Libro 1: 08) Stranezze ospedaliere

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Erano passate un paio d'ore da quando Donato, Francesco e Gerardo avevano salutato Martin e Machi diretti a casa dopo quella nottata da incubo. Donato non poteva non pensare alla paura che aveva provato appena Martin gli aveva comunicato che il loro amico Karim era stato ricoverato in ospedale. Di solito, quando sentiva le parole "amico" ed "ospedale", non poteva che pensare al peggio. Roma era una città strana e pericolosa e poteva accadere qualunque disgrazia, perciò era sempre talmente spaventato che accadesse il peggio alle persone che amava. Dopo gli avvenimenti accaduti a Serena ed a Karim, non poteva non esser preoccupato per la persona a cui teneva più di tutti, Lisa. Non si sarebbe mai dato pace se gli fosse successo qualcosa di grave. Ad un tratto, il flusso dei pensieri fu interrotto dall'amico Gerardo.

« Karim è sveglio da qualche ora e finalmente è orario di visita. Andiamo. »

Senza rendersene conto, le ore erano volate e si erano già fatte le sette del mattino, l'ora delle visite dei parenti o degli amici. Donato non aspettò oltre, si alzò dal divano della sala di attesa e, in compagnia di Gerardo, si diresse verso la stanza del giovane Karim, dove a tenergli compagnia c'era Francesco che aveva dato il cambio a Machi per poter tenere d'occhio il loro compagno. Una volta entrato nella stanza, non potè non buttare un'occhiata alle bende che avvolgevano il braccio di Karim. Martin non gli aveva raccontato i particolari di come si fosse ferito il giovane e lo stesso Donato non aveva voglia di far rivivere quei momenti di panico all'amico, ricordando i dettagli di quella nottata. Gli sembrava già abbastanza assurda la storia del ragazzo che aveva salvato Serena che era accorso per difendere i presenti alla festa, figuriamoci poter pensare che esisteva un essere capace di generare delle fiamme dalle mani. Non doveva pensare a ciò che i suoi amici gli avevano raccontato, altrimenti gli veniva un forte mal di testa. L'unica cosa a cui doveva pensare era al suo amico, che vide vigile e lucido, sdraiato sul letto dell'ospedale.

« Sono contento di vedere che stai bene.. »

« Sono stato meglio. Questa volta ho rischiato grosso. »

Disse con uno strano sorriso stampato sul volto. All'improvviso Francesco si alzò dalla sedia e si incamminò verso l'uscita della stanza.

« Dire che hai rischiato grosso è dir poco.. Hai avuto un culo grosso come una casa per poter stare ancora qui a parlare con noi. »

Francesco tirò fuori una sigaretta dalla tasca e cercò nel giubbotto l'accendino.

« Dove vai? »

« Sono stato due ore qui dentro.. Ho bisogno di una sigaretta. Vado fuori nella saletta d'attesa. »

Esclamò dopo aver trovato l'accendino.

« Ti accompagno.. Con tutto questo stress di oggi mi serve proprio una sigaretta per placarmi l'animo. »

Donato, divertito dalla scena creata da Francesco e da Gerardo per poter fumare usando una scusa decente, si sedette affianco a Karim.

« Martin vi ha detto quello che è successo? »

Chiese il giovane, che temeva che Martin avesse raccontato qualcosa sul suo braccio.

« Si.. Ci ha raccontato del tuo gesto eroico nei confronti di Machi. E ci ha anche raccontato dell'arrivo di un misterioso individuo che vi ha protetti ed ha cacciato il capo della banda. »

Rispose calmo e sereno il ragazzo che studiava archeologia.

« Nient'altro? »

Donato scosse la testa con incredulità, non capiva la domanda posta. Karim, invece, capì dallo sguardo di Donato che Martin non aveva raccontato a nessuno della sua mutazione e del suo braccio destro.

« Devo avervi fatto prendere uno bello spavento. »

Karim si sentì in colpa per aver fatto preoccupare gli altri per la sua salute.

« Ho rischiato l'infarto. Ma l'importante è vedere che stai bene. »

« Stare bene è una parola grossa.. »

Disse toccandosi il braccio bendato che ormai non gli procurava nessun tipo di fastidio o di dolore grazie agli antidolorifici che i medici gli avevano somministrato.

« Quanto è il tempo di recupero? »

Chiese Donato, temendo mesi di fisioterapia e di cure.

« Non lo so.. I medici non hanno fatto in tempo a visitarmi dopo avermi curato le ustioni e le ferite. Quando mi visiteranno saprò dirtelo. »

« È presto detto! »

Donato si girò di scatto e vide una donna con camice verde che li fissava dall'entrata della stanza. Era una donna sulla trentina, con capelli corti e neri a caschetto. Era abbastanza alta, ma anche abbastanza piatta di petto. Donato si accorse del cartellino che portava sul petto e vi lesse "Dr. Daniela Morte". « Nome incoraggiante per un medico. », pensò divertito mentre fissava la dottoressa che lentamente si avvicinava al letto di Karim.

« Devo vedere le ferite e cambiare le fasciature se permetti. »

Disse in direzione di Donato, invitandolo ad uscire fuori dalla stanza. Durante le visite dei medici e le terapie degli infermieri nessuno poteva avvicinarsi ai pazienti. Quindi, Donato, obbedendo alla richiesta esplicita della dottoressa, aspettò fuori nel corridoio per qualche minuto, attendendo l'invito ad entrare. Passati cinque minuti, la dottoressa uscì dalla stanza con un'espressione allibita, quasi come se non stesse credendo a ciò che vedeva. Donato, preoccupato, non aspettò oltre ed entrò nella sala appena la dottoressa si allontanò. Dopo qualche secondo, Donato capì il perché dell'espressione della dottoressa solo vedendo il braccio destro di Karim privo di bende.

« Karim.. Il tuo braccio è.. È.. »

« Privo di ustioni.. »

Karim era sorpreso almeno quanto l'amico. Pensava che, tolte le bende, doveva aspettarsi un braccio quasi completamente lesionato o con evidenti ustioni sulla pelle. Non si immaginava proprio di vedere il suo braccio completamente integro e senza alcuna ferita. Non provava più dolore per le sue ferite, non per merito dei farmaci o degli antidolorifici, ma perché non c'era nessuna ferita.

« Com'è possibile? »

Karim poteva immaginarsi la risposta, che poteva ricollegarsi a ciò che era accaduto alla festa, al tizio che sparava fiamme dalle mani ed al ragazzo chiamato "Soul Silver". Ma, dato che non sapeva di preciso cosa gli stava succedendo, non poteva sapere il motivo di ciò che gli era successo.

« Non lo so.. »

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