Fino Alla Fine

By seicomeungirasole

999K 21.9K 2.4K

La complicità batte tutto, persino quello che potrebbe sembrare impossibile. Lei è Gwen. Una giovane ragazza... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16 parte 1
Capitolo 16 parte 2
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Capitolo 75
Capitolo 76
Capitolo 77
Capitolo 78
Capitolo 79
Capitolo 80
Capitolo 81
Capitolo 82
News
Capitolo 83
Capitolo 84
Capitolo 85
Capitolo 86
Capitolo 87
Capitolo 88
Capitolo 89
Capitolo 90
Capitolo 91
Capitolo 92
Capitolo 93
Capitolo 94
Capitolo 95
Capitolo 96
Capitolo 97
Capitolo 98
Capitolo 99
Capitolo 100
Capitolo 101
Capitolo 102
Capitolo 103
Capitolo 104
Capitolo 105
Capitolo 106
Capitolo 107
Capitolo 108
RINGRAZIAMENTI
Freedom
✋🏻👆🏻
Oh capitan,my capitan!
AAA
Civico 182
Sorpresa
Annuncio
Hoplites

Capitolo 68

8.5K 179 35
By seicomeungirasole

-ma qui si sta troppo stretti- si lamentò cercando di allungare le gambe.
-vuoi lamentarti ancora?- lo ammonii per l'ultima volta, alla prossima gli avrei infilato un tappo in bocca.
-sto solo dicendo la verità- l'avevo costretto a prenotare in economy e il signorino sembrava sull'orlo del suicidio, troppo abituato a viaggiare in Aclass.
-la verità è utopia- gli dissi, somigliando alla professoressa Bassi di filosofia che ogni mercoledì per ben tre ore, ci rompeva il cazzo con tutte quelle infinite teorie e con tutti quelli che venivano dopo e le contraddicevano.
Che vita di merda la loro.
-che cos'è un utopaia?- mi chiese sbagliando le parole
-utopia. Comunque è qualcosa che rimarrà un sogno piuttosto che diventare realtà- mi guardò confuso
-Paulo Dybala alto un metro e ottantanove. Questa è un'utopia- risi per la sua faccia scocciata
-ha parlato Naomi Campbell- risi ancora più forte
-ma magari fossi abbronzata come lei- sapeva che non ero un tipo che mi offendessi anzi, mi piaceva un sacco ridere di me con gli altri.
Alla fine, ridere degli altri era troppo facile.
Si portò l'ennesimo nuovo paio di occhiali da sole sul naso e si strinse nel suo giubotto di jeans imbottito di lana di pecora, preciso identico a quello che stavo indossando anche io.
Mi aveva copiato lui, io questo ce lo avevo da quando andavo al quinto ginnasio e praticamente non era cosi alla moda, ora ce lo avevano cani e porci e quasi avevo preferito relegarlo dentro l'armadio ma a Torino faceva un freddo boia e scommettevo che in Svezia di certo non avrei trovato un sole chissà quanto cocente.
-mi stai ignorando?- lo disturbai mentre durante tutto il volo, con il cappuccio della felpa sulla testa e sopra di esso il solito cappello da fighetto, se ne stava in silenzio a guardarmi ogni tanto mentre osservavo le Alpi che si trovavano sotto di noi.
-ti sei seduta su un cactus?- effettivamente non ero rimasta ferma neppure un attimo e l'anziana signora che si trovava seduta a Paulo, si era addormentata nemmeno due minuti dopo essersi allacciata la cintura.
-stiamo andando in Svezia, cosa vuoi che faccia..piangere?- sorrise e mi baciò la fronte.
- te ves como un grillo loco- parlava lui che a volte sembrava affetto da imperattivismo.
-buongiorno signori, gradite qualcosa?- fummo distratti dalla giovane voce di un hostess dai capelli cosi rossi, che sembrava Goku la versione supersayan con i capelli che gli prendevano fuoco.
-vuoi qualcosa?- mi chiese ed io feci di no con la testa.
-no grazie- rispose per entrambi ma lei rimase ferma in quel piccolo pezzo del corridoio per parecchio tempo.
Se sperava che non mi fossi accorta di come guardava Paulo, beh si sbagliava di grosso.
Soffrivo di una leggera ipermetropia ma i neuroni mi funzionavano tutti e le mani ancora meglio.
Di proposito appoggiai la mia testa sulla spalla destra di Paulo e lui mi sorrise passando il suo braccio sinistro attorno al mio corpo a stringermi.
-tu non senti puzza di cane?- gli dissi e lui annusò l'aria per davvero ed io lo trovai dannatamente tenero.
Non era Mat e chiaramente non aveva colto il giusto senso della battuta.
-no, forse un po puzza di piedi. Te lo avevo detto di prendere i biglietti per la prima classe- gli pizzicai un fianco.
-stavo scherzando idiota. Io mi riferivo ad altro- mi guardò confuso
-altro in che senso?- mi chiese ed io alzai le spalle
-no, adesso me lo dici- non fece in tempo a finire la frase che quella ritornó a rivolgersi a noi.
-volete vedere qualche depliant? Vendiamo profumi a prezzi economici- la guardai senza esprimermi veramente.
-grazie- Paulo per gentilezza e per educazione afferrò i cartoncini e finse di dargli un'occhiata.
A casa sua aveva un'intera mensola stracolma di profumi e nessuno di essi era stato acquistato a prezzi economici.
-ce li hai tutti- gli dissi e lui mi sorrise e schiacciò un occhiolino.
-non ci sono quelli per donna?- gli chiese e la ragazza si piegò in avanti per afferare quelli che gli stava porgendo e consegnargli i nuovi.
Ma perche dovevo litigarmi per forza?
Che avevo fatto di male?!
-prego- gli disse e le sorrise sbattendo due o forse tre volte consecutive le palpebre.
-vuoi sulserio comprare un profumo femminile per una donna?- lui annui
-e per chi, sentiamo?- ora volevo proprio vedere che cosa mi avrebbe detto.
Sapeva che io utilizzavo uno,massimo due tipi si profumi e nessuno di essi era in lista.
Rise cinque secondi e aspettò che la tipa smettesse di guardarlo ostentatamente, poi si avvicinò al mio orecchio.
-per lei, non avevi detto che sentivi puzza di cane?- scoppiai a ridere svegliando addirittura la signora anziana che mi guardò malamente.
Paulo si scusò mortificato e mi trucidò con lo sguardo ma io, stavo asciugando le lacrime dai miei occhi.
-no guardi, non c'è nessun articolo che ci interessa- l'italiano fluente di Paulo,nonostante avesse una cadenza del tutto spagnola, le fece capire che non era interessato ne alle vivande, ne ai profumo, ne a nessun'altra cosa che avessero potuto vendere sull'aereo.
Quando si allontanò alla fila di seggiolini successivi, continuava a buttare lo sguardo verso Paulo ed io mi stavo innervosendo ma non volevo fare scenate assurde.
-puoi guardare me ed ignorala come faccio io?- mi accarezzò la mano che stringevo attorno al suo ginocchio.
-questa persona mi stressa- gli dissi
-solo se tu gli permetti di stressarti, se invece la ignori come faccio io non ci sarà alcun problema- la faceva facile lui ma tra noi donne era una questione di principio. Non dovevi allungare troppo l'occhio oltre quello che ti era consentito altrimenti all'altra si allungava la mano.
Era tutta una questione di equilibri.
-meglio che vada al bagno- gli dissi alzandomi ed infischiandomene della signora che ebbe il coraggio di lamentarsi.
Che cazzo voleva? Come ci arrivavo al bagno ,planando?
Chiusi la porta di quel striminzito posto e non respirai nemmeno perché sapevo che non vi avrei trovato chissà quale aroma delicato; evitai di toccare le superfici che mi stavano attorno ma semplicemente provai a rilassarmi.
Quando mi innervosivo erano due le cose: o mi mettevo a sbraitare come una persona del tutto fuori di se oppure reprimevo e finivo con il piangere silenziosamente.
Per colpa di quella stupida oca del cazzo non volevo fare ne una nell'altra cosa,anche se un pugno su quelle gengive da cavallo gliel'avrei tirato più che volentieri.
Bussarono alla porta e sospirai.
-occupato- dissi ma continuarono a bussare insistentemente
Se ero venuta in bagno nella speranza di rilassarmi, bene avevo fatto male i conti.
Aprii la porta incazzata pronta a vedere quale testa di cazzo stesse insistendo ma non feci in tempo a guardare che venni spinta ancora più dentro.
-che ci fai qui?- gli dissi sussurrando.
-vengo a vedere come sta la mia ragazza?- disse ovvio
-siamo nel bagno, e sto benissimo- gli risposi piccata anche se alla fine lui che colpa aveva?
-se vuoi vado a vedere come sta quell'altra- lo fulminai con lo sguardo e provai a superarlo
-mi lasci andare? Magari te la vado a chiamare io stessa- rise del mio tono scazzato e delle mie labbra serrate in una linea dura.
-che cazzo ridi?- ci mancava solo che mi prendesse per il culo adesso che mi sentivo come se un piccolo hulk si stesse materializzando dentro di me.
-sei proprio carina quando ti arrabbi- provò a baciarmi ma lo scansai
-stupenda proprio- gli risposi sarcastica ma lui mi strinse le labbra con la mano e vi poggiò un violento bacio sopra.
-a me piaci molto- quei pochi centimetri che aveva in più di me in altezza furono sufficienti a farmi avvertire qualcosa all'altezza del mio ventre.
Continuò a baciarmi con passione ed io glielo lasciai fare, lo volevo quanto lui , forse anche di più.
-girati- mi sussurrò nell'orecchio e feci come mi disse, finendo con lo sguardo rivolto verso quel piccolo specchio che sormontava il lavandino.
-non urlare, non voglio che nessun'altro a parte me ti senta- ecco, era questo quello che intendevo quando dissi che ci sapeva fare.
Mi faveva divampare come un fuoco di paglia.
Si appoggiò al mio corpo e il mio per riflesso si chinò sulla ceramica del lavandino e il bottone di metallo del mio jeans sembrò volermi perforare la carne.
Le sue mani alzarono la felpa rossa della nike che indossavo, finirono sul bottone e lo aprirono e poi raggiunsero il mio centro.
Mugulai dal piacere ma lui inclinò il mio collo per potermi baciare la bocca e arrestare i suoni sconnessi che sarebbero voluti uscire.
-shhs- mi disse guardandomi con gli occhi così liquidi e scuri che mi sembrò di essere finita all'inferno.
Le tirò fuori mentre io protestavo non contenta, poi fece qualcosa che mi lasciò senza fiato perchemi guardò per tutto il tempo da quel striminzito specchio che mi faceva sembrare improvvisamente come se fossi dentro al pallazzo di Versaille, le avvicino al suo volto e le portò alla sua bocca baciandone la pelle.
-mia- mi disse mentre io chiudevo gli occhi per non morire d'infarto.
In quello stanzino la percentuale d'ossigeno doveva essere sicuramente bassa perche mi senti come se potessi svenire da un momento all'altro.
Il mio corpo sembra totalmente assoggettato al suo e mi vedevo come un piccolo marshmallows su un falò.
Sentii la sua cintura che venne slacciata, il rumore della zip che venne calata giù e poi le sue mani si portarono prima sugli anelli del mio jeans per tirarli leggermente in giù e poi a spostare le mie mutandine.
-ti amo- mi disse mentre avvertito la sua presenza in me, mentre la sua pelle a momenti si fondeva con la mia e mentre avvertii la più grande delle verità.
Mi piaceva dannatamente troppo e probabilmente sarei finita all'inferno per questo.
Furono stoccate veloci ed intense,cosi intense che non durammo molto e per ogni volta che le mie orecchie avvertirono l'eco sordo dei suoi fianchi che si scrotravano con i miei, ogni singolo neurone si spegneva lasciandomi piano piano in un grande black out.
I miei occhi erano serrati tra loro mentre il suo petto era adeso alla mia schiena e il suo respiro si infrageva come vento prima sul collo e poi sulle mie orecchie.
Istintivamente strinsi le cosce tra loro, nel tentativo di trattenere le urla perche  sentivo che stavo per esplodere ma quello fu troppo per lui che sospirò finalmente soddisfatto.
-Dio- riuscii a dire dopo pochi minuti.
Ebbi il coraggio di guardarlo dallo specchio mentre il suo volto era rilassato e sempre tremendamente sexy.
Mi aiutò a portar su i pantaloni e mi baciò delicatamente, in perfetta antitesi con l'uomo con cui avevo appena avuto la miglior sveltina di tutta la mia ancora giovane vita.
-stai meglio?- mi disse ed io annui ancora a corto di parole.
-forse il mio grillo pazzo e canterino si addormenterà?- gli sorrisi e lui mi accarezzò il volto.
-ti ho proprio sfinita eh?- lo disse con una punta di soddisfazione ed io riuscii solamente a pensare quanto realmente fossi fottutamente innamorata di lui.

-sicura che nessun'orso ci mangerà?- mi sussurrò mentre parlavo con il nostro istruttore che ci spiegava come ci saremmo dovuti sistemare dentro quella deliziosissima casa sull'albero dove avremmo vissuto per tre giorni, immersi totalmente nella natura.
Sapevo che vivere in questo modo non era esattamente il concetto di vacanza che gli erava venuto in mente ma, volevo potergli insegnare cose che magari nella sua vita mai avrebbe pensato di fare.
Ero certa che un giorno, magari nella prossima avventura che avremmo condiviso, lui mi avrebbe portata in uno posto caldo dove sapeva muoversi con molta maestria e mi avrebbe raccontato ed insegnato a godere di quelle cose che forse neanche lontanamente immaginavo esistessero, per questo io invece avevo colto la palla al balzo e l'avevo catapultato in questa altra dimensione.
Perché se lui era l'estate io sarei stata l'inverno.
Se lui era il bianco io sarei stata il nero.
Come due pezzi di uno stesso puzzle, fatti per incastrarsi, fatti per completarsi.
Gli arbusti alti costruivano una fitta vegetazione verde che lasciava alla pioggia la possibilità di filtrarla in maniera leggiadra e per niente fastidiosa.
Faceva freddo ma non cosi tanto da non potervi resistere, a Torino ero sicura di aver avvertito ancora più freddo.
Paulo si guardava intorno, cercando di capire in che posto l'avessi trascinato e sebbene ancora non avesse espresso palesemente la sua opinione, dalla ruga in pezzo alle sue sopracciglia ne potevo chiaramente avvertire il fatto che non pensasse sarebbe stata la migliore delle vacanze che avrebbe fatto.
Vivere in mezzo la natura era estremo, certo non saremmo stati i nuovi Bear Grylls e Fiammetta Cicogna ma, avevo fatto scout ed ero cresciuta apprezzando la natura.
-ma non moriremo dal freddo?- dall'enorme zaino da campeggio tirai fuori i due sacchi a pelo che avevo comprato, scegliendo i migliori proprio perché non volevo che la vacanze fosse rovinata.
Ci tenevo a dimostrargli che anche io, avrei potuto regalargli qualcosa che un giorno avrebbe ricordato con il sorriso.
-no, solo non potrai dormire in mutande come invece fai a casa tua- gli sorrisi e lui alzò le spalle.
-non ci avrei dormito comunque, metti caso nel sonno qualche animale me lo azzannerebbe- lo guardai sconsolata.
-sei proprio stupido, lo sai?- mi scimmiottò e poi continuò a guardarsi intorno.
La casa era piccola ma bella, fatta solo da pareti di legno di faggio che emanavano un buonissimo odore di resina e muschio; avevo ancora da montare il cannocchiale sul trepiedi che Paulo stava sistemando .
-avvitalo bene- gli dissi e lui annuì.
Quel cannocchiale era stato un regalo di quando avevo quattordici anni e lo avevo voluto così tanto che dovetti rinunciare al regalo di compleanno per gli anni successivi.
Non era un regalo comune ne tanto meno economico ma, fin da bambina avevo avuto questa ossessione per gli astri al punto che se per alcuni l'oroscopo era una stronzata, per me contava davvero.
Avevamo del cibo confezionato, l'acqua calda conservata in un enorme termos e le bustine del tea, nascoste nelle tasce dello zaino.
Una vera e propria follia alla Gwen ma con l'aggravante che stavolta mi ero portata una persona dietro, e non una persona qualsiasi ma Paulo Dybala.
Se solo gli fosse successa qualcosa mi avrebbero portato alla gogna.
-perché ridi?- mi chiese incuriosito
-perché pensavo al fatto che se ci dovesse succedere qualcosa, verrebbero persino nell'oltre tomba per uccidermi ancora una volta- mi guardò con uno sguardo misto tra il divertito ed il terrorizzato.
-Gwen mi hai assicurato che non ci sarebbe successo nulla, sono ancora troppo giovane io- guardò la botola di legno che ci divideva dalle scale esterne per scendere nuovamente dall'albero.
-ti ho promesso che sarà una bella esperienza e poi, sai quante altre persone come noi stanno in queste casette sugli alberi?- non è che eravamo gli unici e soli.
Era un parco costruito proprio con l'intenzione di consentire alle persone la possibilità di osservare la natura.
Flora e Fauna.
-si, ma scommetto che tra tutti quelli, gli imbranati siamo noi. Non ho mai dormito sugli alberi e non mi sembra nemmeno una grande idea. Domani mattina avrò la schiena bloccata e il mister mi ammazzerà a legnate- lo guardai qualche altro secondo e poi tirai fuori le mie cose dallo zaino.
-che fai?- mi chiese
-va a dormire in un albergo di lusso del cazzo. Se non ti stava bene e lo odiavi cosi tanto, avresti potuto dirlo a Torino- mi guardò e si trattenne dal rispondere
-insultami. Tanto lo so che lo stai facendo mentalmente- non serviva che si trattenesse se poi i suoi occhi erano freddi e glaciali come se folessero uccidermi.
-sai cosa? Mi hai rotto il cazzo! Ti ho detto che volevo andare un posto per rilassarmi invece qui mi stressero e tu non sei nemmeno la compagnia che speravo fossi- non seppi nemmeno che cosa rispondergli.
Non avevamo litigato così, senza un vero e proprio motivo e seppure immaginassi a priori che tra di noi le liti sarebbero state accese, non avevo però messo in conto che le parole avrebbero fatto cosi male.
Mi estraniai per un po, forse per cercare di far passare il bruciore che avvertivo nel petto e forse perché ritornare un po da soli, solamente io e la mia essenza, era l'unica cosa che ancora sapevo fare.
Non si poteva fumare eppure ne avvertivo una necessità quasi viscerale, per calmare tutto quello che mi stava attraversando e che pensavo non avrei mai potuto avvertire.
Paura, rabbia, delusione ...verso me stessa e tutte quelle cose che continuavano a rimanere dei miei limiti.
Mi strinsi le ginocchia al petto avvicinandomi alla finestra e nascondendo le mie mani con i polsini della felpa che indossavo.
Mi sentivo piccola piccola e il silenzio stava diventando opprimente, vuoto e stonato.
Fuori iniziava a far buio e i custodi con con le loro jeep si assicuravano che fossimo tutti dentro al sicuro per poi tornarsene al loro gabbiotto di controllo.
Mi girai lentamente per osservare cosa faceva Paulo, aveva il volto contratto in una smorfia arrabbiata e stava con il cellulare in mano, totalmente disinteressato dal posto in cui eravamo.
Perché certe volte mi sembrava di non arrivargli? Come se tutto quello che provavo a trasmettergli, l'entusiamo e la voglia che avevo nel condividere le cose insieme a lui, anche le più piccole ed inutili, non riuscissero ad arrivare dinanzi a lui.
Come se fossi sempre due o tre passi indietro.
Avverti una lacrima sfuggire via dai miei occhi e la asciugai immediatamente con il tessuto della felpa, mi inclinai leggermente indietro per afferrare il grosso giubbotto termico che ci avevano consegnato.
Sentivo freddo e volevo indossarlo.
Mi inginocchiai e ne aprii la cerniera per poterlo poggiare sulle mi spalle; erano sempre di taglie cosi enormi che ci si poteva nuotare dentro.
I miei occhi incontrarono velocemente i suoi, attratti dai miei movimenti ma cosi come li incontrarono velocemente ne persero il contatto.
Era una persona orgogliosa ed io non ero da meno, questo mi faceva tanta paura perché forse io con il tempo avevo imparato a chiedere scusa, lo facevo con riluttanza ma lo facevo.
Lui, forse non lo conoscevo ancora.
Mi crollarono addosso tante paure, mentre stava vicino a me con un solo metro di distanza che sembrava un anno luce.
Mi batterono leggermente i denti perché ero troppo vicina alla finestra dalla quale entravano un po di spifferi ma volevo rimanere lì, ad osservare la foresta che sembrava stesse dormendo ma sapevo non fosse cosi.
Avvertii il rumore leggero del suo russare e quando mi voltai a guardarlo era stretto al suo sacco a pelo; sorrisi nel vederlo perché nonostante tutto lo amavo per davvero.
Mi spostai leggermente verso si lui, incrociando le gambe e portando la mia mano tra i suoi capelli ad accarezzargli la testa.
Piansi silenziosamente, osservando ogni singolo tratto del suo volto cosi bello e rilassato nel sonno della notte.
Lo guardai per ore ed ore, imprimendo nei miei occhi l'immagine di un sorriso genuino che ero stata capace di modificare.
Forse non me lo meritavo.
Prima che l'alba sorgesse del tutto, anche io mi ero infilata nel mio sacco a pelo e mi ero nascosta dentro cercando di sfuggire a tutti quei cattivi pensieri.

Quando mi svegliai, a causa di un raggio di sole che si infranse sul mio volto, sbadigliai e tirai fuori le braccia dal sacco a pelo per poterle sgranchire.
L'idea che non dovessi lavarmi per tre giorni di fila mi entusiasmava meno rispetto tutto il resto ma, in compenso contavo di vedere specie animale che non avevo mai visto prima, tipo l'alce o il lupo bianco.
Persa tra i miei pensieri confusi ci impiegai un po di secondi prima di accorgermi che Paulo mancava totalmente da quella stanza; non fu per niente bella sensazione che avvertii e immediatamente sgusciai vita da ed inciampai sulle ginocchia facendomi parecchio male.
-aihia- dissi stringendo le labbra e i denti per il dolore.
Mi sarebbe sicuramente spuntato un grosso livido.
Guardai dentro lo zaino per accettarmi che ci fossero ancora le sue cose, ma mancavano e pensavo che non potesse essere possibile.
Non mi avrebbe lasciata in quel posto, neppure se lo trovasse estremamente schifoso , altrimenti non avevo capito niente di lui.
Scesi dalle scale di legno e saltai l'ultimo scalino ricordandomi dopo del piccolo incidente che avevo avuto, solo quando una fitta si irradiò per tutta la coscia.
-Halo- mi saluto una delle ragazze che gestivano il parco.
Sarebbero venute ogni mattina ed ogni sera a riempirci i termos di acqua calda e a portarci del cibo.
-halo- la salutai  porgendole il grande contenitore metallico.
Aveva una filiera di denti bianci ed un paio di capelli color grano, praticamente rispettava tutte le regole genetiche del suo posto; carnaggione chiara, occhi azzurri ed alta almeno cinque centimentri più di me.
La rigraziai non appena me lo restitui indietro e mi porse la colazione dentro un piccolo contenitore di plastica che avrei dovuto consegnargli stasera.
Erano efficentissimi e davvero organizzati, chissà se in Italia saremmo mai stati capaci di offrire un servizio cosi efficente e soprattutto cosi in perfetta armonia con la natura.
Camminai un po per quei sentieri verdi che si erano costruiti da soli tra una filiera di alberi ed un altra; ai piedi dei grandi fusti di legno vi stavano piccole famiglie di funghi, alcuni credetti di riconoscerli ma non rischiai a toccarli non sicura che fossero veramente loro.
Mia madre era un'esperta e andava sempre a raccoglierli con Mat, loro che adoravano mangiarli mentre io che non ero proprio una loro fan non mi ero nemmeno disturbata a studiarli, anche solo per evitare un avvelenamento da funghi che sapevo fosse pericolosissimo.
La vegetazione è verde e rigogliosa, ancora umida dall'acqua della notte e le mie scarpe da montagna erano un po sporche di terra bagnata ma , fortunatamente non dovevo ritornare dentro un appartamento.
Guardai le impronte che i miei piedi lasciarono sul suolo calpestato e mi chiesi che diavolo fosse successo nelle ultime ventiquattro ore della mia vita.
Ero partita con Paulo e sembrava che tutto andasse bene, meravigliosamente bene poi all'improvviso era successo il finimondo e ci eravamo insultati e lui era stato in religioso silenzio ignorandomi ed io ignorando lui. Si era addormentato e l'avevo guardato per tutto il tempo avvertendo dei turbamenti dentro il mio cuore ma sapevo che fossero dovuti al modo con cui ci eravamo trattati e poi, stamattina al risveglio era scomparso.
Non avevo nemmeno il coraggio di chiamarlo, impaurita del fatto che la verità avrebbe potuto farmi più male di quello che già così avvertivo.
Spostai un ciottolo con la punta della scarpa e ne senti il tonfo sordo giusto qualche metro più in la da me.
Se mi concentravo riuscivo a distinguere qualche risata lontana proveniente da altre casette simili a quella dovevo eravamo andati anche noi e ancora un volta mi chiesi perché Paulo detestasse vivere in mezzo la natura.
Mi sembrava il posto più sicuro per lui, quello dove realmente si sarebbe potuto sentire libero e se stesso, niente fama e niente stress. Solo lui e la natura.
Guardai il muschio sugli alberi e pensai che quello doveva essere il nord,come ci avevano insegnato il primo anno agli scout quando ero una dei "lupacchiotti".
Me le ricordavo ancora tutte quelle incredibili esperienze che avevo fatto e che  mi facevano sorridere, ancora oggi dopo tanto tempo.
Ritornai indietro ripercorrendo la stessa strada, la jeep dei gestori del posto si era sposta più in la lasciando le impronte delle ruote al passaggio.
Salii nuovamente le scale e prima che i miei occhi potesso vederlo, il mio naso percepì il suo profumo inconfondibile e il mio cuore scalpitò veloce nel petto.
Aveva un ginocchio al petto e guardava fuori dalla finestra, seduto vicino al  trepiedi del cannocchiale.
Indossava il cappello di lana che gli avevo regalato a natale e mi guardò nascondendo le labbra dietro ad una tazza di alluminio dalla quale uscivano nuvolette di vapore.
Non parlai, non volendo rompere alcun equilibrio anche se non mi sentivo per niente apposto e percepivo una nota stonata di angoscia che si insidiava nella mia mente.
Mi accomodai dall'altro lato, opposto al suo e lui si fece un po più avanti per avvicinarsi ma io non mi mossi nemmeno di un millimetro.
Non volevo ne fare ne dire qualcosa di sbagliato e mi dispiaceva un botto se l'avessi portato in un posto che non lo faceva sentire bene.
Talmente c'era tanto silenzio che sentivo persino la sua gola deglutire al passaggio del tea caldo; erano rari i momenti in cui la mia testa fosse cosi vuota da sembrarmi solo una vecchia scatola o un vecchio baule consumato dal tempo.
Avevo pensato che questa vacanza ci avrebbe avvicinati, che lontani un po dal mondo ci saremmo ritrovati insieme e ci saremmo raccontanti di noi, di lui che mi sembrava sempre di non conoscerlo mai.
-non è colpa tua- disse continuando a bere da quella tazza, ad intervalli regolari
-cosa?- gli chiesi
-non è colpa tua se non mi sento bene in questo posto- mi guardò cercando di capire quale sarebbe stata la mia prossima mossa o semplicemente la mia prossima parola ma io, avevo solo tanto silenzio da potergli regalare e quel silenzio mi spaventava da impazzire.
-quando ero ragazzino andavo a caccia con mio padre. Era bravissimo a cacciare le lepri e le anatre ed io non ho mai avuto il coraggio di prendere in mano il suo fucile, dopo che..-non terminò la frase
-neanche solo per sentirne il peso- continuo e poggiò la tazza in un angolino e portó le braccia su entrambe le sue ginocchia.
-ci andavamo sempre la sera prima e stavamo tutta la notte svegli in silenzio , mi teneva vicino a se non ci siamo persi di vista nemmeno per un attimo. Non riuscivo mai a capire come facesse a ritornare indietro alla macchina senza sbagliare perché di notte non si vedeva mai nulla e noi nonostante quello continuavano a camminare- erano rari i momenti in cui parlava di suo padre.
Una ferita ancora troppo aperta e sanguinante.
-ieri, quando sono sceso da quella jeep mi è sembrato di ritornare in quei posti insieme a lui  ma lui, non c'è più ed io mi perderei- credetti di non respirare più.
Mi veniva voglia di piangere e scappare da li immediatamente, portandolo ovunque potesse stare meglio.
-scusa, io non lo sapevo- la voce era uscita più incrinata di quello che sperassi.
-non è colpa tua. Io no ne parlo mai con nessuno- si avvicinò a me e accarezzó i capelli spostandomi due ciocche dal volto.
-non volevo farti stare male- lo guardai negli occhi e mi sorrise poggiando un bacio delicato sulle mie labbra.
-lo so, per questo ti amo più di prima- poggiai il capo sul suo petto e lasciai che un singhiozzo sordo fuoriuscisse dalla mia bocca accompagnato da un piccolo sussulto che ebbe il mio corpo.
-stanotte l'ho sognato; come quando ti ho visto la prima volta accanto ad Agnelli, il giorno in cui hai firmato il contratto di lavoro e ti ha presentata alla squadra- anche questo era un segreto che conoscevo solo adesso.
-non lo fai apposta, ma mi metti sempre davanti a mostri del mio passato, tutti quelli che avevo aggirato pensando di averli superati definitivamente- mi strinse la mano nella sua e ne accarezzò il dorso con il pollice.
-sai cosa è stata la prima cosa che mi ha fatto innamorare di te?- scossi la testa attendendo la sua risposta
-il fatto che hai le palle per incazzarti con me e non te ne è fregato niente se sono Paulo Dybala e quella era la mia vita privata. Sei arrivata e mi hai insultato e guardato con uno sguardo di delusione, uguale a quello che mi fece mio padre quando avevo deciso di lasciare l'instituto per tornare a casa e aiutare mia mamma con la malattia di mio padre- lo guardai alzando gli occhi e inclinando di poco la testa.
-io sono orgogliosa di te- gli dissi baciandogli il mento.
Ero cosi orgogliosa che le sue vittorie erano le mie e li contemplavo addirittura prima dei traguardi che raggiungevo io stessa.
-quando ti ho vista ,nel tuo sguardo ho visto mio padre e mi hai tormentato per giornate intere; non sapevo se allontanarti o volerti vicino e ogni cosa che facevo era dannatamente stupida e ti faceva incazzare- li ricordavo perfettamente quelle volte in cui mi era venuta voglia di prenderlo a schiaffi.
-sei un tipetto dispettoso- ridacchio e mi baciò i capelli
-e tu sei una stronza a cui non andava bene nulla- risi perche aveva ragione.
Certe volte gli remavo contro solo per il piacere di farlo, allora ancora più di adesso.
-posso chiederti una cosa?- lui annui
-ti va di parlarmi ancora di tuo padre? So che non ti piace come argomento ma vorrei poter sapere altro su di lui perché anche io l'ho sognato ,una volta, tuo padre- mi guardò stupito ed io annui.
-quando?- mi chiese
-quando ero a NewYork e tu eri partito per tornare a Torino- gli confessai
-come lo hai sognato?- non volevo commettere alcun errore perché suo padre era la persona che tacitamente custodiva nel cuore e se mi aveva permesso di avvicinarmici, non dovevo fare cazzate.
-ero in Argentina e volevo acquistare uno dei miei soliti giornali di tutti i giorni- sapeva quanto adorassi avere il quotidiano e la gazzetta dello sport del giorno.
Era una cosa che mi faceva sentire vicina ai miei nonni e l'avevo presa come un vizio da cui non volevo assolutamente separamente.
-sono entrata dentro all'edicola e c'era quella tendina di plastica per non far entrare le mosche e il caldo, era verde e mi era finita in faccia- che fossi maldestra era chiaro a tutti e neppure nei sogni riuscivo ad avere un destino migliore
-sei sempre la solita- infatti disse ridacchiando
-sempre, comunque sono entrata e c'era un ventilatore accesso e mi sono avvicinata per potermi rinfrescare un po e tuo padre mi ha detto:"eso no està en venta"- scoppió a ridere ed annui.
-si, mio padre probabilmente ti avrebbe risposto così- gli sorrisi mi strinsi a lui.
Ricordavo quel sogno attimo per attimo e raccontarglielo non era affatto un problema, lo avevo raccontato a mia madre e lei mi aveva detto che era solo un sogno fingendo che non stesse succedendo nulla, quando invece si accorgeva perfettamente che mi stessi innamorando di Paulo.
-sai che mio padre è davvero cosi per come te lo sei sognata?- non pensai che fosse una novità. Dentro di me lo sentivo che in un'altra dimensione lo avevo incontrato e mi sembrava come se mi desse una mano a seguire Paulo, a camminargli accanto.
-quando ero piccolo mi portava a lavoro con lui tutte le domeniche mattina e stavo seduto per terra davanti alla porta della Favorita, mi sporcavo i vestiti ma mi piaceva cosi. Vedevo le corriere che arrivavano da Buenos Aires e quelle che partivano per andare nella capitale- nonostante ci togliessimo un solo anno di differenza mi sembrava di aver vissuto in un epoca lontana dalla sua.
Non era vero che il mondo fosse un piccolo spazio, esso era grande ed affollato.
-quando avevo quattro anni,mia madre mi racconta sempre che ho visto un signore scendere con una bicicletta in mano e la volevo anche io, perché tutti i miei giochi erano un po vecchi e usati dai miei fratelli e per una volta volevo qualcosa che fosse mio ma, Laguna è un piccolo paesino e certe cose ancora non le vendevano- volevo andare a conoscere tutti i posti in cui era cresciuto per poterlo immaginare senza sbagliare alcun dettaglio, perché erano i dettagli che facevano la differenza.
-un sabato mio padre ha lasciato me e Gustavo nel suo negozio ed aveva preso la corriera per andare a comprare la bicicletta ma io non lo sapevo e avevo creduto che papà stesse andando via, allora sai cosa ho fatto?- lo guardai incuriosita
-mi sono aggrappato al suo pantalone e gli ho detto :" Papà non preoccuparti, ci penso io alla mamma". Ha riso e mi ha stropicciato i capelli ed è salito sul'autobus- ad un tratto il suo sorriso si inclinò un pochino mi strinsi maggiormente a lui volendolo riportare qui, privandolo di tutte quelle ferite che ancora dovevano fargli male.
-quando stava morendo- si prese una pausa e chiuse gli occhi mentre istintivamente gli baciai le palpebre e le labbra.
-sono qui per te- glielo sussurrai e mi strinse tra le sue braccia.
-era sul letto nella cucina di casa mia ed io ero appena tornato da Cordoba da un ritiro, avevo ancora addosso quella maglia che ami tanto dell'instituto- mi si gelò il sangue a sapere che non era un capriccio il suo ma che quella maglia fosse un pezzo fondamentale della sua vita.
-mi ha fatto chiamare da mia mamma, prima che salissi in camera a dormire come facevo sempre. Mi sono seduto vicino a lui e mi ha domandato come fosse andato l'allenamento, aveva gli occhi giallini e non glieli guardavo mai perche non mi piacevano e mi facevano sentire strano ma, quella volta glieli guardai perché la sua mano era fredda come non lo era mai stata e la sua voce era troppo energica rispetto agli altri giorni- chiusi gli occhi assorbendo ogni singola parola
-mi ha detto: "Paulo, ricordati dell'Argentina e non cambiarla con nessun altro posto, è qui casa tua e l'hai promesso, devi prenderti cura della mamma"- non riuscii a trattenere le lacrime.
Sarei stata falsa a fingere che il suo dolore non mi sfiorasse nemmeno quando in realtà mi stava travolgendo.
-grazie- gli dissi perché mi aveva raccontanto forse uno dei pezzi più dolorosi della sua vita
-tu hai le sue stesse mani fredde e quando mi stringi a te, anche mentre dormo e ti sembra che non lo senta, mi tieni stretto cosi forte che mi sento al sicuro e dovrebbe essere al contrario perche ti dovrei stringere io e sempre io dovrei farti sentire al sicuro - gli accarezzai il volto
-ma io sono al sicuro. Mi ami e mi sembra che sia la cosa più importante della mia vita- mi guardò gli occhi per un tempo che parve infinito
-ogni volta che ti guardo so che sei un dono che mi ha fatto mio padre perché tu mi stai accanto perché vicino per te e per me è troppo lontano- lo baciai annuendo sulle sue labbra
-ti sembrerà assurdo ma, io penso che tuo padre mi indichi sempre che cosa devo fare con te- mi guardò per alcuni istanti e poi mi baciò.
-tu sei il regalo più bello che mio padre potesse farmi- rimasi ferma a ripetere quelle parole nella mia mente, a imprimerle nel mio cuore, ad evitare che questo esplodesse.
-ti amo-





Eccomi 🌻.
Comincio col dire che questo capitolo mi fa piangere😭😭 un botto, non so voi  come sarete arrivare a questo punto dopo averlo letto ma io, che l'ho scritto ✍🏻,  vi giuro che peggio del finale di Titanic 🛳.
Bando alle ciance, come vi avevo promesso avrei inserito ,un po sparsi per tutti i capitoli, dei momenti in cui Paulo racconta de stesso.
Fatemi sapere se questa cosa vi piace👍🏻.
Non so se ve ne siete accorte ma.....(rullo di tamburi) ho cambiato copertina 🎉🎉.
Tutto molto bianco⚪️ e nero⚫️, per rimanere in tema ovviamente 😂😂.
Vi aspetto nei commenti e nei direct o ovunque voi vogliate .
Un bacio 🌻

Continue Reading

You'll Also Like

115K 5.2K 53
Where... Camilla Leclerc e Lando Norris scoprono cosa c'è oltre la linea sottile che divide il punzecchiarsi e l'amore. Non possono o meglio non vogl...
30.5K 2.3K 51
Pietro e Beatrice hanno sempre avuto un rapporto complicato. Lo avevano quando si erano appena conosciuti e, due anni e mezzo dopo, la situazione non...
54.4K 3.5K 51
Il primo giorno di liceo è difficile per tutti, soprattutto per una ragazza timida e un po' goffa. Ma quando incontri il vero amore non puoi dimentic...
127K 3.5K 76
perché ho gli occhi molto più cechi del cuore e non sono mai riuscita a vederci amore... rebecca chiesa, sorella di federico chiesa, affronta la sua...