Fino Alla Fine

Por seicomeungirasole

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La complicità batte tutto, persino quello che potrebbe sembrare impossibile. Lei è Gwen. Una giovane ragazza... Más

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Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16 parte 1
Capitolo 16 parte 2
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
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Freedom
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Oh capitan,my capitan!
AAA
Civico 182
Sorpresa
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Hoplites

Capitolo 92

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Por seicomeungirasole

Quella notte avevo dormito davvero poco,nonostante la stanchezza che acussassi a causa del volo.
Nella mia mente c'era la costante idea che oggi sarebbe iniziata una nuova avventura, come piaceva a me definirla, dove avrei scoperto cosa realmente significasse lo sport e per questo, alle tre e mezzo della notte mi ero svegliata dopo un terribile incubo e poi ero rimasta con un paio di occhi super aperti a guardare il soffitto della stanza,totalmente avvolta dal buio tranne per una piccola lampadina, che come al solito Paulo voleva assolutamente che fosse accesa.
Non avevo mai voluto chiedergli se il buio gli facesse paura ma, senza alcun dubbio lo sospettavo.
Anche questo, non faceva altro che farmi venire in mente il suo volto da bambino e si, mi sarei innamorata di lui anche se avessi avuto venti anni in meno rispetto ad oggi e avrei riempito di lucida labbra la mia bocca inseguendolo per tutta Laguna Larga,con la minaccia di baciarlo.
A volte, ci pensavo spesso a come sarebbe stata la mia vita se l'avessi conosciuto fin da quando era un bambino.
Alicia mi aveva detto che era sempre in movimento, che fermo proprio non ce la sapeva a stare e che le aveva rotto tutte le bomboniere delle comunioni di quella sfilza infinita di nipoti; tutti questi aneddoti della sua infanzia mi facevano ardentemente desiderare di vederlo li, in quel paesino che oggi più di un ieri non molto lontano, sapeva inevitabilmente di Paulo.
Chissà se magari, la mia vita fosse andata completamente  diversa da oggi quale sarebbe stato il modo in cui io e Paulo, che era la metà perfetta della mia mela, ci saremmo conosciuti.
Si, perche ero certa che ci saremmo comunque trovati.
-sei già sveglia?- mi girai su di un fianco a guardarlo.
-non riesco a dormire- gli confessai e lui mi sorrise tirandomi sempre più vicina al suo corpo caldo.
-si chiama adrenalina- mi spiegò e adorai il modo in cui non stesse cercando di confortarmi ne di sminuire l'agitazione che stavo provando.
-l'adrenalina ti fa venir voglia di fare tanta pipì?- gli chiesi e lui mi baciò prima la fronte poi il naso ed infine la bocca.
-è normale che tu sia così agitata, fa parte del gioco- appoggiai il mio volto nell'incavo del suo collo e ne annusai il buon profumo.
Mascolino e virile al punto da farmi sentire protetta, come se nessuno da li sarebbe mai riuscito a prendermi.
-vuoi le coccole?- mi sussurrò ed io annui.
Si, da lui le avrei volute tutti i giorni della mia vita.
Mi piaceva da matti il modo in cui i polpastrelli delle sue dita mi accarezzavano delicatamente, mi piaceva il suono dolce della sua voce, il modo in cui il suo corpo mi avvolgesse completamente e mi assorbisse come se fossi acqua e lui una spugna.
Chiusi le palpebre continuando a sforzare il mio cervello nel vano tentativo di vedere qualcosa; lo facevo anche quando ero una bambina perche volevo sapere che cosa ci fosse dentro il mio corpo così come mi ero da sempre chiesta se davvero la luce del frigorifero si spegnesse nel momento esatto in cui io ne chiudevo lo sportello.
Chissà se altri come me si ponevano le stesse domande stupide.
-ho paura di sbagliare- mormorai mentre le sue gambe si intrecciarono alle mie e mi lasciò un morbido bacio sulla testa, tra i capelli.
Sospirò, credo non gli piacesse molto vedermi cosi, come se fossi in procinto di contorcermi per la troppa ansia da prestazione che stavo subendo.
-sbagliare è brutto, ma a volte serve per imparare a fare meglio- sorrisi per la saggezza che si celava dietro quelle parole.
Ero consapevole del fatto che Paulo nella sua giovane vita avesse dovuto immediatamente imparare a ragionare da adulto perche la sua carriera, a cui teneva parecchio, lo aveva completamente sbalzato in avanti.
Avrei voluto dirgli che mi metteva paura il fatto che ogni cosa che avrei potuto dire o non dire, l'avrebbero ricondotta a lui ed io, non volevo assolutamente rovinargli un'esperienza del genere.
-sai che quando sei agitata, poi parli nel sonno?- mi confessò lasciando dolci baci sulla pelle nuda delle mie spalle.
-ho detto qualche sciocchezza?- speravo proprio di no.
-solo che mi ami tantissimo- sorrisi rafforzando la presa sul suo corpo.
-sei nei miei pensieri anche quando dormo- praticamente non capivo come mi ero ridotta ad essere cosi incondizionatamente innamorata di lui.
-voglio essere sempre nei tuoi pensieri- e lo era, come se fosse divenuto una costante della mia esistenza.
Sembrava assurdo ridurre la propria felicità alla presenza di una persona ma, era stato inafferrabile il sensimento che si era manifestato verso di lui, come se fosse stato un prolungamento del mio cuore, proiettatosi in quel volto che era la prima cosa che i miei pensieri immaginavano.
-la mia nena- annui sfregando il mio naso sulla pelle del suo collo inviandogli il chiaro indizio che avrei tanto voluto fare l'amore con lui.
Era sbagliato avere la sensazione di voler piangere per esprimere quanto intenso fosse il mio amore nei suoi confronti?
Mi sentivo tremare da dentro.
Gli baciai lentamente la pelle, rendendola maggiormente sensibile al mio assalto e Paulo mugulò dal piacere.
Mi schiacciò sotto il suo agile e tonico corpo sfilandomi immeditamente la canottiera di seta nera portando la mie mani sulla mia testa.
Mi guardò con amore e dedizione, come se fosse un artista davanti ad una sua creazione; in questi momenti mi sentivo preziosa.
Baciò le mie labbra e poi il mento fino a spostarsi sul mio petto; piccoli baci umidi che mi scossero tutte le terminazioni nervose.
Le sue mani sui fianchi e poi giù a sfiorare il tessuto per tirar via la stoffa.
Sentivo il cuore che sbatteva furiosamente nel mio petto, sentivo le dita dei piedi arricciarsi dalla forte eccitazione e sentivo la necessità di chiudere gli occhi con la voglia di fare in modo che tutto ciò che stessi percependo aumentasse in intensità e mi scuotesse per farmi sentire viva, come solo lui era capace di fare.
C'era il rumore sconnesso del mio respiro affannato, quello della sua bocca umida che esperta percorse un tragitto breve e veloce fino al centro del mio corpo.
Avrei voluto urlare se solo ne fossi stata realmente capace, l'avrei voluto fare perche aveva letteralmente offuscato tutto il resto che mi circondava.
I miei occhi stretti tra di loro, restituivano al mio cervello la chiara immagine di uno sfondo bianco luminoso ed incandescente mentre le mie mani prima strinsero le lenzuola bianche del letto e  poi raggiunsero i suoi capelli corvini e li afferrarono dalla radice , mentre le mie cosce si opposero alla presa ferrea di Paulo.
Mi sentivo come se stessi diventanto liquida in un perfetto cambio di stato della materia e per quanto bollente mi sentissi, come se avessi una febbre da cavallo non stentavo molto a credere che da un un momento all'altro sarei addirittura riuscita a trasformarmi in aria.
-Am..ore- gracchiai con la voce ridotta ad un sussurro stonato.
Accarezzò il mio interno coscia lasciandogli un bacio e poi si tirò su.
Esplosivo.
Fu la prima cosa che mi venne in mente nell'esatto istante in cui entrai realmente in contatto con il mio uomo.
Percepivo Paulo in tutto il mio essere come mi stesse fondendo con il suo.
Dinamite.
Il mio corpo sembrò fatto di pasta frolla e si modellò al suo e alle sue spinte.
Ci doveva essere una spiegazione , scritta nel fato, perché ogni singola curva del mio corpo si adattava alla sua come se fossero pezzi di uno stesso puzzle.
Questo era il momento migliore, dove potevo avere l'onore di ascoltare gli ansimi di Paulo, cosi sconnessi ma irrimediabilmente virili.
Cosi possenti.
Apri gli occhi, terribilmente lucidi per le lacrime che trattenevo e lo guardai nel suo viso, dolce e concentrato dove i capelli gli ricadevano disordinati sulla fronte, la bocca semiaperta a prendere ossigeno, quello che stavamo consumando senza aver paura di rimanerne senza.
Lasciai che mi manovrasse come voleva, certa che stesse facendo di tutto per farmi sentire amata e così fu perché il mio cuore non smise nemmeno un secondo di scalpitare così furiosamente nel petto, che a momenti sarebbe potuto schizzare via da sotto la mia pelle.
Sembrava il battito frenetico di un colibrì.
C'era il rumore delle lenzuola torturate dai nostri corpi, il rumore della mia bocca sulla sua, in un intreccio infinito di tante emozioni e c'era la mia pelle che si sfregava cosi forte con quella di Paulo e sapevo che si sarebbe arrossata ma diamine, volevo che mi rimanesse dentro.
-Ti amo- gli sussurrai quando il suo corpo si accasciò delicatamente sul mio.
-te amo- mi rispose.
Tra di noi era una regola taciuta , quella di non dirci "anche io" perche ci sembrava squallido e sminuente.

Alle nove ero già agli uffici principali a Mosca, fresca ed energica con il mio caffè ristretto senza zucchero tra le mani e il badge di riconoscimento al collo.
Con questo, in questa parte del mondo e in questo periodo dell'anno, sembrava che potevi conquistarlo .
-secondo me, quella lì è proprio stronza- risi spalla a spalla con Roberto mentre facevamo squadra nell'attesa di sapere con chi saremmo finiti a lavorare.
-non partire con il piede sbagliato,magari poi ti innamori di questa stronza- boccheggiò non sapendo darmi una risposta poi semplicemente mi baciò una guancia, sviando l'argomento.
Sembrava uno di quei barattoli per conserve che tua nonna chiudeva talmente bene che poi, ti serviva una mazza da baseball per riuscire nuovamente ad aprirlo.
-andiamo a fare conoscenze dai- lo trascinai con me, essendo io tra i due quella con la smania di circondarsi di persone, certo non ero la persona più simpatica dell'universo ma nemmeno ero un tipo a cui piaceva relegarsi in cima ad una montagna a fare l'eremita pessimista che aspetta la fine del mondo.
Cheppalle!
-ci prenderanno per cretini- si lamentò mentre trovavo un modo tra i tanti per parlare con i colleghi inglesi, quelli con la quale speravo di trovarmi meglio essendo di mia natura, leggermente ossessionata per i paesi anglosassoni.
-hello, are you Ginevra?- arrestai i miei passi ed insieme a me anche Roberto ,che si girò a guardare un giovane ragazzo, più grande di me e di lui che aveva una pelle super abbronzata e dei tratti del volto che lo collocavano in un preciso punto del mondo.
-yes- gli strinsi la mano che mi porse e lo stesso fece Roberto.
-me chiamo Alejandro e questi sono Aurelio e Francisca- sorrisi cordialmente a tutti
-siamo i colleghi del Messico- chiari immediatamente anche se non era poi cosi difficile capire che venissero da quella parte.
-Messico? Io amo il Messico!- quasi mi sembrò che Roberto si fosse drogato sull'istante.
Fui contenta che si rilassò ed iniziò ad essere il simpatico ragazzo che conoscevo entro quelle enormi mura di casa Juventus.
I due ragazzi si avvicinarono a me mentre cercavo di scegliere cosa mandare giù, da quell'enorme banchetto.
-lo so che i colleghi non si intervistano- ecco appunto.
-però..- perché c'è sempre un però
-se ti va, potresti dirci qualcosa su Dybala- la pronuncia perfetta del suo cognome mi fece accapponare la pelle, pregustando già il tanto atteso momento in cui sarei atterrata in terra Argentina e avrei fatto di tutto, ma proprio di tutto, per vivermi quel posto ma soprattutto Paulo in quel posto.
-preferirei di no. Non è per voi ma per me e per lui. Sono qui per lavorare tanto quanto lo è lui- era una cosa che fortunatamente avevo previsto già prima di atterrare in Russia.
Sarebbe stato troppo semplice e scontato, costruire storielle su me che lavoravo per Sky sport e lui che giocava per la selecction, già lo facevano normalmente con le wags italiane, essersele perse quest'anno gli era dovuto sembrare una tragedia per cui io, forse sarei potuta essere quella con cui parare il colpo.
No, grazie.
-amici lo stesso?- mi chiese
-certamente- gli sorrisi mentre mangiai un chicco d'uva preso da quell'enorme tavolata, capace di sfamare una nazione intera.
Quando entrò Javier Zanetti e subito dopo Hernan Crespo, sorrisi emozionata lisciando la giacca del mio completo e guardando le punte dei miei tacchi che mi reggevano in piedi.
I loro nomi precedevano il mio e mai, prima di adesso, mi sentii cosi incredibilmente onorata.
Ero stata fortunata nei sorteggi,molto più che fortunata se consideravamo che oltre ad essere stati dei grandi giocatori, sono anche delle grandi persone; non era per niente una cosa da sottovalutare perché di certo non è un mistero che le persone che nella vita hanno maneggiato parecchi soldi,finisco poi per diventare degli emeriti stronzi con la testa montata.
Bevvi l'ultimo sorso d'acqua dal mio bicchiere per poi poggiarlo sul tavolo e farmi avanti verso di loro.
Stavo conoscendo nomi che nel mondo del calcio avevano scritto la storia, ed immaginai quanto i miei nonni e mio padre fossero orgogliosi di questo.
-buongiorno- li salutai raggiungendoli a pochi centimetri di distanza, porgendogli la mano e sorridendo professionalmente.
Il sorriso era la chiave dei rapporti umani, oltre ovviamente all'educazione.
-buongiorno, stavamo parlando proprio di te. È un piacere conoscerti- il primo a stringermi la mano fu l'ex interista.
-onorata- risposi per entrambi.
Che fossi finita con due connazionali argentini sapevo che non doveva per forza essere un caso ma, mi avevano fatto decisamente un favore almeno avrei potuto indossare tranquillamente la mia maglia degli albicelestes senza che dall'altra parte scatenassi del malumore.
-noi ci siamo tutti, forse possiamo anche andare via senza aspettare i comodi degli altri- Hernan si guardò intorno cercando forse qualcuno che sicuramente conosceva meglio e che gli avrebbe potuto dare la risposta alla domanda che si era appena posto.
Si allontanò alcuni secondi dopo, lasciando me e Javier a guardarlo mentre si dirigeva verso un uomo vestito in giacca e pantalone grigio, parlarono alcuni secondi,indicandoci persino e poi si salutarono sorridendo.
-possiamo andare- ci disse mentre prese una mela verde dal tavolo e lasciò che passassi per prima, da vero gentiluomo.
La macchina all'esterno ci condusse allo stadio , pronti per raggiungere il primo palco verde di questo mondiale duemiladiciotto.
La programmazione parlava di un'apertura spettacolare, con Robbie Williams ed una cantante lirica Russa che non conoscevo affatto.
-scusa, posso chiederti una domanda?- sorrisi annuendo mentre allacciai la cintura dopo essermi seduta comodamente al mio posto ,osservando distrattamente il traffico.
- perché la Juventus?- non mi era mai capitato che la gente volesse sapere una cosa del genere e in parte oltre a stranirmi,la trovai estremamente interessante come domanda.
-è una storia di famiglia che si tramanda da padre in figlio e io sono finita lì. Ci sono cresciuta con questi colori e questa squadra e sono molto onorata di poter lavorare per un team davvero professionale; non lo dico solamente perche ci lavoro ma davvero, meglio di me potete sapere cosa significhi dirigere un club calcistico- entrambi annuirono
Erano entrambi interisti e non era di certo un mistero che Inter e Juventus non fossero proprio migliori amiche ma, queste erano più cose da tifosi che da colleghi, quello che saremmo stati in questi giorni.
-beh, se non è il club a metterci d'accordo almeno spero che lo sia la nazionale- risi annuendo con Hernan.
-solo perché l'Italia si è fatta fuori da se- altrimenti,con tutto l'amore possibile per Paulo ma, io avrei tifato per la mia nazione.
-dove l'hai lasciata la maglia di Dybala?- mi chiese Javier schiacciandomi un occhiolino.
-dentro la borsa, se per voi non è un problema io la vorrei indossare- Hernán mi sorrise
-un problema? Noi abbiamo chiesto il tuo nome proprio perché ci piaceva il tuo spirito da tifosa. Ovvio che puoi indossarla- li ringraziai contenta che potessi indossare la mia numero ventuno bianco celeste.
Parlammo del più e del meno, io troppo contenta di poter conoscere delle persone del genere.
Javier mi punzecchiò bonariamente beccandosi alcune risposte pungenti che fecero ridere entrambi.
-quindi non verresti mai a lavorare con me in dirigenza all'Inter?- mi chiese sapendo già la risposta.
-con tutto il rispetto ma, no!- risero entrambi
-non sai che ti perdi- sapevo che scherzassero per cui stetti al gioco, contenta che in questo modo si allontanasse ogni singola briciola di iniziale imbarazzo.
Arrivammo a Luzniki circa una ventina di minuti dopo, con mezz'ora di anticipo prima dell'apertura.
Non sarei rimasta a vedere la partita perché avrei preso il primo jet della giornata per spostarmi al Central Stadium dove domani si sarebbero battuti l'Egitto e l'Uruguay che seguivo perché li giocava Rodrigo Bentacur .
Così per quel giorno mi godetti semplicemente questo inizio di mondiale, standomene tranquilla ad osservare un po l'ambiente in cui avrei lavorato nel mese che stava avendo corso.
Amai infinitamente tanto le corrografie per l'apertura di questo mondiale, l'aria che si respirava che non era per niente tesa anzi, era cosi tanto rilassata ed amichevole che ne potevi apprezzare la contentezza che aleggiava tra le tribune, biene zeppe di tifosi.

L'indomani, ormai l'emozione iniziava a farsi sentire e certamente non appena misi i piedi in quello stadio, cosi affollato di persone, come solo in finale di Champions ero riuscita a vedere, mi sembrò che lì dentro si stesse vivendo una vita diversa da quella che scorreva fuori.
-è immenso- esclamai meravigliata mentre mi microfonavano per la telecronaca.
-quando giochi su quell'erbetta, fidati che sembra ancora più grande di adesso- sorrisi a Javier che si accomodò al mio fianco e mi passo il tablet dove già erano state caricate le formazioni.
Anche Paulo me lo aveva detto e gli avevo creduto immediatamente.
Io ero emozionata a modo mio ma, sapevo per certo che un calciatore che scendeva in campo doveva sentirsi completamente travolto dalle emozioni che solo un pubblico del genere in un posto del genere potevano trasmettergli.
Paulo, cosi come tutti gli argentini in generale, erano molto legati alla loro nazione e la squadra di calcio per loro era come un credo religioso.
Mancavano dieci minuti all'inizio della partita, e non avevo purtroppo avuto l'opportunità di vedere Rodrigo per augurargli un in bocca al lupo.
Mel dalla sue storie instagram aveva chiaramente fatto capire che fosse qui in tribuna d'onore per gli ospiti dei calciatori e, portava fiera, come è giusto che fosse, la maglia numero sei uruguaiana di Bentacur.
Sperai con tutta me stessa che la passione per il calcio che mi fu trasmessa fin da quando ero piccolina e le lezioni che avevo fatto con Zuliani e Rossi, fossero sufficientemente buone da permettermi di non fare una figuraccia.
-non preoccuparti, chi segue il calcio per davvero ha questa capacità insita in se stesso- mi rassicurò Zanetti ma, non sapeva che ciò che mi metteva ansia era la telecamera e la consapevolezza che fossi in diretta mondiale in quello che era il secondo match nel primo giorno di questa tanto attesa manifestazione calcistica.
Mi sentii come un scimmia in un esperimento quando ci spiegarono che la luce sopra il microfono principale della nostra postazione, se spenta segnava che non eravamo in onda, come adesso ad esempio, se rossa e quindi accesa significava che stavamo comunicando con tutti i telespettatori che ci seguissero.
Mi chiesi se negli studi televisi o nelle principali radio, funzionasse allo stesso modo.
Quando si accese la luce partì la canzone del mondiale con quella che fu evidentemente la pubblicità di presentazione dell'azienda sky poi, mi rilassai e provai ad essere me stessa.
-buongiorno ai tifosi di tutto il mondo che ci stanno seguendo in questo momento, vi parla Fabrizio Astri e sono  insieme alla bellissima Ginevra Meneghi-sorrisi per il complimento sperando che tutto quel trucco che mi avevano messo coprisse la cosa
-buongiorno- salutai davanti al microfono
-ed il grande Javier Zanetti- lasciò Javier si presentasse da se anche se non credevo bisognasse di presentazioni.
-siamo al Central Stadium per la partita Egitto-Urugay e gli animi sono in festa, qui il tempo si trattiene anche se c'è qualche nuvola sul tetto dello Stadium- guardai il campo notando l'ingresso delle squadre e Fabrizio comunico la scelta di giocare con un modulo 4-2-3-1 per l'Egitto mentre un modulo 4-4-2 per l'Uruguay.
Stette in silenzio durante i rispettivi inni e poi con tutta la dimestichezza che aveva nel suo lavoro, fu il primo a introdurre definitivamente la partita a seguito del calcio di inizio.
Riconobbi immediatamente Suarez, per il suo fisico imponente e pensai immediatamente a Chiellini e alla sua povera spalla .
Fu piacevole guardare un match del genere, anche solo per il fatto che la gente era molto più affiatata del solito.
Non ricordavo un mondiale in cui l'Egitto avesse giocato, cosi come no ne ricordavo uno in cui l'Italia al contrario non avesse giocato.
Sembrava una gara stregata con un avversario pronto a vendere cara la pelle per tutta la pressione mediatica che si era creata sulle grandi aspettative da parte dell'Uruguay, favorito alla vigilia della partita perché schierava in campo giocatori di un certo calibro.
Cavani direttamente dal Psg, Suarez dal Barcellona, Vecino dall'Inter, Rodrigo dalla Juventus e Caceres che pur non giocando in topclub ne aveva comunque fatto parte.
Da loro il pubblico e i tifosi si aspettavano molto, davvero molto.
L'Uruguay era chiamato a fare la partita del secolo per portare a casa tre punti preziosi in chiave qualificazione e, a differenza di altre squadre nei sorteggi almeno all'apparenza sembrava essere stato graziata.
Il grande top player dell'ultimo momento, nonostante la sconfitta in finale di coppa Europea, era comunque Momo Salah e almeno oggi non avrebbe giocato titolare.
Nei primi quarantacinque minuti di partita l'attacco uruguaiano prova a fare qualcosa ma la difesa egiziana, il portiere più che altro, dimostra delle qualità non proprio note; è riuscito infatti a disinnescare un paio di conclusioni corte di Cavani dal limite dell'area.
-posso dire che mi aspettavo di più?- commenta Javier ed io in parte sono concorde con lui.
Con due attaccanti come loro due, mi ero decisamente immaginata un fine primo tempo con almeno un goal di vantaggio, se non due.
-sono convinta che questo mondiale ci stupirà parecchio. Sottovalutare le nuove squadre ti fa poi inevitabilmente ricredere a fine partita. Io non mi aspettavo un El Shanawy del genere- inutile nasconderlo, attualmente si stava dimostrando proprio un bravo portiere, in grado di poter rimanere in gara ai mondiali.
-io mi aspetto che nella ripresa Cúper faccia entrare Salah, avendo ormai superato i primi quarantacinque minuti, vorrà sferzare il colpo- non sarebbe stata male come idea ma, se cosi riusciva a contrastare bene l'attacco dell'Urugay io al posto suo l'avrei comunque tenuto in panchina e aspettare che si riprendesse meglio.
Dopo l'intervallo le squadre ritornarono in campo con nessuna sostituzione, stupendo Javier ma non troppo perche alcuni minuti dopo vengono comunque fatte le prime sostituzioni.
Sanchez al posto di Nandez e Rodriguez al posto di Arrascaeta per l'Uruguay mentre Kahraba al posto di Mohsen per rinfrescare l'attacco Egiziano attualmente indecisivo.
-lascia ancora Salah in panchina- commenta Fabrizio
-quasi sicuramente in allenamento Momo, avrà ancora accusato qualche dolore- la sua era stata proprio una questione di sfiga.
Oltre ad aver perso la finale con il Liverpool contro il Real Madrid, si era pure infortunato la spalla.
All'ottantaduesimo c'è il secondo cambio della partita per l'Egitto con fuori Ward e dentro Sobhi al suo posto a rinfrescare il centrocampo.
All'ottantasettesimo minuto, in vista dei minuti di recupero, mister Tabarez sostituisce Matias Vecino con Lucas Torreira e alla fine, la formazione uruguaiana l'ha spunta grazie a un colpo di testa di Gimenez: il centrale dell'Atletico Madrid  che ha sfruttato un angolo, al novantesimo minuto , per battere un cosi lo strepitoso El Shenawy.
Durante la partita El Matador è stato particolarmente sfortunato dato che con un calcio di punizione eseguito alla perfezione poi però la palla era terminata contro il palo.
L'Egitto ha sofferto, difeso con ordine ed attaccato  in contropiede ma nonostante ciò, dall'altro lato del campo il portiere celeste Muslera non è stato chiamato a parare interventi particolarmente complicati come invece il faraone El Shenawy aveva fatto.
Si è,infatti, sentita l'assenza di Salah: l'ex allenatore interista lo ha tenuto in panchina per l'intera durata dell'incontro.
Fortunatamente adesso devo seguirmi in ripresa speciale, per noi, la partita del Marocco contro l'Iran , perché materialmente non avrei mai potuto raggiungere lo stadio ma, fortunatamente con tutta questa nuova digitalizzazione potevo lo stesso vederla in tempo reale, con le cuffie alle orecchie, prontissima per guardare Medhi Benatia, a comando di questa squadra a cui inconsapevole e senza un preciso perché, ero comunque affezionata.
4-2-3-1 per il Marocco e 4-1-4-1 per l'Iran, con un modulo che non avevo mai visto giocare e con giocatori che non conoscevo affatto; probabilmente giocavano tutti in campionato africano.
I loro allenatori, Renard per il Marocco e Queiroz per l'Iran invece li conoscevo perche avevano giocato in carriera rispettivamente in Francia e l'altro era stato allenatore di squadre Portoghesi e ultimamente il Portogallo sembrava stare per diventare la mia nuova nazione di appartenenza dato che per rassicurare Mendes tra un po mi studiavo persino i piani regolatori di tutte le città e i paesi dello stato Portoghese.
Mendes era un procuratore abbastanza, abbastanza precisino come piaceva a me ma allo stesso tempo sapeva rompere a mai finire però, mi ci trovavo bene ,tutto sommato.

La sera, quando erano appena le ventuno, ero ancora stretta nel mio completo giacca e pantalone, pronta per il collegamento con l'Italia.
La tensione iniziava a farsi sentire come un nodo allo stomaco e questo perché sapevo che il mio volto ed il mio nome erano irrimediabilmente condotti a Paulo però, pensai che alla fine dovevo farmene una ragione perché sarebbe stato per sempre cosi.
Mi sedetti comoda sullo sgabello, appoggiando un piede sul pavimento per avere una tenuta più sicura, nonostante i piedi iniziassero a farmi male.
Ancora una volta ci microfonarono e ringraziai Javier per mettermi costantemente a mio agio, parlando persino in spagnolo come se si fosse effettivamente informato del fatto che lo sapessi parlare.
Quando ci comunicarono di essere in diretta con lo studio Italiano ,e da li poi in diretta con il satellite per la trasmissione mondiale, pensai solamente a trovare un modo come un altro per mantenere la calma.
Fortunatamente nella tasca della mia giacca, mi portavo sempre dietro una penna e allora la afferrai scaricando su di essa tutto il mio nervosismo.
Non fu cosi assurdo come la mia mente mi aveva suggerito, certo...c'erano pur sempre nomi della televisione che riempivano quello studio televisivo e che da li, attraverso un grande plasma ci stavano guardando ma, la mia fortuna fu quella di non pensarci costantemente e di concentrarmi piuttosto sul calcio che mi era sempre piaciuto.
Ovvio che però , quando Paolo Maldini mi chiamò Gwen, richiamando la mia attenzione totale per pormi una domanda, non nego di certo che mi saltò qualche battito per l'emozione ma, fortunatamente i miei due maestri bianco neri a cui ero eternamente grata, mi avevano preparato anche a questo momento.
- Gwen, la tua impressione su Cavani e su Suarez?- attesi che la domanda mi arrivasse del tutto e poi risposi nella maniera più esaustiva, provando a non accattorciarmi su me stessa per la forte emozione.
- è la prima partita e secondo me le squadre arrivate per la prima volta ai mondiali sono state un po sottovalutate dalle storiche di sempre però: Cavani c'é come sempre e Suarez deve capire la portata dei giocatori con cui si sfida, magari al prossimo match scenderanno in campo con più consapevolezza- Savini dallo studio interpellò altri grandi nomi del calcio e  l'attenzione fu totalmente riservata per le due big che si erano affrontate in serata e che avevo guardato con parecchio entusiasmo.
Spagna -Portogallo.
Era praticamente il match più atteso dell'anno perché si parlava di giocatori che avevano vinto la Champions da compagni di squadra e che invece adesso si battevamo ai lati opposti di un campo per lo stesso obiettivo: la coppa del mondo.
Gerard Pique, Sergio Ramos ed Isco contro Ronaldo che era la stella del Portogallo.
Gli animi erano stati infuocati fin dagli inizi, a partire dal calcio di rigore tirato da Ronaldo a soli quattro minuti dal fischio di inizio.
Ero stata costretta a tenermi seduta su quel comodo seggiolino della mia postazione, trattenendo le imprecazioni per qualche azione finita male e sprecata o qualche passaggio non del tutto preciso come invece il giocatore l'aveva pensato.
Tra le due squadre non avevo una preferita per cui tifare perche in nessuno delle due stava giocando un giocatore della mia Juventus ma, ero ben consapevole che dal mese prossimo Ronaldo sarebbe stato uno di loro e quindi forse incosciamente un po speravo che desse spettacolo per confermare che avevamo davvero fatto l'acquisto del secolo.
Spagna contro Portogallo era una partita in grado di metterti i brividi cosi, senza nemmeno pensarci troppo e questo perché in campo sapevi che avresti visto un calcio fatto da molta tecnica ed infatti mi godetti al massimo tutta la grinta che entrambe le squadre ci misero.
A dire la verità ebbi l'impressione che fosse Spagna contro Ronaldo, e questo perche Cristiano lo vedevo da tutte le parti del campo, come se volesse sostituirsi a qualsiasi ruolo.
La partita si concluse con un tre a tre, onesto e secondo me giusto, perché entrambe le squadre avevano dimostrato di non volersi lasciare sopraffare dalla squadra avversaria.
Non mi ero resa conto, fino alla fine, di aver mantenuto una stretta solida sui braccioli della poltrona, segno che mi fossi incosciamente aiutata anche in questo modo a mantenere un certo limite di decenza.
Purtroppo però le telecamere mi avevano ripresa e non mi rimase altro che ridere di me stessa mentre le clip venivano mandate in onda.
Alcuni minuti più tardi il collegamento terminò con un saluto da entrambe le parti.
Tirai un sospito di sollievo, asciugando la fronte con la mano da quella sottile linea di sudore che la stava imperlando.
-va a riposarti che domani tutte le domande saranno concentrate su di te- mi disse Javier sorridendo mentre si toglieva l'archetto del microfono dal volto e lo lasciava compostamente sullo sgabello nella quale precedentemente era seduto.
Se quello voleva essere un modo carino per sdrammatizzare, non aveva funzionato affatto perche mi rendevo conto che avesse parecchia ragione.
Domani giocava l'Argentina e il fatto che fosse tra le squadre favorite del mondiale, e che ci giocasse Paulo faceva inevitabilmente ricadere l'attenzione su di me, anche solo per cercare di capire se il mio essere li ai mondiali dipendesse da una questione meritocratica o semplicemente perché andavo a letto con la joya.
Era snervante sapere che la maggior parte delle persone insinuavano una cosa simile ma, a conti fatti io e chi mi aveva dato il posto di lavoro sapeva come erano andate le cose e non dovevo di certo dare spiegazioni a qualcun altro.
Quando m sedetti sul sedile della macchina diretta in aeroporto per tornare a Bronnitsy, pensai solamente a quanto pesanti fossero le mie gambe.
Javier riposava stanco con la testa appoggiata al seggiolino della macchina, mentre io messaggiavo con Paulo augurandogli una buona notte, ben consapevole che l'avrei rivisto solamente domani sera.
Mi ci volevano tre ore tra aereo e taxy per arrivare nella mia stanza d'albergo a Bronnitsy e quando sarei arrivata Paulo doveva obbligatoriamente essere già a letto a dormire perche domani mattina sarebbero partiti subito dopo la colazione, nonostante da lì allo Spartak Arena ci fossero poco meno di un'ora e mezzo di autobus.
Salii le scalette trascinandomi letteralmente e nel momento esatto in cui allacciai la cintura di sicurezza del jet privato dell'azienda, mi sfilai i tacchi dai piedi, recuperando un paio di sneakers che mi ero portata dietro dentro il borsone che avevo lasciato qui sopra.
Infilai i caldi calzini massaggiando leggermente i miei piedi e desiderando ardentemente un bagno caldo.
I mondiali erano estremamente belli ma anche estremamente impegnativi.
Javier si riaddormentò velocemente ed io, che di dormire non ne volevo sapere perche ogni volta che ero infinitamente stanca finivo sempre per rimanere sveglia a causa di questo, trovai il tempo per togliermi di dosso tutto quel trucco che mi avevamo messo addosso.
Ero certa che una volta arrivata in camera avrei necessariamente avuto bisogno di passare della crema detergente altrimenti mi si sarebbe rovinata la pelle del viso.
Inclinai di poco il seggiolino e respirai tranquilla la piacevole sensazione che finalmente questa giornata fosse giunta al termine.
Quando avevo accettato il posto, senza alcuna esitazione,mi ero inevitabilmente lasciata prendere dall'emozione e dal giovane entusiasmo con cui ogni volta portavo a termine i miei compiti ma, a causa di questo ogni volta non mi rendevo mai effettivamente conto di quanto grandi a volte potessero essere gli impegni in cui mi cacciavo e poi, come Meneghini doc voleva, una volta che c'ero dentro di certo non potevo fare la fine del gambero che si ritirava, perche troppo spaventato dalle cose.
Le due ore e mezzo di volo furono pacifiche, piene di un silenzio confortante e fortunatamente le luci spente avevamo mantenuto quell'atmosfera di calma che serviva sia a me che a Zanetti che stava appena sbadigliando, preparandosi per l'atterraggio.
Mi sorrise mesto, ancora non totalmente cosciente di cosa lo stesse circondando e io sorrisi all'idea di aver appena visto uno degli uomini con uno dei nomi più importanti del calcio italiano, che sbadigliava appena sveglio da una mezza dormita che lo aveva colto per la troppa stanchezza del giorno a cui aveva preso parte.
Quando atterrammo, fuori faceva frescetto e per questo sfregai velocemente le mie mani sulle braccia coperte unicamente dalla giacca e mi sbrigai quanto più potessi a scendere le scale e ad entrare dentro.
Trovai il taxista che mi sorrise riconoscendomi e io fui enormemente grata per il latte macchiato, ancora caldo, che mi fece trovare sui sedili posteriori del mercedes nero con la quale era venuto a prendermi.
L'idea che da li a poco avrei lavato via dal mio corpo tutte quelle infinite cose che tra emozioni e ansia mi si erano appiccicate addosso fu sufficiente a farmi arrivare in camera ancora in piedi.
Mi spogliai velocemente e l'orologio,sul comodino, segnava le due e quarantacinque della notte.
Era tardi ma mai mi sarei messa sotto le lenzuola con tutto quello schifo che sentivo di avere addosso.
Di certo avrei potuto evitare il bagno caldo ma, sapevo che ne avessi bisogno perche mi sentivo distrutta da tutte le parti mi prendessi in considerazione.
Mi asciugai i capelli con il phon e poi mi infilai sotto le lenzuola, godendo del totale buio in cui era calata la stanza che mi stava ospitando.

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Hola mis chicas ♥️♥️
Spero vivamente di essere riuscita a farvi percepire l'intensità del sentimento di Gwen.
È così assurdo se vi confessassi che qualche lacrima mi è scappata via?
Mi sembra surreale essere arrivati già al novantaduesimo capitolo, per me è un privilegio scrivere per voi ed è un onore immenso avervi qui, super disponibili a mettere stelline e a commentare per manifestare il vostro infinito interesse ed affetto.
Ci vediamo al prossimo capitolo, che spero di pubblicarvi il più presto possibile e ho una sorpresa.
Martedì undici it's my birthday quindi....si, anche se dovessi pubblicare lunedì, non ha importanza perché pubblicherei anche quel giorno.
Mi faccio un autoregalo 🙊🙈😂😂♥️.
Ah, prima che lo dimentico....io vi aspetto sempre su "The Devil in me".
Venite numerose babes 😘😘😘

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