Fino Alla Fine

By seicomeungirasole

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La complicità batte tutto, persino quello che potrebbe sembrare impossibile. Lei è Gwen. Una giovane ragazza... More

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Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16 parte 1
Capitolo 16 parte 2
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
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Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
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Capitolo 39
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Capitolo 41
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RINGRAZIAMENTI
Freedom
✋🏻👆🏻
Oh capitan,my capitan!
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Civico 182
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Hoplites

Capitolo 55

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By seicomeungirasole

L'indomani mattina la sveglia suonò un'ora prima del solito perché dovevo tornare a casa a cambiarmi, per poi andare a lavoro.
Ero riuscita ad uscire da quell'appartemento senza svegliare nessuno e mi sentivo una specie di ladro dentro ad un museo nazionale.
Mi ero mossa in punta di piedi e avevo perso dieci minuti buoni a cercare di capire come diamine avrei dovuto disinnescare quell'allarme che sembrava fatto per la banca d'Italia più che per un normalissimo appartamento in centro a Torino. Avevo i battiti cardiaci accellerati come se stessi per maneggiare una bomba ad orologeria e l'unica cosa che sarebbe potuta esplodere , se quel cavolo di allarme si fosse attivato, sarebbe stata la mia dignità.
Ero pienamente concorde sul fatto che Paulo, essendo famoso attirasse l'attenzione di più persone e soprattutto di gente leggermente fuori di testa con manie ossessive ma, non capivo perché avesse scelto di affidarsi ad ditta tedesca, per installare un dannato allarme per appartamenti.

Quando ero arrivata a casa, avevo trovato Mat già sveglio che sorseggiava caffè direttamente dalla tazza del latte e gironzolava in boxer per casa, coperto solamente da una plaid e ripeteva tenendo in mano il solito plico di fogli.

-buongiorno-lo salutai mentre salii velocemente le scale per il piano superiore, con lui al mio seguito.

-dove hai dormito e soprattutto perché sembri vestita come se tu fossi appena uscita da un centro di accoglienza?- ero palesemente vestita da schifo ma, continuavo a credere che quel paio di jeans e quella maglietta di cotone avessero un costo che si aggirava più o meno all'intera somma di un mio stipendio mensile.

-ho dormito da Paulo- aprii velocemente le ante del mio armadio e recuperai il tailleur color ruggine che avevo acquistato a New York con i saldi per il black friday.

-ma non avevi detto che Paulo era in ritiro fino ad oggi pomeriggio?- annui distrattamente mentre ero intenta a tirarlo fuori dalla custodia.

-vuoi parlare?!- mi disse esasperato mentre mi spogliavo velocemente e mi vestivo per andare a lavoro.

-storia lunga, ti racconto per la pausa pranzo e per favore,quando hai due minuti di tempo, potresti portare il mio tailleur blue in lavanderia? E' ridotto uno schifo- afferrai il cappotto dall'armadio e lo indossai. Dalla cucina recuperai una merendina già confezionata e dopo di ció lo salutai con due sonori baci sulla guancia, prima di catapultarmi letteralmente in ascensore.

Fortunatamente il cielo era limpido e nonostante facesse freddo, per lo meno non pioveva anche se ,reduce da ieri ,non avevo di certo dimenticato di prendere l'ombrello dall'ingresso .

Sulla scrivania del mio ufficio, erano apparsi nuovi plichi di fogli e la consapevolezza che mi servisse una birra doppio malto più che un semplice caffé ristretto, mi fece sorridere ironicamente.

Il telefono aveva squillato ininterrottamente, anche quando cercavo di riordinare le idee per farmi venire in mente una caspita di soluzione per le offerte ai nuovi abbonati del club e ai soliti di sempre.
Mat, tra i due era quello dotato di maggior fantasia ma non mi sarei mai rischiata a chiamargli perché si sarebbe potuto vendicare  incendiandomi la casa. Speravo vivamente che si laureasse con la sessione di Marzo, solo per non vederlo più sulla crisi della vita che lo portava ad un esaurimento nervoso che inevitabilmente finiva per influenzare anche me.
La trasferta a Verona era stata organizzata con largo anticipo, fortunatamente aggiungerei, perchè con il fatto che Martina avesse definitivamente lasciato l'ufficio, di certo non mi aveva agevolato il lavoro.
La sua scrivania, oggi per la prima volta, era vuota del suo portapenne pieno di cianfrusaglie inutili e attorno al pc, non giacevano più, quella quantità industriale di carte di caramelle alla frutta che, era solita mangiare con ritmicità, soprattutto quando era particolarmente nervosa o quando si trovava nel suo periodo mestruale .
Agnelli, non era ancora arrivato in ufficio e lo si poteva chiaramente capire perché vi erano più persone nei corridoi di quelle che normalmente ci sarebbero state. Era la fine dell'anno e tutti accusavamo un po di stanchezza, probabilmente lui più degli altri.
Il trenta sera, aveva organizzato una cena qui al JCenter, invitando tutto lo staff e l'invito mi era stato recapitato per posta, fortuna che Mat lo aveva trovato , altrimenti avrei fatto una figuraccia delle mie.
Avevo chiesto a Paulo se potessimo effettivamente partecipare, dato che aveva organizzato queste vacanze di fine anno con la sua famiglia e lui mi aveva assicurato che non ci sarebbero stati problemi e che il nostro volo, l'avrebbe posticipato di una giornata. Mi fidavo di lui e del suo buonsenso che sapevo non avesse ma, nemmeno io ero propriamente la persona più razionale dell'universo eppure, quando volevo sapevo cosa fare e come farlo.
Non aveva risposto al messaggio e sapevo il perché; in ritiro il cellulare era bandito come se fosse portatore di pestilenza , oltretutto Allegri era una persona che non ammetteva sbagli ne prese in giro dunque, ognuno di loro sapeva bene come comportarsi e soprattutto se non volevano rimanere in panchina per il resto della stagione, facevano meglio a eseguire i suoi consigli che sapevano di ordini ma che, allo stesso tempo, erano utili.

La questione dei mondiali, si era leggermente sbrogliata anche se, ero cosciente del fatto che se anche solo per un instante mi fossi adagiata sugli allori, questa si sarebbe ingarbugliata più di prima.
Sembrava una sorta di matassa.
Il ritiro definitivo di Pirlo, dal mondo del calcio, era un'altra storia a cui avrei dovuto far fronte in quanto, in prima persona, mi ero occupata di gestire i contatti e gli interessi tra la sua parte e quella della sua ormai ex squadra newyorkese.
I contatti con la grande mela non si erano ne affievoliti ne interrotti, avevo mantenuto quelle amicizie che ero stata in grado di costruire e continuavo a tenermi in contatto con la sede principale del GQ, per l'intervista che avrebbero dovuto fare a Paulo.
Organizzarla era risultata più complicata del previsto perché, Dybala era sommerso di impegni e adesso a questi si aggiungevano quelli della Selection Argentina che lo aveva convocato per il suo primo mondiale, accanto a compagni come Lionel Messi e Gonzalo Higuain.
La notizia comunicata prima in maniera ufficiosa e adesso in maniera ufficiale, aveva ridotto notevolmente il tempo libero che aveva a sua disposizione e purtroppo per le riviste giornalistiche, ero stata costretta a chiedere a Gustavo di far slittare gli appuntamenti di Paulo, altrimenti avrebbe rischiato di rimanere indietro con gli allenamenti.
Le parole di Andrea continuavano perpetuamente a ripetersi nella mia mente: "siamo una squadra di calcio e non un agenzia per modelli" dunque, ero consapevole che avrei fatto meglio a incastrare le cose come se fosse una partita a tetris, altriementi sarebbe successo un putiferio.

La mia agenda trabboccava di post-it, incollati da tutte le parti, proprio perché a volte una sola pagina bianca non era sufficiente a scrivere tutti gli impegni che avrei dovuto rispettare.
Non pensavo di soffrire di Alzaheimer ma, negli ultimi tempi era fondamentale che mi scrivessi le cose per riuscire a non lasciare nulla indietro.
Venni distratta dall'arrivo di un messaggio da parte di Lara e sorrisi perché non la sentivo da un paio di giorni e sapevo che fosse impegnata in Argentina per lavoro.
" posso chiamarti? Dobbiamo parlare."
Il tipo di messaggio mi aveva fatta preoccupare ma, purtroppo, non avevo dell'imminente tempo libero anche perché, aspettavo la chiamata di uno degli uffici del Bayner Monaco, prima che Agnelli prendesse il primo aereo e si fiondasse direttamente nella loro sede.
Non capivo quale fosse il motivo del loro ritardo ed ero piuttosto sicura che le mie email, provenienti sia dal contatto personale che da quello aziendale, erano arrivate a destinazione.

Le lancette dell'orologio scorrevano tranquillamente e per essere le undici del mattino, avevo già chiamato la dirigenza tedesca almeno una decina di volte, senza ottenere nessuna risposta a parte la segreteria fastidiosa che mi invitava a lasciare un messaggio.
Provai altre due volte, fino all'ora di mezzogiorno, dopo di che mi trovai costretta a comunicare alla Nazionale Brasiliana che, da parte nostra il consenso c'era e che, dopo aver ripetutamente cercato di avere notizie da parte dell'associazione tedesca, non ci rimaneva altro che dare a loro il compito di contattarli, magari avrebbero avuto più successo.

L'appuntamento con Gustavo e con Federico era durato molto meno degli altri perché, con loro il lavoro lo avevamo svolto privatamente fuori dalle mura dell'ufficio dunque, quello che rimaneva da fare era firmare i documenti.
Agnelli fece il suo ingresso nel suo ufficio, poco prima dell'ora di pranzo e prima che mi decidessi a scendere al ristorante, ero passata da lui per vedere se avessa ancora tutti i capelli attaccati alla testa.
-sto impazzendo, per poco non ricordavo di dover accompagnare le bambine all'aeroporto per il loro volo per Londra- mi intenerì il fatto che si fosse appena separato dalla sue figlie che avrebbero festeggiato il nuovo anno insieme alla madre, in Inghilterra.
-è solo una brutta giornata, non una brutta vita- glielo dissi perché era un po il motto della mia vita, me lo ero persino tatuata sull'arcata costale di sinistra e rispecchiava molto il mio modo di vivere le cose.
Ci sono periodi meno felici della nostra vita, in cui crediamo di non potercela fare perche, magari anche se siamo circondati da persone, ci sentiamo cosi soli da non vederle nemmeno ma, come era giusto che dal cielo scendesse giù la pioggia, dopo era chiaro che dovesse spuntare il sole.
-notizie dalla Germania?- negai con la testa
-ho comunque inviato l'email alla federazione del Brasile spiegandogli che non riusciamo a contattarli- da sopra la scrivania, in mezzo a tutta quella carta che vi giaceva sopra, aveva tirato fuori un articolo di giornale da tutto sport.
-leggilo, è tutto merito tuo- afferrai il pezzo di carta che era stato fotocopiato e iniziai a leggere qualche riga.
"La Juventus dei più piccoli"
Si intitolava così l'articolo dove, la bellissima foto di Paulo accerchiato dai bambini che avevo riconosciuto all'istante, sorridendo verso l'obiettivo, occupava tutta la parte centrale.
- la joya colpisce ancora e stavolta nel mirino del dischetto non vi è solamente la rete da violare ma un futuro pieno di nuovi progetti.
Il bianconero argentino, ormai italianizzato, incontra i piccoli dello stivale per dedicare loro delle attenzioni che sanno di meritare.
Alla domanda: "ti fa piacere sapere di essere l'idolo di molti bambini?" , il giovane numero dieci risponde che: si, ne è onorato e spera di poter essere di buon esempio per loro.
Insomma, una Juventus da dieci in pagella...anche se, il super Paulo, sarà stato cosi bravo anche tra i banchi?- lo lessi ad alta voce, ridendo sull'ultima parte.
Non sapevo bene se fosse bravo o meno, di certo non era il primo della classe e non si faceva alcun problema a dirlo.
Nella vita ognuno di noi ha le sue priorità e la sua era chiaramente il pallone.
-riusciamo ad organizzarne una anche con Federico Bernardeschi?- mi chiese sorridente
-certamente- anche se, quella più che una trovata commerciale era stato un gesto carino nei confronti di Paulo ma, per quanto fossi in confidenza con Agnelli non mi sembrava il caso di dirglielo.
-e il premio per la miglior collaboratrice dell'anno va... rullo di tamburi: Ginevra Meneghini- mi fece ridere il suo modo di essere cosi sbarazzino , anche se indossava perennemente un completo giacca e cravatta nero e bianco.
-ho fatto solo il mio lavoro- il che era vero ma, allo stesso tempo ero contenta che si fosse accorto di quanto impegno e quanta dedizione ci avessi messo.
Prima di chiamare Lara, mi ricordai di sentire Mat e ovviamente rise per la situazione in cui mi ero cacciata la scorsa serata.
-quella ragazzina vuole la tua testa su un piatto d'argento- ovviamente l'esagerazione era il marchio di fabrica di Mat.
-non posso piacerle per forza, ha ragione a rendermi la strada in salita e sai come sono no? Mi intestardirò cosi tanto che alla fine riuscirò a piacerle, altrimenti mi odierà a morte- l'ultima parte non la contemplavo nemmeno, in un modo o nell'altro sarei riuscita a trovare un punto di incontro con Dolores.
-non può comportarsi da stronza, sai bene che  non è giusto- nella vita molte cose non erano giuste e questa sarebbe stata l'ennesima.
- disse il messeur Liberté égalité fraternité- rise dall'altro lato del telefono e lo lasciai croggiolarsi nella sua disperazione pre laurea.
La pasta al pomodoro, che mi guardava dal piatto, era invitante e il sapore era paradisiaco nonostante io fossi decisamente un'amante dei secondi piatti piuttosto che dei primi.
-amor- salutai Lara non appena mi rispose ala telefono.
-iniziavo a pensare che avessi sbagliato numero- mi disse
-ho avuto una mattina incasinata e ho trovato de tempo libero adesso che, sono a pranzo- dovevo mangiare evitando di sporcarmi come una bambina di due anni e allo stesso tempo dovevo mantenere il cellulare vicino l'orecchio.
-sei da sola?- dissi di si e iniziavo a preoccuparmi.
-sono incinta- la pennetta rigata mi andó di traverso e ringraziai il buon Dio per aver dell'acqua a disposizione nel bicchiere di vetro.
-sei viva?- tossicchiai un po per riprendermi
-si, puoi ripetere?- rise
-sono incinta, di sette settimane- un baby Gonzalo si materializzò nella mia mente
-sono contentissima- benché i bambini non fossero decisamente la  prossima meta a cui avrei auspicato, anche solo per il semplice fatto che dovevo ancora  prendere le misure di sicurezza con me stessa.
-io più di te- aveva la voce tranquilla e serena
-lo hai già detto a Gonzalo?-
-no, voglio dirglielo la notte di Capodanno- non proprio la più originale della sorpresa ma, ero sicura che il momento non sarebbe importanto; la notizia era così importante che avrebbe sortito lo stesso effetto pure se glielo avesse detto al telefono.
I bambini mi erano da sempre piaciuti perche, erano la voce del popolo e perché facevano tutto quello che gli pareva...tanto erano solo bambini e poi perché, mi ricordavano di me che ero una vera e propria peste.
- cosa ti piacerebbe che sia?- io speravo sempre nei maschietti perché le femminucce erano più complicate da gestire.
-femminuccia- ovvio, l'unica sempre fuori dagli schemi dovevo essere io.
-allora vada per il team della femminuccia- era così che ci si coalizzava tra donne.
Non sopportavo le risposte "l'importante è che stia in salute", che razza di risposta era?
Tutti i genitori, anche i più scellerati, avrebbero voluto che i propri figli stessero bene di salute , e questo prescindeva dal sesso del bambino.
-ho già comprato una tutina rosa, era troppo bella e non potevo lasciarla in negozio- mi lasciai trasportare dal suo entusiasmo e benché fosse molto presto, per iniziare a fare dello shopping per neonati, adoravo sentirla parlare di come si sentisse.
La mia pausa pranzo stava terminando e purtroppo avrei dovuto salutarla e mi dispiaceva parecchio.
Non la vedevo dalla trasferta a Napoli e lei poi, aveva preso il volo per Buenos Aires dove la attendeva una marea di lavoro.
-devo salutarti ma, se riesco provo a chiamarti prima dell'ora di cena- il pensiero della cena a casa Dybala, continuava a tenermi in agitazione.
-sarai spettacolare, mandami le foto del vestito- la salutai e mi alzai dal mio posto per dirigermi nel mio ufficio.

Quando vi feci ritorno, un bel mazzo di girasoli si trovava adagiato sulla mia poltrona girevole.
Li annusai per istinto e sorrisi contenta, non serviva sapere chi me li avesse inviati perché era palese dato che erano dieci, come il suo numero di maglia.
Nella bellissima confezione, con cui erano stati incartati, vi era legato un piccolo bigliettino che afferrai immediatamente.
"Come un girasole io ti seguirò
e mille volte ancora ti sorprenderò
e come un girasole guardo solo te
quando sorridi tu, mi lasci senza fiato".
Il mio cuore perse un paio di battiti e nonostante questo ,svolazzó imperioso nel mio petto.
Avevo l'impressione di aver letto questa frase da qualche parte, eppure non riuscivo a capire dove.
Era stato dolce a mandarmi i fiori e sapevo che quella di stasera sarebbe stata una cena importante per me, tanto quanto per lui.
Volevo essere impeccabile e renderlo felice come lui stava facendo con me.
Come una ragazzina alla prima cotta mandai la foto a Mat e a mia mamma, vantandomi di aver trovato il ragazzo migliore dell'universo.
"Culona" mi rispose Mat e risi di pancia.
Mia mamma invece, era stata molto meno colorata nella sua risposta che però diceva: "se non te lo sposi tu, divorzio da tuo padre e me lo sposo io".
Calmina mamma, calmina.

Il pomeriggio era stato molto meno impegnativo rispetto alla mattinata e sapere che, stasera quando sarei uscita dall'ufficio l'avrei poi rivisto il sette di Gennaio, aveva un non so che di estremamente piacevole.
L'anno stava volgendo al termine e potevo ritenermi soddisfatta dei traguardi che ero riuscita a raggiungere e delle belle esperienze di cui mi ero arricchita.
In macchina, sulla strada del ritorno, continuava a frullarmi in mente il testo del bigliettino di Paulo.
I fiori erano comodamente posati sul segiolino accanto al mio e ogni tanto li guardavo di sfuggita facendo sbocciare quel sentimento che non faceva altro che crescere dentro di me.
Al semaforo, le mie dita si mossero ritmicamente al tempo di una vecchia canzone italiana che non sapevo perché mi fosse venuta in mente poi, mi resi conto del perché.
Era da lì che Paulo aveva preso la frase; dalla canzone di Giorgia.
La cercai velocemente nella libreria musicale del mio cellulare e lasciai che questa riempisse l'abitacolo della mia macchina.
Fortunatamente ero da sola in macchina e potetti lasciare la cantate stonata che era in me, di salire sul palco.
Al mio rientro a casa, Mat si stava ingozzando di cibo cinese davanti una puntata di qualche serie tv su Netflix, di sfuggita mi accorsi che si trattava della casa di carta.
Mi aveva pregata di guardarla insieme a lui, garantendomi che fosse una delle serie tv migliori degli ultimi tempi ma io, non avevo più il tempo di fare nient'altro che non fosse lavorare.
Mise in pausa, giusto il tempo per salutarmi e poi mi lasció girovagare in cucina alla ricerca di un vaso di vetro dovre avrei potuto mettere i fiori.
-Mat- lo guardai colpevole e mi sorrise sconfortato.
-sapevo che non saresti riuscita a trovarlo- si alzò dal divano recuperando un vaso, dal mobile dove avevo precedentemente guardato.
Iniziavo a pensare che qualcuno si divertisse a prendermi in giro, ero certa che quel vaso prima non fosse lì.
Annusai un'ultima volta i fiori e poi glieli consegnai, dirigendomi verso la mia camera.
Amai infinitamente tanto Mat, per aver preparato la mia roba come un incredibile migliore amico quale era.
-sei il migliore- gli urlai dal piano superiore
-lo so, me lo dicono in molti- si vantò e mi fece sorridere.
Alla velocità della luce mi spogliai e mi infilai sotto la doccia, lavando i miei capelli e infischiandomene del fatto che, se avessi continuato con questa ritmicità mi sarebbero caduti dalla testa.
Il vestito che avrei indossato, lo avevo cercato per pomeriggi interi e quando l'avevo trovato mi ero sentita emozionata tanto quanto quelle spose del programma su real time "abito da sposa cercasi".
Alberto, il commesso del negozio in cui l'avevo comprato, aveva sudato settemila camice venendomi dietro con tutte quelle paranoie che avevo.
Alla fine avevo scelto  un vestito con le spalline sottili e lungo fin sotto le ginocchia, dal colore rosa antico che si sposava perfettamente con quella poca abbronzatura che mi era rimasta dall'estate appena passata; ai piedi portavo un paio di scomode decolté nere a punta e sopra avrei indossato quel pellicciotto che mi avevano regalato i miei nonni lo scorso anno, giusto per non rimanere con le spalle nude il ventotto di Dicembre.
Volevo essere elegante e all'altezza dell'uomo che avrei affiancato, davanti alla sua famiglia.
I capelli mi cadevano morbidi lungo i contorni del mio volto spigoloso e non avrei esagerato con il trucco, proprio perché era una cena in famiglia e non una serata tra amici.
-sei bellissima- il volto stupito di Mat mi fece sorridere di tenerezza.
Avrei voluto che anche loro mi sorridessero cosi, compiaciuti della mia persona, non per il mio aspetto fisico ma per quello che questo avrebbe lasciato intendere.
Volevo trasmettergli tutto il mio rispetto nei loro confronti e Alberto aveva giurato che i colori pastello sortivano questo effetto.
-grazie- gli risposi mentre impilavo un paio di orecchini di perle nei buchi delle mie orecchie.
-non so chi dei due, sia realmente il più fortunato- mi piaceva pensare che fossi stata io la più fortunata perchè, questo avrebbe significato che il mio regalo di Natale, quello sussurrato alle orecchie di Babbo Natale, mi fosse stato effettivamente consegnato.
Il rumore del campanello che venne suonato, ci fece sobbalzare e Mat corse al piano di sotto ad aprire, guardai velocemente l'orario dal mio cellulare e sapevo che Paulo era appena arrivato.
Spruzzai del profumo sulla pelle dei i miei polsi e con gli stessi lo strofinai gentilmente ai lati del mio collo.
Mi sentivo pronta? Assolutamente no
Volevo farlo? Assolutamente si.
Scesi le scale, facendo attenzione a non impigliarmi con i miei stessi piedi e quando lo vidi entrare dalla porta di casa mia, mi mancò il respiro .
Era bello oltre il possibile, indossava un paio di pantaloni neri di raso lucido che gli lasciavano le caviglie scoperte, ma non troppo.
Una camicia bianca, si intravedeva dal cappotto nero e lungo che indossava lasciandolo aperto; ai piedi portava un paio elegante di scarpe di cuoio nero , ed era perfetto.
Non credevo di aver mai visto una tale bellezza, in tutti i miei ventitre anni di vita.
Sembrava cucito apposta per lui e quel delizioso sorriso che mi rivolse, lasciando qualcosa in mano a Mat e raggiungendomi per afferrarmi le mani e aiutarmi con gli ultimi due scalini, mi riscaldò il cuore.
- e ogni volta che ti vedo mi lasci senza fiato- mi disse mentre con dolcezza poggiava un bacio sul dorso della mia mano.
Ero emozionata e avrei voluto piangere per quanto il cuore strabordasse di sentimento per lui .
Mat era sull'orlo del pianto e ci guardava come se fossimo il suo orgoglio personale e questo ci fece sorridere entrambi.
-la mia vita adesso ha un senso- le uscite di classe di Mat erano il motivo principale del perché lo amassi cosi tanto.
-vogliamo andare? Mia madre ci aspetta in macchina- annui a corto di parole, ancora troppo scossa dalla sua gentilezza.
Mi aiutò ad indossare il pellicciotto, che giaceva sul braccio del divano all'ingresso e non appena le sue mani calde entrarono a contatto con la pelle nuda delle mie spalle, un brivido mi percorse la schiena.
-vi amo e attento Dybala, da adesso ti tengo d'occhio- si strinsero la mano come se avessero appena sigillato un patto e dopo Mat gli consegnò nuovamente un piccolo sacchetto.
La scritta "Rossi Gioielli" spiccava dal sacchetto di carta e avevo paura a scoprire cosa contenesse.
L'ascensore ci mise due minuti ad arrivare e in tutto quel breve lasso di tempo, i miei occhi rimasero incollati ai suoi .
Dentro quel piccolo spazio, mi baciò delicatamente e apprezzai il fatto che avesse colto il momento in cui eravamo soli perché, anche questo sarebbe rimasto solo nostro.
-prometti di non arrabbiarti- annui sorridendogli, niente avrebbe potuto guastare quella serata.
Apri il sacchetto e ne tirò fuori una scatola quadrata ma, fortunatamente troppo grande per contenere un anello.
Quando lo aprì, tiró fuori un bellissimo bracciale di perle, così simile a quello che avevo perso due anni fa, durante la cena di fine corso con i miei ex colleghi di università.
Afferrò delicatamente il mio polso sinistro e lo aggancio ad esso, lasciandolo scorrere sulla mia pelle.
-adesso sei perfetta- baciò delicatamente le mie labbra
-grazie- lo sussurrai sulle sue labbra e avrei voluto che questo istante durasse per l'eternità.

-buonasera- avevo salutato Alicia che stava seduta nei sedili posteriori.
-querida- mi sorrise luminosa, come era tipico del suo bel volto.
-scusate se ci ho messo qualche minuto di troppo- mi scusai e i suoi occhi si posarono sul bracciale sorridendo contenta e fiera al figlio.
Qualcosa mi suggerì che lei fosse complice.
Sulla macchina si chiacchieró tranquillamente sul posto dove avremmo passato le vacanze di fine anno e ancora una volta il nome venne omesso proprio perché doveva essere una sorpresa.
-questo sarà il nostro primo capodanno con del tempo invernale- rimasi confusa e Paulo fu gentile a spiegarmi il perché.
-Da noi il capodanno cade nel periodo più caldo dell'anno, proprio perche ci troviamo dall'altra parte del mondo- effettivamente non ci avevo mai pensato.
-quindi, da voi Babbo Natale è in costume?- Alicia scoppió a ridere e io arrossi pensando di aver detto una stupidata delle mie.
-ho detto qualcosa di assurdo?- sussurrai velocemente a Paulo che scosse la testa divertito.
-no, non avresti nemmeno tanto torto ma, anche se ci sono giornate in cui ci sono trenta gradi all'ombra, abbiamo comunque lo stesso Babbo Natale di qui- provai compassione per quella gente che si sarebbe dovuta camuffare, sudando come pulcini, sotto quei quintali di stoffa imbottita.
-in Australia, fanno la corsa dei Babbi Natale sulle spiagge e loro indossano il costume- era vero, ogni anno il Tg italiano non faceva altro che fare questo assurdo paragone tra noi che raggiungevamo le temperature sotto lo zero e loro che bevevano limonata in spiaggia, coprendosi dal sole cocente.
Trovavo difficile immaginare un Natale che non contemplasse la neve e il freddo, che non fosse pieno di cioccolata calda e maglioni di morbida lana, che non avesse il sapore della legna che bruciava nel camino e il rumore del vento che soffiava abbattendosi sulle imposte.

Quando giungemmo al ristorante, fortunatamente meno pomposo del Combal.zero ma comunque un signor ristorante, Paulo parcheggiò affianco ad una macchina targata Svizzera e da essa, uscirono fuori Gustavo e la sua famiglia con Mariano.
Romina corse ad abbracciarmi e quello fu decisamente miracoloso per rompere l'imbarazzo iniziale.
-wow- mi sussurrò all'orecchio
-tu sei molto più bella- era fantastica, avrei pagato oro per arrivare alla sua età , dopo due gravidanze, con il fisico che si ritrovava.
-ci siamo tutti- disse Gustavo, impersonando la figura del capo famiglia e dirigendosi per primo verso l'ingresso del ristorante, al suo fianco sua madre e la moglie lo seguivano contente e parlottavano in dialetto Argentino che purtroppo non avrei saputo capire.
-io sono single- mi disse scherzando Lautaro e Paulo gli lanciò un occhiataccia che fece ridere sia me che Mariano.
-sta lontano dalla mia fidanzata, ragazzino- i due si guardarono per alcuni secondi prima che Lautaro gli scoppiasse a ridere in faccia mentre io, ero ancora in iperventilazione per l'appellativo con cui si era riferito a me.
-siete due deficenti entrambi- Dolores, scocciata affrettò il passo e ci lascio indietro.
-ma si può sapere che cosa ho fatto a tua sorella, mi odia all'improvviso- Paulo era troppo buono e forse troppo ingenuo per non rendersi conto che ero io il vero problema della ragazza.
-lo sai come è, ha sedici anni e tutto sembra remarle contro- sorrisi grata a Mariano per aver salvato la situazione.
A cena, l'atmosfera fu piacevole e tranquilla e non mi senti fuori posto nemmeno per un attimo anche se, vedevo Dolores estraniarsi completamente.
-scusa, ti va di accompagnarmi al bagno?- la sorpresi e non poté dirmi di no perché, tutti compreso suo padre la stavano guardando.
Si alzò senza proferire parola e mi seguì non appena mi diressi verso la toilette anche se, in realtà avrei voluto portarla fuori.
Quando si accorse del mio cambio di direzione, mi guardò confusa e io mi limitai unicamente ad aprire la porta e a farle spazio per passare.
Dalla borsetta pescai le mie sigarette e non sapevo se fumasse ma rischiai offrendogliene una, aveva diciassette anni e immaginai che anche lei come me al liceo aveva almeno una volta provato il fumo di una sigaretta.
La accettò continuando a non parlar ed entrambe guardammo un punto impreciso nel buio invernale.
-mi odi cosi tanto?- spezzai il silenzio
-non ti odio- mi rispose in un italiano meno preciso di quello di Paulo.
Mi voltai a guardara e ne osservai i bei tratti argentini, tipici del suo volto ancora acerbo ma sulla via della maturazione.
-non ti fidi di me?- volevo cercare di capire cosa non le piacesse di me.
-si, non so nulla di te e Paulo sembra troppo preso...quella stronza si è fatta i suoi comodi perché non le interessava che fosse felice ma solo avere quelle borsette stupide come lei- rimasi spiazzata dalle sue parole.
Credevo che provasse una grande simpatia verso Antonella ma, mi stavo sbagliando di grosso.
Risi per i viaggi mentali che mi ero fatta e lei mi guardò come se fossi impazzita.
-scusa scusa, non rido di te ma di me- mi guardò confusa
-pensavo che preferissi Antonella a me- stavolta quella a ridere fu lei.
-probabilmente non lo direi nemmeno sorto tortura cinese- le sorrisi
-facciamo un patto? Io ti dimostro che tengo a tuo zio perché sono innamorata di lui, e non dirglielo perche ancora non ho trovato il momento giusto per dirglielo e tu, tu prometti di venirmi incontro?- ci pensò alcuni secondi e con ancora un po di titubanza mi strinse la mano con la quale mi tirò verso il suo corpo, abbracciandomi.
-fallo soffrire e ti darò in pasto ad Abba!- l'immagine di quel delizioso volpino dal pelo bianco, che Alicia si portava ovunque, mi fece scoppiare a ridere.



Oggi sono di così buon umore che, aggiorno di mattina.
Questa è la prima vera e propria cena di famiglia ed è chiaro che risulti un po diversa dalle vere e proprie prime cene di famiglia perche, Gwen conosce già ognuno di loro e perché come ho lasciato che si capisse, Paulo e Ginevra erano gli unici a non essersi resi  conto che c'era qualcosa tra di loro.
Cambio di rotta per miss Dybala, è chiaro che come ogni ragazza avrà i suoi momenti di antipatia ma, in questo caso sono dovuti al legame che ha con Paulo. Alla fine, ho pensato molto a come potesse essere il rapporto di Paulo con i suoi nipoti e, nonostante questi siano effettivamente i figli di suo fratello, ho pensato che magari tra di loro ci sia più un rapporto di migliori amici che di zio e nipoti.
Fatemi sapere cosa ne pensate voi e se magari, avete avuto impressioni diverse dalle mie.
Buona giornata a tutte ❤️.

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