il minimo effetto, nemmeno delle banali scuse, visto che si mostrava indolente verso tutto e tutti.

Emily era in piena crisi di sonno, senza trucco, con le occhiaie che toccavano terra, sembrava fosse stata svegliata di soprassalto. I capelli pettinati alla meglio, senza gusto nel vestire, con un foulard verde attorno al collo e una felpa sopra a chiudere il tutto.  Un paio di jeans anonimi, comode scarpe da ginnastica e una borsa messa a penzolare a completare il look improvvisato.

Aberdeen, con sguardo critico, commentò ad alta voce, fissandola con tutto il disgusto di cui era capace: «Ti manca solo un timbro e poi puoi essere spedita.»

«Non farci caso» la rassicurò Amber, che per una volta si era presentata puntuale forse perché la sera prima era andata a letto molto presto.

Emily non disse nulla, rimase al suo posto, ma sarebbe voluta tornare in camera a cambiarsi. Era ovvio che lei potesse non farci caso. Bastava guardarla quella bambolina magra e con le forme al punto giusto, le labbra rosse, i capelli ben pettinati e quella grazia nel muoversi, che emergeva in mezzo al triste aspetto di tante donne che, come lei, facevano di tutto per coprirsi.  Amber era indubbiamente bella, giovane e nel fiore degli anni, non doveva avere nemmeno trent’anni. Emanava un misto di sensualità ed erotismo, tutto ciò che un uomo potesse desiderare, a differenza di lei che si era sempre sentita degna di essere guardata solo da suo marito.

Fece una smorfia a metà tra un sorriso e le lacrime che stava mandando giù a forza, per dire al gruppo che era tutto a posto.

La voce squillante di Brenda, abituata a parlare in pubblico, interruppe i loro discorsi. Il gruppo era al completo e la visita poteva avere inizio. Si sarebbero avvicinati verso il centro della città con le macchine e poi avrebbero proseguito a piedi.

Giunti a destinazione, il traffico cittadino li circondava, tra clacson di autisti spazientiti ai semafori che regolavano il via vai ininterrotto di macchine, lasciando marciare i pedoni che passavano da una strada all’altra, entrando e uscendo dai negozi, per fare una passeggiata, per una tazza di caffè, per un muffin o un panino da consumare in fretta.

La bionda del gruppo non mancava di buttar l’occhio alle vetrine, con un’irrefrenabile voglia di shopping, dalle scarpe, ai vestiti, alle borse. Emily le camminava accanto, preferendo le insegne delle caffetterie con la scritta rossa e ben visibile «Open”, mentre Aberdeen preferiva dilettarsi a cercare le bellezze del luogo, specie se prominenti e giovani. Brenda, scortata da Jacob, come una guida attenta e premurosa, controllava ossessivamente sulla piantina che il percorso che aveva calcolato fosse rispettato nei minimi termini. A chiudere il gruppo Logan e Kiki, che si scambiavano battute su chi avesse mangiato di più a colazione tra uova sbattute, salsicce sommerse di salsa e bacon arrostito, tra il caffè fumante e amaro e un bicchiere di succo d’arancia fresco.

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