Fino Alla Fine

By seicomeungirasole

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La complicità batte tutto, persino quello che potrebbe sembrare impossibile. Lei è Gwen. Una giovane ragazza... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16 parte 1
Capitolo 16 parte 2
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
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Capitolo 98
Capitolo 99
Capitolo 100
Capitolo 101
Capitolo 102
Capitolo 103
Capitolo 105
Capitolo 106
Capitolo 107
Capitolo 108
RINGRAZIAMENTI
Freedom
✋🏻👆🏻
Oh capitan,my capitan!
AAA
Civico 182
Sorpresa
Annuncio
Hoplites

Capitolo 104

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By seicomeungirasole

Ero seduta sul divano del salotto,con l'aria condizionata fortunatamente accesa perché stavo patendo il caldo, come se stessi entrando in menopausa e Paulo, se ne stava in ginocchio sul tappeto a giocare a The Sims sul suo ipad,chino con le braccia ,lasciate nude dalla sua maglia di cotone bianca, sul divano.
Era una tranquilla domenica mattina, dico tranquilla perché in genere con il lavoro di entrambi, erano più uniche che rare le domeniche passate a casa così, come una normale coppia.
Stavo leggendo un libro che avevo comprato a Londra quando eravamo andati insieme per quel piccolo weekend prolungato a fine Maggio, si chiama "Rise Up Women" e parla di tutte le battaglie sociopolitiche che le donne negli anni hanno dovuto fare per guadagnarsi lo stesso posto nel mondo che l'uomo aveva avuto già per natura.
L'avevo comprato in quei mini market dell'aeroporto,quando a causa della forte pioggia il nostro volo,seppur privato,era stato costretto a rimandarsi di ben quattro ore.
Ne avevo letto le prime ottanta pagine sul volo di ritorno poi, avevo lasciato libro con tanto si segnalibro a seguito, sul comodino della camera da letto di Paulo e li era rimasto fino a questa mattina al mio risveglio.
-mi coccoli un po?- mi chiese dolcemente con quella voce da bimbo capace di fargli fare qualsiasi cosa e baciandomi la caviglia nuda per distrarmi dalla lettura.
-mancano solo tre pagine e finisco il capitolo- gli dissi ma lui sbuffò annoiato perché non stava ricevendo le attenzioni che voleva ed io sorrisi intenerita.
-che palle questo libro- si lamentò e ritornò a giocare con il palmare mentre continuò a brontolare in spagnolo, dimenticando per un attimo che l'avrei comunque capito.
Feci più in fretta che potessi solo per cancellare quel tenero broncio che risiedeva sulle sue labbra e che lo faceva apparire molto più piccolo dell'età che possedeva.
I prossimi quindici minuti furono però una vera e propria tortura, dovuta al fatto che Paulo stesse provando e facendo di tutto per infastidirmi  solo perché le cose non erano andate come voleva lui.
Prima iniziò con i video su instagram,interrompendo il silenzio di cui necessitavo per concentrarmi nella lettura poi,non contento, continuò con un fischiettio fastidioso e tanto di ticchettio ritmato con i piedi sul pavimento e per finire accese la televisione.
Chiusi il libro facendone sbattere le pagine,sottolineando quanto mi avesse fatta innervosire, e lui si girò a guardarmi con un sorrisetto del corno a dipingergli una piccola curva furba e innocente sulle sue labbra.
Dispettoso e capriccioso erano i due aggettivi che più gli si addicevano in questo momento.
-hai finito di rompere?- gli chiesi e lui semplicemente alzò le spalle
-ma che ho fatto adesso?- si finse innocente mentre la mia voglia di mollargli un ceffone cresceva a dismisura.
-non c'è niente di bello in tv- continuò tranquillo e così spense la televisione lasciando il telecomando sul divano e avvicinandosi a me.
-no, va via- gli dissi mentre lui sapeva bene come avrebbe potuto cancellare il mio nervosismo tant'è che, mi afferrò per le gambe e mi trascinò su di se per baciarmi.
-giochi sporco- gli dissi mentre le mie labbra ero certa fossero diventate rosse per l'assalto che avevano subito.
-stavi perdendo tempo con un libro mentre io volevo solo che tu mi dessi le attenzioni che voglio- e per lui era normale cosi.
Non sapeva aspettare, o meglio non voleva aspettare quando si intestardiva che le cose dovevano andare per come diceva lui.
-dovresti comprare un libro anche tu, un manuale su come diventare meno stronzi- rise e mi morse leggermente la pelle della spalla sinistra.
-mi ami perché sono stronzo- lo guardai inarcando un sopracciglio ma, alla fine aveva proprio ragione.
Lo amo per quello che è e mai avrei voluto che cambiasse.
Mi adagiò sui cuscini del divano e mi solleticò la pancia con il naso e poi lasciò morbidi baci che furono lente e dolci carezze.
-sai che sei proprio un bambino di tre anni,quanto ti impunti?- annui ridacchiando
-e non vuoi fare nulla per smettere di avere tre anni e iniziare ad averne ventiquattro?- scosse negativamente la testa facendo quei piccoli versetti bambineschi
-parla!- gli dissi e lui scoppiò a ridere guardandomi con un paio di occhi lucidi e luminosi.
-ti aiuto ad abituarti già da adesso a quando avremo dei bambini- mi baciò la punta del naso sdraiandosi letteralmente sul mio corpo già disteso.
-come potremmo avere un bambino se il suo papà è un bambino a sua volta?- mi morse blandamente la guancia contrariato dalle mie parole.
-avremo almeno tre bambini, anzi quattro e saremo dei bravissimi genitori- provai a formulare una frase di senso compiuto ma tutte sembravano non riuscire ad attraversare la gola.
-vuoi avere tanti bambini, vero?- per un attimo gli lessi della paura negli occhi e mi affrettai ad annuire decisa.
Si, volevo almeno due bambini, forse quattro sarebbero stati tanti ma, nella vita i figli non erano progetti che potevamo pianificare a tavolino con carta e penna.
-tu vuoi un bambino, adesso?- spezzai quel breve istante di silenzio.
Non glielo avevo mai chiesto, non perché avessi paura della risposta ma perche avevo paura di me stessa e siccome prevedevo la risposta ,sapevo allo stesso modo che anche solo sette mesi fa,mi avrebbe fatta scappare a gambe levate.
-tu vuoi fare un bambino con me,adesso?- era da due notti che questa cosa mi frullava in testa.
Mancava ancora una settimana precisa prima dell'arrivo del mio ciclo ma, non sapevo ben dire il perché però, avvertivo come se il mio corpo fosse cambiato.
Non avevo avuto il coraggio di domandare a mio padre, appunto perché è mio padre perciò, stupidamente avevo digitato online ed erano uscite fuori tutta una serie di informazioni utili solamente a confondermi per cui, avevo spento e lasciato stare.
Pero, talmente questa cosa mi stava divorando da dentro che ,ero passata di nascosto con Mat in farmacia a comprare due test di gravidanza e un vasetto per l'urino-coltura, li nascondevo a casa provando ad avere quel necessario coraggio per farci la pipì sopra ed aspettare i più lunghi cinque minuti della vita di una ragazza.
Non avevo di certo paura della reazione di Paulo, a lui piacevano i bambini e mai una volta aveva messo in dubbio la voglia di avere una famiglia, anche molto numerosa ma, il vero problema in tutto questo stava nel fatto che eravamo ancora troppo giovani e agli inizi della nostra carriera.
Avevo firmato un importante contratto, nemmeno tre giorni fa e scoprire di essere incinta non so come avrebbe cambiato le cose e forse, realmente ancora non ero disposta a saperlo.
-io voglio tutto con te, ora,domani o quando sarà ma non mi spaventa- sorrise stringendomi a se con tanto amore in grado di avvolgermi da qualsiasi parte del mio corpo
-facciamo un figlio, mio e tuo- c'era dell'infinito entusiasmo nella sua voce e mi riscaldò il cuore a sapere che mi amasse a tal punto da volere la sua famiglia insieme a me.
-vuoi che non prenda più la pillola?- quasi lo sussurrai e lui annui deciso .
Pensai velocemente a come sarebbe potuta cambiare la mia vita se un piccolo bambino fosse arrivato nella nostra vita. Mi immaginai con un pancione e le caviglie gonfie a fine giornata, vedendo mutare ancora una volta il mio corpo e pensai poi a quando sarei tornata a casa a vedere il volto paffuto di un bambino che non aveva fatto altro che riempire la mia mente in tutte le ore del giorno, immaginai quell'indescrivibile senso di sollievo nel poter odorare il suo profumo e toccare teneramente la consistenza morbida della sua pelle.
Le sue mani piccole e i suoi piedi, cosi rosa carne quasi da sembrare trasparente; lo immaginai con gli occhi verdi di Paulo e quasi volli piangere dall'emozione che provai.
-sei disposto ad avere una vita con un bambino al tuo fianco?- le mie domande non erano frutto della paura o dell'insicurezza, erano solo domande fatte adesso, prima che dopo diventasse troppo tardi.
Mi guardò accarezzandomi il volto, mi baciò le labbra e nella mia mente l'idea di quello che avevo da dirgli, mi apparve più nitida.
-chico- lo chiamai con quel piccolo nomignolo che tanto gli piaceva.
-è appena arrivato Ronaldo nella squadra, stai iniziando una stagione che potrebbe portarti cosi in alto ed io, non vorrei mai che diventassi un ostacolo al tuo sogno perche allora,per quanto ti amo io me ne andrei- volevo essere totalmente sincera con lui.
-tu non saresti mai un ostacolo per la mia carriera, voglio tutta la mia vita insieme a te e comunque, non ti lascerei andare da nessuna parte a meno che,non ci venga anche io- mi baciò a rafforzare il concetto
-siamo ancora giovani e abbiamo tanto tempo davanti no?! Tu non pensi sia bello passare un altro anno io e te, prendiamoci del tempo per noi, voglio poterti dare tutto quello che ho a disposizione e vedere tante cose del mondo insieme a te, quando sarà il momento di fermarci a casa per pannolini e pappe,sono certa che lui o lei busserà da questa porta- mi accarezzai la pancia e lui vi posò la mano sopra.
Fu un gesto che, nell'intimità del mio cuore mi fece ardentemente desiderare che qualcuno stesse crescendo e che si stesse beando della carezza ancora inesperta ma sicuramente dolce, che entrambi stavamo facendo.
-senza che nessuno dei due se lo aspetta e sarà una sorpresa strepitosa- mi guardò fisso negli occhi e poi delle lacrime scivolarono via da essi.
-ho detto qualcosa di sbagliato?- mi sentii una stronza alla sola idea di averlo potuto ferire.
Se lui pensava che un figlio non avrebbe in alcun modo ostacolato i progetti che aveva nella sua carriera, io ero disposta a fare un bambino con lui nel più breve tempo possibile.
Anche adesso.
-no, è solo il troppo amore che provo per te- lo sussurrò mentre mi scalpitò il cuore.

Stavamo camminando rilassati e felici a parco Valentino, qualche panchina di ferro battuto costeggiava dei sentieri ,qualcuno camminava con un cane a guinzaglio e qualche altro invece si faceva la sua corsetta postprandiale per smaltire la pesantezza del cibo del pranzo domenicale .
-voglio andare nel deserto- mi disse cosi, di punto in bianco
-per vedere le piramidi?- gli chiesi curiosa
-per vedere le piramidi, per vedere i cammelli e per scambiarti con dieci di loro- lo guardai fermandomi mentre si girò a ridere della mia espressione.
-e cosa te ne faresti di dieci cammelli, sentiamo- fece finta di pensarci su
-sai quanti soldi ci faccio con dieci cammelli? Li metto in via Roma e sono certo che diventeranno una bella attrazione turistica- pensai a quanto scemo fosse
-ah, ed io che credevo ti saresti dato al circo. Tanto il clown di turno già ce l'hai e non devi neanche pagarlo- mi riferivo a lui e quando lo capi mi guardò ed io iniziai a correre sapendo che mi avrebbe solleticato per vendicarsi.
Questo,mi fece inevitabilmente pensare al villaggio Leumann e quasi mi scoppiò il cuore per il ricordo; come allora mi fermai di scatto ma stavolta precedette la mia tattica, difatti mi afferrò al volo per i fianchi e li fece allacciare al suo busto.
-presa- mi disse sorridendo mentre lo baciai.
Dei ragazzini innamorati,ecco che cosa eravamo.
Ridacchiai dei suoi occhi cosi luminosi che mi guardavano dal basso mentre i capelli sciolti incorniciavano il mio volto raggiungendo l'altezza del seno.
Indossavo una comoda felpa primaverile, di due taglie più grandi della mia proprio perché adoravo perdermici dentro e nel modo in cui Paulo arpionò i miei fianchi ,per reggermi senza lasciarmi cadere per terra, la spostò lasciando parte della mia schiena nuda ed esposta al piccolo venticello fresco.
-sei la bambina più bella del mondo- mi disse dolcemente baciandomi prima la punta del naso e poi la bocca.
Era ancora un ricordo di quel giorno, dove forse per la prima volta tra di noi avevamo fatto un passo decisivo, addentrandoci dentro questo terreno che ci aveva inevitabilmente condotti su uno stesso binario, adesso pronti a percorrerlo insieme.
Quella stessa sera, quando tornammo a casa, dopo aver fatto l'amore scontrandoci con le pareti della casa, mentre la mia pelle era torturata da sbalzi termici,il freddo del muro e il caldo della sua bocca e del suo corpo, andai a letto desiderando che la mia pancia, da un giorno all'altro iniziasse a gonfiarsi come un palloncino.
Quella stessa sera tutto cambiò.
La ragazzina che era in me, adesso sembrava del tutto disposta a diventare una vera e propria giovane donna, a fare passi in avanti molto più decisivi che andare a vivere da sola e costruirsi una carriera.
Accesi la luce dei faretti e Paulo aprì immediatamente gli occhi guardandomi preoccupato.
-stai bene?- mi chiese baciandomi la spalla su cui la sua testa stava appoggiata.
Piegai le ginocchia uscendo fuori dalle lenzuola e alzandomi dal letto per andare verso la borsa ed aprirla.
Quella carpetta era ancora lì e la tirai fuori,ritornando sul letto.
-ho firmato un nuovo contratto- gli passai la carpetta e lui si tirò su a sedere.
-posso?- mi chiese ed io annui lasciando che ne estraesse quel cumulo di fogli ordinatamente spillati.
Paulo lesse qualche rigo, sfogliò le pagine e sospirò di sollievo quando si rese effettivamente conto che nulla era cambiato se non il  titolo del mio posto di lavoro e lo stipendio.
Mi sorrise poggiandoli sul materasso e scattò via dal letto prendendomi in braccio e girando su se stesso.
-auguri amore- mi disse dolcemente
-secondo te, sono in grado di fare una cosa simile?- gli chiesi perché, mi torturava da giorni questa paura di non poter essere all'altezza.
-sei la ragazza più intelligente che io conosca e, Gwen per te non c'è un momento esatto in cui inizia e finisce la tua giornata lavorativa, sei stava capace di lavorare persino quando eravamo a Londra per rilassarci- arrossi colpevole
-fa parte di te e io l'ho capito da subito e lo accetto perché ti rende la donna che amo. Sono strasicuro che saprai fare addirittura meglio di quello che Agnelli si aspetta e come sempre io, sarò orgoglioso di te- mi chinai a baciarlo con tutto l'amore che provavo per lui e, fidatevi è cosi tanto che mi sarebbe servita l'eternità oppure forse, nemmeno quella sarebbe bastata.
-ti amo- .

La mattina successiva, uscii da casa molto prima di Paulo, avvertendolo con un post-it che ero stata costretta  a prendere la sua jeep perche la mia macchina aveva deliberatamente scelto di non accendersi.
Quando parcheggiai scendendo dalla mia macchina, Cristiano stava già correndo in campo ed erano appena le sette e mezzo del mattino .
Mi chiesi da quanto tempo fosse già lì o se fosse realmente tornato a casa ieri sera.
-hola Gwen- mi salutò sorridendo e accompagnando il tutto con una mano alzata.
-Hola Cris- ricambiai il saluto entrando dentro.
Era sudato come un pulcino dentro una sauna e prima di andare in campo, presi una bottiglietta di gatorade e aprii le porte verso il campetto.
Era una distesa di verde, sufficientemente ampio e curatissimo, l'erbetta era tagliata simmetricamente e profumava di fresco.
Non avrei mai potuto percorrerlo con i tacchi che indossavo ai piedi, a meno che non camminassi in quel piccolo tratto di marciapiede che lo costeggiava fino ad un certo punto.
Cristiano si accorse della mia presenza e rallentò la sua corsa venendomi incontro.
-buongiorno Portos- lo salutai mentre prendeva il fiato, poggiando le mani sulle proprie ginocchia.
-ciao bell'Italia- gli porsi il gatorade che accettò volentieri e fece scontrare la plastica della sua bottiglietta con quella del mio immancabile ed inseparabile caffè mattutino, prima di berlo.
-dove è la Joya?- mi chiese
-a letto a dormire ancora un po- rise
-me lo daresti il tuo cellulare?- annui passandoglielo
-devi chiamare Paulo? Ti avverto, se si alza con il piede sbagliato è la fine- ed io non volevo averci a che fare.
-lo farò correre cosi tanto che arriverà a casa solo per dormire- risi e gli digitai il numero di Paulo e misi il vivavoce.
Rispose alla seconda chiamata.
-Mi porti anche Messi alla Juve?- rispose facendo capire che l'unico motivo del perché l'avessi svegliato poteva essere solo una notizia così importante.
-no hermano, per ora solo io- immaginai i suoi occhi spalancarsi a sentire la voce di Cristiano piuttosto che la mia.
-perché hai il cellulare della mia fidanzata?- il solito gelosone cronico
-Hai dieci minuti per arrivare. Anzi nove minuti e cinquantanove secondi,cinquantotto- staccò facendomi ridere.
-buona fortuna con mister Dybala- e così lo salutai andando verso il mio ufficio.
Ultimamente sembrava essersi materializzato una sorta di aeroporto,qui alla Continassa.
Gente che andava e gente che veniva, forse la verità è che quell'arrivederci che si era data la Juve con Gonzalo, io non l'avrei mai realmente digerito.
Sospirai, ancora leggermente triste mentre guardai quella cartella, ormai chiusa e completata mentre mi accingevo ad aprire quella di Stefano.
Mi sembrava parecchio strano che Federica non mi avesse ancora chiamata ma, nel profondo mi andava molto più che bene perché non mi serviva di certo sentirmi in colpa per questo.
Il mondo del calcio era anche questo, non solo sacrifici a livello fisico ma proprio sacrifici a livello affettivo.
Tutte le madri e le mogli o le compagne dei calciatori, dovevano vivere con questa consapevolezza a meno che, non decidessero di seguirli ovunque la palla li avrebbe condotti.
Io ad esempio, avrei seguito Paulo a maggior ragione se fossimo diventati una famiglia.
Mai avrei voluto che i miei figli stessero lontani dal proprio padre ne viceversa avrei privato Paulo dei suoi bambini e onestamente,nemmeno io mi sarei tolta la possibilità di vedere ogni sera, il mio compagno,mio marito,il papà dei miei figli che tornava a casa stanco ma non troppo, pronto a giocare sul tappetto con le costruzioni e a fare l'amore, in quella stanza che avrebbe custodito per sempre tutti i nostri sogni e i progetti per una lunga e prospera vita insieme .
Tenevo alla mia carriera, molto più di altre cose e fino a pochi mesi fa, l'avrei addirittura anteposta alla mia vita sentimentale ma,innamorarsi cambia molte cose e quando avevo  scelto, deliberatamente, di innamorarmi di Paulo, avevo preso il pacchetto completo, come disse Roberta quella giornata in onore delle donne.
Ognuna di noi, non sposa solo il calciatore ma, sposa inevitabilmente anche la sua palla e i suoi sogni di bambino.
Accarezzai,in un gesto automatico,l'anello che mi aveva messo al dito, non quel giorno in Argentina quando tutta la sua famiglia insieme ai pochi della mia, avevano  gioito contenti  per noi ma, ancora prima, in quel compleanno che mai avrei potuto più dimenticare.
La nostra foto incorniciata, stava li sul vetro della scrivania accanto al portapenne pieno zeppo di cianfrusaglie ed evidenziatori ancora carichi.
L'avevo messa li, appena ritornati dalla Grecia eppure, era una foto che ci aveva scattato Lautaro di nascosto,mentre eravamo a Cordoba nel bel mezzo del campo sportivo.
Ridevamo contenti e i nostri occhi erano totalmente coinvolti tra di loro in quello che anche a guardarlo cosi, si capiva benissimo che era amore.
-me lo faresti un autografo?- gli chiesi abbracciandolo da dietro mentre i suoi,ormai ex allenatori lo continuavano a guardare ammirati per quanto forte e bravo fosse diventato.
-dove lo vuoi?- mi disse sorridendo, passandosi la palla tra i piedi.
-su un pezzo di carta, dove sennò?! Dybala ti taglio le mani se provi a fare una cosa del genere con le altre- rise a crepapelle mentre io non mi scomposi, facendogli intendere che ero davvero seria.
-non ridere- gli dissi mentre lui si passò velocemente una mano tra i capelli e poi si chinò a baciarmi.
-quello era un autografo speciale per un'unica persona speciale- certo certo
- sei proprio un paraculo assurdo- gli dissi facendo scontrare i nostri nasi.
-non si dicono le parolacce- mi rimproverò scherzoso ma in realtà sapevo davvero quanto odiasse sentire le donne esprimersi con volgarità e in generale lo condividevo anche io, meno quando mi faceva alterare e inveivo peggio di uno scaricatore di porto, per rafforzare i concetti.
-scusa papino- gli risposi con tanto di  sbattimento di ciglia e labbruccio
-vediamo cosa questo papino può fare per la sua bambina- rimasi seria forse nemmeno tre secondi, prima che il mio cervello mi restituisse l'immagine di un Paulo Dybala autoritario con frustino alle mani.
Scoppiai ai ridere cosi forte che penso attirai l'attenzione di molti ,mentre il mio viso rosso dal solo pensiero si nascondeva sulla tuta nera che Paulo stava indossando e alzai il cappuccio del mio parka, facendo si che mi coprisse del tutto.
-ti sta prendendo fuoco la faccia- mi disse non migliorando per niente la situazione.
-smettila, daii- gli risposi mentre lui mi accarezzò il volto ridendo e facendo ridere anche me.
Venni interrotta dal bussare alla porta e quando risposi avanti, mi alzai immediatamente vedendo Miralem e Medhi entrare da essa.
-babe- mi salutarono in coro mentre lasciai che mi abbracciassero.
Mi erano mancati un sacco e aspettavo con ansia che Alex, Douglas e Federico facessero il loro ingresso e sarei stata decisamente felice e contenta.
-sono super contenta di vedervi- manifestai a voce la mia contentezza
-gli altri sono giù?- chiesi e loro annuirono mentre mi tenni stretta a Medhi.
-ti sta proprio bene l'abbronzatura! - mi disse ed io gli sorrisi per ringraziarlo.
Quando arrivammo giù tutti erano intenti a salutarsi, complimentandosi tra loro per il mondiale, comunque fosse andato a finire.
-non mi saluti?- mi disse Federico alle mie spalle.
Non lo vedevo da circa quindici giorni ma, rispetto agli altri durante l'estate almeno tre o quattro volte l'avevo visto.
-ciao trentatré- mi strinse in un abbraccio quasi spacca ossa.
-Bernardeschi, anche meno- sorrisi sentendo la voce di Paulo e poi le sue braccia attorno al mio corpo.
-ciao nena- mi sussurrò
-ciao Paulino- mi persi brevemente nei suoi occhi prima che un esemplare di Douglas Costa mi strappasse letteralmente dalle braccia di Paulo per mettermi sulla sua schiena.
-hello freünde- mi disse in tedesco, forse l'unica cosa effettiva che aveva imparato quando giocava al Bayern.
-hola Brazil, todo bien?- Paulo ci guardò ridendo, con lui avevano un rapporto davvero davvero forte, forse più stretto di quello tra due fratelli di sangue.
Quando rimisi i piedi a terra, salutai tutti lasciandomi coccolare dai miei connazionali adorati e rimanendo vicino a loro, anche quando Allegri tornò dietro con Agnelli al seguito,totalmente assorti in una conversazione leggera.
-Mister- lo salutò Paulo che non lo vedeva da Giugno, e si abbracciarono persino.
-Paulino- era un modo carino con cui lo chiamava facendolo apparire il più piccolo della squadra, di fatti non lo era ma comunque apparteneva alla categoria dei più piccoli.
Bonucci stava in piedi vicino a Chiellini e mi sorrise, come feci io nel vederlo finalmente dalla parte giusta.
L'unico dubbio che mi rimaneva in testa era chi avrebbe dovuto cedergli il posto, se Barzagli o Benatia e, in qualsiasi modo mi sarebbe dispiaciuto comunque.
Andrea Agnelli si avvicinò a me , sorridendomi e stringendomi con un braccio sulle spalle mentre, svestito di giacca guardava quasi tutta la sua squadra al completo.
Mancavano ancora Mario e Blaise e sarebbero arrivati tra giorni.
Mi sembrava il tipico momento di auguri prima dell'inizio del campionato, quando ci riunivamo tutti a Villar Perosa, per rispettare le proprie radici e la propria storia.
Stavo lavorando per organizzare l'evento e renderlo davvero spettacolare, dato che i biglietti quest'anno erano finiti nell'arco di due minuti.
Sia io che il Presidente li lasciammo alle loro cose, consapevoli che da lì a breve avrebbero iniziato l'allenamento e fino alle cinque del pomeriggio non sarebbero stati in alcun modo disponibili.
Passammo al bar dello stabilimento, era la prima volta che ci mettevo piede, avendo da sempre preso il caffè alla macchinetta più vicina al mio ufficio; ci sedemmo in un tavolino e mi guardai intorno potendo godere del gran lavoro di designe che era stato fatto.
-davvero complimenti- gli dissi
-grazie- si accomodò e accavallò le gambe lasciando scoperte le caviglie, rigorosamente fasciate da un paio di calze di cotone leggero nero.
Era elegante praticamente tutti i giorni, mi sarei stupita seriamente il giorno in cui l'avrei visto in jeans e maglietta.
Per me, era una vera e propria fortuna aver trovato un presidente d'azienda davvero cosi gentile e umano, come suo cugino John con la quale avevo lavorato a stretto contatto quando ero in America, che a pensarci bene tra meno di una settimana sarebbe già passato un'anno da allora.
Come correva veloce il tempo.
-volevo parlarti di una cosa- aguzzai le orecchie e mi misi più rigida sulla sedia, pronta per sapere qualsiasi cosa avesse da dirmi.
-prego- lo invitai,ed anche io ,seppur in maniera più femminile, accavallai le gambe facilitata dai dodici centimetri di tacco,fortunatamente quadrato e spesso, dei miei adorati sandali neri di pelle.
-voglio chiedere a Paulo la responsabilità di diventare vicecapitano - lo guardai per brevi istanti in cerca di capire se stesse scherzando.
-Paulo Dybala?- chiesi stupidamente in conferma e lui sorridendo ,capendo ovviamente quanta emozione stessi provando, annui giocando con una bustina di zucchero , rigorosamente marchiata Juventus.
-è magnifico, strepitoso. Un'idea spettacolare- potevo chiaramente apparire di parte ma, lo dicevo perche Paulo se la meritava davvero.
Aveva espresso il suo attaccamento alla maglia, rifiutando offerte da club calcistici che gli offrivano più soldi.
Paulo ama la Juventus e ama soprattutto l'affetto che i suoi tifosi juventini riservano per lui.
Anche adesso,con l'arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juve, il suo nome e la sua maglia hanno continuato ad essere leggenda per il club.
È nel suo sorriso, nella spontaneità, nella dolcezza e nella sua ottima educazione che la gente si trova apprezzata.
-so che verrebbe spontaneo pensare ad un Barzagli o ad un Marchisio, forse lui più degli altri- effettivamente io avevo pensato che sarebbe stata sua la fascia da vice capitano, avendo unicamente vestito i colori bianconeri fin da sempre.
-Perche Paulo?- gli chiesi anche se da sola mi sarei potuta dare mille e mille risposte.
-perché non Paulo?-mi rigirò la domanda ed io sorrisi.
-perche sarebbe da scemi, privare una squadra di una persona capace di trascinarsi dietro tutti i tifosi- annui sorridendo
-proprio per questo. Perché Paulo ha questo rapporto con i nostri tifosi che fa apparire tutto come se fosse una grande famiglia- mi riscaldò il cuore, sapere che Andrea Agnelli gli riconoscesse questa strepitosa dote che possedeva.
Era spontaneo e naturale,come in campo anche fuori dal campo.
Disponibile con tutti, per foto e autografi e stava lì anche più di dieci minuti a parlare con i suoi tifosi o semplicemente ad ascoltarli per qualsiasi cosa avessero da dirgli.
-ho scelto di non rispettare le gerarchie soprattutto da momento che Barzagli stesso è venuto nel mio ufficio a suggerirmi il suo nome- mi emozionai per il nobile gesto.
-Presidente, lei ha una squadra di campioni- sapeva che quando gli davo del lei era perché la mia riconoscenza nei suoi confronti, prescindeva dall'ottimo rapporto che avevamo instaurato tra noi.
A lavoro, si dava a Cesare quel che era di Cesare e a Dio quel che era di Dio.
Cosi come nella vita di tutti i giorni.
Il caffè, terzo da quando mi ero svegliata, ci venne portato in delle deliziose tazze di porcellana bianconera.
-ma le voglio anche io- esclamai guardandole ed erano davvero carine.
-del trio è rimasto solo Paulo-disse ed inizialmente non capii
-in che senso?- difatti gli chiesi
-Alves ,Gonzalo e Dybala, come Margot Lupin e Jigen- per l'associazione che fece capii immediatamente  e scoppiai a ridere.
-sono convinti che nessuno se ne sia reso conto- gli dissi
-certo, perche tutte le telecamere che ci stanno non li avrebbero ripresi- arrossi al pensiero che il Presidente dal suo ufficio potesse vedere quei tre deficienti, portarsi i cartoni per il caffè.
Di povertà assoluta.
-io glieli metterei in conto- gli suggeri scherzosamente.
-li faccio pagare tutti a Dybala, dato che gli altri due ormai sono via- annui bevendo un sorso d'acqua.
-Paulo ha tutta la casa che urla Juventus- non solo per i bicchieri di cartone, il modellino della lego in via di costruzione chissà da quanto, il puzzle dello stemma fatto e finito, appeso alla parete come se fosse un quadro e poi c'era il monopoli, ma, c'erano anche  il bigliardino, un set di posate, il materassino gonfiabile, infiniti peluche di zebre, sciarpe, maglie e portachiavi rigorosamente bianconeri con le dediche dei tifosi.
Il subbuteo, con cui avevamo giocato poche sere fa, finendo per litigare come bambini di dieci anni, solo perche gli avevo fatto due goal con il suo stesso personaggio.
Aveva persino un paio di boxer, ma quelli glieli  avevo regalati io per scherzo a Natale e lui, invece li indossava tranquillamente.
Stavano nel cassetto accanto a quella scorta infinita di mutande nere e bianche di diverse marche, Dolce e Gabbana per la maggior parte.
Quando ci alzammo da li, ognuno diretto nel proprio ufficio, mi salutò dicendomi di non farne parola con Paulo perché l'avrebbe voluto sorprendere giorno dodici, quando saremmo stati a Villar Perosa.
Dario, dal canto suo, studiava sulla scrivania del suo piccolo ufficio e passai solo per due minuti, giusto per salutarlo dato che oggi era il suo primo giorno a lavoro ma ci eravamo accordati cosi, ben consapevole degli imminenti esami di Settembre.
Nel momento in cui misi piede nel mio ufficio, quasi sospirai dal sollievo, sapendo che da li fino al pomeriggio inoltrato avrei potuto completamente dedicarmi al mio lavoro.
Stavo sistemando la telematica della società, rendendola più accessibile ad un pubblico molto più vasto, ben consapevole che i confini da dopo il fenomeno della globalizzazione erano definitivamente spariti.
Utilizzare il mondo del web,avrebbe permesso a tutte le persone in qualsiasi momento della sua giornata, ovunque essi si trovassero, di rimanere connessi con la loro squadra del cuore.
Matilde e Valentina stavano egregiamente lavorando con il profilo social e aiutandosi con Paolo e Fabiano, i due fotografi ufficiali del team bianconero, riuscivano ad aggiornare in tempo reale e a creare un filo di continuità tra tifosi e giocatori ,quello che io ritenevo fondamentale in quest'era della digitalizzazione, dove tutto sembrava squallidamente finto.
Apri i documenti sul file del mio iMac nuovo di zecca, trovando tutte le cose sistemate come piacevano a me e, con molta più consapevolezza e dimestichezza di un anno fa, mi misi all'opera con l'intenzione di completare il progetto entro e non oltre la fine di questa settimana.
Nella mia casella di posta, alla ricerca delle risposte di alcune società televisive minori che avevo contattato nei giorni scorsi, vi trovai anche quella di Federico Higuain, il fratello del Pipa.
La aprii immediatamente, quasi preoccupata di trovarci qualcosa che non mi sarebbe piaciuta in alcun modo ma, mi dovetti ricredere quando lessi che ero stata inserita tra le persone che avrebbero direttamente ricevuto la maglia originale rossonera del Pipa,con tanto di autografo.
Sorrisi, anche se sospirai sempre.
Era già da una settimana che non lo vedevo parcheggiare nel suo posto privato, il 2C, accanto a quello di Paulo.
Sapevo che ci fossero ancora i camion del trasloco, che si stavano occupando di prendere i suoi mobili dalla villa in via Legnano.
Adesso, stava ancora in Hotel aspettando che gli trovassero una casa dove poter andare a vivere e fin tanto che non si sistemava del tutto, di certo non potevo invitarmi a casa sua.
Paulo era ben consapevole che le volte in cui quest'anno saremmo andati a Milano, sarebbero state molte e per fortuna, anche lui era affezionato al Pipa, dunque sapevo con certezza che non gli sarebbe pesato.
Nel gruppo, Paulo , Miralem ,Douglas e Medhi erano quelli che più degli altri avrebbero risentito la sua mancanza, per il semplice fatto che si trattavano come fratelli e non c'era festa in cui non andavano insieme.
Risposi all'email ringraziandoli e invitandoli a venire qui a Torino per una serata anche a casa mia, dal momento che Cloe era piccola e capivo perfettamente Lara che non era disposta a lasciarla a nessuno, tranne per quei momenti di estrema necessità.
Fortunatamente, ricevevo giornalmente la mia personale dose di foto della piccola Higuain e ogni giorno era sempre più bella di quello precedente.
Un paio di occhi azzurri come il mare, ereditati dalla mamma ma, il capello scuro l'aveva preso dal Pipa e questi contrasti di colori, insieme alla carnagione non troppo rosa pelle a causa delle sue origini, argentine da entrambe le parti, la rendevano una bimba per niente ordinariamente bella.
La sua bellezza era particolare, o per lo meno il mio infinito affetto per lei mi suggeriva questo.

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Eccoloooooo, in estremo ritardo ma tutto vostrooooo.
Scusate la tripletta, ma capitemi io sto ancora iperventilando...Dybala ti amo!
❤️

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