Mikey, l'ho distrutto, non è così?

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Frerard suonava bene. Beh, non ci sarebbe stato nessun "Frerard". Ridacchiò, sentendosi ancora di più una quattordicenne in preda agli ormoni. Non che lui non fosse in preda agli ormoni, ma era tutt'altra cosa.

La risatina tornò pianto, e si abbandonò sul pavimento freddo, guardando il soffitto, desiderando ardentemente di non essersi mai preso una sbandata per Gerard.

Ma ciò che è fatto è fatto, giusto?

Ciò che si è rotto si è rotto, ed è difficile riaggiustarlo. E in mezzo al petto sentiva una spaccatura.

Si tastò il torace, temendo di trovarci davvero un lungo e profondo taglio, e quasi fu sorpreso quando constatò che era tutto a posto.

Tutto a posto.

Passò un'ora. Un'ora e mezza. Si addormentò per circa venti minuti, e quando si svegliò la sua pelle tirava e sentiva un sapore amaro e salato in bocca.

Dopo un'altra ora, sentì la porta del piano inferiore sbattere.

Il battito cardiaco aumentò, un flusso di speranza riempì le sue vene.

«Frank?»

Non rispose. Sapeva che era in camera, a che serviva chiedere?

«Frank, sei qui?»

«Sì, pa', sono su.»

«La cena è pronta tra dieci minuti.»

Roteò gli occhi. Idiota, certo che non era Gerard. A lui non importa, ricordi?
Era ora di tirarsi in piedi, e darsi una sistemata.

Quado si alzò, percepì un vuoto mai provato prima, ed emise un verso strozzato.

Si disse di non farci caso.

Andò verso il bagno, e si guardò allo specchio.

Gli venne voglia di piangere di nuovo.

I suoi occhi erano rossi e gonfi, si sentiva appiccicoso, tutto in lui gridava "sto una merda".

Si sciacquò il viso, scacciando via il pensiero di Gerard, e per una frazione di secondo ci riuscì. Solo per quella frazione di secondo, ovviamente.

Tremava tutto, e non sapeva se fosse per il freddo, la delusione, la sensazione di vuoto o la tristezza.

Probabilmente un misto.

Scese le scale, strascicando i piedi.

Si sarebbe volentieri lasciato cadere, chi lo sa, magari la testa gli si sarebbe spaccata e sarebbe morto sul colpo, o magari, gli sarebbe toccato un trauma cranico e avrebbe perso la memoria. Quanto desiderava un lavaggio del cervello, in quel momento.

Raggiunse la cucina.

Suo padre era lì, con il suo giornale perennemente in mano.

L'aveva sempre con sé, per quel che Frank ne sapeva. E si domandò quante diavolo di volte lo rileggesse, o in alternativa, quanto fosse dannatamente lento.

Si sedette, e l'uomo gli posizionò un piatto di pasta davanti.

Non aveva voglia di mangiare. La forchetta pesava come un macigno.

Il silenzio era palpabile.

«Allora, come va?» chiese dopo un po', sperando di catturare l'attenzione del figlio.

«Bene.» Disse. Era palesemente una bugia, ma sinceramente, non aveva voglia di esporre le sue emozioni, per di più a una persona che le avrebbe ritenute sbagliate. E in ogni caso, parlare gli avrebbe solo allargato la voragine che stava devastandogli il petto.

I'm not o-fucking-kay.Where stories live. Discover now