𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚...

By bluelliestories

1.4M 57.3K 82.5K

"Se potessi rivivere un solo giorno della mia vita, sarebbe sempre lo stesso, in loop, senza interruzioni, e... More

Introduzione
❦ Trailer & Cast ❦
1. Now you're just somebody that I used to know
2. I wonder if I'll ever see you again
3. Before our innocence was lost
4. Even my phone misses your call
5. We were silenced by the night
6. We're not who we used to be
7. Somewhere only we know
8. Where are you now when I need you most?
9. Just nineteen, a sucker's dream - quattro anni prima
10. I'm Mr. Brightside
11. I'm coming out of my cage
ANNUNCIO IMPORTANTE
13. She's walking on fire
14. Hey there Delilah
15. Taffy stuck and tongue tied
16. Big lights will inspire you
17. Just let me know, I'll be at the door
18. I'm gonna pay for this
❦ Playlist ❦
19. Crawling back to you
20. Your lips, my lips, apocalypse
21. Here to take my medicine
22. Another star, you fade away
23. Half of me has disappeared
24. Palm trees are candles
25. Kiss in the kitchen like it's a dance floor
26. Strawberry fields forever
27. I call my baby Pussycat
28. Well, are you mine?
29. Remember when you used to be a rascal?
30. The blood in my veins is made up of mistakes
31. Jealousy, turning saints into the sea
32. Remember me, special needs
33. It's New York baby, always jacked up
34. Times Square can't shine as bright as you
35. It'd be so sweet if things just stayed the same
36. Everyone knows she's on your mind
37. I'm better off on my own
38. We met with a goodbye kiss
39. When we made love you used to cry
40. With your hands between your thighs
41. Leave me hypnotized, love
42. Does he take care of you?
43. Lamb to the slaughter
44. The things I'm fighting to protect
45. With everything, I won't let this go
46. Don't turn away, dry your eyes
47. I will save you from all of the unclean
48. Head in the clouds but my gravity's centered
49. I see the truth in your lies
50. It was a perverted thing to say
51. I almost died in my dreams again
52. The bed was left in ruins
53. Won't stop til it's over
54. And the sex and the drugs and the complications
55. Meet me in the hallway
56. This is your last warning, a courtesy call
57. Every little lie gives me butterflies
58. Tell them the fairytale gone bad
59. You can drag me through hell
60. Your knee socks
61. Type of sex you could never put a price on
62. Should've done something but I've done it enough
63. Birds fly in different directions
64. Baby, can you see through the tears?
65. In the end, it doesn't even matter
EPILOGO - if it wasn't for you
BONUS - You can even fly up here
❦ Trailer e Ringraziamenti ❦
-DEVIANT-
❄️GIVEAWAY Natalizio❄️

12. When I run out of road, you bring me home

21.6K 842 812
By bluelliestories

Riecheggerò
nelle coincidenze

Riemergerò
dagli angoli di un sorriso
che a nessuno mai racconterai.



Si svegliava nelle stanze d'albergo senza più ricordare in quale città si trovasse.
Apriva gli occhi, frastornata, senza sapere se fosse giorno o notte, e ci metteva un po' a realizzare in quale parte del mondo dovesse affrontare il resto della sua giornata.
Il suo fisico spossato ormai non reggeva più tutti quei cambiamenti di orario: le giornate erano talmente piene da sembrarle interminabili, e la sera, molto spesso a notte fonda, si ritrovava con in testa una marea di nomi e di volti di personaggi incontrati poche ore prima che si accavallavano e confondevano tra loro.
Poi, alla fine, si addormentava con scolpito nella mente, un solo ed unico paio di occhi.

Nel giro di un mese, Estelle era dovuta volare a New York almeno tre volte, e poi a Parigi, e a Milano, e di nuovo a Parigi.
Le collezioni da presentare erano tante e non potevano attendere, il ritmo era frenetico, sovraeccitato, e le città scintillavano di quella frizzante creatività che solo la moda riusciva a donare loro. Estelle cercava di vincere la stanchezza assorbendo la linfa vitale di quell'euforia generale e nutrendosi di essa.
Aveva dato tutta se stessa in quelle giornate, e il suo volto cominciava ad essere noto agli esperti e alle riviste di settore, il suo nome cominciava a circolare e a destare interesse, in una lunga catena umana di passaparola.

Quando tornó a Londra, a novembre, era soddisfatta di tutto quello che era riuscita ad ottenere, ma era decisa a riposarsi e a rimettere insieme le forze.
Non aveva più visto Harry, sapeva che era stato ospite a qualche sfilata o a qualche after party ma non lo aveva nemmeno incrociato, e non aveva neanche avuto molto tempo per pensarci, ai suoi spostamenti, a dire la verità.
Era solo quando rimaneva sola, e quando si sentiva più spaesata, o quando sfilava immaginandosi che tutti attorno sparissero e che la passerella fosse il salotto di casa sua, era a quel punto che gli tornava il mente il sorriso sincero di quel ragazzo che diventava d'improvviso il tessuto su cui si ricamava la sua ispirazione.

Era inevitabile che accadesse che, ogni tanto, inciampasse senza volerlo a leggere notizie di ogni genere su di lui: oltre ad aver appreso il fatto che lui avesse cominciato a registrare un nuovo disco, gli venivano costantemente attribuiti una quantità di flirt veri o presunti che faceva abbastanza spavento.
Che fosse un lupo travestito da agnello, con quella faccia d'angelo ironicamente e magnificamente intagliata attorno a uno sguardo che era tutto fiamme infernali, su quello ci avrebbe messo la mano sul fuoco. E forse era anche lo stesso lupo che avrebbe perso il pelo, ma non il vizio.

Harry era un predatore vero, affascinato impudentemente dal gioco perverso della conquista, eppure qualcosa dentro di lei continuava ossessivamente a suggerirle che quel narcisismo apparente non fosse piazzato strategicamente a celare un vuoto interiore. Probabilmente il bisogno di soddisfare un vuoto o una carenza esisteva, ma forse era qualcosa che più che altro lo circondava, e non qualcosa che costituisse il nucleo pulsante del suo essere.

Erano cresciuti, ed Harry la confondeva molto più di quanto non avesse mai fatto in precedenza, quando tutto quello che condividevano era solo qualche sorsata impacciata di sguardi rubati, centellinati lentamente, nel corso degli anni.
Per quanto lui fosse schietto, diretto, e avesse lo sguardo limpido, restava ai suoi occhi un intreccio di contraddizioni fluide che non aveva la forza di sbrogliare, per quanto le rimanessero incagliate nella testa come una nave andata in secca.

Quello di cui cercava di auto convincersi, era che a lei di tutto quello non doveva affatto interessare.
Ma come succedeva ad Harry, più se lo ripeteva costantemente nella testa come una cantilena ossessiva, e più si ritrovava inevitabilmente invorticata a pensare a lui.

Dopo quasi due giorni di totale nullafacenza dentro casa, Estelle, ormai abituata a dei ritmi lavorativi ai limiti delle possibilità umane e quindi ad un costante livello di stress, cominciava sinceramente a scocciarsi.
Fu quindi sollevata di sentire la sua amica Charlene che, appena tornata da Rio, doveva aveva posato per un servizio fotografico, le propose di fare un salto da lei per fare due chiacchiere.

Era arrivata all'ora del tè a casa di Estelle: Charlie era abbronzata come non mai, il colore dei suoi capelli che portava corti poco sopra le spalle adesso rasentava il bianco ghiaccio, e come sempre era piena di aneddoti da raccontare. Ma stavolta ne aveva parecchi anche lei, e la chiacchierata divenne presto una cena improvvisata all'ultimo momento, a base di vino e formaggio.
Mentre si preparavano a scegliere un film da vedere insieme, addentando gli ultimi pezzi di toast rimasti nel piatto, Charlene ricevette un messaggio ed alzò il tono della voce, come se dovesse fare un annuncio degno di una certa rilevanza.

«Il coglione! Chi non muore, si rivede.»
Estelle la guardó interrogativa, perché aveva l'aria contrariata, ma allo stesso tempo una sottile vena di compiacimento faceva capolino dalle sue labbra increspate.
C'erano, e c'erano stati, tanti coglioni nella vita di Charlie, lei non li contava più, sebbene la conoscesse da relativamente poco tempo. Durante la prima settimana di frequentazione erano tutti 'uomini della sua vita', poi diventavano 'un po' coglioni', infine venivano bollati come 'coglioni irreparabili' e finivano nel reparto 'bidone della spazzatura' della sua vita sentimentale.

«Jayden.» Specificó prontamente, fingendo poco interesse. Estelle realizzò che probabilmente, lui dovesse ancora trovarsi nella seconda fase.
Il vino le si piazzò improvvisamente di traverso quando udì quel nome, ma la sua amica non ci fece caso.
«Avrà saputo che sei tornata.»
«Puoi starne certa, che l'ha saputo.» Ci tenne a precisare, con una punta di orgoglio. «Il problema è che è sparito una tale quantità di volte in questo mese, che deve aver stabilito un nuovo record di sparizioni post-scopata.»

«È anche vero che tu non sei stata molto a Londra ultimamente.»
«Hai ragione, deve avere qualche impedimento alle dita che gli impedisce di usare i cellulari, poveretto. E dire che mi sembrava che le sapesse usare, le dita.»
Estelle addentó l'ultimo pezzo di toast al formaggio, ridacchiando. «Che cosa vuole?»
«Vuole che lo raggiunga al Toyroom, stasera.» Poi guardó Estelle con la coda dell'occhio, come per scrutarne la reazione rispetto a quello che le stava per dire. «Vip area.» Aggiunse infine, alzando il sopracciglio e inarcando le labbra in un ghigno divertito.

Il flashback che le divampò nella mente, le suggerì che quelle due paroline che aveva pronunciato Charlie avevano fatto venire in mente ad entrambe una sola persona: lei che lo salutava davanti al suo portone, mentre le loro gote si sfioravano a malapena in un saluto un po' esitante, per poi rientrare a passo spedito dentro casa, mentre fuori un nuovo giorno stava ancora pigramente germogliando, e l'aria profumava di qualcosa di nuovo e inesplorato. E totalmente inatteso.

Charlie continuò a mantenere quel sorrisetto, mentre osservava lo sguardo di Estelle tramutarsi in un paio di occhi sognanti, lontani dieci galassie.
«È arrivato il momento di indossare quell'Hervè Leger che ti hanno regalato a Parigi.» Le aveva praticamente ordinato, senza lasciarle il tempo di replicare.




«Ma non avevi detto che era un coglione?» Le chiese Estelle mentre salivano sul taxi: era abbastanza tardi perché ci avevano messo un'infinità di tempo a passare dal pigiama al vestito da sera, e Jayden le aveva avvertite poco tempo prima.
«Dopo questo mese, ho bisogno di prendermi una sbronza come si deve. E poi di finire bene la serata.»
Evidentemente non le interessava molto che il giorno dopo lui sarebbe sparito di nuovo, pensò Estelle. Ammirava con una punta di invidia il modo in cui Charlie riusciva a prendere le cose, con estrema leggerezza. Sicuramente era capace di godersi la vita e trarre a pieno i vantaggi dell'essere giovane e libera.

Lei aveva solo diciannove anni e nonostante ciò pensava che non valesse la pena di fare qualcosa che non trascinasse con sè delle emozioni. Non necessariamente un sentimento, ma quantomeno quella sensazione di essere smossi, quel turbamento che la faceva sentire viva e pulsante e non semplicemente in balía degli eventi.

E quello smottamento a cui stava pensando lo percepí attraverso le ossa, un cedimento improvviso, giù lungo la schiena, quando si accorse che Harry, da dentro il locale, si era reso conto della sua presenza. Quei due fari verdi puntati, incorniciati dai boccoli castani, sembravano brillare di luce propria all'interno di un locale semibuio: il suo sguardo era persino più impertinente delle altre volte.

A Estelle vennero in mente, come un lungo elenco, tutti i vari flirt che gli erano stati attribuiti in un solo mese, e pensò ancora una volta che la sua decisione di rimanergli distante il più possibile era stata la migliore che potesse prendere.
Eppure era di nuovo davanti a lui, e forse, sotto sotto, lo aveva desiderato, di incrociare di nuovo la sua strada: stavolta non era solo il destino ad averci messo del suo. Ancora una volta, si inumidiva le labbra solo perché sapeva che lui la stava guardando, dal buio, di sottecchi, come un misterioso animale notturno.

«Non mi avevi detto che sarebbe venuta anche Charlene.» Aveva parlato con voce profonda, quasi sussurrando, Harry, riferendosi a Jayden che sedeva accanto a lui. «E la sua amica.»
La musica esplose in un drop vibrante, con una tale potenza da sentirla rimbombare nel proprio torace, che faceva da cassa di risonanza, tanto che dovettero alzare il tono per continuare a parlare.
«Dí la verità. Non ti ricordi il suo nome e hai bisogno di me.» Sghignazzò Jayden, buttando giù un sorso di liquore.

Harry sorrise malizioso, abbassando lo sguardo. «Lei non è una di quelle di cui ti scordi il nome facilmente.»
«Wow!» Aveva urlato Todd che li aveva ascoltati, e Jayden gli era andato dietro, battendogli sul petto. «Questa sí che è una rivelazione!»
Todd gli mise un braccio intorno al collo, e urlò all'altezza del suo orecchio destro.
«Lo sapevo che era una grande scopata.»

«Ma quale scopata? Sei fuoristrada, amico.» Si era affrettato a rispondere Harry.
«Harry, non fare il timido. Alla festa di Jay l'hai accompagnata da casa tua a Primrose, e ci hai messo tipo due ore per tornare.» Ricordò Todd, che era presente. Scoppiarono entrambi in una fragorosa risata, tranne Harry, che rimase impassibile, con un sorrisetto indecifrabile dipinto sul volto.

Forse era rimasto anche lui leggermente stupito di se stesso, e della frase su di lei che aveva pronunciato con i suoi amici, dando libero sfogo ai suoi pensieri, senza filtri. Ma il pensiero di dimenticare il nome di Estelle era talmente ridicolo ed inconcepibile, che le era venuto spontaneo rispondere in quel modo. E infatti quella era semplicemente la verità: erano anni, avrebbe detto almeno cinque, che conosceva il suo nome, e non l'aveva mai dimenticato. Era un nome unico.

Ma avrebbe potuto rispondere ribadendo la solita tiritera: che si conoscevano da diverso tempo, come tutti sapevano.
Che frequentavano la stessa scuola, che venivano dalla stessa piccola cittadina, che le loro famiglie si conoscevano, anche se solo di vista. Che le loro sorelle facevano parte della stessa comitiva.
Eppure, non aveva detto niente di tutto ciò. Aveva detto che lei non era una ragazza che si dimentica.
Il suo corpo fu attraversato da parte a parte da un brivido caldo, una sensazione strana, come una folgorazione.



Estelle stava bene con quel gruppo di ragazzi, la facevano sentire a suo agio, e lei li frequentava volentieri, anche se non erano certamente i suoi amici di una vita. Quelli che conosceva meno erano gli amici più stretti di Harry, ma aveva avuto modo di parlare anche con loro e gli erano sembrati dei tipi simpatici.
Aveva cominciato a legare con Charlie proprio grazie a quel gruppo, nonostante l'avesse incrociata in tanti casting: si erano rincontrate in una di quelle serate, una delle tante in cui Harry non era presente perché era in giro per il mondo con uno dei suoi tour mondiali. E poi non si erano più lasciate.
Chi faceva da tramite tra Estelle e gli altri era un ragazzo che si chiamava Alex, un biondino smilzo alto quanto un giocatore di NBA, che andava nella sua stessa classe. Da quando Estelle era a Londra avevano organizzato diverse uscite, e Harry non c'era mai stato: ormai sembrava diventato invece una presenza costante.

Ad un certo punto avevano preso coraggio e si erano salutati, con il solito bacio sulla guancia appena sfiorato. Mentre avvicinavano i loro volti però, lui le aveva stretto il polso, per un istante, in un gesto istintivo.
«Ti ho vista.» Le aveva detto all'altezza dell'orecchio, avvicinando le sua labbra a quel manto di capelli lasciati sciolti.
«Dove?»
«Un po' ovunque in realtà.» Sospiró piano, in un flebile respiro che dava a quell'ammissione un'aria di rassegnazione.
Estelle rimase un po' interdetta da quella frase, perché non se l'aspettava, ma soprattutto perché non seppe bene come interpretarla. Sembrava si divertisse molto, a lasciarla confusa.
Anche io ti ho visto - aveva pensato lei, ma non aveva parlato, e aveva risposto con un sorriso a mezza bocca.

In seguito a ciò, si erano tenuti a distanza per tutta la sera. Stavolta però, non era stata lei ad evitarlo: erano stati entrambi a voler mantenere un certo distacco, come se fosse un tacito assenso per evitare uno spiacevole o meno, ma inevitabile, precipitare della situazione. Quasi ormai fosse impossibile non percepire la tensione che si era creata tra loro due.
Harry era finito a ballare in piedi sui divanetti con i suoi amici, Estelle aveva fatto il giro del locale almeno dieci volte, ed era riuscita a buttare giù pochissimo alcool, perchè quella sera avvicinare il naso al bicchiere le faceva salire uno strano senso di nausea.

Ogni tanto lanciava ad Harry qualche occhiata per poter cogliere le sue sfumature, quelle che affioravano quando non si sentiva osservato.
Dal canto suo, Estelle continuava a vederlo come la persona più narcisista che avesse mai incontrato.
Che non fosse fatto per essere monogamo, lei lo immaginava fin troppo bene. Sembrava possedere questo disperato bisogno di donarsi al mondo traendo beneficio dell'adorazione altrui, per continuare a respirare.
Aveva scoperto un lato di lui gentile e premuroso, avrebbe osato dire addirittura empatico, ma questo non faceva venire meno il fatto che le apparisse come un ragazzo completamente focalizzato su se stesso, sulla soddisfazione dei propri bisogni, perfettamente conscio del proprio fascino e dell'attrazione che esercitava sul genere femminile.

E non era solamente una questione di fama o soldi, o di semplice bellezza, nonostante tutto ciò facesse innegabilmente parte della sua persona.
Era ovvio che la sua capacità di ammaliare, la personalità ammiccante e incisiva erano qualcosa di autentico, che precedeva il successo che aveva raggiunto, qualcosa che era legato strettamente alla sua persona fin da quando respirava.
E lei lo sapeva bene, da quando i suoi occhi di ragazzina ingenua, timorosa e con la testa piena di illusioni e incanto, si erano posati su quel ragazzo dal sorriso autentico, con quelle fossette impertinenti e gli occhi limpidi e cristallini come due laghetti di montagna.

E non gliene importava di quello che sarebbe diventato nel suo futuro, quel ragazzo sarebbe rimasto sempre e comunque, qualcuno che lei si era ritrovata costretta a guardare, che si era fatto spazio, silenziosamente e a distanza, tra i suoi primi pensieri e i turbamenti di un'adolescente che non avrebbe mai osato andare oltre il gioco di sguardi.


Harry quella sera non voleva pensare, ne aveva un bisogno disperato.
Non voleva continuare a scervellarsi sul motivo per cui se una qualsiasi donna lo avesse attratto almeno un centesimo di quanto Estelle Harlow attraeva lui, ci avrebbe provato tutta la sera lanciandocisi addosso come un razzo puntato.
E invece in quel caso, non riusciva ad avvicinarsi, come due poli positivi che hanno come destino quello di respingersi.

E ogni volta che la vedeva la trovava ancor più bella della precedente, scovava in lei lineamenti preziosi che non aveva notato prima, dei piccoli dettagli sbalorditivi che la rendevano unica e magnetica, e quella pulsione verso di lei accresceva a dismisura il suo timore e lo rendeva inquieto. Disorientato, come se brancolasse nel buio in un territorio che fino a quel momento gli era stato familiare.
Non si era mai frenato, non era proprio il tipo, e non sapeva da dove provenisse quell'improvviso blocco mentale.

Harry la guardava volteggiare, e più il suo sguardo planava per atterrare sempre e inevitabilmente su di lei, più lui si sentiva cadere in un vortice abissale.
«Ho bisogno di qualcosa di forte.» Aveva detto a Jayden, o forse era Todd, o Evan. Non avrebbe saputo dirlo con certezza, perché non lo avrebbe ricordato. Comunque qualcuno gli aveva passato un bicchiere, e dopo un'ora di balli sfrenati, era finito più sudato e più depresso di quanto mai fosse stato prima.

E mentre lei si muoveva lenta, in una scena che sembrava improvvisamente al rallentatore, la stanza si faceva più buia, illuminata solo dal sorriso di lei, e più stretta, sempre più soffocante, quasi come se le pareti si stringessero attorno a lui, per schiacciarlo, per privarlo del suo stesso respiro.



«Hai bisogno di un passaggio?»
«No, tranquillo, tu vai dall'altra parte della città. Prendo un taxi.»
Alex si era reso conto che la sua amica era stata lasciata per l'ennesima volta a piedi dalla bionda platinata che si portava appresso ad ogni serata.
Ma Estelle sembrava tranquilla, quindi si salutarono: lei stava bene, non aveva bevuto, aveva bisogno solo di rinfrescarsi il viso, e fu quello che fece. Andò in bagno e si sciacquò più volte, perché chi se ne importava del trucco a quel punto, desiderava solamente il contatto dell'acqua fresca sulle sue gote bollenti.

Una volta uscita dal bagno attraversò nuovamente la vip area, dove non era rimasto più nessuno, perché il locale era in chiusura nonostante la luce . Prese il suo chiodo di pelle dal guardaroba e uscí in strada, mentre chiamava un taxi per farsi raggiungere ad un incrocio verso il quale si stava dirigendo.

Non fece in tempo a concludere la chiamata che qualcosa catturò la sua attenzione, interruppe il passo e rimase congelata sul posto.
In realtà notò un paio di scarpe che le sembrarono vagamente familiari.
Appartenevano ad un fagotto accasciato per terra, seduto rannicchiato nell'ombra contro il muretto, con il volto nascosto tra le ginocchia, e un fedora nero appoggiato sulla testa.
Ci mise qualche frazione di secondo per realizzare che quel fagotto abbandonato a se stesso era proprio lui. Uno sbigottimento senza precedenti la invase con prepotenza.
Harry era semplicemente inconfondibile, eppure, nessuno sembrava averlo notato.

Appena realizzato chi fosse, gli corse incontro e si accucciò di fronte a lui, chiedendosi cosa diavolo stesse facendo.
«Harry..» richiamò la sua attenzione, ma lui non sembrava risponderle.
«Harry!» Lo scosse un poco, e fu in quel momento, quando lui non rispose ancora una volta, che Estelle sentí una fitta al cuore come se fosse stato attraversato da parte a parte da una lama affilata.

L'ansia le stava divorando lo stomaco, perché lui restava immobile, e qualcosa dentro di lei le stava suggerendo che forse potesse stare male davvero. Il solo pensiero la attoní completamente.
Gli tolse il cappello, e cominciò a toccargli i capelli, era completamente sudato.

A quel contatto lo sentí mugugnare.
«Harry! Ti senti bene?»
Si guardò intorno, in quel momento nel vicolo non passava nessuno, ma se qualcuno lo avesse fotografato in quello stato, se ne sarebbe pentito per tutta la vita.

«Harry, ti prego rispondimi!» Quest'ultima preghiera fu veramente accorata, ed a quel punto lui sollevò il volto e vide di fronte a sè qualcosa che assomigliava vagamente alla sua personale idea della visione del paradiso.
Pensò di essere morto, quindi tornò a chiudere gli occhi.

Lei gli toccò il volto, come per svegliarlo.
«Santo cielo, riprenditi.» Lo spronò ancora.
Ma lui non riusciva a proferire parola, era come se il suo cervello non fosse in grado di formulare delle frasi di senso compiuto.
Estelle afferrò nervosamente il cellulare, e cominciò a chiamare Charlie. Nessuna risposta. Poi Alex. Nessuna risposta.
Aveva un altro paio di numeri di telefono ma nessuno le stava rispondendo. Era una cosa inconcepibile, si agitò notevolmente quando si rese conto di non sapere cosa fare.

Ad un certo punto sussultò, perché Alex la stava richiamando.
«Estelle?» Era vagamente sorpreso.
«Santo cielo Alex, ho trovato Harry seduto per terra, per strada. Da solo. Non penso che stia bene!» Cominciò a sciorinare rapidamente, in maniera sconnessa, tutta la sua agitazione.

Alex ci mise qualche istante a riordinare le idee e a riformulare quello che lei gli aveva appena detto.
«Ok, cerca di stare calma. Ma com'è possibile che lo abbiano lasciato lí? Ha bisogno di andare in ospedale?»
«Io non lo so! Chi può dirlo?»
«Devi evitarlo a tutti i costi. Ci manca solo uno scandalo. Mettilo su un taxi e fallo portare a casa. Io intanto provo a chiamare qualcuno, ma non so chi mi risponderà, erano tutti più fuori del solito stasera.»
Le aveva praticamente attaccato in faccia, promettendole che l'avrebbe richiamata subito.

Estelle rimase a monitorargli le espressioni del volto: a volte sembrava sofferente, altre invece si acquietava, ma in entrambi i casi, gli fece un'incredibile tenerezza, così abbandonato a se stesso senza che sapesse nemmeno dove si trovasse.
Metterlo su un taxi e farlo portare a casa?
Si chiese con quale menefreghismo avrebbe potuto lasciare un ragazzo in quelle condizioni da solo, ad un tassista. Forse Alex non aveva capito che non riusciva nemmeno a camminare da solo: aveva quasi perso i sensi del tutto.

«Harry, ce la fai ad alzarti?»
Lui aveva mugugnato di nuovo, tenendosi il viso con le mani.
Ancora una volta Estelle si guardò intorno, era terrorizzata all'idea che qualcuno avesse potuto riconoscerlo. Fortunatamente a Londra, a quell'ora della notte, non era raro incappare in qualcuno ridotto nelle sue stesse condizioni, e gli inglesi erano abbastanza abituati a non sconvolgersi più di tanto.
Si chiese come avesse fatto Harry, in quelle condizioni, ad andarsi ad intrufolare in un vicolo buio e umidiccio o come quello.

«Ok ascolta: al mio tre, cerchiamo di alzarti in piedi. Ho un taxi che ci aspetta a pochi metri da qui.»
Aveva contato fino a tre, ma lui non aveva collaborato minimamente, e lei aveva qualche dubbio anche sul fatto che lui riuscisse a sentirla.
La seconda volta, era riuscita a tirarlo su, e lui le si era praticamente buttato addosso, lei aveva perso l'equilibrio e lui era finito a sbatterla contro il muro rimanendole accasciato addosso, con il volto nascosto tra il suo collo e le spalle.

A Estelle, in quella situazione tragicomica, venne da ridere.
Quantomeno, se fosse passato qualcuno in quel momento, sarebbe sembrata una situazione decisamente compromettente, ma almeno avrebbe salvato la sua reputazione di playboy senza finire sbattuto in prima pagina come un tossico all'ultimo stadio.
E perlomeno si era alzato in piedi, anche se lei lo reggeva a malapena.

«Harry, ce la fai?» Che domanda retorica. Era ovvio che non ce la facesse.
Nel frattempo, Alex la stava richiamando.
«Non mi risponde nessuno di quei pezzi di merda. Non so come fare ad aiutarti. Ti mando l'indirizzo di casa sua, portalo a casa, è l'unica cosa fattibile.»

«Io.. non so nemmeno dove abbia le chiavi!» Estelle aveva abbassato la voce perché nel frattempo erano passati una coppia di ragazzi, che li avevano osservati di sottecchi, e lei lo aveva abbracciato come se fossero una normale coppietta appartata.

«Dove vuoi che le abbia? Nella giacca, o nei pantaloni.»
Harry non indossava alcuna giacca.
Fantastico. Adesso mi devo mettere pure a frugargli nei jeans.
«Però... Estelle. Harry ha un antifurto molto potente a casa sua, collegato con la polizia ovviamente. È in grado di disattivarlo?»
«Non è in grado nemmeno di pronunciare il suo nome.»
«Bene. Allora siamo nella merda. Ti devo raggiungere, ci metterò un po' a questo punto, sono già a Forest Hill.»

Il cellulare vibrò, e lei controllò il display, sperando che fosse qualcuno degli amici di Harry che la stesse richiamando. Aveva una chiamata in attesa, ma era il suo taxi che la stava aspettando.
«Merda. Harry, dobbiamo andare, sei pronto a camminare?»
Pregò il cielo che non cadessero insieme a terra, e maledí i suoi tacchi altissimi, che mettevano a dura prova il suo equilibrio.

Mise il braccio di Harry attorno alle sue spalle, e cominciarono faticosamente a camminare, mentre lei lo sorreggeva. Harry sembrava camminare solo per pura forza d'inerzia, perché era chiaro che non sapeva dove si trovasse ne dove stesse andando. Ma si lasciava trascinare e in poco tempo arrivarono al taxi, che Estelle vide come una vera e propria salvezza mandata dal cielo.
Aprí lo sportello e lo lasciò cadere nei sedili posteriori, quasi svenuto, se non fosse per qualche lamento che la rassicurava sul fatto che non fosse trapassato del tutto.

«Sta messo bene il tuo ragazzo, vedo.» Aveva detto il tassista.
Pensò che forse avrebbe dovuto chiamare un NCC, probabilmente avrebbe usato più discrezione.
«Sta bene, è solo un po' rintronato.» Minimizzò la questione lei, sorvolando sull'appellativo con cui quel tipo aveva chiamato Harry, poi si sedette sul sedile anteriore e pregò che lui non vomitasse.

«Dove andiamo?»
Estelle ci ragionò su per qualche istante, guardando il display del telefono, doveva decidere velocemente cosa fare, e optò per la soluzione che le era sembrata più pratica da realizzare, considerando che nessuno la stava concretamente aiutando.
Oh, fanculo.
«21, Elsworthy Road.»

Aveva scritto rapidamente ad Alex avvertendolo delle sue intenzioni, mentre l'auto ingranava la marcia e ripartiva da Mayfair. E aveva ignorato completamente la sua disponibilità ad essere rintracciato in qualsiasi momento, perché in quel momento le apparvero solo delle parole vuote.

Fece non poca fatica a trascinarlo su per le scale fino al suo appartamento, ma Harry a quel punto sembrava rispondere un po' meglio, fisicamente. Con la testa invece, era proprio da un'altra parte, viaggiando in un mondo tutto suo.

Estelle entrò nel suo buio appartamento e lo lasciò cadere nel letto della sua camera, che si trovava appena di fronte all'ingresso ed era più vicino del divano in salone. Era completamente distrutta: aveva un lancinante dolore al trapezio per il peso che aveva sorretto.

Si sfilò velocemente le décolleté che indossava, e poi tolse a lui i suoi stivaletti. Sorrise al pensiero che se non fosse stato per quelle scarpe, lei non l'avrebbe riconosciuto, e probabilmente a quest'ora sarebbe ancora lí, abbandonato in un vicolo buio.

Un moto di stizza le risalí dallo stomaco verso la gola. Prese il cellulare e scrisse a Charlene.
E: Harry sta malissimo. Lo avete lasciato da solo in mezzo alla strada, ma che cazzo di gente siete?
Non ottenere alcuna risposta, ma in fondo se l'aspettava. Quella sera sembravano essersi tutti volatilizzati, a un certo punto. Charlene era sparita insieme a Jayden, ma l'aveva avvertita che sarebbe potuto accadere. Tutti gli altri, come aveva detto Alex, erano più fuori del solito, e a un certo punto erano andati via praticamente tutti. Lei si era assentata per andare a salutare il deejay, che era un suo vecchio amico, e quando era tornata nell'area vip non c'era praticamente più nessuno.

Osservó Harry buttato a quattro di spade sul suo letto, nel silenzio della sua stanza: sembrava dormisse, ma ogni tanto emetteva un leggero mugugno, come se fosse in sofferenza.
Si sorprese ad osservare il suo profilo scolpito nella perfezione, la mascella affilata, e la penombra che lo avvolgeva lo rendeva più misterioso e invitante, così ammantato di chiaroscuri come un disegno in bianco e nero.

«Io non ho intenzione di dormire sul divano, bello mio.» Gli disse ad alta voce, poggiandosi le mani sui fianchi, ma lui, ovviamente, non reagì.
Sospirò, non aveva veramente voglia di spostarlo di nuovo, era distrutta e avrebbe fatto troppa fatica a risollevarlo dal letto: sarebbe stata costretta a dormire nella sala.

Andò in bagno a struccarsi e si sfilò via il vestito, restando con solo l'intimo addosso, senza preoccuparsi più di tanto dell'uomo che giaceva morente nel suo letto: sembrava ormai essere tra le braccia di Morfeo, e ci sarebbe rimasto per molto tempo ancora.

Fu ironico rendersi conto del fatto che era passato veramente tanto tempo dall'ultima volta che un uomo aveva dormito nel suo letto, e le venne da ridere al pensiero che non avrebbe mai immaginato che il successivo si sarebbe trovato in quelle condizioni comatose.

Tornando in camera, si adagiò sul materasso dove giaceva inerme il corpo di Harry, e si avvicinò a lui lentamente, come per non svegliarlo, sollevando lentamente il cuscino sotto la sua testa, nel tentativo di afferrare la sua camicia da notte.

Forse indugiò qualche istante di troppo ad osservare il suo viso, su quei riccioli ancora un po' umidi che si incollavano al volto, incorniciandolo come il più bell'ornamento. Non avrebbe mai voluto distogliere lo sguardo.

Fu in quel momento che Harry, che sembrava assorto in un placido sonno, ebbe un sussulto violento e sgranò gli occhi di botto, come chi si accorge all'improvviso di non respirare.
Estelle rimase impietrita, e sussurrò un po' incerta, presa alla sprovvista.
«Harry, stai bene?»
Lui si rilassò nel sentire quella voce al suo fianco, ma non chiuse gli occhi, sembrava completamente assente, spaurito come chi si risveglia da un brutto incubo, in quel limbo oscuro che era la zona che esisteva tra il sonno e la veglia.

«Va tutto bene, stai tranquillo.»
Vide i suoi occhi rasserenarsi e trovare un attimo di pace mentre lei gli carezzava lentamente la fronte, con pazienza, spostandogli via i riccioli dalla nuca.
I sentimenti contrastanti tornarono alla ribalta mentre si rendeva conto di possedere uno strano istinto di protezione verso quel ragazzo indefinibile, che non riusciva proprio ad inquadrare.
La spaventava, ma un calore inaspettato la assaliva, quando la guardava come se la vedesse ogni volta come se fosse la prima.

Fu in quell'istante che gli occhi annebbiati di lui si assottigliarono come per mettere a fuoco, smisero di fissare il vuoto e finalmente Estelle si rese conto di essere vista.
E quando la vide parlò aprendo a malapena le labbra, gli occhi ancora serrati, con un aspetto angelico di chi avesse raggiunto uno stato libero da qualsiasi sofferenza, e fosse ora in pace con il cosmo.
«Sei tu?»

Lei non rispose perché non seppe cosa dire, e scelse di rimanere in silenzio, mentre con la mano continuava a carezzargli la testa, per non farlo agitare.
Pronunciò lievemente il suo nome in un soffio di respiro, talmente lieve che lei non fu sicura che lo avesse detto davvero, con gli occhi semi chiusi, dondolando la testa da una parte all'altra, quasi come se volesse fugarle i dubbi che le erano venuti in mente quando le aveva posto quella domanda.

Poi se ne uscì con un'altra, pronunciata in maniera più chiara, che le fece perdere più di un battito.
«Sei vera, o sto sognando?»
Estelle sorrise lievemente, ma si sentì avvampare a quella domanda, e per un attimo desiderò sprofondare nello stesso vortice in cui sentiva precipitare il suo stomaco.
«Cerca di dormire, Harry.»

Lui portò una mano sopra il petto e le trattenne il polso, in una stretta delicata, non dolorosa, come se la volesse trattenere, e richiuse lentamente gli occhi a quel contatto.

Adesso che lui non sembrava più in pericolo, che era al sicuro, e sembrava dormire tranquillo, l'ansia che Estelle si era portata dietro fino a quel momento svaní velocemente, lasciando il posto ad un incredibile sonno da reazione allo stress che la obbligò a sentire le palpebre pesantissime e poi impossibili da tenere aperte, nel giro di pochissimi minuti.



⭐️
Girls ♥️
Vabbè ormai avrete capito che
Io🤝capitoli lunghi
ma ho proprio un problema a spezzarli.

Harry comunque non si può perdere di vista un attimo, però stavolta gli è andata bene che ne dite?
Vi prego, fatemi sentire la vostra vocina in qualsiasi modo.
Love

Continue Reading

You'll Also Like

326K 9.5K 46
«Benvenuta sull'isola del vento.»
1.2M 48.6K 43
Sara è una normale adolescente, con un particolare talento per le figure di merda. Ma questa sua dote sembra aumentare in modo esagerato quando incon...
2.1M 65.5K 51
Nell'universo esistono persone che sono ammaliate da favole romanzate, storie strappalacrime e zuccherosi nomignoli sussurrati sotto le coperte. Altr...
14.9M 395K 93
"La sua dolcezza è stata la mia rovina". Un anno di riformatorio non era bastato a cambiare, quelle che erano le abitudini di Damon. Qualcuno, avrebb...