Delphinus

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Singapore


Charles spalancò le porte del reparto che Pierre gli aveva indicato per messaggio.

Con il cuore in gola si guardò attorno, per individuare l'amico. Odiava gli ospedali da quando suo padre si era ammalato. Cercava sempre di evitare di entrarvi, non riusciva a dimenticare il suo volto sofferente soprattutto nei suoi ultimi giorni di vita. Mentre camminava nel freddo corridoio bianco tutto il dolore accumulato in quel periodo non faceva altro che riaffiorare e colpirlo alla schiena come mille taglienti spine, che si conficcavano nella sua pelle lasciandolo senza respiro.

Ma in casi come questo, doveva cercare di superare il suo trauma per essere accanto a chi stava peggio di lui in quel momento.

Appena vide Pierre seduto scompostamente sulle sedie della sala d'attesa, accelerò il passo per raggiungerlo. Mentre si avvicinava scorgeva sempre di più sofferenza e stanchezza dipinte sul suo volto.

"Sono arrivato il prima possibile! -esordì attirando l'attenzione del francese e sedendosi accanto a lui appoggiandogli una mano sulla spalla- come stai?". Si morse immediatamente la lingua per una domanda tanto stupida. La gente negli ospedali non sta mai bene, né chi vi è ricoverato né chi assiste qualche paziente. Ma era l'unica cosa che gli era venuta in mente in quel momento.

Pierre scosse la testa "È ok. Insomma, non ci sono io disteso su quel letto quindi sto bene fisicamente. Mentalmente è tutto un altro discorso". Charles annuì debolmente con il capo, appoggiandosi allo schienale della sedia rigida. "Vega dov'è?" chiese poi, temendo la risposta. "È dentro con lui" replicò Pierre indicando la stanza con la porta chiusa davanti a loro, mentre la sua voce tremante tradiva quanto la situazione lo destabilizzasse.

"So che non è il momento- iniziò Charles voltandosi verso l'amico e sporgendosi verso di lui- ma devo dirtelo. Non posso più reggere questa finzione della tua amnesia, credo che anche tu abbia compreso come questo gioco si sia spinto un po' troppo oltre. Devi essere sincero con Vega, dirle la verità. Magari si arrabbierà, ma presto capirà il motivo e ti perdonerà. Io non posso più coprirti, non ci riesco. Ho paura di tradirmi in continuazione e non voglio svelare la verità prima di te. Sei tu che devi farlo". "Sì, non è decisamente il momento" ribatté semplicemente Pierre, continuando a guardare fisso davanti a sé, come se potesse perforare quella porta chiusa solo con lo sguardo.

Charles sospirò, lasciandosi ricadere all'indietro. Non sapeva cos'altro aggiungere e forse era decisamente meglio che smettesse di parlare, dato che sembrava peggiorare la situazione ogni volta che apriva bocca. "Grazie per essere qui, comunque. Non eri costretto a venire" mormorò Pierre, probabilmente vergognandosi della sua reazione di qualche istante prima. Charles abbozzò un sorriso, mettendo una mano sull'avambraccio del francese e stringendolo per dargli conforto "Sai che non ti lascerei mai solo, soprattutto se sei in difficoltà. Basta chiamare e io arrivo".

Pierre annuì con il capo, poi scoppiò in una risata nervosa e quasi isterica, voltandosi appena verso l'amico "Ti rendi conto di quanto io sia diventato patetico? Sul serio, penso di non aver mai raggiunto un livello simile prima d'ora. Ci credi che ho interrotto il mio quasi appuntamento con Vega per accompagnarla qui in ospedale dal ragazzo con cui lei doveva uscire a cena? Mi faccio pena da solo. Dio, come sono così ridicolo". Charles gli scompigliò i capelli con un tocco leggero, mentre lui affondava il suo volto tra le mani, come per nascondersi dalla vergogna che provava verso sé stesso. "Hai fatto la cosa giusta, invece. Ti rende onore" gli sussurrò per confortarlo, anche se era certo che in quel momento a Pierre importasse di tutto tranne che dell'onore.

La porta del reparto ospedaliero si aprì di nuovo, rivelando Chris Horner e Helmut Marko, ancora in divisa Red Bull.

Si avvicinarono velocemente alla coppia di piloti, rivolgendo un breve cenno di saluto a Charles e concentrandosi poi su Pierre. "Dov'è Alex?" chiese immediatamente Chris, puntando i suoi occhi dritti verso il ragazzo. Il francese indicò con un cenno del capo la stanza davanti a loro. "È cosciente?" domandò Helmut, rivelando la tensione che provava. Pierre era sicuro di non averlo mai visto lasciarsi sfuggire la minima emozione. Perfetto, erano davvero tutti così preoccupati per il suo nuovo rivale? Si limitò ad annuire nuovamente con la testa per rispondere all'austriaco.

Lyrae (seconda parte)Where stories live. Discover now