Cassiopea

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Monza


Vega tamburellava con le dita sopra il poggiolo della poltrona su cui era seduta, seguendo una melodia presente solo nella sua testa e a cui avrebbe attribuito volentieri il titolo 'Ansia'.

Il giorno prima era riuscita a parlare con suo padre Chris, il quale le aveva ribadito per l'ennesima volta che lei non avrebbe potuto ricoprire alcun ruolo per il momento all'interno del team. Di conseguenza si sarebbe dovuta arrendere ad essere semplicemente una spettatrice passiva di ciò che accadeva attorno a lei.

Ma, dal momento che il sangue Horner scorreva anche nelle sue vene, non si sarebbe arresa così facilmente.

E così eccola di nuovo lì, in sala d'attesa nel motorhome Red Bull, ad aspettare di essere ricevuta dal padre. Il quale probabilmente stava ritardando appositamente l'incontro perché non aveva nient'altro di nuovo da dirle. Ma Vega era convinta che prima o poi per sfinimento avrebbe vinto, ottenendo un ruolo e non sentendosi più come un fastidioso soprammobile spostato un po' ovunque perché non si sa bene dove appoggiarlo.

"Anche tu devi parlare con Chris?".

La ragazza si voltò con la salivazione azzerata, mentre guardava Pierre avvicinarsi a lei. Com'era possibile che fosse sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato?

"Sì, esatto. Mettiti in coda" ribatté lei freddamente, spostando lo sguardo. Ma Pierre le si sedette accanto, aumentando la sua pressione sanguigna. Non perché fosse particolarmente eccitata dalla sua vicinanza, ma perché avrebbe volentieri voluto tirargli un pugno.

"Ieri sera eri al Velvet, vero?" le chiese lui, prendendola in contropiede. Vega si voltò lentamente verso il ragazzo, cercando di comprendere il tono della sua domanda. "Sì" rispose semplicemente, dando modo a lui di proseguire. Pierre sospirò, come se gli costasse fatica affrontare quel discorso "Perché non mi hai salutato? Ci sono rimasto male. Certo, non siamo magari migliori amici, non siamo mai riusciti a parlare civilmente ma...in fondo ci conosciamo, perché mi hai ignorato? E non dire di non avermi visto, perché sappiamo benissimo entrambi che non è così".

"Per lo stesso motivo per cui tu non sei venuto a salutare" ribatté Vega tranquillamente, per sottolineare che era lui quello in colpa. "Diciamo che Phoebe mi ha fatto intendere che non fossi il benvenuto" ridacchiò a disagio Pierre, grattandosi la testa. "Allora hai inteso bene" rispose lei con tono piatto.

Non riusciva a comprendere per quale ragione Pierre stesse affrontando una discussione simile. Si erano entrambi guardati intensamente la sera precedente, ma dopo qualche istante tutti e due avevano spostato lo sguardo tornando a concentrarsi solo sui loro compagni di serata. E non c'erano più stati scambi di occhiate. Quindi era perfettamente chiaro che nessuno dei due desiderasse parlare all'altro. Per quale motivo ora Pierre invece si stava lamentando?

"Però tu saresti potuta venire a scambiare due parole da me- continuò il francese- del resto conosci Phoebe da un giorno, mentre in teoria io e te ci conosciamo da anni" "Eri in ottima compagnia, perché avrei dovuto interrompere la vostra serata?" sbottò Vega, guardandolo indispettita, come per accertarsi che fosse serio. Ma cosa gli diceva il cervello, davvero pensava che lei potesse mettersi in ridicolo davanti a Charles e a quella mandria di modelle andando a parlare con un ragazzo che nemmeno si ricordava di lei? Tutto ciò era follia, follia pura.

"Ah, erano le ragazze il problema?" abbassò la voce Pierre, chinandosi verso di lei gongolando felice per la risposta che aveva ottenuto. Vega si morse la lingua, maledicendosi per parlare sempre senza riflettere. "Per quale motivo avrebbe dovuto esserlo?" chiese sollevando un sopracciglio.

Lyrae (seconda parte)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora