𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚...

Da bluelliestories

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"Se potessi rivivere un solo giorno della mia vita, sarebbe sempre lo stesso, in loop, senza interruzioni, e... Altro

Introduzione
❦ Trailer & Cast ❦
1. Now you're just somebody that I used to know
2. I wonder if I'll ever see you again
3. Before our innocence was lost
5. We were silenced by the night
6. We're not who we used to be
7. Somewhere only we know
8. Where are you now when I need you most?
9. Just nineteen, a sucker's dream - quattro anni prima
10. I'm Mr. Brightside
11. I'm coming out of my cage
ANNUNCIO IMPORTANTE
12. When I run out of road, you bring me home
13. She's walking on fire
14. Hey there Delilah
15. Taffy stuck and tongue tied
16. Big lights will inspire you
17. Just let me know, I'll be at the door
18. I'm gonna pay for this
❦ Playlist ❦
19. Crawling back to you
20. Your lips, my lips, apocalypse
21. Here to take my medicine
22. Another star, you fade away
23. Half of me has disappeared
24. Palm trees are candles
25. Kiss in the kitchen like it's a dance floor
26. Strawberry fields forever
27. I call my baby Pussycat
28. Well, are you mine?
29. Remember when you used to be a rascal?
30. The blood in my veins is made up of mistakes
31. Jealousy, turning saints into the sea
32. Remember me, special needs
33. It's New York baby, always jacked up
34. Times Square can't shine as bright as you
35. It'd be so sweet if things just stayed the same
36. Everyone knows she's on your mind
37. I'm better off on my own
38. We met with a goodbye kiss
39. When we made love you used to cry
40. With your hands between your thighs
41. Leave me hypnotized, love
42. Does he take care of you?
43. Lamb to the slaughter
44. The things I'm fighting to protect
45. With everything, I won't let this go
46. Don't turn away, dry your eyes
47. I will save you from all of the unclean
48. Head in the clouds but my gravity's centered
49. I see the truth in your lies
50. It was a perverted thing to say
51. I almost died in my dreams again
52. The bed was left in ruins
53. Won't stop til it's over
54. And the sex and the drugs and the complications
55. Meet me in the hallway
56. This is your last warning, a courtesy call
57. Every little lie gives me butterflies
58. Tell them the fairytale gone bad
59. You can drag me through hell
60. Your knee socks
61. Type of sex you could never put a price on
62. Should've done something but I've done it enough
63. Birds fly in different directions
64. Baby, can you see through the tears?
65. In the end, it doesn't even matter
EPILOGO - if it wasn't for you
BONUS - You can even fly up here
❦ Trailer e Ringraziamenti ❦
-DEVIANT-
❄️GIVEAWAY Natalizio❄️

4. Even my phone misses your call

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Da bluelliestories


Per il segno che c'è rimasto
non ripeterci quanto ti spiace
non ci chiedere più come è andata
tanto lo sai che è una storia sbagliata



Lo sguardo un po' svuotato e statico, le labbra socchiuse come se fossero affaticate da un peso gravoso nel petto: entrò in casa di soppiatto, cercando di non dare nell'occhio.
Estelle non era pronta a sopportare altre domande sull'accaduto, e a dover rimuginare ancora sul fatto che avesse appena passato del tempo assieme ad Harry.

Solo il suo nome la faceva vibrare di un qualcosa di estremamente e incredibilmente vicino ad un sentimento: il suo corpo era scosso da tremori, gocce di stalattite a concretizzare una consapevolezza che aveva tenuto ben nascosta nelle strade occulte della sua anima.
Era un vortice senza via di fuga: odiava se stessa perché non era mai riuscita ad essergli indifferente.

La sua intera famiglia era radunata al pianterreno, mentre si intrufolava dentro casa sua come se fosse una ladra: sua sorella la vide sgattaiolare su per le scale arrampicandosi lungo il corrimano, senza nemmeno salutare.
Senza pensarci un istante, Ivonne la raggiunse rapidamente al piano di sopra, percorrendo gli scalini uno dopo l'altro, e la trovò mentre si toglieva la felpa, nella sua camera.

A Estelle sembrava di sentire chiaramente il suo profumo addosso, anche se Harry non l'aveva nemmeno sfiorata, e doveva liberarsene, quindi la sfilò con una certa impellenza.
Ivonne la osservò attentamente, restando fuori della sua stanza, nel viso adombrato da una nube di turbamento che portava tutta il nome di lui.
Estelle sembrava una maschera di cera. Era visibilmente pallida e non aveva l'aria di qualcuno che stesse bene.
Oltre a ciò, i suoi occhi erano spenti, come se qualcuno fosse entrato e le avesse spento una lampadina, dentro il petto.

Non appena Estelle la vide comparire sulla soglia, fu subito chiaro che non avesse voglia di parlare.
«Puoi lasciarmi preparare per il pranzo, per favore?» Chiese con un tono quasi sconfitto, non sembrava nervosa: Ivonne l'avrebbe definita arrendevole.
Per esserne uscita così stremata, immaginò che quel viaggio in macchina fosse durato molto di più di quei semplici venti chilometri.
Decise quindi di ignorare la sua richiesta, e di seguirla in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle.
«Scordatelo.» Le disse una volta che furono completamente isolate. «Sei stata in macchina con Harry, dopo che solo ieri sembrava che avessi nominato un fantasma.»
Era andata dritta al punto, senza troppi giri di parole.

Estelle scrollò le spalle e continuò a mantenere l'atteggiamento distaccato di chi vuol sembrare assolutamente disinteressato alla questione, anche se i suoi occhi palesavano tutt'altro.
«È comparso così, dal nulla. Stava tornando a casa, mi ha visto con l'auto in panne e si è fermato.»
Ivonne si mise a ragionare su quante probabilità c'erano che potesse accadere una cosa del genere, ed erano veramente poche. Non sapeva nemmeno se crederci del tutto, in realtà, per quanto la cosa le sembrasse assurda. Ma forse era ancora più assurdo che si fossero sentiti e messi d'accordo per tornare a casa insieme.

«Questa storia ha dell'incredibile.» Ragionò, quasi come se stesse parlando a se stessa. «E come è andata?»
Com'è andata. Come si potrebbe descrivere la sensazione di ritrovarsi dentro ad un sogno infranto?
«Tutto bene.»

Ivonne la conosceva bene: Estelle non aveva voglia di parlare, ed era certo che non lo avrebbe fatto. Avrebbe deciso lei se e quando aprirsi di più, probabilmente stava ancora ragionando sull'accaduto, visto che doveva essere stato abbastanza sconvolgente per lei trovarselo davanti senza alcun preavviso.

«Vedila così, magari questo scherzo del destino ha contribuito a risolvere una situazione scomoda. Adesso potrai venire da Marcus senza farti troppi problemi.»
Estelle annuì con un cenno del capo, rimanendo in silenzio.
«Andiamo a tavola, ci hanno aspettato anche troppo.» Esordì dopo aver indossato qualcosa di nuovo, che non portasse incollato alle trame del proprio tessuto il profumo di quegli ultimi venti chilometri.

Quella cicatrice che tirava nel petto, nella gola e che la afferrava tutta, le mostrava chiaramente dietro le iridi inscurite tutto ciò che era stato e ciò non sarebbe potuto più essere.

Quando rimase da sola ancora una volta, si guardò allo specchio, scavando nella profondità di un paio di occhi spogliati di qualsiasi emozione.
Il suo sguardo le apparve impenetrabile persino a se stessa: si osservò ancora, stavolta negli occhi, e si vide come un cumulo di macerie.

Si gettò sul letto cercando di rilassare le membra affaticate, e realizzò di aver bisogno di qualcosa che potesse catalizzare la potenza auto distruttiva di quello che le affliggeva: aveva bisogno di una distrazione.
Rivedere Harry, quella stessa sera, sarebbe stata una vera follia cosciente. Era altamente probabile che lui quella sera sarebbe andato a casa di Marcus, assieme a tutti gli altri.
Non poteva permettersi di incrociare ancora quegli stessi occhi, perché la propria capacità di fingere aveva una durata molto limitata nel tempo. Come una bomba a orologeria, aveva un limite massimo di capacità di sopportazione, oltre al quale sarebbe potuta esplodere.
Doveva assolutamente rimuovere tutta quella mattinata dalla sua testa.
E se scordare Harry avesse voluto dire, ancora una volta, riempirsi gli occhi di chi non avrebbe mai potuto riempirle il cuore, lei era pronta a farlo immediatamente.

25 dicembre 2018 h.18.22
H: Ci sei stasera? Buon natale. H.

Lo schermo del cellulare illuminò la penombra della stanza, rimescolando la luce nello sguardo della ragazza che lo stava osservando. Aveva sgranato per un istante le palpebre: era un sacco di tempo che non leggeva più quel nome sul suo display.
Un miscuglio di sensazioni si fecero vivide e allo stesso tempo confuse nel suo stomaco già abbastanza provato, e il cuore cominciò a tambureggiarle nella pancia.

Estelle gettò il cellulare sul letto senza nemmeno aprire il messaggio, colta da un senso di malessere misto ad agitazione.
Era terrorizzata, all'idea di aprire quel messaggio e di non resistere alla tentazione di rispondere: dovette raccogliere tutte le forze della propria razionalità, per evitare che accadesse un disastro, l'ennesimo.
Ragionò sul fatto che fosse assolutamente certa di non aver lanciato alcun segnale che potesse suggerire ad Harry che sarebbe stato il caso di contattarla, dopo il giro in macchina del giorno precedente.

Non avrebbe mai ammesso, nemmeno a se stessa, che un messaggio di risposta sarebbe stato l'inizio della fine, ma era qualcosa che in cuor suo sapeva bene e si guardò dal cedere alla tentazione delle sue mani frementi: non aveva alcuna intenzione di rispondere alla provocazione.
Perché sarebbe stato tremendamente ingenuo pensare che quelli erano solamente degli innocenti auguri natalizi.
Harry non aveva niente di innocente, nemmeno un centimetro di pelle.


«Harry Edward Styles! Tu sei veramente un cattivo ragazzo!» Un gridolino spezzò il silenzio di un salone in cui era finalmente calata una rara atmosfera di tranquillità.
Harry, colto in flagrante, si alzò di scatto dal divano in pelle, non appena udí quell'urlo sgraziato alle sue spalle.
Scattando come una molla, raggiunse la ragazza con un balzo felino, cingendola stretta, afferrandole la vita con le braccia.

«Ridammi il cellulare, immediatamente!»
«Estelle! Non posso credere ai miei occhi..» Aveva cinguettato lei, mostrandosi decisamente sconvolta, ma nascondendo un sorrisetto sghembo sotto uno sguardo esterrefatto.
Non poteva non ammettere di essere lievemente compiaciuta nel rileggere quel nome comparso a sorpresa sullo schermo del telefono di suo fratello.

Harry la buttò a terra senza pensarci due volte, e vista la sua superiorità fisica ci mise solo qualche secondo a recuperare fieramente il suo cellulare, cercando di darsi un contegno, visto che era stato beccato con le mani nella marmellata.
Dentro quella casa era impossibile, quelle rare volte in cui tornava, farsi gli affari propri senza dover rendere conto di quello che stava facendo con le donne della sua famiglia.

«Le ho chiesto solamente se viene stasera. Niente di più.» Ammise infine, scrollando le spalle, ostentando una certa noncuranza.
«Sei veramente un figlio di puttana.»
Decretò la giovane ragazza mentre rideva divertita, rialzandosi da terra e sistemandosi i capelli all'indietro con una mano. «Pensavo che non vi parlaste più.»
«È così.» Riconobbe, serio.
«E perché gli chiedi se passa stasera?»
Harry si passò una mano nel ciuffo di capelli che gli ricadeva impertinente sulla fronte.
«Avanti Gems, non mi scocciare. Siamo solo..»
«Amici?» Lo interruppe, precedendo quello che lui stava per dire, come se volesse fargli notare quanto quella storia fosse diventata ripetitiva.
«L'ho già sentita questa.. almeno un milione di volte.» Fece una breve pausa, dopo essersi crogiolata in un tono canzonatorio che la divertiva parecchio, e pregustandosi già mentalmente quello che stava per dire. «E con un milione di donne diverse!»

Harry scosse la testa con aria sconfortata, e si gettò nuovamente sul divano. Sua sorella era veramente un martello pneumatico.
Solo perché aveva letto il nome di Estelle sullo schermo del suo cellulare, adesso per chissà quanto ancora lo avrebbe tampinato.

Quel messaggio non significava assolutamente niente.
Era semplicemente il risultato di uno dei tanti momenti di impulsività da cui lui si lasciava trascinare, quando si abbandonava ai ricordi e non aveva voglia di lasciarsi travolgere dai pensieri negativi, a voler fingere che niente di male si fosse mai messo tra loro due.
Come quelli in cui lui ed Estelle erano ormai due estranei con tanto passato alle spalle, i cui discorsi erano pieni di imbarazzo e di risentimento.

Fortunatamente Gemma, almeno con gli altri, era sempre stata riservata, sia sul piano personale che sulle vicende che lo riguardavano. Per cui decise di raccontarle quello che era successo il giorno prima. Prese un lungo respiro prima di cominciare a parlare.
«No, hai ragione, non siamo amici. Non lo siamo mai stati. Ieri l'ho incontrata per caso, aveva la ruota bucata e l'ho riportata a casa.»
«Oh, che storia adorabile.» Gemma gli fece gli occhi dolci, sbattendo rapidamente le folte ciglia sopra un bel paio di occhi nocciola. «Mio fratello è anche un salvatore di bellissime fanciulle in difficoltà.»
Harry sbuffò gonfiando le gote, visibilmente stanco di quella presa in giro.
«Quando la pianti?»
«No, piantala tu.» Cambiò rapidamente espressione, e guizzò con lo sguardo dritto nei suoi occhi, puntandogli il dito contro. Aveva l'aria scherzosa, ma in realtà sembrava allo stesso tempo parlare seriamente. Il suo sguardo era intransigente, come il suo tono di voce.
«Hai fatto abbastanza casini con quella ragazza. E lei non è come le altre.»

Harry fece per risponderle, ma rimase zitto, sconfitto dalla veridicità dei fatti, perché sapeva benissimo quello a cui sua sorella si stava riferendo.
Ma Gemma non sapeva tutto: nessuno poteva saperlo, al di fuori di loro due.

«E poi da quel che ne so io, sta uscendo da un po' con quel tipo, Logan Rothschild. Un riccone con l'aria da figo.» Gemma spezzò il filo sottile dei suoi pensieri con un'affermazione che lo colpì dritto nell'addome.
«Non sono affari tuoi.» Il suo sguardo torvo e accigliato che aveva mantenuto per l'intera conversazione s'intensificò.
«E neanche miei.» Aggiunse, definitivo.

Sua sorella maggiore gli si avvicinò con uno sguardo vispo e indagatorio, di chi avrebbe voluto scavargli dietro le iridi per vedere cosa avrebbe trovato: avrebbe potuto nascondere i suoi occhi gemmei dietro le palpebre socchiuse, ma Harry era troppo trasparente per lei, un vero libro aperto.
Anche quando giocava a fare il duro, o indossava le sue maschere foderate di malizia, lei era lì a mostrargli la realtà, presentandogliela su uno specchio d'argento.

«Dio mio..» disse guardandolo fisso negli occhi e avvicinandosi al suo volto scavato nel marmo, privo di espressione: quelli di lei si strinsero in due fessure, mentre sorrideva divertita. «Hai quella strana luce negli occhi.. che non vedevo da un sacco di tempo. Quella di quando dici una cosa, ma in realtà stai pensando tutt'altro.»

Harry distolse lo sguardo e lo nascose sotto un accigliamento della fronte, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
«Secondo me hai visto troppi cartoni Disney da piccola.»
Gemma fece una smorfia aggrottata tra il serio e il faceto e si voltò di scatto, per tornare nella sua camera a prepararsi per la serata: Harry non era mai in vena di guardare in faccia la realtà, quando gli veniva mostrata. Ma decise di non insistere, perché vedeva un'ombra di sofferenza in un paio di occhi che spesso si incupivano, ma che stavano disperatamente cercando di tornare a galla. Era una situazione delicata, e lei lo sapeva.

*

La sera di Natale, come era ormai tradizione da tantissimi anni, si riunivano sempre a casa di qualcuno del loro giro di amici, che metteva a disposizione il camino acceso e una grossa quantità di birre e superalcolici di ogni genere.
C'erano buona parte dei vecchi amici di Harry, la maggior parte dei quali ormai viveva a Londra, e una più larga parte di persone che vedeva solo una volta l'anno, e in questo caso anche meno, dal momento che l'anno precedente Harry aveva deciso di non tornare affatto nella sua città natale. Aveva deciso che sarebbe stato meglio andare altrove.

Tra quelle persone che Harry non vedeva da più di un paio d'anni c'era indubbiamente Ivonne: la riconobbe con la coda dell'occhio mentre faceva un giro di saluti, era seduta su un tavolo da biliardo e parlava amabilmente con una coppia di amici. Sembrava non essere cambiata di una virgola dall'ultima volta che l'aveva vista: era solo incredibilmente più serena.
Anche lei lo aveva visto, e quando incrociarono lo sguardo non poterono più far finta di non essere nella stessa stanza, per cui Ivonne abbozzò un sorriso abbastanza forzato, di chi probabilmente si era già preparata e rassegnata all'incontro inevitabile.

Dopo un paio di saluti di circostanza, che non erano stati freddo ma frettolosi come se non volessero rischiare di parlare di altro, Ivonne si stava già voltando per continuare la sua conversazione precedentemente interrotta, quando irruppe tra loro anche Gemma per salutarla e farle gli auguri.

Le due ragazze chiacchierarono per qualche minuto del più e del meno, di come procedevano le loro vite e dei loro progetti, mentre Harry stava in silenzio ad ascoltare, leggermente pensieroso, sperando in cuor suo che qualche suo amico lo avrebbe salvato da quella conversazione offrendogli un paio di shottini con cui brindare al suo ultimo successo discografico. Incredibilmente ciò non avvenne, neanche quando sua sorella maggiore ebbe la fantastica idea di deviare l'argomento sul discorso che non avrebbe proprio dovuto affrontare.

«Estelle come sta? Ci raggiunge? Ho saputo che è in città.»
Harry rimase in silenzio, ma notò che Ivonne aveva incrociato involontariamente il suo sguardo, per un decimo di secondo, prima di rispondere.
«Aveva ospiti a casa. Non penso che riuscirà a venire.»
«È un peccato, non la vedo da tanto tempo e mi faceva piacere salutarla. Mandale i miei auguri.»
Non c'era alcun tono di sarcasmo nelle parole di Gemma, era sinceramente affezionata a quella ragazza. Ivonne la ringrazió con un sorriso, ma poi decise che fosse più saggio tagliare corto la conversazione e congedarsi per andare a prendere da bere.

«Era proprio necessario?»
Chiese Harry ormai spazientito da quelle continue intromissioni di sua sorella, una volta che Ivonne fu lontana, sussurrando a mezza bocca.
«Falla finita, il mondo non gira attorno a te e alle tue ex. Sono libera di chiedere quello che mi pare.»
«Lei non è una mia ex..»
«Non siete amici, non siete ex. Cosa siete allora?»
«Due estranei, suppongo.»
Gemma scosse la testa. Erano semplicemente due testardi senza possibilità di redenzione.
«Ancora meglio allora, rilassatevi tutti. Il passato è passato.»
Gemma gli fece un'occhiolino divertito e poi sparí in un'altra stanza insieme ad un gruppetto di amici.

A parte quel breve momento in cui Gemma aveva parlato con Ivonne, Harry era stato per tutto il tempo la star della serata, come era prevedibile che accadesse. Era abituato ad essere al centro dell'attenzione praticamente ovunque andasse, ad avere attorno a se' gente che scalpitasse per stargli attorno, anche se faceva sempre finta di non farci caso.
Il suo carisma lo rendeva irresistibile per chiunque si trovasse nell sua stessa stanza, brillava di luce propria, teneva testa a qualsiasi tipo di conversazione e in più aveva sempre un sacco di aneddoti incredibili da raccontare. A vederlo dall'esterno, niente sembrava cambiato in lui, anche per i suoi ex compagni di scuola: aveva acquisito l'attitude da vera rockstar insieme a una buona dose di sicurezza in se stesso, ma in fondo Harry catalizzava l'attenzione da quando era venuto al mondo.

Ma chi lo conosceva bene, chi lo conosceva davvero bene e quelle persone si contavano sulle dita di una mano, sapeva in cuor suo che mentre era intento a conquistare il mondo scalando le classifiche mondiali, continuando a girare come un pazzo sulla giostra luccicante della popolarità ad ogni costo, nel frattempo qualcosa dentro di lui si era sgretolato, e nei suoi occhi aleggiava il velo e il fantasma di quel mondo perduto che a volte, quando si fermava troppo a pensare, lo ossessionava.

Era come se quella corsa al successo, quel tenersi costantemente impegnato come accadeva durante gli anni che aveva passato nella band, in cui ai tour si susseguivano i dischi e le interviste e le notti insonni e i party sfrenati, dovesse impedirgli di fermarsi perché fermarsi e scendere a terra avrebbe significato guardare in faccia alla realtà delle cose.

La realtà era che sanguinava ancora, che correva per non cadere, che tenersi in piedi in quell'oceano di emozioni in cui a volte si sentiva davvero troppo solo diventava faticoso anche per lui, che era sempre stato un combattente, un calcolatore, le emozioni le aveva troppo spesso respinte proprio per non lasciarsi travolgere e restare focalizzato sui propri obiettivi personali. Ma c'erano alcune parti di se stesso che stava conoscendo giorno dopo giorno, che sfuggivano al suo controllo e con cui spesso aveva paura a fronteggiarsi.

«È così per tutti.. si chiama crescere.»
Gli aveva detto una volta quella sapientona di sua sorella, e forse in parte aveva ragione. Ma quella sensazione di vuoto che Harry colmava con l'estenuante ricerca di emozioni adrenaliniche che gli dava il successo a cui era completamente assuefatto, tutto ciò aveva forse un nome, o un volto?

Harry si alzó di scatto dal tavolo, perché quel brusìo di sottofondo che rimbombava nel salone della casa di Marcus stava cominciando a diventare un martello pneumatico nella sua testa già abbastanza provata.

Diede la colpa ai troppi drink e disse agli altri che andava in bagno, perché forse quello era l'unico posto dove non lo avrebbero seguito: in realtà voleva prendere una boccata d'aria e appena si rese conto di non essere visto indossó il suo parka oversize e uscì dal portone, imboccando il vialetto che conduceva all'ingresso della villetta a due piani.

Il freddo umido della campagna inglese si scontrò con le sue guance bollenti arrossate dal tasso alcolico, e gli fece percepire istantaneamente una sensazione di sollievo.
Ci mise una manciata di minuti per rendersi conto di non essere solo.

Qualcuno stava fumando una sigaretta un po' in disparte, senza staccare il volto dal cellulare che illuminava con luce fioca il buio di quella nottata senza luna.
La sorella di Estelle si sentì raggiunta da una figura alle sue spalle e si voltó verso di lui, che si guardava attorno nel buio, con le mani nelle tasche. Gli rivolse un sorriso incerto.
«C'è parecchia gente, quest'anno, forse troppa.» Affermò, tutto d'un tratto, come giustificare la sua presenza all'esterno.
Harry era una persona profondamente empatica: poteva sbagliare, ma aveva percepito nel tono della sua voce una sottile nota di inquietudine.
«Già, non si respira.» Confermò lui, raggiungendola e piazzandosi al suo fianco. Rimasero in contemplazione della volta notturna, senza dire una parola.
Ivonne tornó a guardare il suo cellulare, mentre il ragazzo le lanciò una rapida occhiata. Ivonne aveva qualcosa che le ricordava vagamente Estelle, ma in realtà erano anche molto diverse, e non solo esteticamente. Aveva le stesse lentiggini sulla pelle alabastrina, tipica delle ragazze dai capelli rossi, che però ad Estelle facevano capolino solo quando prendeva un po' di sole. Anche la forma del viso era molto simile, ma soprattutto alcune espressioni erano tipicamente quelle di sua sorella minore.

«È tutto ok, Ivy?»
«Si, certo. Perché?» Stavolta il tono apprensivo venne fuori più chiaramente, persino lei se ne accorse. Harry pensó per un attimo che la causa di quel nervosismo fosse da addebitare alla sua stessa presenza.
«Scusami, forse volevi restare da sola. Volevo solo prendere una boccata d'aria.»
«No, no, scusami tu. Tranquillo Harry, non sei tu il problema.»

Harry rimase interdetto da quella frase. Indubbiamente Ivonne era un po' imbarazzata nel parlare con lui, la tensione era percepibile, ma sentiva che c'era qualcosa in più del semplice imbarazzo in quello strano modo di fare e, sebbene gli sembrasse completamente insensato, aveva la ridicola impressione che lei volesse in qualche modo renderlo partecipe.

«C'è qualche problema?» Si trovò ad insistere, senza neanche accorgersene.
Harry manteneva lo sguardo dritto negli occhi di lei, serio. Lei non resse quell'occhiata indagatoria e abbassò lo sguardo.
«Ah, Harry, sei l'ultima persona a cui dovrei parlarne..»
Un lampo gli attraversò la mente, e improvvisamente, a quella frase sfuggita via , gli fu chiaro: si trattava di Estelle.

«Che cosa succede?» Non c'era nemmeno bisogno di nominarla. Entrambi avevano capito di chi stavano parlando.
Ed ecco perché Harry aveva avuto l'impressione che lei volesse parlargliene: probabilmente sapeva che lì dentro, lui era l'unico a cui di Estelle interessava qualcosa.
«Io.. davvero.. non so perché lo sto dicendo proprio a te. Mia sorella mi ammazzerebbe se lo venisse a sapere.»
Harry scosse la testa, deciso. «Ammazzerebbe solo me. Correrò il rischio.»
Le strappó un sorriso e lei cercó di darsi un contegno, di assumere un'aria più rilassata. «Comunque è una stupida preoccupazione da sorella maggiore. Niente di che.»
«Di cosa sei preoccupata?»
«È una sciocchezza, davvero. È che.. Estelle non risponde al telefono da tutta la sera. Ed è un po' strano. Tutto qui.»
Harry rilassó leggermente i muscoli della schiena che stava contraendo inconsapevolmente, agitato dallo sguardo di Ivonne.
«Si sarà messa a dormire. Il jet lag tira brutti scherzi.»
Ivonne continuó a sorridere nervosamente, mentre si toccava i capelli.
«Non è possibile, mi ha detto che venivano delle persone a casa.»
«Ok, allora semplicemente non starà guardando il cellulare. Ivy, siamo a 5 minuti da casa tua.»
«Lo so, te l'ho detto, mi sto preoccupando del nulla, per questo non vado a controllare. Estelle ha ventiquattro anni, vive da sola in un posto come New York ed è perfettamente in grado di badare a se stessa. Solo che.. non so, i miei genitori stasera sono partiti per Liverpool e quando siamo qui mi sento di nuovo responsabile per lei.» Un piccolo sorriso le si dipinse sul volto. «Sono cose che voi fratelli minori non potete capire.»
Harry sorrise di rimando, per la dolcezza che gli suggerì quella frase.
«Se ti può consolare, a me non risponde mai.»
Ivonne rise ancora lievemente, gettando la sigaretta a terra.
«Non puoi chiamare uno dei suoi ospiti?»
«Non so chi siano.» Harry non comprese se Ivonne nel rispondergli era rimasta vaga per un motivo ben preciso o se era davvero sincera.
«Io stanotte sono da Oliver a dormire. Spero che mi risponda.»
«Lo farà.»
La ragazza annuì in silenzio con un cenno del capo, e Harry a quel punto decise che era arrivato il momento di rientrare, per tornare a pensieri più superficiali.

«Qualunque cosa, sai dove trovarmi.»
Aggiunse, prima di voltarsi e incamminarsi verso l'ingresso di casa, con le mani piazzate nelle tasche e la schiena un po' incurvata dal freddo.

«Harry..» Lo bloccò chiamando il suo nome con un tono di incertezza nella voce, prima che lui potesse allontanarsi troppo, mentre camminava con lo sguardo basso verso il terreno.
La sua occhiata incuriosita raggiunse quella di lei.
«Lei non ti odia.»
A quelle parole, Harry si voltó completamente verso la ragazza con i capelli rossi, senza dire una parola, mantenendo lo sguardo fisso su di lei, attendendo con una certa aspettativa che aggiungesse dell'altro.
E infatti lo fece.
«Sta solo cercando.. di andare avanti, di lasciarsi tutto alle spalle, di dimenticare.»
Harry annuì con lo sguardo fisso nel vuoto, per qualche istante, per niente confortato da quelle parole. Un'angoscia penetrante illividiva le sue labbra e fiaccava ancor di più le sue spalle.
«Già.. anche io.»

Dimenticare. Era una parola talmente immensa che non sapeva nemmeno come si pronunciasse. Un po' come dormire, quella notte di luna antica come unica sorgente di luce e scintille di pessime idee. E non sapeva ancora quanto quelle due azioni gli sarebbero state negate, da quel momento in poi.



Ciao a tutti!
Sono veramente felice di chi mi ha scritto di apprezzare questa storia, non sapete quanto vi possa amare♥️
Ovviamente non siamo ancora entrati nel vivo, sto introducendo una serie di cose per poi spedirvi dritte in una rete di casini ingestibile.
Il prossimo capitolo mi ha fatto URLARE
Love

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