𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚...

By bluelliestories

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"Se potessi rivivere un solo giorno della mia vita, sarebbe sempre lo stesso, in loop, senza interruzioni, e... More

Introduzione
❦ Trailer & Cast ❦
1. Now you're just somebody that I used to know
2. I wonder if I'll ever see you again
3. Before our innocence was lost
4. Even my phone misses your call
5. We were silenced by the night
6. We're not who we used to be
7. Somewhere only we know
8. Where are you now when I need you most?
9. Just nineteen, a sucker's dream - quattro anni prima
10. I'm Mr. Brightside
ANNUNCIO IMPORTANTE
12. When I run out of road, you bring me home
13. She's walking on fire
14. Hey there Delilah
15. Taffy stuck and tongue tied
16. Big lights will inspire you
17. Just let me know, I'll be at the door
18. I'm gonna pay for this
❦ Playlist ❦
19. Crawling back to you
20. Your lips, my lips, apocalypse
21. Here to take my medicine
22. Another star, you fade away
23. Half of me has disappeared
24. Palm trees are candles
25. Kiss in the kitchen like it's a dance floor
26. Strawberry fields forever
27. I call my baby Pussycat
28. Well, are you mine?
29. Remember when you used to be a rascal?
30. The blood in my veins is made up of mistakes
31. Jealousy, turning saints into the sea
32. Remember me, special needs
33. It's New York baby, always jacked up
34. Times Square can't shine as bright as you
35. It'd be so sweet if things just stayed the same
36. Everyone knows she's on your mind
37. I'm better off on my own
38. We met with a goodbye kiss
39. When we made love you used to cry
40. With your hands between your thighs
41. Leave me hypnotized, love
42. Does he take care of you?
43. Lamb to the slaughter
44. The things I'm fighting to protect
45. With everything, I won't let this go
46. Don't turn away, dry your eyes
47. I will save you from all of the unclean
48. Head in the clouds but my gravity's centered
49. I see the truth in your lies
50. It was a perverted thing to say
51. I almost died in my dreams again
52. The bed was left in ruins
53. Won't stop til it's over
54. And the sex and the drugs and the complications
55. Meet me in the hallway
56. This is your last warning, a courtesy call
57. Every little lie gives me butterflies
58. Tell them the fairytale gone bad
59. You can drag me through hell
60. Your knee socks
61. Type of sex you could never put a price on
62. Should've done something but I've done it enough
63. Birds fly in different directions
64. Baby, can you see through the tears?
65. In the end, it doesn't even matter
EPILOGO - if it wasn't for you
BONUS - You can even fly up here
❦ Trailer e Ringraziamenti ❦
-DEVIANT-
❄️GIVEAWAY Natalizio❄️

11. I'm coming out of my cage

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By bluelliestories


La prima volta non fu quando ci spogliammo
ma qualche giorno prima,
mentre parlavi sotto un albero.
Sentivo zone lontane del mio corpo
che tornavano a casa.



«Dove hai detto che dovrei venire??»
Per poco non si strozzò con il suo stesso respiro.
«Al compleanno di Jay. Compie ventitré anni.» Cinguettò elettrizzata Charlene dall'altra parte della cornetta.
Estelle non era affatto entusiasta alll'idea, considerando che la compagnia di Jayden non era proprio tra le sue preferite, nell'ultimo periodo: si limitò a non rispondere affrettando il passo, mentre saliva per Adelaide Road e attraversava il ponte in direzione Primrose, con un paio di buste della spesa nelle mani.

Infine sospirò arrendevole, perché quando si trattava di Charlie non era proprio capace di dire di no. Si stava ancora frequentando con quel ragazzo un po' ombroso e con lo sguardo spento, che era anche un amico di qualcuno che Estelle non aveva proprio voglia di rivedere.
«Le cose vanno ancora bene tra voi due?»
«Alla grande.» Rispose Charlie, ed Estelle riuscí ad immaginarsela dall'altra parte del telefono, raggiante con un enorme sorriso sul volto e una maschera all'oro 24 carati spalmata in faccia.
«Non sono stata nemmeno invitata.» Provò a ribattere.
«Ma io si, e io non ci vado, senza di te.»

«Ok, ti accompagno.» Si arrese, infine, rassegnata. «Mi dai l'indirizzo o andiamo insieme?»
«Ti adoro Elle, grazie. Ti passo a prendere io, tu pensa a vestirti da strafiga.»
Era euforica, come sempre, perché viveva al massimo e pensava il minimo: sembrava che vivesse sopra un'auto da corsa lanciata alla massima velocità possibile, assaporando continuamente il brivido dello schianto.

Nei giorni appena trascorsi, Estelle si era interrogata più volte sul comportamento che aveva avuto quella sera, al The Box, e aveva finito sempre per giustificarsi dando tutta la colpa all'alcool.
Così aveva deciso di raccontarsela, anche se un piccolo eco della sua coscienza le urlava in lontananza che l'ebrezza alcolica, per antonomasia, sviscera e porta in superficie le parti più istintive di noi stessi, ma probabilmente anche le più vere.

Se avesse dovuto pensare a quanto potesse suonare inquietante e patetico il fatto che lei si fosse strusciata sul primo ragazzo attraente che le era capitato a tiro, solo per farsi vedere da Harry che stava dandosi da fare con due donne contemporaneamente, si sarebbe scavata una buca e seppellita da sola.
Suonava incredibilmente sbagliato, e terribilmente vicino al concetto di gelosia.

Era molto più semplice raccontarsi di essere stata talmente ubriaca da fare delle cose senza senso.
A Charlie ad esempio, aveva raccontato che non aveva visto bene il soggetto con cui si stava intrattenendo, ma quando lo aveva messo a fuoco aveva realizzato che non era il suo tipo, e quindi lo aveva mollato senza pensarci due volte.

La sua amica, decisamente in un altro mondo, non aveva voluto indagare oltre, e se l'era bevuta in pieno, come tutto il resto di quello che era finito nel suo bicchiere.
Ma la verità era che, sebbene non ci avesse pensato molto, perché presa da tanto lavoro, quando le ritornava alla mente quella scena di Harry su quel divanetto, ancora le si rovesciava il cibo nello stomaco.

Va bene, era un ragazzo giovane e libero, una celebrità che aveva le donne ai suoi piedi, non stava facendo male a nessuno, continuava a ripetersi: erano tutti adulti e consenzienti. Nel mondo della moda e dello spettacolo succedevano continuamente cose molto peggiori di quelle, e lei era la prima a non essere esattamente uno stinco di santo.

Il problema era che quell'immagine, come la sua reputazione che lei conosceva ben prima di incontrarlo di nuovo, macchiava irrimediabilmente l'idea che lei aveva sempre avuto di lui.
Estelle lo aveva notato e osservato negli anni della scuola come se fosse un'anima affine alla sua, qualcuno che avrebbe potuto comprenderla in quel deserto inconsistente di persone vuote, qualcuno che aveva la vita che gli ribolliva nelle vene, che gli faceva splendere gli occhi con quella luce che possedeva chi aveva sempre desiderato qualcosa di più per se stesso, di una provincia inglese sperduta nel nulla.

Ma allo stesso tempo, fin da quando lo guardava, ancora ragazzino, darsi da fare sul palco delle feste di scuola con la sua band strampalata, dietro quella faccia pulita notava in lui un carisma che lei ammirava e che avrebbe sempre desiderato.
Forse era quella stessa intraprendenza mescolata ad incoscienza, quel mix esplosivo che lo portava oggi a comportarsi in un certo modo, con quella stessa voglia di conquistare il mondo che aveva anche Estelle, pur non sapendo se ne avrebbe mai avuto la stoffa o il coraggio: forse il problema era che in fondo, un po' lo invidiava, perché lui era libero, e la sbatteva in faccia a tutti la sua libertà.

Charlene arrivò a prenderla verso sera con un Porsche Cayenne bianco, per niente vistoso, ed Estelle notò quasi subito che si stava dirigendo verso il nord di Londra.
«Dove stiamo andando?»
«Al compleanno di Jay.»
«Dove festeggia?» Incalzò Estelle che cominciava a nutrire un presentimento, visto che Charlie era così reticente a giocare a carte scoperte e a parlare chiaro. Ci stava solo girando intorno.
«A casa di Harry Styles.»

Eccola lì, senza via di fuga: era caduta nella trappola della sua amica con tutte le scarpe.
Charlene sapeva che, se l'avesse messa al corrente, avrebbe inventato una scusa qualunque per darle buca, mentre ora era impossibilitata a farlo, e le sarebbe toccato passare una serata nell'ultima casa dove avrebbe voluto mettere piede.
Estelle gettò indietro la testa e roteò gli occhi, alzandoli al cielo.
«Ma cos'è, una maledizione?»
«Si può sapere perché ti sta tanto sulle palle?»
«Me lo ritrovo ovunque, nell'ultimo mese avrò incontrato più lui di mia sorella.»
«Non capisco cosa te ne freghi. Ha una casa enorme, non lo incontrerai nemmeno.»
Si certo, come no.

Fu un amico di Jayden ad aprire la cancellata scura, osservandole per qualche istante di troppo attraverso il videocitofono, come se non riuscisse bene a decifrare le immagini.
«Santo cielo, non sono neanche le dieci, è possibile che la gente sia già strafatta?»
Era evidente che fosse possibile.

Estelle rimase in silenzio per tutto il tempo, sia quando scesero dalla macchina che quando si incamminarono sulla scalinata che le condusse all'interno dell'abitazione.
Si guardò intorno con aria poco interessata: era una villa completamente bianca, su due o forse le sembrarono tre piani, decisamente troppo grande per un ventenne che viveva da solo.

«Estelle! Dio ti benedica. Voi due ragazze, alzate decisamente il livello della festa.» Le salutò Jeff con un bacio sulla guancia, e poi gli fece strada per portarle all'interno dell'abitazione: sembrava abbastanza sobrio e non sapevano se quello fosse un buon segno oppure no.

Harry l'aveva osservata, di sottecchi e a braccia incrociate, entrare in casa sua, restando nascosto nell'ombra della scalinata che portava al piano di sopra: scrutò la sua immagine riflessa in un grande specchio posizionato all'ingresso, mentre salutava i suoi amici e si serviva del prosecco, da sola, perché i suoi amici erano un branco di scimmioni maleducati senza speranza e nessuno sapeva comportarsi decentemente con una donna.

Faceva uno strano effetto vederla dentro casa sua. Ma il vero effetto, quello violento, che gli prese a pugni il basso ventre per poi diramarsi verso lo stomaco, lo ebbe nel trovarsela davanti, in mezzo al suo salone doppio, vestita della sua più luminosa bellezza.
Indossava dei pantaloni di pelle bordeaux e un top nero leggermente scollato.
Aveva scelto degli stivaletti con poco tacco e si era presa perfino una mezza sgridata da Charlie per quella scelta, ma per Harry era semplicemente perfetta, da togliere il fiato, e gliel'aveva portato via sul serio il respiro, quando lei si era voltata e il suo sguardo si era soffermato su quella visione celestiale.
Anche se i pensieri che lei gli ispirava, di celestiale avevano ancora ben poco.

Era chiaro che quella fosse un'attrazione fisica fortissima, bella e buona: ormai doveva farci i conti, con quella cocente consapevolezza.
Gli occhi marcati di nero, le labbra nude, i capelli lunghissimi che la incorniciavano fino a sotto il seno: era bella da fargli male come un colpo basso, e dentro il suo salone, seduta sul suo divano, era ancora più bella.

Harry era arrivato indossando il suo sorriso più affascinante a fare gli onori di casa, quasi rigenerato da cotanta bellezza tutta racchiusa in un'unica persona, e si era subito scontrato con la dura realtà, perché Estelle lo aveva degnato solo di un saluto a mezza bocca, mascherato dal suo solito sorriso affabile, e poi era sgusciata via dalle sue mani il più velocemente possibile, voltandogli ancora una volta le spalle.
Completamente ignorato, persino dentro casa sua.

Questo pensiero cominciava ad essere troppo presente, nella sua testa, per i suoi gusti, eppure più tentava di scacciarlo, più tornava indietro, più prepotente e invadente della volta precedente, a ossessionarlo.
Non aveva quindi perso l'occasione per togliersi il dubbio che lo assillava ogni volta che se la trovava davanti, e non appena l'aveva trovata sola, le aveva sferrato un attacco a sorpresa, comparendole da dietro le spalle e parandolesi davanti, costringendola a guardarlo in faccia.

«Hai qualche problema con me?»
Estelle, dopo un momento di sorpresa iniziale in cui rimase abbagliata dagli occhi di lui, in cui si affastellavano un milione di sfaccettature luminose, piantati nei propri, corrucciò la fronte come se lui stesse dicendo un'assurdità, decisamente presa in contropiede con quella domanda a bruciapelo.

«Ma cosa dici?» Fu l'unica risposta sensata che si sentì di dargli.
«Ho come l'impressione che tu mi stia evitando.» Continuò, con il sopracciglio un po' alzato e uno sguardo enigmatico, tra il serio e il faceto.
«Ti ricordo che sono a casa tua, o sbaglio?»
Come discorso non faceva una piega. Tuttavia Harry non fu affatto convinto.
«D'accordo. Allora vieni con me.»
La prese per il polso e la trascinò fuori dal salone, e a quel punto lei fu catturata da una brutta sensazione di già visto: erano soli nella cucina quando lei con uno strattone si liberò dalla presa della sua mano.

«Non vengo da nessuna parte.»
Harry assottigliò gli occhi luccicanti, che divennero due spilli di acciaio.
«Perché mi tratti come se ti facessi schifo?»
«Tu stai sognando, Harry.»
«È perché ti ho sfiorato i capelli mentre ero ubriaco?»
Estelle pensò che quella conversazione stava prendendo una piega decisamente scomoda e pericolosa, ma lui andava dritto come se non avesse filtri.

«Pensi che sia psicopatica?»
«Comincio ad avere qualche dubbio.»
La provocò. E aveva toccato le giuste corde, perché pur di non passare come una pazza senza senno, Estelle sospirò in segno di rassegnazione, poi rispose alle sue domande con una mezza ammissione, pur restando vaga.
«Il tuo atteggiamento, in generale, non è tra i miei preferiti.»
«E nello specifico?»
«Nello specifico, quello da 'fuck me I'm famous', con cui ti rendi un po' ridicolo, ai miei occhi.»

Harry sgranò gli occhi e temette quasi di perdere l'uso della mascella, per quanto la bocca gli si era involontariamente spalancata.
Fuck me I'm famous?
Lo aveva detto sul serio?
«Ma tu chi saresti per giudicare? Andavamo nella stessa scuola, ma questo non vuol dire che tu mi conosca.»
«Me lo hai chiesto tu. E non riesco a capire perché ti interessi, sinceramente.»
«Perché non sono abituato ad essere gentile, per essere trattato come se avessi la peste.»
«Nessuno ti ha chiesto di essere gentile.»
«Smetterò di esserlo molto volentieri. E fossi in te inizierei con il togliermi quel palo dal culo, perché sei esattamente come tutte le altre.»

Estelle era rimasta folgorata da quelle parole, e vedendo la sua reazione, e quegli occhi farsi due bracieri ardenti, Harry si pentí immediatamente di quello che aveva appena detto.
Quello che gli sembrò più folle, è che vedere l'ombra dell'arrabbiatura delinearsi sul suo viso, gli apparve tremendamente sexy e questo pensiero lo spaventò, era un pensiero quasi disturbante in quel momento, ma inevitabile.

Lo stava per aggredire verbalmente quando Jeff, che era comparso dal salone, interruppe appena in tempo a dividerli.
«Ehi, ehi, ehi. Ragazzi, per favore, potremmo evitare di rovinare il compleanno al nostro amico?»
Estelle non scostò per un secondo lo sguardo torvo da quello di Harry.
«Stammi lontano.» Gli ordinò, scandendo le parole per essere sicura di essere stata incisiva, prima di voltare i tacchi e tornare nel salone dove si stava svolgendo la festa.

Jeff guardó il suo amico e lo trovò abbastanza inviperito.
«Ma cazzo Harry, non scopate nemmeno, e già litigate come al decimo anno di matrimonio?»
Harry alzò gli occhi al cielo. «La trovo insopportabile.»
«Beh, quella del palo in culo te la potevi anche risparmiare.»
Ovviamente il suo amico aveva ascoltato tutto, ma Harry non ne fu particolarmente sorpreso.
«Ah, e cosa mi dici di 'fuck me I'm famous'
«Su quello ha ragione.» Harry lo fulminò con lo sguardo, raggelandolo sul posto. «Anche se hai tutto il mio appoggio.» Si affrettò ad aggiungere sollevando le mani.

Harry si diresse al piano di sopra, visibilmente nervoso, mentre il suo amico lo seguì per le scale accendendosi un sigarello cubano, in una delle stanze da letto matrimoniali degli ospiti, dove Harry teneva una quantità indescrivibile di dischi da collezione e anche una buona selezione dei suoi migliori alcolici.

"Ma davvero ti stai rovinando la festa di un tuo caro amico per quella ragazza?"
«Mi sto solo schiarendo le idee. Mi bastano due bicchieri di qualcosa di forte, e mi sarò già scordato come si chiama.»
«Schiarirti le idee.» Ripetè il ragazzo dal viso paffuto, con un'ombra di barba scura ad incorniciarlo. «Come se la situazione non fosse chiara.»
«Lo è, gli sto sulle palle, me ne farò una ragione.» Harry scrollò le spalle, mentre cercava tra le bottiglie qualcosa che lo allettasse.

«Già il fatto che questa storia ti faccia dannare, comincia a preoccuparmi. Ma tornando a lei-» proseguì, fingendo di ignorare l'occhiataccia che il suo amico gli aveva rivolto, mentre si versava del Macallan nel bicchiere.
«Posso provare a illuminarti.»
«Sentiamo.» Buttò giù un sorso di scotch liscio, e fece una smorfia. Il sapore era ottimo, ma serviva del ghiaccio, decisamente.

«Due parole. Molto semplici.
È gelosa
Harry per poco non si strozzò con il liquido che aveva cominciato a bruciargli in gola, e parló tra i colpi di tosse. «Che cosa?»
«È gelosa.» Scandì nuovamente, mentre aspirava una boccata ed espirava fuori il fumo.
«Che cosa c'è in quel sigaro, Jeff?»
«È. Gelosa.» Aveva ripetuto per la terza volta, per fargli assimilare bene il concetto, sillabando lentamente le parole.
«Praticamente la conosco da un quarto d'ora.» Mentì persino a se stesso.
«Non importa. È gelosa.»
Harry strinse i pugni. Se lo avesse ripetuto un'altra volta, non avrebbe esitato a dargliene uno in testa.

«Di cosa cazzo stai parlando?»
Jeff aveva buttato giù un grosso sorso di Belvedere liscia. Lui era uno di quella scuola di pensiero che diceva che il ghiaccio la annacquava.
«Di quelle due troie che ti sei portato a casa l'altra sera. Io in quel momento non sapevo nemmeno come mi chiamavo, ma lei deve averti visto.»
L'aveva visto, e lui lo sapeva. E lui aveva visto lei, mentre si strusciava su quella specie di orango.

«E allora? Che cazzo vuole da me? Chi la conosce? Ho appena finito un tour mondiale, avrò anche il diritto di divertirmi un po'.» Brontolò Harry agitando visibilmente le mani, e con esse, il suo bicchiere.
«Avevi tentato un approccio con lei, se non sbaglio.» Gli fece notare lui.
«Ero sbronzo.. e lei mi aveva respinto, in modo brutale.» Ammise, più a se stesso che al suo amico. «Quindi ho lasciato perdere.»

Jeffrey alzò gli occhi al soffitto, esasperato da quella discussione, perché il suo amico gli sembrava completamente rimbambito.
«Cristo santo Harry, ma ti sei rincoglionito tutto insieme?? Sei tu quello che di solito capisce le donne più di tutti noi.
Non ti ha dato il palo perché non ti vuole. Non lo so perché lo ha fatto, e comunque sono cazzi suoi.» Buttò giù un altro sorso, e lo guardò con l'aria di chi la sapeva lunga.
«È gelosa, probabilmente è una di quelle che vorrebbe tutte le attenzioni concentrate su di sé mentre sgambetta sul tuo cadavere con i tacchi a spillo, e te lo ha detto abbastanza chiaramente in faccia.
Quante altre ore dobbiamo stare qui sopra a fare le fighette in preda alle pippe mentali, per una che come dici tu, conosci a malapena?»

Harry sospiró rassegnato, perché Jeff aveva ragione. Il suo discorso non faceva una piega.
Non sapeva se avesse ragione su Estelle, ma lui si stava rendendo abbastanza patetico, e se ne rendeva conto, per cui decise di troncare la discussione e tornare a godersi la serata.



La festa procedette abbastanza regolarmente, a parte qualche episodio di delirio, ma tutto sommato riuscirono a tenere la situazione sotto controllo, e andò avanti fino alle prime luci dell'alba.
Fu in quel momento, quando la casa cominciava ad essere tornata silenziosa, che Harry diede una rapida occhiata alla situazione.

A parte la casa abbastanza disastrata, non era rimasto praticamente nessuno.
Jeff dormiva sul suo divano abbracciato a un cuscino, sapeva che Todd invece si stava facendo un caffè in cucina.
La maggior parte della gente era andata via. Uscí sul patio e diede una rapida occhiata al parco macchine: nel parcheggio degli ospiti c'era ancora la macchina di Jayden, e una Porsche Cayenne che doveva essere dell'amica di Estelle.

Stava per mettere l'allarme e andare a dormire, quando gli venne il dubbio che lei fosse ancora lí.
La cercó in tutto il piano terra, per entrare infine in uno studio limitrofo alla sala, dove infatti la trovó avvolta dalla penombra della stanza, con una luce lievemente giallastra di un'abat-jour puntata sul viso. Stava leggendo un grosso libro fotografico sui Rolling Stones, di quelli che Harry amava collezionare e scovare nelle sue ormai sempre più rare passeggiate a Portobello o a Camdem.
Sembrava assorta nella lettura, era semi distesa su una chaise-longue blu pavone che si stagliava contro una grande vetrata, si era tolta le scarpe e teneva le gambe rannicchiate supine, sulle quali aveva appoggiato il libro.

Lo stomaco di Harry prese a rifare le capriole e lui ovviamente pensò che fosse fame.
Attirò la sua attenzione con un piccolo colpo di tosse, a schiarirsi la voce.
«Estelle..»
«Vai via, Harry.» Lei lo raggelò, senza degnarsi nemmeno di alzare lo sguardo dal libro.
«È tardi, sono andati via tutti.»
Annunciò, e finalmente incrociò i suoi occhi sfumati.
«Me ne vado, non ho intenzione di restare qui, se è questo quello che ti preoccupa.»
La frase era abbastanza spazientita, ma il tono era più che altro distaccato.

«Ma figurati, per me puoi rimanere.» La informò avvicinandosi a lei, per sedersi anche lui sulla chaise-longue, accanto alle sue gambe. Percepí il fatto che lei si era irrigidita lievemente, come se non gradisse la sua presenza, ed era abbastanza prevedibile dopo la discussione che avevano avuto qualche ora prima.

«Il fatto è che, temo che Jayden e Charlie si siano chiusi in una delle stanze degli ospiti, e ho come l'impressione che non usciranno a breve.»
Osservò le espressioni del suo viso mentre sospirava, appena accennate, ma gli fu ovvio il fatto che non sembrava affatto divertita dalla serata, e che era rimasta un po' contrariata del comportamento della sua amica.

«Tutte quelle storie per costringermi a venire, e poi mi ha mollata da sola.»
«Non sei da sola. Ci sono anche Todd e Jeff. Anzi, vuoi un caffè?» Si affrettò a proporgli lui, e lei annuí con un cenno del capo. «Magari.»
«Ascolta, se vuoi puoi fermarti a dormire, ho diverse camere degli ospiti, non ti disturberà nessuno.»
Dormire a casa sua, e dover rivedere la sua faccia anche la mattina successiva? Non se ne parlava proprio.

La sua faccia. Rimase per qualche istante a guardarlo, come imbambolata, in un momento in cui lui aveva lo sguardo perso in qualche punto imprecisato del suo giardino, ancora ammantato dall'umida oscurità della notte appena trascorsa.
Si accorse che la sua presenza riempiva la stanza, facendo scomparire tutto il resto, e il suo volto era pieno di cose luminose, la bocca appassionata e sporgente, gli occhi che nonostante la stanchezza evidente risplendevano di vita ed energia.
Un viso che abbagliava come il suo, ne impediva una tranquilla osservazione, e infatti lei si sentì improvvisamente turbata.
Per quanto potesse cambiare, nel corso degli anni, lei non lo aveva mai dimenticato, quel viso.

«Mi chiamerò un taxi, non preoccuparti.» Annunciò tranquillamente, distogliendo il pensiero da tutto il resto.
«Non entrano taxi qui dentro. Se vuoi tornare a casa, ti accompagno io.» Rispose Harry, scuotendo la testa, imperioso, come se non ammettesse possibilità di replica.
«Non ho bisogno di essere accompagnata. Prendo un taxi, lo farò aspettare in strada.»
Insistette, mentre lo stomaco cominciava a farle percepire una sottile inquietudine.
«Non ti mando in giro in taxi alle quattro e mezza di notte.» Era serio, fermo nelle sue parole.
Estelle mise da parte il libro, e lo guardò fisso nelle pupille.
«Stai cercando di farti perdonare con un passaggio?»

A Harry venne in mente la storia delle due ragazze di qualche sera prima, quella che gli aveva messo in mente Jeff, e che lui aveva già praticamente rimosso.
«Non ho niente da farmi perdonare.»
«A parte il palo in culo.»
Il problema non era certo quella frase, ma quello che lui le aveva detto dopo, ad averla ferita maggiormente. Lei sapeva di non essere come le altre. Sapeva di avere una sensibilità maggiore, sapeva di sentire le emozioni con una gigantesca cassa di risonanza, sapeva che uno come Harry avrebbe potuto spezzarla, lo sentiva dai tempi del liceo.
Metteva troppo cuore nelle cose che faceva, troppo amore, troppo sogni, e faceva fatica a lasciare l'anima scoperta, a volersi sentire vulnerabile.
E aspettava solo che qualcuno o qualcosa la spogliasse delle sue paure.
Tutto il resto, erano solo sovrastrutture che non le appartenevano.
Ma Harry questo non poteva ancora saperlo.

«Hai ragione, ho esagerato.» Ammise infine lui in un soffio rassegnato, ed Estelle pensò che sembrasse abbastanza in difficoltà, ad ammettere di avere avuto torto.
«Comunque è la verità, mi tratti come se ti fossi feccia.»
Non era del tutto vero. Non lo aveva trattato così male, e lui lo sapeva. Però lei gli sfuggiva, gli scappava via dalle mani senza nemmeno dargli la possibilità di mostrarlesi, come se non volesse nemmeno guardarlo, e questo era incredibilmente frustrante.

«Non penso affatto questo di te.» Rispose lei, senza particolari intonazioni nel tono di voce, guardandolo negli occhi, per poi tornare a posare lo sguardo fuori, con gli occhi pieni di pagliuzze argentate che riflettevano i primi accenni di un timido sole autunnale.

La vide un po' imbronciata, mentre osservava attraverso la finestra il giardino che cominciava a mostrarsi, a schiudersi sotto le prime luci del mattino, e un desiderio gli attraversò il corpo da capo a piedi come un fulmine che squarcia la notte stellata.
Quella sensazione di quiete immutabile che quel momento della giornata solitamente gli regalava, lasciò spazio ad un rapido scivolare verso pensieri meno pacati, quando i suoi occhi si poggiarono inconsapevolmente sulla porzione di pelle nuda che scopriva il suo petto, leggermente schiacciato dalla posizione delle braccia.

Poi lei fece perno su un gomito e si sollevò per sistemarsi i capelli che aveva scesi lungo il corpo e raccoglierli tutti da un lato, mostrando ancora di più agli occhi incantati di Harry tutta la sinuosità di quel corpo ammaliante. Percorse mentalmente le parti di pelle che vedeva scoperte con le dita e ne assaporó la consistenza, immaginandone la morbidezza al tatto.

Lei notò che lo sguardo di Harry era lievemente cambiato e si irrigidí di nuovo.
«Non è meglio che li vada a svegliare?»
Harry accennò un sorrisetto divertito. «Non stanno dormendo, Elle.»
Lei gli lanciò un'occhiata un po' storta, un po' divertita, perché non riusciva ad essere del tutto arrabbiata, visto che era la prima volta che la chiamava in quel modo e aveva fatto una faccia un po' buffa, ma se c'era una cosa che lei detestava, era passare per ingenua ai suoi occhi. A volte la presenza di Harry la faceva sentire piccola, la intimidiva, soprattutto quando le posava lo sguardo sopra e glielo lasciava fisso addosso, e quello era il motivo per cui reagiva rizzando il pelo come un gatto che avverte la minaccia di un pericolo.

«Accetto il caffè. E anche il passaggio, se sei in grado di guidare.» Si arrese infine all'impossibilità di rifiutare quella proposta, perché cominciava a sentire le palpebre farsi troppo pesanti, e lui era l'unico che sembrava essersi ricordato della sua presenza in quel posto.

Jeff dormiva non troppo silenziosamente sul divano della sala, finché non fu svegliato con delicatezza da Harry, che gli lanció un cuscino addosso senza fare troppi complimenti.
«Svegliati, tra qualche ora viene la signora a pulire, e non voglio che ti trovi qui. Vattene a letto, scegliti una camera.»
Avrebbe continuato a dormire ignorandolo, se la sua attenzione non fosse stata catturata dal fatto che Harry avesse le chiavi della macchina in mano, quindi si sollevò, mettendosi seduto sul divano.

«Ma che ore sono? Dove stai andando?»
Solo in quel momento si rese conto che in sottofondo sentiva la voce di Todd e una voce femminile che chiacchieravano amorevolmente in cucina, a bassa voce.
«Devo accompagnare Estelle a casa.
Gli altri sono andati via tutti, andate a dormire, sta quasi albeggiando.» Disse abbastanza telegrafico.

Sul volto di Jeff si dipinse un'espressione incredula, come se non avesse capito bene.
«Porti a casa Estelle? Ma non dovevi starle lontano?»
Harry sbuffó leggermente. «È rimasta senza passaggio. Vive a Primrose, ci metto poco.» Rispose, fingendo di non aver afferrato quello che Jeff gli stava chiedendo.
«Fatti dare un consiglio.» Jeff lo obbligó a sedersi sul divano accanto a lui, trascinandolo giù per il braccio.
«Per stasera non me ne hai dati già abbastanza?»
«Non portartela a letto.» Gli sussurró nell'orecchio.
Harry roteó gli occhi al cielo, reclinando la testa all'indietro. «Sei ubriaco. Va' a farti una doccia.»
«Dammi retta, per una volta. Tra voi due c'è qualcosa di strano, non me la contate giusta.«
«Non c'è nessun noi due. Non ho intenzione di portarmela a letto.»
Si alzó dal divano, vagamente stizzito. «E non ho intenzione di ascoltarti ancora.»

Andó a chiamare Estelle che lo seguì fuori dalla residenza, non senza notare che Harry si era cambiato maglietta, poi lo osservò di sbieco mentre azionava la saracinesca del garage.
«Ti faccio guidare solo perché ti vedo sveglio.» Gli aveva detto, mentre salivano insieme sulla macchina.
«Sono abituato a orari ben peggiori, tranquilla.» Le disse con un sorriso furbetto dipinto sul volto puerile, mentre masticava una gomma.

Beato lui, pensò, lei era veramente distrutta: si abbandonò stancamente sul confortevole sedile in pelle, lasciandosi cullare dall'ondeggiare dell'auto che procedeva dritta lungo la strada.
La macchina di Harry profumava di buono, sapeva di pulito, come lui.
Erano rimasti in silenzio, per un po', ad ascoltare la musica, e a seguire il filo dei loro pensieri, che a quell'ora rarefatta del giorno in cui nasceva una nuova alba, sembravano sempre così poco importanti.

«Anzi, sai cosa ti dico? Che ho fame.»
Aveva sempre una gran fame, quando lei era nei paraggi, e questa cosa ancora non se l'era spiegata. Svoltó all'improvviso in un vicolo stretto che Estelle non aveva mai visto.
«Oh, Harry!» Si accorse che quel broncio che le si dipingeva sul viso, da bambina capricciosa e ostinata, per certi versi gli piaceva parecchio. «Io mi sto addormentando.»

«Conosco un fornaio che apre proprio a quest'ora.»
Estelle diede un'occhiata all'orologio. Erano le cinque del mattino, precise. Alzò gli occhi al cielo fingendosi scocciata, perché il sonno la stava assalendo, ma in realtà adorava quei tipi di cambi di programma.
«E va bene. Ti accompagno.»
«Certo che mi accompagni. Sei nella mia macchina, non avrei ammesso repliche.»

Harry era uscito da quel fornaio minuscolo che probabilmente conosceva solo lui in tutta Londra, con un'aria decisamente felice, e un paio di sacchetti di carta tra le mani. Un profumo di zucchero e di pane appena sfornato avvolse l'abitacolo non appena lui vi entró, e anche i sensi di Estelle si intorpidirono nel sentire quella dolce fragranza invaderle le narici.
«Cinnamon Rolls. Le più buone del Regno Unito.» Affermó lui con uno sorrisetto soddisfatto porgendole un sacchetto, tirandosi indietro i capelli con la mano.

Una decina di minuti dopo, si ritrovarono seduti su una panchina, in un parco di fronte a casa di Estelle: era la punta più a nord di Regent's Park, la cosiddetta Primrose Hill, e da quella panchina potevano godere della vista più bella di tutta Londra.
Le loro brioche erano ancora fumanti, il sole cominciava a fare un leggero capolino attraverso la nebbia, il parco era deserto a quell'ora in cui quella città eclettica e caledoiscopica sembrava ancora non essere pronta per risvegliarsi, e loro si erano ritrovati a parlare della loro scuola, a ridere di alcuni vecchi loro compagni e dei professori che avevano in comune: ripercorsero alcune scenette a cui avevano assistito entrambi, e ad Harry sembró di ritrovare una parte di sè che aveva quasi dimenticato.

La vista era da mozzare il fiato, ma lei, assonnata e reduce da una notte in bianco di bagordi, era di gran lunga la parte più bella da osservare di tutto il suo campo visivo.
Estelle aveva indossato una felpa nera che aveva trovato sul sedile posteriore della macchina di Harry, ed era la seconda volta che si ritrovava a indossare qualcosa di suo. Era stato premuroso, sorridente, gentile.
Si chiese quante parti invisibili si celassero dietro quello sguardo eterogeneo.
Si convinse che esistessero due facce di Harry Styles, e ancora non riusciva a capire in che modo potessero sovrapporsi, ma che comunque, chiunque fosse quel ragazzo, non meritava il suo astio o il suo disprezzo.

La testa le si fece pesante, perché era rilassata, il tepore della felpa la cullava in un caldo abbraccio e le palpebre facevano fatica a tenersi aperte.
Harry stava mangiando qualcosa che assomigliava a una baguette al burro, quando un piccolo colpetto si assestó contro la sua spalla. E un tuffo del cuore lo riscaldó quando si rese conto che era la testa di Estelle, che si era posata sopra di lui.

Si sentì un bimbetto emozionato all'idea di quel contatto, e rimase immobile, quasi imbalsamato, per evitare che venisse interrotto. Comprese che era addormentata dal suo respiro delicato, cadenzato, profondo e ritmico.

Il colore aranciato e dorato dell'alba autunnale tingeva il profilo della città, che mutava le sue tinte al fiorire del sole, mentre Harry sentiva il respiro diventare pungente per il freddo, e si rannicchiò in cerca di calore contro il corpo di Estelle, con il cuore acceso di una strana sensazione di gioia stupita.

Di momenti intimi con le donne più svariate ne aveva condivisi a centinaia.
Ma quello era decisamente il momento più intimo di tutti.


Il richiamo lontanissimo di un campanile sullo sfondo di una Londra ancora assopita, lo riportó nel mondo reale, come risvegliato gradualmente da uno stato ipnotico.
«Elle..» sospiró in un soffio, con il tono di voce più basso che potesse raggiungere.
In realtà non avrebbe voluto svegliarla.
Durante tutto quel tempo era rimasto in contemplazione di una bellezza impalpabile: aveva un lievissimo, appena accennato sorriso dipinto sulle labbra solo leggermente schiuse, invitanti come due fragole mature, e lui non aveva mai visto in vita sua una donna che sorrideva mentre dormiva. Non era qualcosa che apparteneva a questo mondo.

Estelle schiuse molto lentamente gli occhi grigio-azzurri, poi sollevó di scatto la testa, quando si rese conto con un certo imbarazzo di essersi addormentata appoggiata alla spalla di Harry.
Come mai quella sensuale pantera che aveva visto muoversi sinuosa tra i meandri dei suoi pensieri più vorticosamente osceni, in quel momento le appariva come un animaletto sperduto, un cerbiatto spaurito?

«Mi sono addormentata. Scusami.»
Scusarsi di cosa? Gli aveva regalato uno dei momenti migliori in assoluto da tantissimo tempo, eppure si stava scusando, come se la loro vicinanza l'avesse turbata.

«Dobbiamo andare. Ormai é mattino e potrebbe arrivare qualcuno.»
Estelle ascoltó la voce di Harry mentre era ancora in una zona indefinita tra il sonno e la veglia, e la trovó leggermente diversa dal solito: era ancora più bassa e profonda, un po' nasale e graffiata come se fosse leggermente raffreddato, nel complesso tremendamente sensuale, come una colata di miele bollente.

Destandosi da quei pensieri, si alzarono dalla panchina e lui la osservó camminargli davanti, con le mani infilate nelle tasche della felpa, ancora un po' intontita dal sonno, mentre scendeva quella rapida collina di erba umida e fangosa per raggiungere il viale dove abitava, lasciandosi alle spalle le prime luci di una mattina che accendeva la città.
Era in quei momenti che Harry detestava immensamente la sua fama.

"I have conversed with the spiritual Sun. I saw him on Primrose Hill."
William Blake



                              ⭐️
Questo capitolo è un po' lungo, ma io lo trovo intenso, perché le cose tra loro stanno chiaramente cambiando, quindi spero che per voi ne sia valsa la pena. Vi prego fatemi sapere qualcosa perché ho bisogno di un po' di autostima!

Questa è una foto scattata da me da quella panchina di Primrose Hill, che è uno dei miei posti preferiti in assoluto, e non potevo non ambientarci un capitolo.
Quindi questa è la vista di Harry ed Estelle.

Fateci un salto se capitate da quelle parti ♥️

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