Last Chance

Від Camrenismorethanreal

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Lauren Jauregui, 30 anni, neurochirurgo prodigio di fama mondiale. Nonostante la giovane età, ha già avuto tr... Більше

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Ultimo capitolo

Capitolo 21

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Від Camrenismorethanreal

"Taxi! Taaaxiiii!" -urlò Camila in mezzo alla strada, rischiando di essere quasi investita -

Aveva appena iniziato a piovere e come di consueto in questo caso, New York scoppiò nel caos più totale. Centinaia di macchine di tutti i tipi sfrecciavano da ogni lato, pedoni che per ripararsi dall'acqua, sostavano sotto il primo portico disponibile, ostruendo la viabilità, mezzi pubblici bloccati nel traffico, costantemente in ritardo.

Camila se ne stava ancora a piedi nudi sull'asfalto sul ciglio della strada, ad agitare le braccia freneticamente, sperando che una di quelle auto gialle, si fermasse. Il bagliore dei fanali le finiva direttamente negli occhi. L'intesità della pioggia aveva cominciato ad aumentare e la cubana era completamente fradicia. Questo non sembrava importarle affatto, il suo unico pensiero era quello di trovare un passaggio. Fissava lo schermo del telefono in attesa di notizie, che però tardavano ad arrivare. Provò a richiamare sua madre, ma non ottenne altro che la voce registrata della segretaria telefonica.

"Cazzoo!" - esclamò, mettendosi la mano tra i capelli, ormai bagnati -

Camila era nel panico più totale: cominciò a sentire caldo nonostante la temperatura esterna si fosse abbassata, i piedi le facevano male dopo l'ennesimo sassolino che le aveva punto la pelle e l'ansia di non poter tornare a casa, le provocava un peso sullo stomaco che le impediva di respirare correttamente. Il petto sussultava violentemente mentre le gambe cominciarono a farsi deboli. Si sedette sul gradino del marciapiede nel bel mezzo di alcune pozzanghere.

"Questa città fa schifo! La odio! Non esiste un misero taxi che si fermi!" - urlò a squarciagola, lasciando esterefatti i passanti - "E voi? Cosa avete da guardare? Pensate ai vostri!" - le lacrime scesero sulla sua guancia mescolandosi con la pioggia -

"Hey hey hey!" - Lauren si precipitò da lei - "Camila? Che succede? Che ci fai qui in mezzo alla strada sotto questo temporale?" - le domandò, cercando di proteggerla con il suo ombrello -
"Sei scappata così in fretta prima che..." -Camila sbuffò, iniziando a camminare su e giù -

"Senta non vorrei risultare sgarbata, ma mi lasci in pace dottoressa Jauregui. Non ho nè il tempo nè la voglia di litigare con lei, quindi torni dentro e continui la sua serata con la sua nuova cavia! Io ne ho abbastanza!" - la cubana si mise le scarpe - "Maledetti tacchi!" - borbottò -

"Hey!" - la corvina la tirò a sè, afferrandola per le braccia - "Non vado da nessuna parte finchè non mi dici cosa succede" - continuò, tenendo ben salda la presa - "Fai un bel respiro!"

La mano di Lauren si posò delicatamente sulla guancia fredda e bagnata della cubana, cercando di calmarla un po'. Fu come se quel tocco fosse stato magico: Camila chiuse gli occhi e per qualche istante fu catapultata in un'altra realtà, dove tutto ciò che riusciva a sentire erano soltanto i battiti del suo cuore che diminuivano e quella mano così morbida e calda che le fece provare una sensazione rasserenante. Lauren rimase ferma di fronte a lei, regalandole il suo solito sorriso, così dolce e luminoso, che le faceva perdere la testa. La corvina era l'unica persona che riusciva sempre a calmarla, non importava dove fossero o cosa stesse succedendo, per un breve periodo, la cubana si sentiva serena ed in pace.

"Devo subito tornare a casa! E' successa una cosa..." - Camila fece una pausa - "Grave.." - decise di rimanere vaga - "Ma come vedi, non posso! Maledetta pioggia, maledetta città, maledetta vita!" - continuò a sbraitare sul marciapiede -

Era ovvio di come il problema principale non fosse il passaggio, ma l'enorme preoccupazione nei confronti della sorella. Sin da quando era nata, Camila, nonostante non fosse poi così grande, non aveva mai saltato una sua visita, un controllo, un esame, voleva essere informata sempre su ogni dettaglio o cambiamento. Da quando aveva iniziato a studiare medicina, il suo supporto, oltre che emotivo, divenne anche professionale: ascoltava attentamente tutto ciò che i medici dicevano e poi, quando tornava a casa, iniziava a fare ricerche approfondite cercando una soluzione.

"Potevi dirlo subito! Ti accompagno io!" - esclamò Lauren, componendo un numero sul suo smartphone -

" Senta, davvero, non mi serve il suo aiuto! E poi non ha neanche la macchina..." replicò Camila scocciata -

In quel momento, di fronte a lei, parcheggiò un auto nera di lusso con i vetri oscurati, una delle tante, che quella sera, si erano fermate davanti all'entrata dell Hilton Inn. Era sicura fosse quella di uno dei tanti ospiti presenti ma quando Lauren si avvicinò all uomo che era appena sceso in completo nero, capì.

"Gustavo,ci puoi portare a..." - la corvina si rese subito conto di non sapere il suo indirizzo -

" Madison Street!" - esclamò subito la cubana -

"Certo signora! Prego!" - l'uomo aprì la portiera posteriore dell' auto -

"Entra! Arriveremo a casa il prima possibile, vedrai!" - cercò di rassicurarla Lauren -

Non appena entrò nell'abitacolo, Camila restò particolarmente colpita dal lusso ed il pregio con cui era stata prodotta quella macchina. Un odore di pelle nuova proveniva dai sedili, così morbidi, da sembrare cuscini. Un sistema di riscaldamento ed aria condizionata computerizzato permetteva di avere la giusta temperatura senza aprire i finestrini. La radio, sintonizzata su una frequenza che trasmetteva solo canzoni degli anni 80, occupava gran parte del cruscotto.

Camila tremava, forse per il freddo o forse per l'ansia. Non riusciva a tenere ferme le gambe e continuava a mordicchiarsi le unghie, guardando attentamente fuori dal finestrino.

"Hey!" - la voce di Lauren la distolse dai suoi pensieri - " andrà tutto bene, qualunque cosa sia!" - le disse in tono sicuro -

La cubana non era mai stata una persona molto ottimista, aveva sempre visto il mondo dal suo piccolo e buio punto di vista, affrontando le situazioni trattenuta e sull' attenti, con la paura che il peggio, fosse sempre pronto ad arrivare.

Le lacrime di sua madre al telefono furono tutto ciò che la misero in ansia. Non aveva mai pianto prima, nemmeno nei momenti più difficili: aveva sempre cercato di farsi forza per lei, ma soprattutto per Sofia.

Il percorso in macchina proseguì in relativo silenzio, fino a che non appena arrivarono fuori al viale di casa, i loro visi furono illuminati da una luce blu e rossa. Parcheggiata sul ciglio della strada un'ambulanza ed i soliti curiosi, fermi a guardare sul marciapiede vicino.

Camila scese di fretta dall'auto quando non era ancora del tutto ferma, rischiando di farsi male. Si precipitò dentro casa, dove vide sua sorella, immobile, distesa sulla barella trascinata dai paramedici.

"Mila! Eccoti finalmente!" - esclamò sua madre in preda al panico e le lacrime - 

"Mamma? Che diavolo è successo?" - domandò la cubana agitata -

"Io non... stavamo giocando... l'ho vista per terra...ero in cucina a fare...io...non ho sentito..."

La madre di Camila cominciò a dire cose senza senso, troppo sconvolta e sotto shock per dire qualcosa di sensato. Le tremavano le mani e riusciva a respirare a fatica. Era pallida e continuava a fissare la sua bambina, inerme e priva di sensi, nelle mani dei paramedici.

"Qual è la diagnosi? Perché non si risveglia?" - chiese subito la cubana ai due uomini in divisa medica -

"Ha perso i sensi ed ha sbattuto violentemente la testa sul pavimento. Non sappiamo ancora se ha una commozione cerebrale o altro. Dobbiamo portarla in ospedale subito.." - le comunicò il ragazzo più alto che le aveva appena inserito la flebo nel braccio -

"Okay, vengo con voi!" - disse subito la cubana, dimenticandosi di aver lasciato fuori il suo capo ad aspettare -

"Che cosa abbiamo?" - la corvina si fece spazio, cominciando ad esaminare la paziente -

"Dottoressa Jauregui? Che ci fa lei qui?" - domandò uno dei paramedici sorpreso -

"Credo che in questo momento sia l'ultima cosa che ci interessi no..." - cercò di leggere il nome stampato sulla tuta - "Diaz? Ho chiesto che cosa abbiamo, gradirei una risposta immediatamente!" - Lauren si alterò visibilmente -

"Donna, 11 anni, trovata incosciente dalla madre. Presunta commozione cerebrale. Risponde debolmente agli impulsi e..."

Il paramedico fu interrotto dalla corvina che oltre a spostarlo con una leggera spinta, gli prese anche una penna luminosa dal taschino, andò verso la bambina ed iniziò ad esaminarla, partendo dagli occhi. Camila e sua madre rimasero ferme immobili a guardarla, cercando di capire dalla sua espressione, quanto fosse grave la situazione.

"Portatela al Saint Ambrose. Appena arriva voglio esami del sangue completi, TC del cranio ed esame neurologico completo. Al pronto soccorso deve essere considerata come codice rosso. Muovetevi!" - comandò la dottoressa -

I due uomini obbedirono senza battere ciglio: caricarono Sofia in ambulanza, seguita dalla madre che diede un ultimo sguardo interrogatorio verso Camila, prima che le porte si chiudessero ed il mezzo sfrecciasse via con la sirena posta.

"Perchè la fai entrare in codice rosso? E' grave? Che le succede?" - chiese subito la cubana -

"Tranquilla! Ho voluto farla entrare in urgenza perchè così gli esami verranno fatti subito senza aspettare. Credo abbia un piccolo trauma dovuto alla caduta che sicuramente non l'ha resa però incosciente. Ci deve essere qualcosa che..." - la corvina fu interrotta, mentre Camila si inginocchiò a terra, con le mani sul viso, scoppiando a piangere -

"Ha una malattia rara. Nessun medico fino ad ora ha mai capito veramente cos'ha. Abbiamo girato decine di ospedali, attraversato interi stati, ma nulla. La risposta è sempre stata "ci dispiace, ma non sappiamo come aiutarvi." E intanto mia sorella sta male!" - esclamò sconsolata ed esausta - "Ma non fa nulla. Ora devo andare in ospedale..."

Camila si alzò improvvisamente volendo interrompere quella conversazione. Non le piaceva passare per vittima o piangersi addosso. Non aveva detto quelle cose a Lauren solo perchè potesse aiutarla o tanto meno compatirla, aveva voluto aprirsi con lei perchè se lo sentiva, perchè la corvina le dava sicurezza ed era forse l'unica, a poterla capire veramente.

" Aspetta!" - Lauren le afferrò il polso, spingendola leggermente verso di sé -
" Non posso prometterti che riuscirò a trovare una cura per lei, non posso prometterti di poterla aiutare, ma posso provarci con tutte le mie forze. Un bravo medico non si arrende mai quando c'è una speranza." - la corvina le asciugò le lacrime dal viso -

"No! Non voglio che ora ti senti obbligata a farlo. Non te l ho detto per ricevere qualcosa in cambio fa te, ma solo perché prima o poi lo avresti scoperto. Non voglio favori, solo perché vuoi venire a letto con me!" - Camila sapeva di essere stata poco garbata -

"Wow Cabello! Vedo che hai davvero una bella considerazione di me!" - sorrise Lauren, avviandosi verso la macchina -

"Scusami, non volevo dire quello, è solo che..." - la corvina alzò il braccio per far sì che tacesse -

" Non tirarti indietro. Sai che lo odio. Ormai lo hai detto e so anche che in fondo lo pensi. Ti dico una cosa però. Potrò essere tutto ciò che ti pare: stronza, egoista, fredda, arrogante e chi più ne ha più ne metta. Ma mai e ripeto mai, permetterò a qualcuno di mettere bocca su come svolgo il mio lavoro. Sono impeccabile ed ogni paziente per me è una priorità, indipendentemente dal sesso, razza o religione. Quindi quando ti dico che cercherò di aiutare tua sorella, non lo faccio per te, ma per lei!" - Lauren aprì la portiera - "Sali!" - si limitò a dire -

Il viaggio in macchina verso l'ospedale, proseguì in assoluto silenzio. Lauren sembrava totalmente impegnata nel scrivere al cellulare, consultando a tratti, la sua agenda degli impegni che portava sempre con sé. Camila invece era in forte imbarazzo: dopo il discorso della dottoressa, era rimasta piacevolmente colpita dalla determinazione e sicurezza che aveva visto nei suoi occhi. Non aveva dubbi che fosse un bravo medico, ma per la prima volta, riuscì a vedere anche quel lato umano, che molto spesso riusciva a nascondere.  Non sapeva come comportarsi: se doveva chiederle scusa per quello che le aveva detto o se invece, tutto fosse stato normale.

Non appena furono davanti le porte scorrevoli del pronto soccorso, Lauren scese dall' auto, ordinando a chiunque incontrasse di fare qualcosa per lei. In pochi istanti, indossava già sopra al vestito, il suo camice. Si era cambiata i tacchi con un paio di scarpe da ginnastica più comode ed aveva legato i capelli in una coda di cavallo, che le mettevano in mostra quel viso e collo, assolutamente perfetti.

"Come posso aiutarti?" - provò a chiederle la cubana in mezzo alla confusione -

"Voglio i risultati degli esami di Sofia Cabello! Chiedi a che punto sono!" - ordinò la dottoressa ad una delle infermiere -

"Dottoressa Jauregui? Uno dei suoi pazienti ha richiesto di parlarle urgentemente!" - le comunicó un'altra donna appena la vide -

"Sta per morire?" - chiese Lauren e la donna negò - " Allora adesso non ho tempo. Ricordamelo domani!"

Camila rimase impressionata dall'enorme quantità di persone che erano intorno a Lauren e che in qualche modo, avevano bisogno di lei. La corvina le trattava tutte con professionalità ed impegno, come se nessuno fosse meno importante di un altro.

"Che ci fai qui Jauregui? Non dovevi essere a quel tuo piccolo party da ricchi?" - gli disse in tono sprezzante un altro medico -

" E tu non dovevi essere a casa ad aprire qualche libro, in modo che oltre che ad un medico stronzo, diventassi anche un po' competente?" - Lauren gli rispose senza peli sulla lingua -

" Quando ho detto che volevo i risultati degli esami di Sofia Cabello SUBITO, intendevo SUBITO!" - urlò la corvina nel bel mezzo del pronto soccorso - "E' possibile che in questo ospedale ci sia qualcuno di competente?" - continuò a lamentarsi sbuffando -

"Eccoli dottoressa Jauregui, scusi ma.." - la donna scosse la testa -

"Non voglio sentire scuse o dettagli inutili che non mi interessano!" - la sua attenzione fu presa dai risultati scritti dentro a quel tablet -

"Lauren? Allora? Cos'ha? Come sta? Posso vederla? Se si è svegliata sarà spaventata ed io voglio che..." - lo sguardo diretto di Lauren la fece ammutolire -

"Vai da tua madre. Lei avrà bisogno di te in questo momento. Sai che non puoi fare nulla qui, sei un familiare e come tale, escluso dal caso!" - la liquidò con poche parole - "Lovato!" - esclamò vedendo la sua specializzanda in ospedale - "Visto che sei qui, cambiati e ci vediamo di sopra!"

Senza dirle nient'altro, Lauren sparì dietro le porte di quell ascensore e lasciò la cubana da sola, nel bel mezzo del pronto soccorso, con il vestito fradicio, i capelli crespi ed arruffati ed il trucco leggermente sbavato dall' acqua. Tutti la stavano fissando, ma a lei non importava minimamente. Aveva imparato a fregarsene del giudizio altrui.

"Qualcuno vuole per caso un poster? Non avete i fatti vostri a cui pensare? Ecco bene, fatelo!"
- sbraitò, mettendo tutti a tacere -

Si precipitò invece da sua madre, per quella che forse, sarebbe stata , una delle notti più lunghe della sua vita.











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