⚜Castagna⚜

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I loro occhi sembrano aver visto un dio, i miei invece non si sono mai strizzati così tanto di falsa gioia, le mie gote sono sotto supplizio e le mie gambe sono esauste a forza di girovagare per la sala da un invitato all'altro come un ape in un campo.

Ho incontrato reali di terre lontane e remote, re e regine, principi e principesse, ma il volto che desidero vedere con tutto il mio cuore ancora non l'ho visto.
Occhi dal verde smeraldo all'azzurro stagno, dal grigio tempesta al nero notte, ma nessun occhio castano come il suo, nessuno con i suoi stessi lunghi capelli corvini e mossi come maree sulle larghe spalle di chi trascorre ore nella natura con arco e freccia.
I miei occhi cercano i suoi tra quelli di molti, ci sono molti fiori in questo campo ma io ne sto cercando uno soltanto.

Che non abbia ricevuto l'invito? Giammai. E se il messaggero non fosse davvero giunto alla sua porta? Incompetente.
O se fosse impegnato con altro? Impossibile.

Desidero tanto la sua presenza questa sera, è passato tempo dall'ultima volta che ho sentito la sua voce, e quasi quasi me la sto dimenticando.

«Eledhwen»
Una voce chiama allegra il mio nome e io accecato e stordito dal forte pensiero che si tratti proprio di lui, mi volto e lo chiamo per il suo nome.
Purtroppo però, erro, non si tratta di chi pensavo, il mio cuore rallenta deluso e la mia gioia vien soffiata via assieme il sorriso. Il mio entusiasmo resta ma non fiammeggia più come attimi fa.

«Eledhwen»
Mi abbraccia gioioso e contento mio zio Hebe, avvolgendomi in uno stretto e soffocante abbraccio, i miei stivali s'innalzano dal pavimento mentre sono tra le sue grandi braccia e il mio petto si ferma premuto al suo.
«È bello rivederti, mio caro nipote»
Dice rimettendomi giù.
«Lo è anche per me, zio Hebe»
«Ci dispiace tanto per tuo padre. Tua madre ha fatto bene a dare questa festa, c'era un po' di tensione tra i regni dopo la morte di mio fratello»

Dice agitando lentamente il bicchiere di vino dandone poi un sorso, e mentre se lo gusta solleva lo sguardo verso le luci dei candelabri.
Gli occhi suoi sono proprio come quelli di mio padre, marroni caldi come villo di cavallo e le ciglia corte e scure. È un'amarezza guardarli e pensare a lui, ma è anche una leggera gioia trovarlo ancora vivo.

Sopraggiunge poi alle sue spalle la mia cara cugina che non vedevo da molto tempo, e la vista di lei mi rallegra un po' l'animo e mi distrae dallo sguardo di Hebe.
«Eledhwen, come stai?»
Domanda avvolgendomi nel suo pungente profumo di plumeria, il suo corpo è cambiato ed è quello di una donna oramai, il mio petto dacchè contro il suo sente bene che non è più la bambina con cui giocavo ad andare a caccia e ha catturare le colie gialle in giardino.
Tuttavia non è affatto cambiata dall'ultima volta che l'ho abbracciata, porta ancora lo stesso taglio corto e netto di capelli e non si libererà mai della collana di sua nonna: un meraviglioso rubino incastrato in un anello dorato che si sposa con il colore delle sue labbra e delle sue gote.

«Sto bene, e tu?»
Le chiedo.
«Io sto bene, ma tu? Tu stai davvero bene?»
«Certo, non preoccuparti»
Rispondo, ma lei ancora preoccupata porta le mani sulle mie spalle e conduce gli occhi dritti ai miei.
«Sei sicuro? Vuoi parlare un po' con me? È da un sacco che non ci vediamo»

«Ti dico che sto bene»
Marchio sollevando le sue mani dalle mie spalle.
«Va bene, vado a salutare mia zia allora»
Conclude prendendo passo con suo padre verso la regina, li saluto entrambi prima di avviarmi verso il mio trono e li guardo di tanto in tanto man mano che si perdono tra la folla.

Raggiungo il mio trono e vi ci siedo esausto, sento le gambe già deboli e la corona comincia a pesare sopra il mio capo.
Sospiro e incrocio le gambe, la mia schiena perde sostegno e si lascia andare, il mio umore pende come il sorriso sul mio volto e la mia voglia di restare si prosciuga più in fretta del mio bicchiere.

Il principe azzurro è gayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora