Fino Alla Fine

By seicomeungirasole

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La complicità batte tutto, persino quello che potrebbe sembrare impossibile. Lei è Gwen. Una giovane ragazza... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16 parte 1
Capitolo 16 parte 2
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
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Capitolo 70
Capitolo 71
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Capitolo 97
Capitolo 98
Capitolo 99
Capitolo 100
Capitolo 101
Capitolo 102
Capitolo 103
Capitolo 104
Capitolo 105
Capitolo 106
Capitolo 107
Capitolo 108
RINGRAZIAMENTI
Freedom
✋🏻👆🏻
Oh capitan,my capitan!
AAA
Civico 182
Sorpresa
Annuncio
Hoplites

Capitolo 64

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By seicomeungirasole

-eddai fammelo vedereee- stavo implorando Paulo da una decina di minuti e lo stronzo non voleva farmi vedere il mio idolo.
-non ci vediamo da ieri sera e tu vuoi vedere Leo che si allena? Ho proprio la fidanzata migliore del mondo- gli feci un dito medio e lui fece finta che fosse un bacio.
-Dybala, fammi vedere la ragione della mia vita....perche non mi sono infilata nella tua valigia? Avrei potuto chiedergli di sposarmi- stavo palesemente scherzando anche se, ripensandoci bene non mi sarebbe affatto dispiaciuto.
-sto mettendo giù!- scoppiai a ridere e vedero sorridere mi fece sentire la sua mancanza in una maniera cosi assurda che, iniziavo a sentire l'esigenza di qualcosa che profumasse di lui, giusto per avere la certezza che non avessi vissuto in un sogno e che, quella specie di semiDio ,con cui stavo parlando da almeno mezz'ora, fosse effettivamente il mio fidanzato.
-Gwen!!!- urlò all'improvviso mentre cercavo di asciugare il succo di frutta che si era versato sui miei vestiti.
Anzi, sui suoi vestiti.
Era da ventitre anni che dimenticavo di non soffiare nella cannuccia del brick con il succo dentro e puntualmente lo facevo e mi si versava sui vestiti.
Mia mamma se mi avesse vista mi avrebbe presa a sberle ma, fortunatamente avevo avuto la saggia idea di andare a vivere da sola, così il livello del mio disagio mentale sarebbe rimasto nascosto tra me e le pareti di questa casa e se ci pensavo bene anche Paulo era partecipe della maggior parte della stronzate che stavo facendo nell'ultimo periodo ma, tenendo conto che lui come me ne faceva di peggio; avrei potuto dormire sonni tranquilli.
-è solo una felpa- gli sorrisi innocente
-è la mia felpa preferita!- mi rispose incazzato
-non fare lo stronzo, la metterò in lavatrice e sarà come nuova- gli dissi
-no, la porti in lavanderia perché saresti capace di rovinarla e io ci tengo tantissimo- era una felpa della dolce e gabbana ed era anche parecchio infantile dato che i volti cartonati dei due stilisti erano stampati con molta egocentricitá in dimensioni quasi reali.
-che palla che sei!- me la sfilai di dosso e la pelle mi si accapponò dal freddo.
-vuoi rimanere così per tutto il tempo della videochiamata?- annui
-ti da qualche problema?- si guardò intorno     -finché rimango da solo in panchina no, ma potrebbe venire qualcuno quindi si. Va a metterti qualcosa addosso!- mi alzai di controvoglia giusto perché effettivamente poteva arrivare qualcuno e non ero disposta a mostrargli le mie tette.
-posso prendere la maglia dell'istituto?- guardai velocemente lo schermo anche se lui non poteva vedermi perche avevo appoggiato il telefonino sul suo letto.
-no, prendine un'altra- mi innervosì parecchio la sua risposta ,al punto che preferii spogliarmi delle sue cose e indossai nuovamente il tailleur che mi ero tolta quando ero arrivata a casa sua.
Dovevo dar da mangiare a quel piccolo ed innocuo pesce pagliaccio che si era comprato, cosi perche sosteneva che gli avrebbe fatto compagnia.
Come? Forse lo sapeva solo lui.
-Nenã?- mi chiamò preoccupato che non fossi ritornata a mostrarmi nello schermo.
-sono qui- mi attaccai ,nella maniera più ordinata possibile, i capelli .
-non resti a dormire a casa mia?- scossi negativamente la testa.
No che non ci restavo, prima avrebbe dovuto imparare ad essere meno geloso delle sue cose; potevo capire per la maglia dell'instituto di Cordoba ma, incazzarsi per una stupida felpa del cazzo era da ridicoli.
-que pasa?- mi chiese ma io mandai giù il groppo amaro.
Forse era la distanza o forse il ciclo ma, se gli avessi risposto per come le frasi si stavano formulando nella mia testa, sicuro come la morte che avremmo litigato.
-il tuo pesce è vivo ed io posso ritornare a casa mia- cercai per quanto potessi di non marcare gli aggettivi possessivi.
Mi guardò in cerca di una risposta ad una domanda che non era stato in grado di farmi.
Forse si chiedeva che cosa mi fosse preso all'improvviso? Bene Dybala, è stato meglio per te che l'Argentina è cosi lontana che non posso raggiungerti a breve per prenderti a schiaffi.
- tu hablas por teléfono con tu novia?- avrei riconosciuto la voce anche senza effettivamente vederlo dall'altra parte dello schermo.
Erano innumerevoli le volte in cui avevo visto ogni sua singola intervista sognando che un giorno potesse venire a giocare nella mia squadra del cuore.
Paulo annui sorridendogli e buttò uno sguardo verso lo schermo dove il mio viso sarebbe sicuramente apparso come una che ha appena visto l'apparizione di Gesù Cristo.
-hola chica- mi salutò mentre afferrava un asciugamano dalla panchina e si asciugava il sudore.
Ero rimasta in piedi nel bel mezzo del salotto e non sapevo se rispondergli o se urlare come una fan scatenata.
-hola Messi- lo salutai pensando che fosse più educato evitare di fare la pazza sclerata.
Avrei dovuto raccontarlo a Mat.
Si bagnò la testa con l'acqua della sua bottiglietta e dopo,dicendo qualcosa in dialetto argentino a Paulo, mi salutò con la mano e si allontanò.
-sono o non sono il miglior fidanzato del mondo?- si vantò sorridendo contento
-metti le cuffie per favore?- le afferrò dalla tasca della sua felpa e le indossò.
-dimmi- mi disse già divertito,forse oredicendo quello che avrei fatto da li a poco.
Urlai come una pazza fuori di se mentre Paulo stava morendo dal forte ridere.
-mi puoi tradire con lui, hai tutta la mia benedizione- ecco perche era stato meglio che fossi rimasta a Torino: perche altrimenti mi avrebbero arrestata nell'arco di ventiquattro ore.
-questa cosa che la mia ragazza impazzisce per un altro giocatore non è che sia il massimo- lo disse ridendo dunque ne dedussi che sapesse che di certo non amavo Messi come amavo lui e che, se avessi dovuto scegliere ,la mia scleta sarebbe ricaduta su di lui, nostante Messi e Gonzalo fossero i miei idoli.
-Cristiano Ronaldo ha accettato che il suo unico figlio maschio adora Messi, sono sicura che tu farai del tuo meglio- gli sorrisi e lui ricambiò afferrando a pieno l'ironia delle mie parole.
Mi faceva incazzare come non mai ma, poi sorrideva ed io mi rammollivo; certo la distanza stava giocando a suo favore e Messi aveva decisamente fuorviato qualsiasi possibile nuvola nera che si avvicinasse al mio umore.
-te amo- me lo sussurrò dolcemente mentre i suoi occhi ,che osservavo attraverso un dannatissimo schermo, mi sorridevano pieni di qualcosa che non seppi nemmeno descrivere.
-te amo mucho- gli risposi
-ponte la camisetta, se es mejor en ti- non me lo feci ripetere più di una volta e la recuperai velocemente dal suo aramadio, annusandone il buonissimo profumo che faceva. Avrei potuto prendere tutte le magliette che c'erano la dentro, sembrava avesse una scorta infinita di camice, t-shirt e felpe ma, quella maglia dell'instituto de Cordoba aveva un particolare significato.
-non dime que me extrãnas- annui nascondendomi il volto sotto quel pezzo di stoffa.
- tu es mi amor muy grande- la distanza iniziava a sortire effetti "collaterali" anche su di lui.
-te espero pero, tu llegas aqui, muy pronto and muy rapido- annui ed io come una stupida accarezzai il suo volto dal display .
No, decisamente non mi riconoscevo piu.
Misi giù la chiamata prima che iniziassi a piangere come una ragazzina innamorata a distanza; per l'amore del cielo era andato in Argentina da quattro giorni e sapevo che non stesse in guerra ma ad allenersi per i mondiali, che diavolo mi prendeva?
Mi infilai sotto le coperte del suo letto ed affondai il volto sul suo cuscino, pregno del suo buon odore.
La stanza era al buio tranne per quella piccolissima luce soffusa con cui adorava dormire, giustificandosi che non voleva sbattere il mignolo in nessun mobile mentre si alzava la notte per andare al bagno.
Nonostante mi rigirai più e più volte in quell'enorme lettone, non riuscivo a dormire e a trovare una posizione comoda.
Sgattaiolai in cucina in cerca di una tazza e del tea; aveva comprato la confezione di tea che più preferivo e con la penna aveva stupidamente scritto "no toques, es de nenita" e quando l'avevo distrattamente letto mentre, Beltran lo riposava al posto, mi ero cosi imbarazzata che avrei preferito scavarmi una fossa a mani nude e seppellirmici dentro.
Il microonde suonò suggerendomi che l'acqua era riscaldata ed io fece il resto evitando di bruciarmi.
Ero venuta a casa sua altre volte ma, sempre per alcune ore e sempre per un preciso motivo.
Che sia stato un pomeriggio stupidamente passato a ridere con Gonzalo e  Douglas, oppure il giorno in cui mi presento i suoi migliori amici e tanti altri.
Ora, era diverso perche la casa sembrava spoglia e priva di anima.
Quando c'era lui, benché lo prendessi in giro dicendogli che viveva nel covo di Batman e che il decoratore di interni gliel'aveva arredata mentre era a lutto, in realtà lo facevo solo per vederlo mentre si lamentava per poi ridere .
Era elegante e moderna, come le tipiche case di adesso e sapevo che in realtà a lui non gliene fregasse molto dell'arredamento ma, che preferisse avere uno spazio cosi grande in grado di ospitare tutta la sua famiglia ed i suoi amici.
Mi accomodai nel divano del salotto, spostando tre palloni da calcio che si ostinava a tener lì,nonostante avesse uno sgabuzzino che era grande quando la mia intera camera da letto.
I miei occhi ricaddero vicino alla televisione, e sorrisi cosi tanto alzandomi e afferrando la cornice.
Eravamo bellissimi, lui era bellissimo ed io passavo in secondo piano in mezzo a tutto quello splendore.
Era la foto di Courmayeur, quella per cui attendevo una copia; la portai insieme a me sul divano e la tenni stretta continuando a guardarla con amore.
-ti amo- si disperse nel silenzio di quella stanza mentre, mi addormentavo travolta dall'amore che provavo per lui.

Il rumore della porta che venne aperta,l'indomani mattina,mi fece saltare il cuore in gola.
Chi diavolo sarebbe potuto essere?
Ero semplicemente in mutande e maglietta e poi, quale diavolo di ladro ha le chiavi per aprire una porta?
Mi coprii avvolgendomi la coperta attorno alle gambe, ero impedita e non sarei potuta scappare ma, non c'erano tante altre possibilità.
Avevo afferrato la prima cosa che avevo trovato sul divano,  il telecomando ,e non avrei fatto chissà cosa inoltre non ero nemmeno sicura di rimanere viva fino alla fine.
Accese la luce tranquillamente, come se conoscesse questo posto a memoria, era di spalle ed indossava un cappotto blue scuro ed un paio di scarpe sportive bianche.
Rimasi immobile, quasi senza respirare...poi uno starnuto mi colse all'improvviso.
-que..- il volto di Nuhauel mi si palesò davanti gli occhi.
-Ginebra- mi salutò tirando un sospiro di sollievo.
-hei- lo salutai anche io mentre riacquistavo la vita.
-che ci fai qui?- mi chiese ed io, avrei potuto fargli la stessa domanda.
-ho dato da mangiare ad Aladin,ieri sera e poi sono rimasta a dormire qui- mi guardò confuso ma non mi importò. Qui tra noi due quello che aveva qualcosa da nascondere era lui perché Paulo sapeva che sarei rimasta a dormire da lui e stentavo a credere che avesse dato il permesso al suo migliore amico di venirmi a dare il buongiorno.
Non era da Paulo.
-il pesce che si è comprato Paulo- la vera domanda era: ma lui qui che ci faceva?
Non doveva essere in Argentina?
Il rumore del citofono ci distrasse e il suo volto sbiancò all'improvviso poi, Antonella comparve in quel piccolo schermo.
Ma che diavolo stava succedendo?
-posso spiegarti!- spiegarmi cosa?
Non credevo assolutamente che fosse possibile che si frequentassero alle spalle di Paulo, era troppo da vigliacchi.
Io lo superai andando ad indossare un pantaloncio e poi, dopo essermi sciacquata la faccia, feci ritorno in salotto.
Era una situazione imbarazzante ed io, non pensavo nemmeno di star vivendo una roba simile.
-no es como tu piensas- in realtà non pensavo a nulla, ero solamente troppo stordita per capire che cosa ci facessero entrambi a casa di Paulo quando Paulo, lo sapevamo tutti, che fosse in Argentina.
-sono venuta a prendere le mie cose- annui non sapendo che altro dirle.
Totalmente a suo agio si diresse verso la sua stanza, aprendola con una tale sicurezza come una che ci aveva vissuto per tanto tempo; effettivamente due anni non erano pochi.
La vidi guardare rapidamente il letto sfatto ma, lo superò immeditamente aprendo le porte della cabina armadio.
-necesito cajas- brava la genia!
Come sperava di portarsi tutto quell'arsenale di vestiti, senza essersi procurata degli scatoloni?
-puoi provare a comprare delle scatole di plastica per i traslochi, li vendono nei negozi per gli oggetti da casa- guardò l'argentino e fece dietro front, superandoci sull'uscio della porta.
-conosci un negozio dove posso trovarli?-in via Roma sarebbe stato particolarmente difficile ma, se voleva andare sul sicuro andava bene che facesse un giro all'ikea e li avrebbe trovati, di tutte le dimensioni.
-all'ikea, è a Collegno in viale Svezia- c'erano circa una trentina di minuti da qui.
-vado io- cosa? Ed io sarei dovuta rimanere in quella casa con lei?
Ma perché!?
Si chiuse la porta alle spalle ed entrambe ci guardammo a disagio, non sapendo cosa fare per prime.
Per impiegare il tempo sistemai i cuscini sul divano e recuperai la cornice mettendola al suo posto, evitando che se ne accorgesse perché mi dispiaceva che pensasse che fossi li per marcare il territorio.
-vuoi qualcosa da bere?- alzò lo sguardo dal telefonino e scosse negativamente la testa.
Io avrei dovuto dare colazione, altrimenti per ora di pranzo avrei avuto una fame da lupi o, prima di allora sarei svenuta.
Afferrai la frutta dal frigorifero ed il cartone del latte; il frullatore era già attaccato alla presa sul piano da lavoro della cucina.
Mentre le lame frullavano il tutto, recuperai i cereali proteici dalla credenza, dove una quantità infinita di robe sportive vi stavamo dentro.
Sembrava un reparto per il fitness.
La guardai dalla porta della cucina, mentre era intenta a messaggiare e cercava palesemente di ignorarmi.
-vieni, hai tante sedie libere su cui poterti sedere- se sperava che mi sarei comportata male, passando dalla parte del torto, si sbagliava di grosso.
Ci stavamo antipatiche a vicenda, forse lei avrebbe addirittura provato dell'odio nei miei confronti ma, continuavo a credere che stesse fingendo alla grande, sia in un senso che nell'altro.
Trascinò la sedia sul pavimento di marmo ed io strinsi i denti  per evitare di urlare ,poi si accomodò poggiando la borsa sul tavolino di vetro.
-come mai sei qui in Italia?- le chiesi impicciandomi un po nei suoi affari.
-vivo a Milano, ho trovato un posto di lavoro in una rete televisiva sportiva- annuii bevendo il mio frullato.
-mi ha aiutato Michela con il lavoro- effettivamente avrei potuto immaginarlo.
-spero tu ti possa trovare bene- posai il bicchiere di vetro nel lavabo e svitai il bicchiere del frullato per poterli lavare.
Prima che trovai una spugna, in mezzo a tutta quella serie infinita di prodotti per la lavastoviglie, ci impiegai almeno tre, quattro minuti.
Dovevo andare a prepararmi, perché avevo comunicato all'ufficio che sarei arrivata con due ore di ritardo ma, se continuavo a molleggiare in questo modo non ci sarei mai arrivata.
-io vado a lavoro, buona giornata-mi sembrava assurdo doverla lasciare in quella casa e per di più avere questa sensazione di disagio che mi si era appiccicata addosso come se fosse carta pregna di colla vinilica.
Sapevo, e non provavo nemmeno a fingere che non mi importasse, che in quella casa ci aveva vissuto per davvero e che quelle pareti le ricordavano casa ma, se avessi continuato a darle dello spago, avevo l'impressione che lei se ne sarebbe approfittata ed io non ero disposta a perdere Paulo.
Piuttosto avrei venduto l'anima al diavolo.
Quando misi piede dentro la macchina, diretta verso casa mia , stentavo a credere che fosse realmente capitato a me.
A partire dal fatto che il migliore amico del mio ragazzo mi avrebbe potuta trovare in mutande se solo, fortunatamente,non avessi avuto il sonno leggero come invece avevo e poi, come primo risveglio trovare l'ex di Paulo a casa sua era decisamente una scena da oscar di qualche film comico.
In Argentina era notte fonda e Paulo sicuramente stava dormendo, non potevo permettermi di disturbarlo perche la loro sveglia suonava alle cinque del mattino.
Il mio posto auto, in azienda, fu la prima cosa che andò dritta in quella mattinata.
Valentina mi aspettava all'ingresso sorridente, mentre sventolava tra le mani una carpetta di plastica.
-oggi niente musoni, manca poco più di una settimana al mio matrimonio- aveva ragione, mancava cosi poco ed io non avevo ancora trovato un paio decente di scarpe da abbinare al mio vestito.
-Andrea si è lamentato?- non volevo tirar troppo la corda ma, quella di stamattina non si poteva definire diversamente se non un imprevisto con i contro fiocchi.
-no no, si è preoccupato chiedendomi se ti fosse successo qualcosa ma gli ho detto stavi bene e che probabilmente hai avuto qualche problema con la macchina- magari, sarebbe stato anche meglio.
Raggiunse prima di me il mio ufficio, mentre io bussavo a quello del presidente per fargli sapere che ero viva e che gli ero infinitamente grata.
Mi sorrise indicandomi una delle poltrone e mi accomodai aspettando che mettesse giù la chiamata.
-certo tesoro, passo a prendervi io- stacco contento
-tornano i miei bambini- fortuna che avessero le lezioni private altrimenti, non avrebbero visto uno dei due genitori per molto tempo.
-tu, tutto apposto?- annui, evitando di raccontargli i fatti privati della mia vita; lui che di ingarbugli ne aveva fin troppi.
-bene, allora andiamo tutti a lavorare che in questa mattinata non abbiamo ancora messo il turbo- mi alzai salutandolo e filando dritta nel mio ufficio.
Valentina era già al lavoro e avrei preferito che diventasse lei la mia segretaria personale ma, le spettavano altre manzioni e non potevo pretendere che cambiasse l'incarico per cui era stata assunta con uno che faceva comodo solo a me.
-hai trentotto email nella casella postale e sono tutte di questa mattina, ho controllato se ci fossero di mezzo qualche pubblicità inutile e se qualcuna fosse erroneamente finita negli spam ma, il tuo indirizzo email funziona che è una favola- le sorrisi grata.
Lei e Marika sapevano bene quanto mi scocciasse perdere tempo dietro email inutili anche perche poi, iniziavano ad aprirsi una serie di pagine popup in cui mi si chiedeva di acquistare la qualsiasi cosa e ciò, mi avrebbe solamente rallentata.
La prima email che lessi veniva da Witty Tv, la guardai incuriosita cercando di capire dove avessi già sentito questo nome.
C'entrava sicuramente la Mediaset perché ero sicura di averlo sentito lì ma, mi mancava quel quid in più per capire esattamente a cosa facesse riferimento.
Lessi parola per parola e rigo dopo rigo, le ventisei pagine di contratto che mi avevano mandato.
Era la proposta televisiva per una puntata a C'è Posta Per Te; volevano che Gonzalo registrasse una puntata e il perche fosse stato contatto aveva aperto una grande grandissima ferita nel mio cuore.
Toccai spasmodicamente quel braccialetto fatto da fili rossi che, io Gonzalo e Paulo avevo scelto di indossare.
Non c'era un solo unico motivo che ci avesse spinto a farlo ma, erano cosi tanti che lo custodivo come se fosse fatto di diamanti e valesse più della mia stessa vita.
-ti senti male?- annui, consapevole che avrei avuto bisogno di prendere una boccata d'aria e che magari oggi non era decisamentela mia giornata.
Stampai il contratto e lo infilai velocemente nella mia borsa, poi chiusi il computer e appoggiai la schiena alla poltrona,chiudendo gli occhi e cercando di non pensarci troppo.
Era una ferita che mi sarei portata dietro per sempre e ogni volta che credevo di averla superata poi,mi accorgevo che una piccola parte del mio piede continuava a rimanere impigliato tra quel fango.
-vuoi che ti vada a prendere qualcosa alle macchinette?- annui nuovamente solo per far si che si allontanasse da quella stanza e che mi lasciasse anche solo due minuti per pensare o forse, per non pensare affatto.
Non potevo rimanere in quell'ufficio, probabilmente mi sarebbe servito un letto e un bicchiere colmo di scotch con cui affogare ogni singola fibra cosciente del mio essere.
Non importava quante volte avessi lottato persino contro me stessa, che sapevo essere il mio peggior nemico, ma quel dannato periodo continuava a bussare alle mie spalle.
Paulo era via, troppo lontano per consolare i miei dolori e scacciare via le mie paure ed io, non volevo nessun altro che lui.
Capricciosa, stupida e persino fragile ma, dannatamente vera.
-Ginevra, tutto bene?- la voce preoccupata del direttore mi fece aprire di scatto gli occhi.
Non glielo avevo mai realmente detto e non pensavo nemmeno dovesse saperlo ma, ero certa che avesse letto tutto quello che avevo presentato quando ero stata assunta in questa meravigliosa azienda.
-Valentina, puoi lasciarci un attimo?- la ragazza annui e si chiuse la porta alle spalle mentre Andrea Agnelli stappava una bottiglietta e me la porgeva,invitandomi a berne dei generosi sorsi.
-vuoi che ti chiami un medico?- scossi la testa.
Il mio non era un malessere fisico, non più almeno.
Era più un dolore mentale, qualcosa cosi radicato e forte che era stato in grado di annientarmi e allo stesso tempo mi aveva rimessa in piedi.
Come?
Ancora stavo cercando di capirlo.
-non voglio essere indiscreto ma, non pensi sia il caso di accettarsi che tu stia veramente bene?- mi balenó il terrore dentro, se solo si fosse potuta verificare anche la più remota possibilità che si fosse nuovamente impossessato di me, stavolta non ero cosi sicura di potercela fare.
Non erano stati giorni belli, periodi allegri e momenti che ricordavo con piacere.
Avevo visto mia mamma perdere la tipica luce dei suoi occhi, mio padre viveva tra i corridoi dell'ospedale e non sapevo nemmeno se quella che facesse si potesse considerare vita.
Non ricordavo nemmeno quanti e quali specialisti mi avevano visistata, portandosi con se sempre un piccolo pezzetto di me, da qualsiasi parte esso potesse essere preso.
Mat, era stato l'unico che ci aveva creduto e che non aveva voluto sentire ragioni, nemmeno nei giorni in cui io stessa desideravo metterci un punto perché tutto faceva male, anche solo pensare e respirare ma lui, lui non demordeva e combatteva per entrambi insultandomi quando volevo solamente rimanere accucciata tra le lenzuola.
-sto bene, posso chiamare Mattia?- ormai lo conoscevamo tutti
-puoi fare tutto quello che vuoi- pigiai sul suo numero e mi rispose alla velocità della luce.
-stai male vero? Perché ho avuto una brutta sensazione per tutta la mattinata- ci sono cose che nemmeno la scienza sarà mai in grado di spiegare e noi ne eravamo un esempio.
-Mat- riuscii a dire prima che lui urlasse di stare per arrivare e mettesse giù.
Andrea mi aveva fatta alzare e sedere sul divanetto, mi guardava preoccupato mentre se ne stava all'impiedi ed io cercavo di capire che cosa effettivamente mi stesse succedendo.
-posso fare qualcosa? Hai un viso cosi pallido- potevo immaginarlo ma, mi sforzai di sorridergli giusto per non farlo preoccupare inutilmente.
Ero stata io stessa a scegliere di non andare più alle sedute; mi ero convinta che tutto fosse stato superato e che dopo quello, niente mi avrebbe potuta più buttare per terra, eppure forse non avevo messo in conto che, nella vita certi grandi mostri del passato possono fare nuovamente il loro triste e schifoso esordio, beffandosi delle debolezze altrui.
La voce imponente di Mat, che si gettava letteralmente al mio fianco, cullandomi tra le sue braccia, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
-vi lascio da soli- riuscii a sentire mentre tra le lacrime,con la vista appannata, le eleganti scarpe nere si allontavano oltre la porta che veniva sapientemente chiusa.
-Gwen, amore prova a non piangere- non ci riuscivo era cose se una grandissima consapevolezza mi fosse appena piombata addosso e le mie spalle non l'aveva saputa reggere come invece credevo avrebbero potuoto fare.
Quella cicratice iniziava a bruciare cosi forte che non riuscivo nemmeno a parlare, era come se stesse divampando un enorme falò sotto quel preciso punto del mio corpo.
Faceva cosi male, cosi disperatamente male che avrei preferito strapparla con le mie stesse mani e gettarla il più lontano possibile da me.
-io lo sapevo che prima o poi sarebbe successo- non serviva che lui mi ricordasse quanto contrariato fosse stato nell'esatto istante in cui si era accorto che avevo mentito a tutti perche io, forse di tutte quelle sedute che mi avevano consigliato di fare, ne avevo fatte due massimo tre.
C'era una stupida voce nella mia testa che mi faceva sentire forte e invincibile, forse perche non volevo rimanere più in nessuna stanza che avesse vagamente l'aspetto dell'ospedale ,forse perche volevo riempire cosi tanto la mia vita che, passare un'ora della mia giornata seduta in quel lettino mi sembrava solo un inutile perdita di tempo.
-tuo padre mi ammazzerà- si, perché lo avevo coinvolto nella mia enorme menzogna. Eravamo migliori amici e partners in crime ed io, forse avevo comesso il più grande crimine contro me stessa, privandomi della possibilità di capire quanto ancora fragile fosse il mio corpo e quanto ancor di più lo fosse la mia mente.
Perche mi ostinavo a credere di potercela fare, anche quando in partenza sapevo che avrei dovuto remare contro un mare in tempesta a forza nove.
Mat controllò qualcosa nel suo cellulare e poi, sospirò sollevato abbracciandomi ancora più forte.
In questi momenti non desideravo altro che si facesse carico di tutto quello che mi stava distruggendo perche sapevo che solo lui, sarebbe stato in grado di tenermi la mano salda fino in fondo, in quasiasi punto esso si sarebbe trovato.
-è successo qualcosa?- annui e provai a spiegargli quanto mi stesse costando questo momento.
-a Gonzalo hanno chiesto di fare la sorpresa ad un ragazzo a cui è morto il fratello di tumore, aveva solo diciassette anni- c'erano tutta una serie infinita di cose che mi accomuvano a quella storia.
A partire dai diciassette anni, al tumore, a Gonzalo.
-cristo- non era un tipo che imprecava facilmente,nonostante non ci credesse,e non aveva iniziato a farlo nemmeno nella speranza che un miracolo potesse ridarmi la vita.
Lui avrebbe preferito darmi la vita, me lo aveva detto cosi tante volte che io, non credevo nemmeno di meritarmi una persona cosi meravigliosa come lui.
-ti porto a casa- decretò mentre usciva velocemente dall'ufficio e il volto preoccupato di Federico mi guardava da dietro la porta,insieme a quello di Douglas.
Avevano un'espressione che sapeva di: "possiamo entrare?".
Odiavo così terribilmente tanto vedermi fragile e soprattutto mostrarmi fragile, io volevo farcela a tutti i costi e avrei fatto qualsiasi cosa pur di non arrendermi, anche se mi rendevo conto che la battaglia che stavo combattetto era in una guerra persa in partenza.
-credimi, sta urlando al telefono- sentiti dire a Federico che cercò di entrare nell'ufficio mentre Mat glielo impediva, certo che conoscendomi non mi sarebbe piaciuto affatto.
-dammi qui- gli sfilò il cellulare dalle mani e gli chiuse la porta in faccia.
-c'è Paulo a telefono, vuoi parlargli?- annui e lo afferrai immediatamente.
-hei- gli dissi mentre Mat raccoglieva tutte le mie cose e si sbrigava a portarmi a casa.
-sto arrivando, questo dannato aereo del cazzo ci sta impiegando una cazzo di vita. Sto arrivando- era agitato e mi sentii in colpa perché non era cosi che doveva sentirsi.
Non sapevo se di fosse realmente reso conto che gli avevo appena risposto al telefono perché, continuò ad imprecare e Gonzalo gli consigliava di tornare a respirare e che sicuramente lo avrei preferito vivo e tutto intero, senza ossa fratturate ed esaurimenti nervosi.
-sto bene- gli dissi provando a calmarlo.
-due ore amor, due ore e arrivo- Mat recuperò il cellulare dalle mie mani spiegandogli che mi avrebbe trovato a casa.
Quando mi sdraiai nel mio letto, che odorava di un buon ammorbidente ai frutti di bosco, mi resi conto che fossi a casa mia e che nulla di tutto quello che la mia mente mi aveva suggerito, almeno fino ad adesso si sarebbe potuto venirificare.
Fuori aveva nevicato cosi tanto e c'era cosi tanto freddo che, nemmeno i termosifoni sembravano bastare.
Non avevo mai vissuto un inverno cosi freddo come quello di adesso e mi stupiva persino il fatto che le tubature non si fossero congelate.
-Ti faccio della pastina?- scossi negativamente la testa e gli indicai lo spazio libero nel letto.
Si infilò immediatamente sotto le coperte e mi abbracciò stretta mentre mi nascondevo nel suo petto e mi lasciavo andare a quella che veramente ero.
Solo una piccola foglia d'autunno.
-devi ritornarci, lo sai vero?- lo sapevo e come e se prima l'avevo ignorato, ora non potevo più farlo.
-perché per una volta non poteva filare tutto liscio?- gli chiesi
-perché non sarebbe la tua splendida vita- mi accarezzò i capelli e mi addormentai sotto il dolce tocco delle sue coccole.


Eccomi fanciulle/donzelle 😘
Nuovo capitolo tutto per voi, Paulito è ancora in Argentina e la nostra Gwen avverte la sua mancanza.
È un capitolo che presenta tre diversi momenti con tre diversi stati d'animo, un po come me quando l'ho scritto.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se anche voi avete un piccolo scheletro nell'armadio che ogni tanto vi mette un ostacolo sulla strada
Vi voglio bene e giuro di rispondere ai DM di tutte appena posso, ma come avete capito mi piace dedicarvi il giusto tempo che vi meritate e non voglio essere scontata con nessuno, meno che meno con voi che mi fate sorridere il cuore ❤️

#memyselfandI
Io e il personaggio Gwen, ci somigliamo ma allo stesso tempo siamo completamente opposte.
Come vi siete accorte ,spero, Gwen è una persona a cui piace circondarsi di gente mentre io, purtroppo sono una persona a cui piace molto la solitudine e questo a volte mi ha portato non pochi problemi.
Quando ho scritto questo personaggio ho provato a migliorare quelle cose che del mio carattere non mi piacciono molto e credetemi, a volte rileggo più volte il capitolo perché la me tende sempre di appropriarsi di una piccola parte di Gwen e non voglio che sia così.
Voi, che tipo di carattere avete?
Fatemelo sapere qui sotto ⤵️⬇️se vi va 😘

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