𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚...

By bluelliestories

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"Se potessi rivivere un solo giorno della mia vita, sarebbe sempre lo stesso, in loop, senza interruzioni, e... More

Introduzione
❦ Trailer & Cast ❦
1. Now you're just somebody that I used to know
2. I wonder if I'll ever see you again
3. Before our innocence was lost
4. Even my phone misses your call
5. We were silenced by the night
6. We're not who we used to be
7. Somewhere only we know
8. Where are you now when I need you most?
9. Just nineteen, a sucker's dream - quattro anni prima
10. I'm Mr. Brightside
11. I'm coming out of my cage
ANNUNCIO IMPORTANTE
12. When I run out of road, you bring me home
13. She's walking on fire
14. Hey there Delilah
15. Taffy stuck and tongue tied
16. Big lights will inspire you
17. Just let me know, I'll be at the door
18. I'm gonna pay for this
❦ Playlist ❦
19. Crawling back to you
20. Your lips, my lips, apocalypse
21. Here to take my medicine
22. Another star, you fade away
23. Half of me has disappeared
24. Palm trees are candles
25. Kiss in the kitchen like it's a dance floor
26. Strawberry fields forever
28. Well, are you mine?
29. Remember when you used to be a rascal?
30. The blood in my veins is made up of mistakes
31. Jealousy, turning saints into the sea
32. Remember me, special needs
33. It's New York baby, always jacked up
34. Times Square can't shine as bright as you
35. It'd be so sweet if things just stayed the same
36. Everyone knows she's on your mind
37. I'm better off on my own
38. We met with a goodbye kiss
39. When we made love you used to cry
40. With your hands between your thighs
41. Leave me hypnotized, love
42. Does he take care of you?
43. Lamb to the slaughter
44. The things I'm fighting to protect
45. With everything, I won't let this go
46. Don't turn away, dry your eyes
47. I will save you from all of the unclean
48. Head in the clouds but my gravity's centered
49. I see the truth in your lies
50. It was a perverted thing to say
51. I almost died in my dreams again
52. The bed was left in ruins
53. Won't stop til it's over
54. And the sex and the drugs and the complications
55. Meet me in the hallway
56. This is your last warning, a courtesy call
57. Every little lie gives me butterflies
58. Tell them the fairytale gone bad
59. You can drag me through hell
60. Your knee socks
61. Type of sex you could never put a price on
62. Should've done something but I've done it enough
63. Birds fly in different directions
64. Baby, can you see through the tears?
65. In the end, it doesn't even matter
EPILOGO - if it wasn't for you
BONUS - You can even fly up here
❦ Trailer e Ringraziamenti ❦
-DEVIANT-
❄️GIVEAWAY Natalizio❄️

27. I call my baby Pussycat

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By bluelliestories


Si conobbero.
Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s'era mai saputo.
E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così.





Ancora non si era abituata a svegliarsi e a trovare Harry che dormiva al suo fianco, mansueto eppur intimidatorio nel suo sonno ritemprante, come doveva sembrare un leone durante la siesta.
Completamente nudo, ovviamente, perché convincerlo a mettersi anche solo i boxer dentro casa sua era una lotta ogni volta, da cui Estelle usciva sempre inesorabilmente sconfitta, e allo stesso tempo visibilmente soddisfatta.

In più quando si addormentavano erano sempre talmente sfiniti e privi di qualsivoglia energia vitale, che rivestirsi o fare qualunque cosa che non fosse crollare dal sonno appariva come un'impresa estremamente faticosa e inutile: non facevano nemmeno in tempo a ragionarci su.

Per cui lei, dopo la notte accesa di stelle e fiamme, la mattina, rimaneva ad osservare in silenzio ogni singolo millimetro del suo corpo addormentato, rilassato. E ci restava per intere ore, perché Harry dormiva veramente tanto.
Così doveva sentirsi Psiche, pensava, quando per la prima volta riuscì a posare gli occhi su Eros, illuminato dalla luce della candela, in tutta la sua splendida e divina perfezione. Abbagliata dalla bellezza di quella creatura con cui aveva passato infinite notti di bruciante passione.

Ed Estelle in quei momenti era gelosa di quel sonno che le rubava la possibilità di guardare i suoi occhi, che erano la cosa che di Harry più amava, senza dubbio.
Lo guardava in silenzio, sperando che aprisse gli occhi solo per un istante, per vederli ancora una volta, perché non si sarebbe mai privata di quella vista estasiante.
Cercava di accarezzarlo, di spostargli i capelli dal viso, ma quello che otteneva era solamente qualche mugugno, poi lui la stringeva a sé con la mano, ma restava immobile, con gli occhi chiusi.

A volte sussurrava il suo nome, si assicurava che lei gli fosse accanto, e poi ricrollava in un sonno profondo.
Aveva fatto così per due mattine di seguito, perché Estelle non era più tornata a casa, da quando lui era a Londra.
Avevano chiuso il resto del mondo fuori dalla porta e non avevano intenzione di uscire da quella bolla di cristallo soffiato in cui esistevano solo i loro respiri, le loro bocche e la loro pelle.

Harry si svegliava solo facendo l'amore. Quando lei si avvicinava al suo corpo, accoccolandosi tra le sue braccia, lui la avvolgeva con il pettorale contratto contro la sua schiena: il profumo dei suoi capelli e la morbidezza vellutata della sua pelle, la linea dei fianchi che si stringeva sulla vita e la rotondità compatta del suo fondoschiena, gli risvegliava i sensi nel più dolce ed eccitante dei modi, e i suoi polpastrelli ricominciavano a scorrere lentamente ma inesorabilmente su quelle forme accoglienti.

Allora lui schiudeva lentamente le palpebre e lei gli rivedeva finalmente quegli occhi, che si affacciavano sul suo corpo con lentezza, con quella scintilla di desiderio che li faceva brillare più del solito, e sentiva l'anima paga, finalmente risolta.

«Te l'ho detto quanto mi fa impazzire il tuo culo?» Le aveva graffiato la pelle puntellandola di brividi, con la voce roca dietro l'orecchio, mentre le spostava una ciocca di capelli e teneva lo sguardo puntato verso il basso.
«Buongiorno, Shakespeare.»

«Lui l'avrebbe pensata come me, e ci avrebbe scritto sopra un sonetto.»
Dopodiché la prendeva, con una certa impellenza, mentre lei sentiva il suo respiro sulla schiena e le labbra di lui scivolare dalla spalla fino all'incavo del collo, e arrivava anche l'appagamento fisico, e quello diventava sempre più intenso, tanto da averli resi entrambi incredibilmente dipendenti da quelle sensazioni brucianti e irresistibili.



Avrebbe potuto essere sera o mattina, e loro non avrebbero saputo dirlo con certezza, perché la cognizione del tempo era andata a farsi benedire.
Lame luminose che infrangevano la semioscurità della stanza suggerivano che il sole dovesse essere ancora alto, e in quel momento, qualunque esso fosse della giornata, Harry aveva roteato gli occhi rovesciando la testa all'indietro, come se stesse subendo l'ennesima tortura.

Perché non riusciva nemmeno più a guardarla negli occhi, e non sopportava il minimo raggio di luce, ché le palpebre bruciavano e le pupille pizzicavano, da quanto vorticosamente il suo piacere lo stesse mandando a fuoco, espandendosi in ogni zona del suo corpo.

Le mani si ancoravano disperatamente alle lenzuola e a tutto ciò che riusciva ad afferrare, per poi andarsi ad aggrappare pregne di disperazione tra i suoi capelli color miele, mentre si accorgeva di riuscire a percepire qualcosa di sublime ed ultraterreno anche nel fatto che lei gli stesse consumando anche l'anima, insieme alle energie e al raziocinio.

Tutto ciò che riusciva a percepire mentre il mondo attorno a lui si era spento, erano le sue labbra piene scorrergli sulla sua marmorea lunghezza, e poi tornare su fino in punta, la sua bocca calda e accogliente che lo avvolgeva fino a fargli sentire la gola, la lingua che gli bagnava lentamente la sua erezione vergognosamente gonfia e pulsante di tutto quel disperato e insaziabile bisogno di lei. Era dentro la sua bocca e avrebbe voluto passarci il resto della sua vita.

Siccome non era abbastanza, lei aveva interrotto quel contatto per sollevarsi facendo leva sulle braccia, ed Harry era rimasto lì, ad osservarla basito, mentre la sua carne gridava per la necessità di essere saziata con qualunque apertura lei volesse concedergli.

E le intenzioni di Estelle gli arrivarono chiarissime l'istante dopo.
Era disteso sul letto, immobile e ansimante, e l'aveva vista allargarle le gambe sopra il suo volto. E a quel punto una fitta letale al suo turgore gli confermò che lui a quella ragazza non sarebbe sopravvissuto.

Harry aveva istintivamente aperto la bocca e aveva preso a baciarla con foga sul suo punto umido, facendo scivolare la lingua dal basso verso l'alto, afferrandole le natiche con le mani e strappandole un urlo che la costrinse a piegarsi: e lei si mosse piano con i fianchi sopra le labbra indecenti di lui, mentre si allungava con il busto verso il basso oltre i suoi addominali e i tatuaggi speculari delle felci, a recuperare l'erezione che svettava marmorea di venature e sangue pulsante.

Dopo che tutto quel desiderio accumulato era esploso in un migliaio di scosse vibranti a puntellargli ogni millimetro della loro carne, zampilli di lava incandescente ad irrorarla, lei si era voltata tornando stancamente, lenta e spossata, al suo fianco.
Si era pulita un lato della bocca su cui era colata una parte di tutto quel piacere straripante, portandosi via il suo liquido con due polpastrelli, e poi l'aveva avvicinati uno ad uno alla bocca, succhiando via dalle dita ciò che rimaneva di un orgasmo mistico e selvaggio.
Harry aveva spalancato gli occhi e si era portato una mano aperta sulla fronte, nel vederla con quello sguardo e un guizzo di lussuria stampato dietro alle iridi azzurre.
«Elle, dillo che mi vuoi ammazzare.»

L'immagine di lei che raccoglieva il suo liquido colato e lo assaggiava gli aveva fatto ribollire ancora una volta il sangue nelle vene. Doveva riempirla ancora, sentiva quella necessità estrema come se fosse diventato l'improvviso scopo della sua esistenza. 

Aveva l'aspetto di un angelo, ma era tutto tranne che quello. Non aveva nemmeno un centimetro di pelle innocente su quel corpo fatato, esattamente come lui.
Sentiva di averla macchiata con tutta la sua lussuria, e aveva intenzione di continuare a sporcarla irrimediabilmente, continuamente, a saturarla di tutta la sua scioccante bramosia del suo corpo, ma lei in quel mare di spregiudicata impellenza e di folle e ardente indecenza sfrenata restava a galla perfettamente, almeno fra le sue braccia.
Era troppo nobile la sua pelle d'alabastro, eppure il corpo brutale e sanguigno di lui riusciva sempre a colmarla di meraviglia.






Era più o meno l'ora di pranzo, ed Estelle stava fingendo di allenarsi mentre in realtà si limitava ad osservare il soffitto sdraiata sulla panca, stanca come non era mai stata, la testa svuotata e leggera e il fisico infiacchito, quando il rumore del citofono irruppe sopra la musica che risuonava in tutto lo stabile.

Harry si affacciò nella stanza vagamente perplesso, perché il citofono non suonava molto spesso, a casa sua, soprattutto quando non aspettava ospiti.
«Non ho idea di chi possa essere.» Dichiarò convinto.

Chiunque fosse, non aveva avvertito, e doveva per forza essere una sua conoscenza.
Non si poteva infatti citofonare a casa di Harry senza conoscere un determinato codice numerico, che tra l'altro veniva cambiato spesso, altrimenti quel maledetto citofono avrebbe suonato ventiquattro ore su ventiquattro, visto che ormai era di dominio pubblico quale fosse la sua abitazione.

«Chiunque sia, devo farmi una doccia.» Aveva annunciato con una certa decisione. «Hai abusato di me tutta la mattina, sono impresentabile.»
Si spostò nel piano inferiore, per controllare lo schermo del videocitofono e della videocamera di sicurezza.
Strizzò gli occhi perché non riusciva a distinguere bene il volto, e avvicinò il viso al teleschermo per osservarlo meglio, anche se si era già fatto un'idea di chi fosse, e la cosa lo colse seriamente di sorpresa.
«Estelle.» La chiamò. «Vieni a vedere. Penso che sia per te.»

«Per me?»
L'unica persona a cui lei riuscì a pensare fu Charlie, dal momento che era l'unica a sapere dove lei si trovasse.
Invece rimase basita quando Harry le mostrò il teleschermo, perché quei ciuffi di capelli rossi che uscivano dal cappello di lana e le lentiggini a costellare una pelle di rosa, avrebbe potuto riconoscerli in una folla di migliaia di persone.
E pensare che lei, totalmente in malafede, si era già immaginata qualche amichetta di Harry poco vestita, che era passata ad offrirgli le sue grazie.
E invece si era ritrovata fuori del cancello, davanti al videocitofono, sua sorella Ivonne.

Si affrettarono ad aprirle, mentre Estelle spiegava ad Harry che era convinta che sua sorella fosse ancora in Marocco per questioni lavorative.
Lui sembrava molto tranquillo, le disse di farla accomodare senza problemi, mentre lui si andava a fare una doccia.
Poi si dileguò rapidamente al piano superiore, chiedendosi chi diamine avesse spifferato a Ivonne dove si trovasse Estelle, dal momento che lui non ne aveva fatto parola con nessuno.
Comunque, erano due maggiorenni vaccinati, pensò: non stavano facendo niente di male, quindi non si preoccupò troppo della questione.

Estelle si guardò intorno, nel salone perfettamente illuminato dalle ampie vetrate: non aveva notato prima di quel momento che disordine avessero combinato, restando due giorni interi dentro casa.
Fortunatamente, almeno avevano ripulito la farina, pensò.

Aprì il portone e uscì all'esterno per andarle incontro, lungo la scalinata bianca che si trovava prima dell'ingresso vero e proprio.
«Ivonne. Ti sembra normale presentarti qui senza avvertirmi?» Dalla propria reazione si rese conto di essere decisamente innervosita da quella presenza, più di quanto pensasse: la trovò una cosa estremamente invadente, in più l'aveva costretta a doversi spiegare con Harry di una cosa di cui lei era del tutto ignara.

«Scusami, se passo a casa tua per salutarti e trovo una tua amica, da sola, che mi dice che non torni a casa da non so quanto tempo.» Aveva risposto sua sorella maggiore, e sembrava anche lei chiaramente contrariata.
Con il carattere fumantino che si ritrovava quella ragazza, in pieno contrasto con il suo aspetto gracile e aggraziato, Estelle non si stupì affatto: solo che questa volta non aveva ragione.
«Sono solo due giorni che sono qui. Potevi chiamarmi!»
Ivonne si limitò a fare spallucce. «Non rispondi mai.»

Estelle incrociò le braccia vistosamente infastidita. Era chiaramente stata Charlene a dirle dove si trovasse e con chi: sottovalutava sempre quanto quella biondina avesse la lingua lunga.
Osservò sua sorella sbirciarsi intorno nel grande spazio a loro circostante, gettando lo sguardo nel giardino, per poi alzare gli occhi sulla villa, lanciando diverse occhiate fugaci alle finestre, come per assicurarsi di non essere osservata.

«Guarda che non è mica Norman Bates. Si sta solo facendo la doccia.»
Chiarì Estelle, a braccia incrociate, sempre più seccata dall'atteggiamento ficcanaso di sua sorella.
«Quando avevi intenzione di dirmi che eri andata a convivere con Harry Styles?»
Aveva risposto Ivonne, ignorando il suo sarcasmo, abbassando il tono della voce come se temesse di essere sentita.
«Ma quale convivere, tu stai delirando.»
Ivonne la guardò sollevando il sopracciglio e attese che lei continuasse.

«Siamo amici.» La informò infine, pentendosi immediatamente di quella bugia grossolana, e cercò di rimediare. «Ci vediamo, ogni tanto.»
Era tutto nuovo e confuso, troppo sfumato e indefinito per parlarne ad anima viva, per nominare ad alta voce quel turbamenti che si affacciavano prepotenti, quando si trovava in presenza di Harry.
Maledì in quel momento la sua stessa mente che le ripresentò dietro le iridi trasparenti, come un'ondata incredibilmente violenta che sfonda gli argini di un fiume in piena, tutte le immagini di quello che avevano fatto lei e Harry in quei due giorni insieme, dentro casa sua.
Avvampò istantaneamente quando i ricordi le mostrarono tutta la potenza della sua menzogna.

Ivonne roteò gli occhi, alzandoli al cielo.
Sua sorella non avrebbe mai imparato a mentire, a differenza del rossore evidente che le era appena comparso sul viso.
«Senti, non mi interessa chi stai frequentando. O meglio, mi interessa, ma se non vuoi dirmelo non importa. Il punto è che io stasera devo ripartire, sono di passaggio a Londra, e volevo salutare mia sorella. Non trovarti mi rende nervosa.»

Estelle buttò le braccia lungo i fianchi in un atteggiamento di rassegnazione.
Facevano entrambi dei lavori particolari, perché Ivonne era un'archeologa perennemente in giro per siti turistici, e riuscivano a incontrarsi veramente poco, ma sua sorella continuava ad essere sempre così estremamente protettiva nei suoi riguardi, che non sapeva proprio come avrebbe fatto ad annunciarle che per lavorare avrebbe dovuto trasferirsi in America.
Un lieve accenno di nervosismo si impossessò delle sue mani.
«Vieni dentro.» Le fece cenno di seguirla.

Passò qualche minuto in cui le due ragazze si informarono a vicenda dei loro futuri spostamenti, fino a quando Ivonne non notò la figura di Harry che si stagliava sulle scale, scendendole a ritmo sostenuto e emergendo fuori dall'ombra del piano superiore. Apparve infine alla luce di mezzogiorno che ammantava il salone.
Aveva i capelli ancora un po' bagnati che aveva tirato all'indietro con un gesto deciso della mano, indossava una t-shirt bianca e sottile con lo scollo un po' ampio che gli definiva perfettamente i pettorali, e un paio di pantaloncini da palestra grigi e rossi, corti a metà coscia.
Un sorriso abbagliante e completamente inaspettato raggiunse la ragazza, mentre lei si toglieva il cappotto.

«Ivonne. È bello rivederti.»
Lei lo salutò, mantenendo una fredda distanza con cui nascondeva probabilmente un certo imbarazzo, ma Estelle conosceva perfettamente sua sorella, avrebbe potuto decifrarle qualsiasi espressione e reazione, e sapeva che era rimasta folgorata. Glielo leggeva negli occhi e nel suo linguaggio del corpo.        
Il fascino di Harry era qualcosa che veniva fuori in automatico, senza che lui facesse il minimo sforzo, e con cui avrebbe potuto conquistare qualsiasi individuo di sesso femminile o maschile su questo dannato pianeta.

«Vuoi qualcosa da bere?» Le chiese lui senza distogliere lo sguardo, dirigendosi verso la cucina. «Qualsiasi cosa, non ti fare problemi.» Ancora quel sorriso, incorniciato da due fossette impertinenti.
Ivonne ringraziò e rispose di non volere nulla.
«Io mi faccio uno smoothie. Almeno un caffè?» Continuò ad insistere, al punto che Ivonne dovette infine accettare il caffè di Harry, per non sembrare scortese.

Lui proseguì a chiedere se volesse altro, anche da mangiare, dal momento che era ora di pranzo.
Si era calato nel ruolo della perfetta padrona di casa, gli mancava solo il grembiule. Poi, raggiunto da un'occhiataccia di Estelle, sparì rapidamente dietro la porta a vetro specchiato dell'ampia cucina a vista.

Estelle guardò di nuovo verso Ivonne, che a quel punto la fissava letteralmente a bocca spalancata.
«Stai scherzando, vero?» Ivonne era attonita, sembrava avesse visto un fantasma.
«Da quando è diventato così bello??»
Sussurrò a bassa voce mantenendo la bocca completamente aperta e le sopracciglia aggrottate. Era raro vedere sua sorella così sbigottita.

Estelle le fece cenno di abbassare la voce. «Avevo visto qualche foto in giro, non che io segua particolarmente il gossip, ma.. oddio! Non lo vedevo da almeno un paio d'anni, mi sa.»
«Ok, ho recepito, la smetti?» La pregò Estelle, vistosamente in difficoltà.
«No! Mi devi avvertire, se mi porti a casa un figo del genere.»
«Veramente sei tu che ti sei portata a casa sua.» Rispose Estelle, sollevando gli occhi al soffitto dalla disperazione.

Harry le sentiva bisbigliare mentre affettava della frutta sul tavolo, senza riuscire a distinguere cosa stessero dicendo, ma il fatto in sé che stessero parlottando a bassa voce lo faceva divertire parecchio. Fu tentato di accendere l'interfono per farsi due risate e ascoltare tutto, ma sarebbe stato un po' troppo spudorato anche per lui, quindi si trattenne.

«Quantomeno gli avrai tolto quella faccia di bronzo, quando ha visto le tette perfette che ti ritrovi.»
«Ivy! Adesso basta.» Non riuscì a trattenere una risata mentre fingeva un'aria sconvolta.
Doveva ancora comprendere perché quando si trattava di parlare di Harry, diventavano tutte volgari e sboccate come scaricatrici di porto.

«Quali tette perfette?» Spuntò lui con aria divertita da dietro la vetrata scorrevole, con due tazze di caffè fumanti nelle mani.
«Quelle di mia sorella, ovviamente.» Rispose prontamente Ivonne, che ormai aveva capito perfettamente il tipo sfacciato con cui aveva a che fare, e aveva riacquistato il suo piglio provocatorio.
«Che ogni tanto dice di voler andare dal chirurgo.» Improvvisò di sana pianta una bugia sul momento. In quanto a faccia tosta, se pensava davvero di essere l'unico a possederne a pacchi, si sbagliava di grosso.

Harry aggrottò le sopracciglia e increspò le labbra, con espressione totalmente scioccata. «Stai scherzando, vero?» Domandò lui chiaramente in disappunto, voltando lo sguardo verso Estelle, che nel frattempo aveva sgranato occhi e bocca.
«Hai le tette più belle che abbia mai visto.»
Rivelò candidamente, tornando poi in cucina per sorseggiare il suo smoothie.
Estelle si girò verso Ivonne sapendo perfettamente quale sguardo si sarebbe trovata davanti. Infatti, lei la guardava con un ampio sorriso soddisfatto stampato sul volto.

Era impossibile avere la meglio su quei due, e su quel giochetto stupido di metterla in mezzo che avevano intavolato tacitamente alle sue spalle: sembravano divertiti come due ragazzini con gli ormoni in subbuglio che si erano ritrovati un giornaletto pornografico per le mani.
«Quindi Harry sarebbe, fammi pensare.. il tuo amico gay, che ti aiuta ad allacciarti il reggiseno?»
Chiese Ivonne ironica, e sempre più divertita.

«No.» Sbuffò Estelle e rispose con decisione, ormai rassegnata all'evidenza, poi si stravaccò sul divano, arresa.
Harry la raggiunse poco dopo, con il bicchiere da frullato nelle mani, e fu in quel momento, notando gli sguardi complici tra quei due, mentre lui si sistemava con naturalezza la gamba di lei sulla coscia, che Ivonne si rese conto che qualunque cosa fossero quel ragazzo e sua sorella, lei in quella casa era decisamente di troppo.

«Vi siete rincontrati dopo parecchio tempo, voi due.»
Aveva notato prendendo un sorso di caffè dalla tazza, e non era riuscita proprio a trattenersi dal pronunciare quelle parole, perché guardandoli insieme, Harry ed Estelle possedevano un qualcosa di estremamente magnetico ed affascinante.

Mentre Estelle l'aveva pressoché ignorata, gli occhi di Harry avevano cominciato a brillare di una luce strana.
Sembrava perso nei suoi pensieri, poi infine disse:
«Se non fosse capitato, avrei fatto in modo che capitasse, prima o poi.»

Estelle perse un battito a quella frase, e lo fissò mentre guardava il televisore spento di fronte a lui: aveva gli occhi accesi e fuggitivi, qualche ricciolo notturno e ancora umido ad adombrargli un po' il viso e il profilo di medaglia, e si chiese se avesse capito bene il senso di quello che lui aveva appena detto.
Si domandò se fosse davvero possibile che lui si ricordasse della sua esistenza, mentre era preso a conquistare il mondo con la sua musica.

«Si è fatto tardi, devo andare.»
Annunciò ad un certo punto Ivonne con tono privo di sfumature, perché a quel punto le fu chiaro che stava proprio rovinando un momento, posando la tazza vuota sul tavolino basso davanti al divano.
Harry si voltò e la raggiunse con lo sguardo, senza distogliere la mano dal ginocchio scoperto di Estelle, che indossava un paio di pantaloni corti che le aveva prestato per fare palestra.
«Stasera abbiamo una festa al The Box. Ti va di venire? Ci sarà anche Gems.»

Le chiese serenamente, mentre Estelle lo guardava con aria interrogativa, perché non sapeva proprio di dover andare ad una festa, quella sera. E che ci fosse anche la sorella di Harry.
«Grazie Harry, ma domattina ho un volo per Casablanca. Sono a Londra solo di passaggio. Ti ringrazio per il caffè, sei veramente gentile.»
Sua sorella aveva cambiato decisamente atteggiamento nei confronti di Harry, ed Estelle comprese che era riuscito, con il suo carisma innato, a conquistarla nel giro di pochissimo tempo.

La accompagnò alla porta e si scambiarono qualche altro convenevole, perché gli inglesi adoravano gli ossequi e le formalità, sembrava che non gli bastassero mai: vieni quando vuoi, mi ha fatto immensamente piacere, dai un forte abbraccio ai tuoi genitori. Una scenetta che riusciva ad andare avanti per interminabili minuti.
Lei invece era rimasta ad osservarli piacevolmente divertita.

«Mi dispiace, ho una famiglia di squilibrati.» Lo aveva informato allargando le braccia, quando sua sorella si era finalmente congedata.
«Conosco la tua famiglia, sono persone adorabili.»
«Ma davvero tu.. come ci riesci?» Quella domanda le scappò via colma di viva e sincera curiosità.
«A fare cosa?»
«Sei sempre così.. impeccabile e perfetto, anche nei momenti peggiori. Sembri finto.»
«Non lo sono.» Rispose lui deciso, mentre raggiungeva di nuovo il salone. «Mi ha fatto piacere che sia passata. Lo vedo come un modo per prendersi cura di qualcuno a cui vuole bene. Sei tu che sei sempre troppo preoccupata dell'opinione altrui, e non ti lasci mai andare.»

«Sarebbe potuta arrivare in un momento peggiore. Avrebbe dovuto avvertire.» Ribatté lei, convinta e punta nel vivo.
«In quel caso non le avrei aperto.» Aveva ridacchiato, assottigliando gli occhi.
Estelle non sembrava del tutto persuasa. Non le era piaciuto il modo di impicciarsi di Ivonne, e per come la vedeva lei, lui era stato fin troppo al gioco.

«Forse potevi evitare di farle capire così chiaramente che andiamo a letto insieme.»
Harry rispose prontamente senza lasciarsi intaccare da quel velato rimprovero.
«Pensi che tua sorella sia stupida? Che ti trovi chiusa in casa mia da giorni e pensi che stiamo facendo tornei di poker?
Non ho niente da nascondere perché è tua sorella, e so che non ti vuole danneggiare.»

Il suo ragionamento, in realtà, non faceva una piega. Per un istante, in quel momento, Estelle desiderò possedere anche solo un briciolo del suo modo di vedere le cose, della sua sicurezza in se stesso, come se niente potesse scalfire il suo mondo.
Lei era all'opposto, sempre così dannatamente in balìa di mille emozioni contrastanti, mentre Harry sembrava sempre così fermo, risoluto e inscalfibile.

«Non hai mai paura che una persona possa giudicarti?»
Domandò, sinceramente interessata al suo modo di pensare. Estelle era una testarda da competizione: era veramente raro che una persona potesse farle cambiare il modo di vedere il mondo, ma Harry a volte sembrava quasi riuscirci.
Lui aggrottò le sopracciglia. «Ho paura che tu possa giudicarmi.»

Estelle rimase in silenzio e si morse un po' il labbro, ben sapendo di averlo fatto ingiustamente, un sacco di volte.
«Ma Ivonne, cosa dovrebbe giudicare? Non facciamo niente di male.» Continuò Harry scrollando le spalle per poi gettarsi di nuovo sul divano.
Estelle si sedette accanto a lui, perché doveva ancora finire il suo caffè, e pensò che le era venuta anche una certa fame, segno che lui fosse riuscito a tranquillizzarla.

La sua presenza la faceva sentire a casa, ed era un concetto inspiegabilmente assurdo da dire ad alta voce e anche da pensare, perché in realtà lo conosceva da così poco. Eppure era esattamente quella la sensazione: il conforto.

«Nel pomeriggio ti porto a casa, così ti prepari per stasera.»
Le aveva annunciato infine per chiudere il discorso, ed Estelle fu decisamente sollevata di potersi cambiare finalmente di abito.

«Però ora vieni qui.» Aggiunse con quell'espressione che ormai lei conosceva fin troppo bene, e l'attirò a sé con forza, avvicinando il suo viso a quello di lei.
«È da quando me ne parlava tua sorella, che mi mancano le tue tette.»
Estelle si mise a ridere, e scrollò la testa come per scacciare via quel ricordo assurdo di sua sorella ed Harry che parlavano di certe parti del suo corpo in quei termini.

«Potresti scriverci una canzone.» Continuò a ridacchiare lei, sedendosi su di lui a cavalcioni, e cingendo il suo bacino tra le gambe.
«Stai attenta, perché potrei farlo sul serio.» La minacciò sorridendo, prima di prenderle il viso tra le mani e ricominciare a baciarla.




Harry le aveva spiegato che quella sera ci sarebbe stata tutta la band insieme ad un numero impressionante di musicisti, autori e operatori del team che lavorava dietro le quinte: per una volta avevano stranamente voglia di festeggiare un disco di platino e non aveva capito bene quali altri prestigiosi premi internazionali vinti.

Era tornata a casa per cambiarsi, e aveva passato tutto il pomeriggio a schivare le domande impertinenti e irripetibili di Charlene, e a rimproverarla per aver detto a sua sorella maggiore dove si trovasse, senza nemmeno avvertirla o interpellarla in merito alla questione.

Charlie non stava più nella pelle all'idea di andare ad una festa del genere, ma Estelle fu irremovibile: niente feste, te ne resti a casa, le disse. Forse avrebbe imparato a tenere la bocca chiusa, ogni tanto. In più non la considerava ancora pronta, per gestire quel genere di situazioni senza perdere il controllo.

Indossò una jumpsuit bianca con il pantaloncino corto che le fasciava perfettamente la vita stretta, e cadeva leggermente più dritto sul fondoschiena, per aprirsi in uno chiffon morbido e leggermente trasparente sul petto, decorato con ricami brillanti di fattura incredibilmente pregiata che nascondevano le parti che andavano coperte, in un gioco di vedo-non vedo.
Raccolse i capelli in una coda alta che le scopriva il viso perfettamente delineato e i lineamenti delicati, e le scendeva a cascata lungo la schiena nuda.

«Sei da togliere il respiro.» Dichiarò Charlie, con una punta di invidia, mentre Estelle era piegata ad indossare velocemente un paio di décolleté a spillo preziosamente decorate, per il fatto che lei invece avrebbe passato la serata insieme al televisore e ad un cartone pieno di gelato. «Potresti evitare di farlo secco in questo modo, quel povero ragazzo.»
«Harry non ha proprio niente, del povero ragazzo.» Replicò Estelle, sarcastica, mentre indossava il cappotto.



Arrivarono al the Box nella stessa auto, ma entrarono nel locale in due momenti differenti e da due entrate diverse, perché all'esterno era pieno di paparazzi da tutte le parti.
Era abbastanza tardi, ed erano già arrivati quasi tutti.
Estelle fu raggiunta al guardaroba da Harry che le tolse il cappotto e lo porse alla hostess. Era chiaro che volesse far capire a tutti che lei non fosse venuta da sola.
Impallidì sinceramente alla visione di Estelle una volta sfilatole il cappotto, dal momento che non aveva ancora visto cosa aveva indossato.

Non trovò nemmeno le parole, lui, che di parole ne aveva sempre anche troppe.
«Ma sei..» si impappinò, squadrandola da capo a piedi.
Lei gli sorrise, e lui lasciò cadere quella frase. Era tentata di accarezzare il suo volto perfetto e così dolcemente stupito, e anche di baciarlo, in realtà, ma non lo avrebbe mai fatto davanti a tutti.

Lei era una visione, forse gli avevano messo ancora una volta della droga allucinogena nello champagne, perché non era normale che la vedesse sempre più bella. Eppure, lui la preferiva comunque struccata, spettinata e possibilmente nuda sotto di lui. Ma stavolta non glielo disse, e se lo tenne per se', rimanendo in contemplazione estatica della sua figura mentre lei si incamminava verso i tavoli.

Era chiaramente un party privato, il locale era chiuso per loro, non c'era gente esterna o occhi indiscreti che avrebbero potuto rubare delle foto.
Estelle salutò le poche persone che conosceva e riconobbe tra la folla indistinta un paio di compagni di Harry che aveva già conosciuto.
Il biondino con il volto infantile le venne incontro con un largo sorriso, salutandola affettuosamente. Sembrava decisamente il tipo più socievole di tutto il gruppo.

Fu lui a presentarle veramente un sacco di gente, mentre lei continuava a buttare giù champagne come se piovesse, e già non ricordava più il nome di nessuno.
Quando Harry invece la presentò ad un altro suo compagno, che lei riconobbe di vista, ma del cui nome non fu affatto sicura, notò che considerando che la serata era ancora agli inizi, il tizio era ridotto veramente malaccio. Molto peggio di tutti gli altri.

«Oddio, non dirmi che tu sei quella della maglietta bagnata!» Gongolò il soggetto in questione, a voce talmente alta che lei temette potesse aver sentito tutto il locale, poi le allungò la mano con un sorriso amichevole ma decisamente sovreccitato. «Finalmente ci conosciamo.»
Il sorriso sul volto di Estelle mentre il ragazzo castano le stringeva la mano, si trasformò presto in una mezza smorfia imbarazzata.

Poi lanciò un'occhiataccia al veleno ad Harry che invece stava sperando che lei non avesse sentito, e aveva assunto un'espressione da statua di sale.
«Grazie per la figura di merda, Liam.»
Gli aveva sussurrato all'orecchio, senza accertarsi del fatto che lui avesse compreso, poi si era voltato e l'aveva vista allontanarsi, come era prevedibile che avrebbe fatto.

Scosse la testa perché ormai aveva imparato a conoscerla, sbuffando e maledicendo il suo amico che non era riuscito a dire due frasi senza farlo passare per un deficiente.
La raggiunse in realtà con poche e rapide falcate, perché lei con quei tacchi non poteva nemmeno andare troppo lontano.
La trattenne per il polso e la trascinò rapidamente dietro una tenda.

Erano avvolti dal buio, la musica era fortissima e quasi disturbante, ma Estelle fu trascinata dalla sua presa e vide distintamente gli occhi di lui illanguidirsi, attendendo che lei parlasse.
«'Quella della maglietta bagnata'? Davvero?» Sembrava abbastanza infastidita dalla sua presenza, mentre cercava di liberarsi da quella presa. «È così che mi presenti alle persone?»
«Avanti Elle, non te la prendere.
È solo uno scherzo, una scemenza. In più Liam, ultimamente, ha qualche problema con l'alcool. Esagera sempre.»

«Potevi fare di meglio, a livello di soprannomi.» Apparve leggermente tranquillizzata, fin quando un pensiero del tutto nuovo non le fulminò lo sguardo, e gli occhi si ridussero a due spilli affilati.
«Ne dai uno a tutte quelle con cui vai a letto?»

Aveva lanciato la sua frecciata, liberandosi dalla stretta della mano di Harry, ma rimanendo immobile sul posto, in attesa della sua risposta.
«Io vado a letto solo con te.» L'aveva gelata con lo sguardo.
Come al solito giocava sempre in contropiede, tendeva sempre a cercare di lasciarla senza parole, nelle discussioni, con le sue frasi ad effetto. Era proprio il suo modo di uscire da situazioni scomode. Ma stavolta, era stata lei a chiedere, e non poteva biasimarlo.

E forse, la domanda di Estelle, che le era scappata fuori da una parte nascosta del suo cuore che tentava di reprimere e respingere con forza, era scivolata via inesorabilmente dalle sue labbra, non sperando in altro che in quel tipo di risposta. Finse un certo contegno e rimase ostinata sulla sua posizione.
«Questo non ti da il diritto di raccontare a tutti quelli che facciamo.»
«Se pensi che io racconti agli altri quello che facciamo non hai capito proprio niente, di come sono fatto. È uscito fuori il dettaglio della pioggia, e loro hanno aggiunto il resto.»

«Tipo il dettaglio dei miei capezzoli.»
Harry scosse la testa, senza riuscire a trattenere un sorrisetto divertito.
«È solo perché..»
«Perché?»
Lui prese un lungo respiro, perché non pensava che esistesse una persona più cocciuta di lui, e invece l'aveva proprio davanti a sé, in quel preciso momento.
«Perché è stato un momento così dannatamente eccitante.» Confessò a denti stretti, e non ottenne risposta.

«Avanti.» Seguitò mutando la sua espressione in una più decisa, e tornò a insistere, afferrandole di nuovo il polso.
«Mi vorrai mica venire a raccontare che Charlie o qualche tua amica non mi abbiano affibbiato qualche soprannome idiota?»

Estelle ci pensò un attimo su. In effetti, Charlie gli aveva appioppato almeno un centinaio di nomignoli.
E nessuno di questi era ripetibile ad alta voce.
Continuò a tenere il broncio, ma non si liberò da quella presa che in fondo la riempiva di calore.
«Non sei normale, a raccontare i dettagli della mia maglietta bagnata.»

Lui percepì dal suo tono di voce, che lei si era leggermente ammorbidita. Stava solo continuando a recitare la parte dell'offesa, perché voleva le sue attenzioni, esattamente come una bambina, e quel comportamento in realtà gli sciolse il cuore.

«Forse. Ma è stato un momento così intenso.» Ripetè stringendo gli occhi e corrucciando le sopracciglia, con un'espressione quasi dolorante sul volto, che si tramutò presto in uno sguardo colmo di desiderio.

«E poi, guardati, Estelle. Sei così.. bella
«Dovrebbe suonare come un complimento?»
«Più come una motivazione. Mi chiedono tutti di te, quando ti vedono. Io devo fargli capire, beh.. lo sai come sono fatti gli uomini.»
«No. Non lo so.» Estelle sapeva perfettamente dove volesse andare a parare, ma attese che fosse lui ad esprimersi, perché aveva un disperato bisogno di sapere.
Tra loro due, era chiaramente lui quello che riusciva ad esporsi maggiormente, e nonostante non volesse affatto darlo a vedere, lei in quel momento pendeva letteralmente dalle parole che venivano fuori dalle sua labbra scarlatte.
«Che tu sei roba mia.» Ammise infine con occhi candidi.

«Puoi farmi la pipì addosso, la prossima volta.» Suggerì incrociando le braccia, platealmente stizzita, con acuto sarcasmo. Poi arricciò le labbra in un sorrisetto soddisfatto che tentò di ricacciare indietro, senza risultato. Stava facendo i capricci come una ragazzina, e sotto sotto si divertiva a recitare quella parte improvvisata.
In realtà, quella frase le aveva mozzato il respiro. 

Harry le aveva rivolto un'occhiatina maliziosa, e un sorriso sghembo si era aperto sul suo volto pregiato mettendo in mostra i denti bianchi che accendevano il buio. «Perversa.»
Estelle era scoppiata in una risata limpida e sincera mentre lui l'aveva stretta a sé, cingendola per la vita. Non poteva farne a meno, perché non riusciva nemmeno a fingersi arrabbiata.

«Ringrazia che sei troppo preziosa perchè ti faccia qualcosa nel bagno di una discoteca.»
Preziosa, le aveva detto, e lei si era nuovamente liquefatta in quel tripudio di iridi e braccia, perché nessuno aveva mai usato quell'aggettivo riferendosi a lei.
Si sentì felice, in quel momento, e lo seguì nel buio, mentre lui tornava nella sala principale.

Ma una piccola ombra continuava da quella mattina ad addentrarsi nei suoi pensieri, perché man mano che imparava a conoscerlo diventava via via più consapevole di un fatto che non riusciva proprio ad ignorare.

Si rendeva sempre più conto che Harry fosse capace di farsi perdonare qualunque cosa: possedeva una specie di dote persuasiva innata che incantava le persone e le rendeva più malleabili, più ben disposte nei suoi confronti, anche quelle che sembravano irremovibili, per poi plasmare la loro forza di volontà e piegarla ai propri bisogni o desideri.

Era totalmente convincente da farle invidia: aveva un ascendente incredibile sulla maggior parte delle persone, e lei stessa si rese conto che avrebbe potuto farle credere qualsiasi cosa. 
Questa era una cosa che la spaventava sul serio.



                                ⭐️
Sto aggiornando una volta a settimana perché sono presissima a scrivere la parte verso il finale, e non vedo l'ora di farvi sapere un sacco di cose che succederanno URLO-
Se vi va mettete la stellina, per darmi un po' di motivazione ♥️

Btw questo capitolo lo dedico espressamente a Miss mightbetori perché lei è la fan numero uno di Ivy (ed é anche l'unica lol), e aspettava ardentemente il suo ritorno.
Ivonne avrà una parte molto rilevante più in là nella storia.

*momento fangirling*
Quella benedetta gif là sopra con Pure morning in sottofondo -scorrere please, l'ho vista a ripetizione per tipo mezz'ora. Penso sia ipnotica, fidatevi di me e poi ditemi se sono io che ho dei problemi.

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