Il principe azzurro è gay

By TheRabbitWriter

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✨IN FASE DI PROFONDA CORREZIONE✨ In un'epoca medievale, eppure non così diversa dalla nostra, un giovane fanc... More

⚜C'era Una Volta⚜
⚜Fiato corto⚜
⚜Tuorlo⚜
⚜Cuore, mente & stomaco⚜
⚜Baci sotto il salice⚜
⚜La vera luce del giorno⚜
⚜Camelia appassita⚜
⚜Garofano⚜
⚜Giacinto rosso⚜
⚜La collina⚜
⚜Iris⚜
⚜Europhanelle⚜
⚜Lavanda⚜
⚜A polmoni pieni⚜
⚜Albume⚜
⚜Cuore, mente & spirito (pt.1)⚜
⚜Preghiere udite⚜
⚜Il fiume mi ha condotto⚜
⚜Vent'anni sotto le stelle (pt1) ⚜
⚜Vent'anni sotto le stelle (pt2) ⚜
⚜Vent'anni Sotto Le stelle (pt3)⚜
⚜Molte sono le stelle⚜
⚜Sulle orme del pastore⚜
⚜Diaspro & il gregge⚜
⚜La punizione del pastore⚜
⚜Presso il lago curuleo⚜
⚜Magra & sottile speranza⚜
⚜Palato amaro⚜
⚜Giacinto porpora⚜
⚜Piccolo agrifoglio⚜
⚜Un fior di Anemone (pt 1)⚜
⚜Un fior di Anemone (pt 2)⚜
⚜Dente di leone⚜
⚜Principessa Calendula⚜
⚜Malva, l'amore di mia madre⚜
⚜Castagna⚜
⚜Mietitura⚜
⚜Glicine, a te il mio sorriso⚜
⚜Erica bianca⚜
⚜Adonide⚜
⚜Fior di loto⚜
⚜Ortica viola⚜
⚜La montagna⚜
⚜Bethelthea⚜
⚜Confronto⚜
⚜Manto azzurro⚜
⚜Baci per dimenticare⚜
⚜Mughetto⚜
Ringraziamenti

⚜Cuore, mente & spirito(pt.2°)⚜

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By TheRabbitWriter

Le mie orecchie hanno udito e sono state saziate di cose di cui mai avevo sentito parlare, la mia mente è stata persuasa d'immagini e pensieri, e gli occhi miei non si sono mai allontanati dalle labbra di Ettore e dalle scritture su cui scorreva il dito.

"Questa è la buona notizia".

Ha dichiarato, e io l'ho ricevuta.

Purtroppo però, ho ancora così tante domande, così tanti dubbi e pensieri da risolvere, ma il sole si è innalzato ancor prima che Ettore potesse darmi tutte quante le risposte, in compenso però, mi ha dato un piccolo "vangelo" contenente il testo sacro, gli umani chiamano questo manoscitto religioso "la Bibbia" o "La parola di Dio".

Resterà nella tasca del mio pantalone, ne leggerò le pagine quando ne avrò il tempo, la pazienza e la fame.

Nel frattempo però, dal momento che Edoardo non è ancora uscito, nell'attesa sfiorerò alcune paginette per nutrire i miei occhi e la mia curiosità.

La copertina del libro dichiara che contiene un testamento nuovo, mi domando a chi sia attestata questa piccola grande eredità.
Sfogliando le esili pagine del libretto, un'ombra insorge dietro di me, la luce del sole che prima mi ricopriva lungo le gradinate ora non c'è. Dunque mi volto, e mi trovo alle spalle il giovane Edoardo, in piedi con la testa chinata al libro.

«Sei pronto? Possiamo andare?» Domanda.
«Sì, andiamo» rispondo alzandomi e mettendo il testo nella tasca.
«Da dove l'hai presa?» Chiede sorpreso mentre mi sistemo il cappuccio sopra la testa, Ettore mi ha raccomandato di nascondere le mie orecchie dagli abitanti del villaggio per evitare di essere oppresso e tormentato.

«Me lo ha dato tuo zio»
rispondo, egli erplesso aggrotta la fronte e prende passo.

«Aspettami»
gli ordino, ma il giovane avanza  senza alcun minimo riguardo.

Ammiro come i suoi lunghi capelli scuri legati in un nastro turchino  accompagnano il suo cammino, vederlo così di spalle e non di volto, pare davvero una minuta fanciulla. Non mi faccio colpa di averlo confuso per tale quando l'ho sorpreso nella stanza, inoltre indossava una gonna e il suo viso benché ancora molto giovane e liscio, non dona a lui un aspetto maschile.

Tuttavia, mi sto ancora chiedendo perché portasse addosso quella lunga gonna.

È per caso lecito farlo nella loro cultura? Credevo che tale atto fosse abominevole e vergognoso, ma forse gli umani hanno diverse mentalità e credenze.

Mentre il giovane avanza verso il cancello, il suo sguardo viene rapito da qualcosa in movenza sul lato dello steccato. Il suo capo si alza e con la testa si volta a destra, mi volto per la stessa direzione per guardare quel che anche lui sta guardando.

Tre uomini in cammino attorno allo steccato del cortile, colpiscono i nostri sguardi, aggirano la sequela di pietre varcano per il cancello, per poi procedere dritti verso di noi.

Se sono solo tre semplici fedeli che si stanno recando insieme innanzi all'altare del Signore per riconoscerlo, Edoardo non li starebbe a fissare con tale scrupolo, anzi, avrebbe continuato a camminare senza dar loro alcun riguardo.
Al contrario però, il ragazzo si mostra leso, porta un piede indietro come se volesse allontanarsi dai tre, ma non fa neppure in tempo a voltarsi che uno di questi evoca il suo nome.

Non percependo buon vento soffiare, scendo alcuni gradini e avanzo di poco verso il quartetto. Nondimeno nessuno di quei uomini pare voler fare del male a Edoardo, e lui stesso non si atteggia come uno che è circondato dal male. L'uomo in mezzo, nonché il più alto e robusto, una volta giunto dal ragazzo, gli sorride e gli posa la sua grande mano sulla testa, facendola sembrare un chicco d'uva.

«Buongiorno, Edoardo, come stai?»
Chiede sorridendo, il fanciullo resta immobile e dopo che l'uomo leva la mano dalla sua testa, risponde.
«Sto bene, Albert, grazie»

Mantiene lo sguardo basso, tiene entrambe le mani serrate, strozza la stoffa della sua veste e la sua voce trema.

L'uomo, chiamato Albert, sposta una ciocca di capelli dal volto del giovane e conduce le labbra al suo orecchio per sussurrargli qualcosa.
Improvvisamente Edoardo inizia a tremare come l'esile gambo di una spiga di grano scossa dal vento, io benché lontano dai due, non posso udire quel che Albert gli stia dicendo all'orecchio, ma qualsiasi cosa sia sta agitando Edoardo.

«Lo farò, Albert» balbetta annuendo, l'uomo schiaffeggia e tira la guancia del ragazzo pronunciando parole dal tono allegro ma turpe. La guancia di Edoardo si abbozza di rosso ma non osa medicarsi con una carezza.
L'uomo lo guarda con un sorriso iniquo e incline a losche intenzioni, gli altri due uomini indossano la stessa espressione in volto, perseguitano gli occhi cadenti e timidi di Edoardo con sguardi pesanti e minacciosi.
Poiché la situazione sembra essere a dir poco stabile e momentaneamente serbata, me ne resto qui a vegliare, limitandomi a pensare quale fiume stia correndo tra quei quattro.

«Bravo ragazzo...» sogghigna Albert, poi si china all'altezza del giovane e prosegue dicendo  «Se tuo zio non mi renderà indietro tutto il denaro che mi spetta, sai cosa farò di te?»

Edoardo scuote il capo lasciandosi scappare solo un leggero e debole sussulto, è come se in realtà sapesse già le conseguenze che gli serbano, ma è talmente terrorizzato che dalle sue labbra non pende alcuna risposta.
Curioso anche io di udire quali saranno le conseguenze, mi avvicino ancora di poco senza farmi troppo notare.

«Farò di te la mia bestiola, sono sicuro che ai mei figli piacerai un sacco. Inoltre come ben sai la mia casa gode di molte stanze e i pavimenti hanno bisogno proprio di una bella leccata...»

Poi afferra in un pugno l'orecchio del giovane, che talmente spaventato, non si preoccupa di reagire, al contrario resta impotente a singhiozzare con lo sguardo fisso a terra.

«Da cima a fondo» ringhia l'uomo con tono aggressivo, sollevando il ragazzo per l'orecchio, costringendolo così a reggersi sulle punte dei piedi. Gli altri due uomini presenti si beffano per quel che stanno assistendo, chiamando il ragazzo con ostili oltraggi e titoli poco benevoli.

«Striscerai sulle tue ginocchia come un lurido verme fino a quando le schegge non ti consumeranno la pelle, ti nutrirai con gli avanzi dei porci e della polvere che giace sui mobili, dormirai nudo all'esterno e; quando farai il cane cattivo, ti darò in pasto ai veri cani»

Le velenose parole di Albert vengono seguite dalle risate dei suoi accompagnatori, che divertiti, ingiuriano della paura del ragazzo, il quale, ode il tutto in assoluto silenzio come un animale.
«Hai capito?»  Domanda Albert, assalito di amor proprio, divertendosi ad alzare sempre di più il giovane da terra. Il ragazzo annuisce ma dopo che il suo orecchio viene stretto ancora di più nella dura presa, accompagna il gesto con una risposta.
«Sissignore ho capito, ho capito tutto quanto»

La sua voce è tremolante e debole, riesco a sentire tutta la paura che altera l'aria che esce dalle sue labbra.

«Bravo, adesso vattene, io vado a scambiare due parole con tuo zio»
Albert lascia l'orecchio del ragazzo, che finalmente torna a toccare terra.

I tre uomini si allontanano e si avvicinano alle porte della Chiesa, mi sposto dalla loro via per evitare che le nostre spalle e i nostri sguardi trovino contatto.
Una volta che le porte si chiudono corro verso Edoardo per accertarmi che stia bene.

«Va tutto bene? Chi erano quelli? E che cosa vogliono? Dovremmo andare dentro da tuo zio» dico, ma egli scuote il capo e scansa la spalla dalla mia mano.
«Non sono affari che ti riguardano, e mio zio starà bene, li conosce. Ora andiamo»

Ribatte prendendo passo, si allontana  ma io lo seguo solo con lo sguardo, si ostenta a comportarsi come se nulla fosse accaduto, varca per il cancello e procede con la solita roccia posata sul collo.
Non vi è nulla che io possa aggiungere o dirgli, mi lascerò abbandonare ai dubbi e alle domande che già mi perseguitano l'animo.

~⚜~

«Questa è... Una biblioteca?»
Domando fissando la fragile struttura, oramai sull'orlo di cedere sul suo proprio peso. Gli anni che possiedono i mattoni di questa biblioteca sono più dei capelli sul mio capo, un soffio ed essa crolla, uno sguardo ed evapora.
Grande ma vecchia, numerosa in vetrate ma spenta come un lucignolo sotto la pioggia. Tra questa biblioteca e un cimitero, non vi è differenza.

«Sì, perché?»

Chiede Edoardo avanzando senza alcun timore verso la struttura, è come se fosse stata sotto attacco un giorno prima del mio arrivo.
Proprio come un anziano ingobbito che procede a passo lento e paziente con l'aiuto del suo bastone.

«Vieni qui spesso?»
Domando seguendolo, ma non faccio in tempo a sentire la sua risposta che mi lascio catturare dalla svariatezza di colori che colmano questo luogo abbandonato e silenzioso, dando a questo cimitero un aspetto vivo e animato.

Questi libri sono l'arcobaleno dopo la pioggia, la fioritura dopo la stagione fredda; mi sorprende il fatto che si trovino incastrati in queste grosse bare levate di polvere.

«Se sono le mappe quello che cercate, allora le troverete qui»

dice il ragazzo portandosi in uno dei corridoi, il suo passo è seguito da una scia che sa di tristezza e malinconia, la sua espressione assente e lontana dal mondo mi butta giù di morale, mi fa cascare le braccia e mi allontana la voglia di stare in piedi.
Egli è come un corpo che avanza senza il sostegno delle ossa, ha quattordici anni eppure sembra che si stia portando dietro catene di molti secoli.
Lo seguo con malavoglia, contemplando i vivaci colori dei libri che lo affiancano.

Porta la mano a uno degli scaffali e afferra un libro totalmente a caso, poi prende una sedia e si accomoda su una delle tavole presenti per ciascun corridoio.
Apre il libro dalla prima pagina e si getta subito nella lettura di esso, meravigliato ma anche un po' confuso, mi allontano senza porre domande che lo potrebbero irritare.

Ma che giovanotto strambo, così silenzioso e timido, chiuso in un bozzolo tutto suo.
Chissà quale chiasso regna nella sua mente, quali pensieri navigano in lui e quali parole starà succhiando da quel libro preso così, totalmente a vento.

Non ha neppure dato un'occhiata né alla copertina né al titolo, vi si è piombato a occhi chiusi e a braccia aperte come un pescatore che getta la propria rete in un mare sconosciuto.
Magari gli piace provare quel brivido che si prova dopo un effetto a sorpresa, oppure era semplicemente troppo pigro per dedicare tempo a una ricerca più profonda. Ma da quello che suo zio mi ha raccontato di lui, respingo l'idea che si tratti di pigrizia.

Non so che cosa provare per quel giovane ragazzo, non posso compatirlo, né perlopiù comprenderlo.

«Per favore, sento il peso del vostro sguardo sulla coda dell'occhio, e ciò m'impedisce di leggere»

dice restando con gli occhi fissi alle lettere, io titubante e senza parole sulla lingua con cui replicare, resto inerme a guardare l'espressione scocciata sul suo visetto pallido come un infante divezzato.

«Scusa, adesso ti lascio nella tua lettura»
«Grazie»  conclude, tuttavia i suoi occhi non hanno mai abbandonato le pagine del libro, perciò non si preoccupa di accertarsi della mia completa assenza.

Mentre il topo di biblioteca annega tra le lettere delle pagine, io, il principe errante, mi perdo tra i corridoi di questa così detta biblioteca, scorrazzando con i piedi e gli occhi come il pollame fa dopo che i chicchi di mais vengono sparsi dalla mano della contadina.

Navigo e peurlustro con scrupolosità, ma non ho notato nulla simile a una mappa.

Non vi è anima viva a cui poter chiedere, questo posto è veramente dimenticato, un cimitero di libri, un deserto!

Faccio ritorno da Edoardo, procedo a passo quiete per non distrarlo dalla sua profonda lettura.
Ma tornando, lo trovo con gli occhi lontani dal libro, questo giace sul tavolo e pende leggermente dalle sue mani.
Il suo sguardo e la sua attenzione sono stati portati via dalla giovane fanciulla che compare leggermente all'angolo di una scaffalatura,
la sua spalla scoperta è per metà nascosta dal mobile ma il suo viso è ben chiaro agli occhi.
Mi avvicino al ragazzo, ma egli è così perduto nel fascino della giovane donna, che non si accorge della mia presenza.

Riguardo la ragazza, che con gesto delicato sfoglia la pagina del libro che regge in una mano.
Sorrido compiaciuto e quasi dilettato, riconosco un volto innamorato.
Non ho bisogno di posar la mano o l'orecchio sul suo petto per sapere che il suo cuore sta pulsando come non mai, sebbene sia una persona molto chiusa, il suo corpo come il titolo di un libro, rivela tutto quel che accade all'interno.

La giovane alza gli occhi per puro caso, forse per la luce del sole che irrompe prorompente nel corridoio, e nel gesto scorge Edoardo.
I due restano a guardarsi per un po', il tempo sufficiente per dar un piccolo spiraglio a un timido sorriso.

«È molto carina» ammetto.

Edoardo sussulta e agitato scuote il capo, annega il volto tra le pagine del libro e si curva su di esso come via di scampo, nel mentre il timido sorriso della fanciulla scompare dietro il mobile assieme a lei.

«Perché non vai a rivolgerle la parola?» Domando.
«Non parlo con gli estranei» balbetta, le sue gote son così rosse che le pagine del libro in cui ci ha annegato il volto prendono fuoco, la punta del suo naso è inghiottita nelle lettere e le ali del libro nascondono la sua testa.

«E resterà tale se non le parli» dico sedendomi al suo fianco, ne colgo l'occasione anche di clinare la testa e leggere il titolo del libro.
«Che cosa leggi?» Domando.
«Un libro» replica allontanandosi e chiudendolo.
«Di che parla?»
«Di una storia»

Vengo percosso da un fastidio pungente alla testa.

Quale arcana depressione affligge la mente di questo essere umano?

Per quanto io ne sappia solo le principesse hanno gli afflussi mensili che alterano l'umore.

«Certo che per essere uno che legge molto, conosci davvero poche parole» gli dico incrociando le braccia, il ragazzo si trova senza parole con cui difendersi, dischiude le labbra ma da esse non esce nulla.
Colto in piena berlina, abbassa lo sguardo e torna a leggere.
Scuoto il capo e una smorfia è tutto ciò che mi permetto di aggiungere prima di fare ritorno alla ricerca delle mappe, questa volta però, rimango nei paraggi.

Tra un'occhiata quà e là, in mezzo gli scaffali, saccio via qualche ragnetto, faccio la onorevole conoscenza di un millepiedi, saluto coccinelle e tra le ceste posate a terra su pezzi di carta, ecco che finalmente scorgo qualcosa di davvero interessante.

«Che si tratti proprio di una mappa?»

Prendo il rotolo di carta che sporge da un vaso, lo porto alla tavola e lo spiego.

«Noi siamo qui vero?»
Domando portando il dito sopra la terra di Ailatinelle.
Edoardo si avvicina e annuisce.
Scorro con il dito e lo porto a est verso il regno degli elfi.
«Ecco, è qui che devo andare»
dico picchiettando il polpastrello sul punto.

Ora che ho finalmente trovato quel che mi serviva, io ed Edoardo ci dirigiamo all'uscita della biblioteca.

«Chi è il proprietario di questo
posto?» Chiedo, non abbiamo incontrato custodi all'entrata, e nemmeno tenitrici o maestri.
«Non lo so, so solo che non c'è bisogno di una figura che sorvegli l'ingresso, tanto la gente di questo posto non si scomoderebbe mai di rubare un accumolo di pagine stantie» risponde.

Mentre procediamo verso la Chiesa, mi lascio sorprendere dal fatto che non mi stia precedendo, anzi, la sua spalla è affiancata alla mia e i suoi piedi avanzano  assieme i miei.
«Grazie Edoardo» dico stringendo il rotolo sotto il braccio.

«Di niente» risponde.
I suoi occhi seguono le punte dei suoi piedi, avanza senza preoccuparsi di dove va e della gente che sopraggiunge dal senso opposto. È come se per queste piccole strade di terra e fango esistesse solo lui, le voci delle persone e dei mercanti per quanto siano chiassose, non sono abbastanza per scuotere il giovane Edoardo dal suo piccolo mondo.

«Serbi ancora rabbia per quello che è successo?»
Domando titubante, ma egli nega scuotendo il capo.

Il ritorno verso la Chiesa è stato silenzioso, non ho mai avuto le labbra così secche e ruvide, e le mie orecchie hanno udito ogni genere di rumore di vita tranne che la voce di Edoardo.
Mi sorprende che io abbia camminato affianco a qualcuno, è stato come passeggiare in completa solitudine in mezzo un villaggio.

«Vedo che hai trovato quel che cercavi, Elanor» pronuncia Ettore, accogliendoci con gioia dentro il tempio.
«Sì, tutto merito vostro e di Edoardo, vi ringrazio» rispondo, ma con la stessa agilità con cui il vento piega il verde dei campi, così quel che sto per dire soffia la gioia sul volto di Ettore.
«Mi rammarica doverlo dire ora, ma io dovrei fare ritorno a casa il più presto possibile»

«Nessun rammarico, se ti serve qualcosa non esitare a chiedere. Di sopra ti ho preparato una borsa con un po' di cibo per il viaggio, so che la tua terra dista molto da qua e avrai bisogno di mangiare qualcosa»
«Grazie, lo apprezzo molto»

Mi avvio al piano di sopra dove trovo la borsa che Ettore ha preparato proprio sopra il letto su cui ho passato la notte.
La borsa, malgrado sia stata riempita completamente, è comunque leggera, e portandola alla spalla, non mi accorgo di alcuna differenza.

Mi allaccio per bene i due lacci del manto sotto il mento, esco dalla stanza e procedo per tornare di sotto.

Avanzando lungo la gradinata, oltre a udire lievi scricchiolii, le mie orecchie colgono leggeri bisbigli giungere dalla sala.
Mi poso con la spalla all'uscio presso la porta, resto leggermente celato dietro di esso e piego l'orecchio per ascoltare.

Zio e nipote stanno avendo una conversazione ma ciò che mi lascia dubbioso è il fatto che stiano quasi soffocando le loro stesse voci, sono seduti entrambi molto vicini l'un l'altro, masticano parole, ma benché la sala sia vuota e priva di troppi mobili, il loro parlare è quasi udibile.

Sento Edoardo domandare a suo zio qualcosa, e lo zio dopo aver declinato l'orecchio al nipote, si volta e risponde alla domanda.

«Hanno detto che se non pago il tutto entro domani pomeriggio, mi uccideranno»

Edoardo sussulta e stringe la manica delle veste di suo zio, il quale lo rassicura posando e stringendo la mano su quella del giovane.
«No, e che ne sarà di me, zio?»
Farfuglia, e lo zio con sguardo leso e triste, scuote la testa e accarezza la mano di suo nipote.
«Spero solo che mi uccidano prima di vedere quel che faranno di te, non voglio vederti in balìa di quell'uomo»

Il ragazzo si guarda furtivamente attorno, ciò mi porta a ritirare il capo e attendere dietro l'entrata finché egli  si rigiri. Quando riprende a parlare, mi sporgo leggermente per udire le medesime parole.
«Zio, ascoltatemi. Perché non usiamo quell'elfo?»

Vengo colto da meraviglia e delusione nell'udire tal cosa, il mio cuore prende a battere lesto e confuso porto una mano al petto.
Ma mi tranquillizzo come sento la risposta dello zio altrettanto simile alla mia, egli è sorpreso e anche molto irritato, ma Edoardo giustifica il suo parlare accusamdomi senza prove.

«Avete visto gli orecchini e la collana che porta? Secondo me è un ladro che possiede molti bottini, per questo ha fretta di fare ritorno a casa, per goderseli e per scappare via di qua. Zio, avete ospitato nella casa del Signore un peccatore»
«Edoardo, nipote mio, sei davvero tu che parli? Da quando la tua lingua si lascia andare a queste dicerie?»

Domanda lo zio con grande amarezza.

«Zio date retta a vostro nipote, nonché unico e solo, facciamolo addormentare e tagliamogli le orecchie, sono certo che salderanno tutto quanto»

Lo zio si alza dalla panca e punta  il dito al ragazzo.

«Che Dio ti perdoni per quello che hai detto, come ti permetti?» Esclama furibondo, ma prova comunque a trattenersi dall'alzare troppo la voce.
«O noi o lui» ribatte Edoardo.
«Sei un folle, stai pensando come un egoista» lo zio si dispera, pare sorpreso e deluso dalle acre parole del nipote.
«Sto pensando per il bene di noi due» risponde quest'ultimo.
«L'unico bene per noi due è quello di restare insieme»
«Domani morirete se non pagate entro oggi»

L'uomo realizza che malgrado le parole dette dal ragazzo siano al quanto terribili, non vi è via che possano prendere.
Vedo il conflitto che sta sorgendo in lui sul volto, si siede esausto portando le mani alla testa.
«Non so cosa fare, ho bisogno di quei soldi» confessa.
«Zio, quell'elfo è la nostra unica soluzione» ripete il ragazzo.

Ma Ettore si mostra nuovamente contrario, arrabbiato si erge di nuovo dalla panca e percuote con gran vigore la guancia del ragazzo.
Quest'ultimo si lascia sfuggire una debole fiatata, nasconde il volto sotto la lunga chioma di scuri capelli e con le mani si copre la guancia percossa.
«Scusa, perdonatemi zio» singhiozza in lacrime, le sue spalle vacillano e il suo corpo si ricurva.
L'uomo si mostra già pentito di avergli dato quello schiaffo, si china e lo avvolge in un forte abbraccio.

«Tranquillo, so che vuoi solo trovare una soluzione, ma vedrai che Dio ne troverà una, l'ha sempre trovata» dice.
«Zio ho paura, non voglio che vi uccidano, non voglio perdere anche voi» risponde lui coccolandosi sul petto dell'uomo che si è sempre preso cura di lui come un figlio.
«Non mi perderai, Dio non lo permetterà»

Ettore abbraccia e accarezza suo nipote per rassicurarlo, ma persino lui riconosce che tutto è ormai vanità. Parla dell'aiuto del Signore con un volto ormai morto che non ha speranza, il mio petto si scalda e si fa pesante nel vederlo così afflitto e addolorato.
Poi, entrambi si tengono per mano, se le stringono, ed Ettore porta le mani del nipote alle labbra per ricoprirle di baci.

«Alzo gli occhi verso i monti...
Da dove mi verrà l'aiuto?»
Pronuncia Edoardo, poi si toccano con le fronti e recitano assieme quella che alle mie orecchie suona come una preghiera.

«Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto il cielo e la terra.
Egli non permetterà che il mio piede vacilli,
colui che mi protegge non sonnecchierà.
Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà.
Il Signore è colui che mi protegge
il Signore è la mia ombra,
egli sta alla mia destra.
Di giorno il sole non mi colpirà,
né la luna di notte.
Il Signore mi preserverà da ogni male;
egli proteggerà l'anima mia.
Il Signore mi proteggerà, quando esco e quando entro,
ora e sempre»

Poi si guardano dritti negli occhi, si osservano e si consolano attraverso un semplice e profondo sguardo illuminato di lacrime e affetto, e insieme infine pronunciano.

«Amen»

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