Last Chance

By Camrenismorethanreal

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Lauren Jauregui, 30 anni, neurochirurgo prodigio di fama mondiale. Nonostante la giovane età, ha già avuto tr... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Ultimo capitolo

Capitolo 33

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By Camrenismorethanreal

"Muoviti Cabello, stasera farai il tuo primo spettacolo!" - esclamò fiero Jim -

"Uscirò quando sarò pronta e non farò nessuno spettacolo! Tieni a freno gli ormoni, che ti sta uscendo la bava con tutti queste ragazze mezze nude.."
- esclamò schifata la cubana -

"Ti avverto, abbassa la cresta Cabello! Sono stufo di dover sopportare il tuo carattere scontroso. Fai quello che ti dico e datti una mossa..." - ordinò l'uomo sotto lo sguardo attento di tutte le altre ragazze nello spogliatoio -

"Certo, in un'altra vita!" - sussurrò Camila, finendo di truccarsi -

"Che cosa avete da fissare? Forza! Stasera deve essere un successo, si comincia fra dieci minuti!" - sbatté le mani Jim agitato -

Quella sera, Camila, non doveva proprio trovarsi dentro a quel locale. La sua notte avrebbe dovuto essere diversa, era cominciata nel migliore dei modi e finita nel peggiore. Lauren le aveva fatto una sorpresa che non era stata molto gradita, o meglio non si aspettava di poter far sentire quella canzone, a qualcun altro oltre lei. L'aveva scritta in un periodo molto buio della sua vita, quando niente e nessuno erano in grado di darle sollievo. Per lei era molto importante e per questo le riportava a galla dei ricordi che non la facevano stare bene. Forse Camila aveva esagerato, Lauren non poteva sapere del suo passato, d'altronde non glielo aveva mai raccontato, ma in quel momento, non era riuscita a pensare a nient'altro e proprio quando se ne era resa conto e stava per andare a casa di Lauren per parlarle e sapere della sua situazione in ospedale, ricevette la chiamata di quel viscido del suo capo che necessitava della sua presenza al nuovo locale.

Così, piuttosto di tornare a casa da sola con i suoi pensieri, decise di accettare, tanto prima o poi avrebbe dovuto iniziare. Aveva scelto tutto lei, dal suo outfit alle sue mansioni e si era assicurata, che nessuno potesse allungare le mani sul suo corpo . Indossava un corpetto nero intrecciato sulla schiena che le sosteneva il seno, una gonna poco sopra al ginocchio con i volani dello stesso colore e degli stivali con il tacco, che le arrivavano quasi a metà gamba. In pratica, gli unici pezzi di pelle scoperta, erano le braccia ed il viso. Non portava un trucco molto pesante, era riuscita ad esaltare i modo delicato sia gli occhi che le labbra.

"Tu sei una dottoressa vero?" - le chiese una ragazza nello spogliatoio insieme a lei -

" Innanzi tutto sono Camila.." - rispose la cubana, notando la faccia imbarazzata sullo specchio di fronte a lei -

"Scusami è che appena ti ho visto, mi sono ricordata di averlo fatto già in precedenza, ma non ricordavo dove e poi mi è venuto in mente che hai curato il mio fratellino l'altra sera..." - spiegó, cercando di non sembrare goffa -

"Non mi ricordo, passano tante persone in ospedale. Comunque si, sono un medico.." - disse Camila, ritoccandosi il rossetto -

Dal riflesso allo specchio, la cubana poteva vedere come quella ragazza volesse sapere altro di lei, ma non parlava per paura di risultare troppo invadente. Rimaneva li dietro a fissarla, guardandosi intorno imbarazzata.

"Che ci faccio qui? E' questa la domanda che vuoi farmi no?" - Camila si voltò con uno scatto sulla sedia girevole su cui era seduta, incrociando le gambe -

"Si.." - sussurrò sottovoce, stringendosi sulle spalle -

"Devo aiutare mia sorella. Ha una malattia rara e curarla costa davvero molto.Sono una specializzanda e lo stipendio è una vera miseria. I miei genitori non posso permetterselo ed ecco perchè mi trovo qui.." - affermò senza tanti giri di parole -

"Ti fa onore" -continuò la ragazza sorridendole -

" Non mi sento onorata di nulla. La famiglia per me vale tutto e quella bambina che ora è a casa, si merita di vivere una vita migliore. Voglio vederla sorridere, giocare e divertirsi e se per questo, dovrò fare dei sacrifici, ne sarà valsa la pena. Lei è l' unico motivo per cui indosso questi e sono in questo posto schifoso.." - spiegò risoluta Camila - " E tu? Perchè sei qui?"

"Non ho altro posto in cui andare. Casa mia è un inferno: il compagno di mia madre è un alcolizzato e la picchia costantemente e quando il mio fratellino va a dormire e so che è al sicuro, esco di casa e vengo qui. Trovare Jim è stata una salvezza.." - sospirò sollevata -

"Non fidarti di quell uomo! Mai! Pensa solo a sè stesso ed ai soldi. Lo conosco da un po' ormai, stagli il più lontano possibile. Questo posto è la sua ennesima trovata per sbavare su donne che non potrà mai avere ed approfittarsi di ragazzine come te.." - si premurò la cubana -

"Non è lui che comanda qui.." - rivelò la ragazza stranita -

" Non sembra un capo, perché è privo di carisma e di buon senso, ma purtroppo questo locale è suo.." - ribatté Camila -

" E allora quella donna che gli dava ordini poco fa nel parcheggio, chi è?" - chiese sorpresa -

" Quale donna?" - domandò la cubana ignara -

"Allora ci muoviamo? Questo non è un salotto. Destiny esci per prima, datti una mossa .."

Jim le diede un leggero schiaffo sulle natiche, guardando quella ragazza come se fosse un pezzo di carne appena cotto, un gesto che fece rivoltare lo stomaco a Camila. In quel momento, continuava a ripetersi il motivo per cui fosse lì dentro, pregando che la serata passasse il prima possibile.

"Cabello, due minuti e tocca a te! Cambia espressione che nessuno ti vuole con quella faccia lunga! Divertiti!"

L'uomo le fece l'occhiolino, cercando di fare come con tutte le altre e toccarla, approffitando della situazione. Ma Camila non era le altre e non si sarebbe mai fatta trattare in quel modo, neanche per tutti i soldi del mondo.

"Forse non ti è chiaro ma cercherò di fartelo entrare in quella testolina vuota: non devi, per nessun motivo..."- Camila si alzò in piedi di fronte a lui - " poggiare le tue mani zozze sul mio corpo! Io non sono una delle tue ragazzine che puoi soggiogare a tuo piacimento, fallo di nuovo e ti spezzo un dito!"

Camila approfittó della sua altezza e dei tacchi, per avere un maggior controllo su quell'uomo, che nonostante avesse una stazza prorompente, non superava il metro e mezzo. Aveva un'espressione dura, quella di una donna decisa a farsi rispettare e per niente impaurita.

"E ora iniziamo!" - disse infine, prima di uscire dallo spogliatoio -

In quell' esatto momento, il cellulare, quasi scarico della cubana, cominciò a squillare. Sullo schermo comparve il nome di Lauren che provava a cercarla ormai da un po'. La chiamata andò a vuoto ed il telefono si spense poi completamente.

Camila, per la sua performance, aveva richiesto un piano, lo strumento, che più la faceva sentire a suo agio. Lo suonava da quando era bambina ed averlo con sé sopra un palco, per lei era una garanzia in più. Sapeva bene che in quel tipo di locale gli uomini non andavano per sentire una canzone cantata ma la cubana era cosciente delle sue possibilità, soprattutto sapeva come muovere il suo corpo, che da solo, era già sensuale di suo.

Si trovava dietro ad una tenda nera, osservando da dietro ciò che stava succedendo in scena. Sul palco, una delle ragazze che erano con lei poco prima nello spogliatoio, si stava strusciando addosso ad un palo eretto al centro della pedana, mentre ogni uomo presente in sala, non le toglieva gli occhi di dosso. Camila era in ansia, le sudavano le mani e sentiva caldo, tanto che il corpetto che stava indossando, le toglieva leggermente il respiro.

La musica era terminata e gli applausi non tardarono ad arrivare. Era il suo turno: vide entrare il pianoforte mentre le luci cominciarono ad abbassarsi e diventare blu, in modo che la sala divenisse quasi oscura.  L'unica cosa che si poteva notare, era proprio la figura di Camila, avvolta in una leggera ala di mistero e fumo. Il silenzio divenne assoluto.

"Non siamo ad un concerto di musica classica!" - urlò uno dei presenti, ridacchiando con gli amici -

Camila non ci fece nemmeno caso, chiuse gli occhi e pensó solo alla sua musica, a quei tasti così freddi e lucidi sotto i suoi polpastrelli, cercando di crearsi un mondo tutto suo, per dimenticare ciò che aveva di fronte. La canzone incominciò ma non fece in tempo a cantare che gli uomini di fronte a lei, cominciarono a lamentarsi dello spettacolo poco volgare. Jim dietro le quinte le faceva dei gesti inconsulti, sembrava essere molto arrabbiato.

La cubana a quel punto, prese il microfono abbandonando la sua postazione. Scese dai tre scalini che davano sul palco per avvicinarsi in modo sensuale e famelico ad alcuni dei presenti nelle prime file. Il locale era ancora tutto buio, una sola flebile luce blu cobalto, illuminava i volti. Tutto ciò favoriva il mistero, l'eccitazione, la voglia di scoprire.

"Certi uomini non hanno mai conosciuto l'arte della seduzione..."

La cubana si avvicinò ad un ragazzo, vestito con un completo blu e  camicia bianca, lo stesso che poco prima, le aveva fatto notare che per essere seducente, avrebbe dovuto spogliarsi. Era circondato dagli amici, quasi tutti mezzi ubriachi, che lo incoraggiavano a spingersi oltre il semplice guardare. Non appena Camila sentì la sua mano poggiarsi sulle coscie, con uno scatto quasi felino, fu pronta a toglierla, non risultando però maleducata.

"Vedo che continui a brancolare nel buio..." - la cubana girò intorno alla sedia dell'uomo - "qual'è il tuo nome?" - fece scendere lentamente le sue mani sul petto -

"Adam. Adam Porter" - biascicò con la voce impastata dall' alcool -

"Adam Porter..." - Camila si sedette sulle ginocchia del ragazzo su cui poteva sentire la sua erezione farsi strada -

"Per conquistare una donna..." - tolse di nuove le mani dell'uomo, che cominciarono a vagare su tutto il suo corpo -

"Ci vuole charme, sensibilità, coraggio, astuzia e soprattutto intelligenza..."

La cubana avvicinò il suo viso a quello del ragazzo che si protraeva verso di lei, tentando di baciarla. A causa dell' atmosfera abbastanza scura, non riuscivano a vedersi totalmente, ma Camila poteva notare quanto gli occhi di quell' uomo potessero desiderarla e quanto in quel momento, il potere fosse tutto nelle sue mani. Per un attimo si sentì bene, come se quella sensazione l'avesse fatta rinascere ma capì subito che non si trattasse di ciò che stava facendo, ma del fatto che per una volta, aveva potuto avere la situazione sotto controllo, dettando lei le regole del gioco.

"E da quanto vedo, mio caro Adam.." - Camila si avvicinò a due cm dalle sue labbra, tanto che potè sentire la puzza del suo alito -

"Tu non hai nessuna di queste cose..."

La cubana gli lasciò un bacio sul naso, alzandosi dalle sue gambe e lasciandolo lì a fissarla eccitato, come un pesce lesso. I suoi amici cominciarono a ridere e prenderlo in giro mentre lui urlò qualche parola sconfusionata contro la cubana, che ormai era già risalita sul palco per terminare la sua performance.

In seguito a questa scena, dove aveva fatto vedere il suo carattere, Camila aveva la completa attenzione di tutta la sala che era formata principalmente da uomini. Tutti gli occhi famelici e desiderosi di poterla avere anche solo per un minuto, erano puntati su di lei. Quando aveva scelto il suo outfit, era consapevole di quanto questo potesse avere un certo effetto. Ad ogni movimento, ad ogni giravolta, la gonna le fluttuava attorno alle cosce, scoprendogliele fino quasi alle natiche, dove lasciava intravedere le sue mutandine nere di pizzo. Il corpetto, stretto al suo petto, provocava dei leggeri movimenti del seno che mandarono in estasi ogni presente.

Camila sapeva muoversi, sapeva giocare con il suo corpo, con i suoi lunghi capelli castani ma soprattutto la sua arma, erano i suoi occhi, così bramanti e seducenti, da togliere il fiato.

La musica finì e la cubana, senza pensarci un attimo, corse dietro le quinte, sotto la disapprovazione generale del pubblico presente che avrebbe voluto da lei, una performance più lunga.

"Cabello, torna dentro, che cazzo dai? Non senti come ti vogliono?" - imprecò Jim -

" Calmati, che poi ti viene un infarto! Ho finito per stasera.." - si tolse gli orecchini, gettandoli sopra al mobile con lo specchio - " e siccome decido io quello che faccio qui dentro, ti do la buonanotte caro!" - gli diede una pacca sulla spalla e prese il suo zaino -

" Maledetta ragazzina! Ma cambieranno le cose e tu rimarrai senza nulla!" - borbottò mentre la vedeva allontanarsi -

"Se è una minaccia, non ho avuto paura neanche per un millesimo di secondo, impegnati di più la prossima volta!" - gli fece l'occhiolino ed uscì -

Finalmente poté respirare un po' di aria fresca, non viziata dal fumo che a lei faceva vomitare. Il clima non era sgradevole, certo, essendo le tre del mattino, un po' di fresco lo sentiva, soprattutto per come era vestita. Le strade erano deserte e la cubana camminò il più veloce possibile, tornando a casa in pochi minuti. Era distrutta, soprattutto perché non aveva ancora sentito Lauren e dopo come si erano lasciate era anche preoccupata per lei.

Mise il cellulare in carica, ma prima che questo potesse accendersi e rivelarle le dieci chiamate fatte dalla sua fidanzata, crollò nel letto, consapevole che un paio di ore dopo, avrebbe dovuto alzarsi e correre in ospedale per il turno mattiniero.

L'avrebbe comunque incontrata in ospedale ed avrebbe potuto spiegarle il suo comportamento anche se, ancora non sapeva come avrebbe potuto nasconderle il lavoro a cui, da quella notte, sarebbe andata sempre.
Lauren sapeva leggerle dentro e non sarebbe sicuramente stato facile ma d'altronde non c'era altro che potesse fare.

Non voleva i suoi soldi e doveva aiutare sua sorella. Quello era l'unico modo.











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