Tu sei (Le ceneri)

By nowheregiuls

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[Completa] [Finalista Italian Writers Award 2017] «Mi amerai ancora tra un'infinità di anni, quando non sarò... More

Istruzioni per l'uso
Prologo
1. Pupille dentro pupille, nero dentro nero
2. Lucky strike
3. I peggio casini
4. 📍Pierrot Le Fou
Note #1 -Killing me softly
5. Crepe nella creta
6. Pessima idea
7. Everest
8. Imparare la pazienza
10. Chi cerca, trova
11. Guarda da qui le luci della città
12. 05:59
13. Mettermi tra te e cento lame
14. Cristoforo Colombo
15. Limiti e scheletri
16.📍 È mejo er vino de li castelli
17. Imparare l'attesa
18. Nuvole bianche, grigie, nere
19. La mela dell'Eden
20. E tutti quanti hanno un amore... 1/2
20. ...sulla cattiva strada 2/2
21. E gli occhi del bambino, quelli non li danno proprio indietro mai
22. I mostri sotto il letto
23. Pericolo caduta stelle
24. Survivor
25. Come sul capo al naufrago l'onda s'avvolve e pesa
26. Imparare il vento
Note #2 - La canzone del sole
27. Ma l'amore ha l'amore come solo argomento... 1/2
27. ...il tumulto del cielo ha sbagliato momento 2/2
28. L'Alfa e l'Omega
Sorpresina EXTRA - Intervista a... 🎙
29. Cosa sei disposto a perdere?
30. If I lose myself tonight
31. Ma questa notte è ancora nostra?
32. 📍Dell'oro e di quel che luccica
33. Inesorabilmente... 1/2
33. ... rosso 2/2
34. L'autunno addosso
35. Fuga da Alcatraz
36. C'era una volta
37. Parola di lupetto
Note #3 - Andrea
38. Ghepardi in erba
39. Innesco
40. Incubi a Capodanno... 1/2
40. ...incubi tutto l'anno 2/2
Primo giorno
Secondo giorno
Terzo giorno
Quarto giorno
Fine primo tempo
Extra
SPIEGAZIONI
RINGRAZIAMENTI + Guida intergalattica alla sopravvivenza
SECONDA PARTE!
Annuncio: lieto evento (it's not a baby)

9.📍 Il Cantine

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By nowheregiuls

2010

Roma scorre sotto i miei occhi, urbana, trafficata, viva.
Andrea guida sicuro, regalandomi, tra le strade della Tiburtina e della Nomentana, uno scorcio del cuore pulsante dell'altra faccia della città eterna, quella fatta di raccordi, smog e palazzoni alti, ricoperti di murales e scritte e sfatti, che si vede da un miglio che l'intonaco è scrostato a causa del tempo e andrebbe ristrutturato tutto. Si infila in ogni spazio tra le macchine, scatta insieme al verde a ogni semaforo e fa spaventare una vecchietta che lo minaccia agitando la borsa da lontano.

Allargo le braccia e butto indietro la testa, godendo del vento che mi sferza il volto e mi scompiglia i capelli e le emozioni.

Sono Beatrice e sono libera.

Libera da tutti i pregiudizi, dai limiti autoimposti, dalle convenzioni, da quello che dovrei, da quello che è giusto e da quello che è sbagliato.
Da quello che, mio malgrado, non sono.
Verso quello che, mio malgrado, desidero con tutta me stessa.
E il percorso che sta nel mezzo è talmente coinvolgente - totalizzante, oserei dire - che non riuscirei a preoccuparmi del resto neanche se lo volessi.

*

«Mi accompagni dentro a prendere una birra?»

Siamo all'esterno de Il Cantine da circa quindici minuti, due dei quali trascorsi a conoscere alcuni suoi amici e i restanti tredici per i fatti miei, a fare finta di essere impegnatissima a messaggiare. Più passa il tempo, più mi convinco che Andrea non sia del tutto pratico nemmeno delle convenzioni sociali di base, considerando che si è chiuso in una conversazione inerente il calcio, il tempo e il rincaro dei prezzi delle sigarette.
Stavo giusto iniziando a pensare di recuperare una di quelle mani giganti da stadio che si vedono in tv e sventolarla per farmi notare, quando si è ricordato senza l'aiuto del pubblico della mia presenza.

Reprimo una facile battuta acida e annuisco; sgomitando, riusciamo ad entrare nel locale gremito di gente e riesco a malapena a sentire le sue parole.

«Qui ci sono delle ottime birre artigianali. Cosa ti piacerebbe?»

«Una bionda piccola?»

«Andata.» Sorride. «Aspettami qui, te la porto subito.»

Si allontana verso il bancone e dopo poco già ne sento la mancanza al mio fianco.

No, aspetta un minuto.
Cosa hai appena pensato? Ma, dico, che problemi hai?

È che in realtà questa presenza a volte scostante, palesemente incapace di intrattenere normali rapporti tra pari, mi ha stregato; il bello è che non so nemmeno io perché.
Mi sento inevitabilmente attratta come una falena dalla sua luce, come Icaro dal suo sole e in questo preciso istante non so se mi sento più falena o più Icaro, ma non riesco a scrollarmi di dosso l'altrettanto inevitabile sensazione che il calore mi ustionerà.
La voce di Miranda Bailey si fa largo, nitidamente, tra i miei pensieri: "Femmima, 18 anni, ustioni di 3 grado sul cuore. Fibrillazione ventricolare. Reidratazione e 1 mg/kg di lidocaina in bolo, presto!"

In più, un pensiero continua ad agitarmi. È un appuntamento? Non lo è? Se lo è, quale ragazzo ti porta in un locale, ti ignora mentre siete in gruppo e sparendo per ben dieci minuti nella folla ti molla da sola a interrogarti sulla corretta gestione delle urgenze in Grey's Anatomy?

«Sei Beatrice?»

Guardo il ragazzo con la maglia nera di fronte a me con sospetto. «Dipende.»

«Secondo me sei Beatrice» dice sorridendo. Si punta un dito addosso. «Io sono uno dei ragazzi che lavorano in questo posto» indica la birra che ha in mano «E questa è la tua bionda piccola!»

Di bene in meglio. Rettifico i pensieri di prima, il mio presunto appuntamento non solo mi ha mollata da sola - e sì, la sento anche io, l'assonanza e rende ancora meglio, cazzo - è anche sparito facendomi portare la birra da qualcun altro. Eccellente.

Perché sono saltata nella brace? La padella bruciacchiava un po', ma insomma, almeno aveva una superficie regolare. I pezzi di carbone punzecchiano.

Il ragazzo di prima mi picchietta sulla spalla. «Un'ultima cosa. Forse dovresti guardare lì in fondo al locale, mentre bevi.» Mi saluta e se ne va.

Quando mi volto verso il punto indicato, vedo Andrea che abbraccia una ragazza che non riesco a distinguere bene. Lei lo stringe forte, mentre lui le scompiglia i capelli.
Reprimendo uno sconcertante moto di fastidio, alzo gli occhi al cielo.

Scusate, lassù? Perché non mi avete avvisato che c'è qualcosa di peggio della brace? L'inferno con Lucifero in persona, forse?

«Beatrice.»
Mi si gela il sangue. Mi faccio prendere dal panico. Aiuto. La voce che mi chiama non è al mio fianco. È ovunque.
Riabbasso gli occhi, con cautela, e vedo Andrea con un microfono in mano.

Non sta accadendo.

«Bea, avvicinati, dai.»

E invece sta proprio accadendo.

Con i piedi di gelatina mi avvicino al palchetto improvvisato in fondo al locale e lo guardo confusa.

«Questa, la suono per te.»

La gente che affolla il posto applaude e mi guarda curiosa, qualcuno addirittura mi regala delle amichevoli pacche sulle spalle, mentre Andrea posa il microfono sul supporto, si siede sullo sgabello e inizia a sfiorare le corde della chitarra. Ancora una volta, le note che si propagano nel locale hanno il potere di farmi arrivare oltre, dove non conosco i confini, dove perdo i contorni, dove siamo semplicemente Andrea, semplicemente Beatrice.
La ragazza che Andrea abbracciava poco fa, che ho riconosciuto essere la stessa ragazza che cantava con lui al PLF, inizia ad accompagnare le sue note.
E ancora una volta, inevitabilmente, il cuore è pieno di lui.

Non so se qualcun'altra oltre me guardandoti, sentendoti, avendoti addosso si sia mai sentita come mi sento adesso io. Io so solo che mi sento viva.

In questo locale, sotto i tuoi occhi, mentre suoni assorto, sento di aver conosciuto una nuova parte di me, fino ad ora straniera persino ai miei stessi occhi.

Mi riconosco nella meraviglia con cui studio la curva del tuo naso, le tue folte ciglia, le tue labbra appena piegate in un sorriso che si allunga più a destra che a sinistra, la tua espressione concentrata, guardandole come fosse la prima volta, perché in fondo io lo vedo, che quando suoni, tu, ti mostri davvero per quello che sei.
Mi riconosco nella voglia di percorrere la via per conoscerti e viverti, nonostante sia consapevole che sarà impervia e buia, mi riconosco nella determinazione e nella facilità con cui ogni volta prendo questa scelta.
Mi riconosco nell'assurda convinzione che tu potresti essere in qualche modo colui che mi salverà.

E ancora una volta, inevitabimente,
come falena,
come Icaro,
cedo.

«Allora? Come ti è sembrato?»
Una quantità di tempo non del tutto identificabile dopo, Andrea sorride, al mio fianco, mentre beve la sua birra.

Catturano la luce, i suoi occhi, e mi piace ancora di più.

«Te la cavi» rido. «Per un attimo ho pensato mi avresti lasciata al bancone da sola, sedotta e abbandonata.»

«Non avrei potuto, Beatrice.» Mi lancia un'occhiata carica di significato. «Non ti ho ancora sedotta.»

La birra mi va di traverso e deglutisco sabbia, mentre Andrea sorride sotto i baffi e mi dà delle pacchette sulla spalla.

«Deficiente.» Gli mostro il dito medio e faccio un piccolo sorso per aiutarmi a mandare giù tutto.

«In ogni caso non mi hai ancora parlato per bene di te: sono tutt'orecchi.»

«Mi chiamo Andrea e ho 20 anni.» Si stringe nelle spalle.

«E fin qui ci arrivavo anche io. Dettagli, forza.»

«Mi piace suonare.»

«Scontato.»

«Suonare la chitarra, intendo.»

Lo guardo, con un'espressione di puro sconcerto dipinta a regola d'arte sul volto. «Dai! E io che pensavo fossi un artista nello strimpellare citofoni!?»

«Okay... Amo stare con gli amici a cazzeggiare la sera.»

«Ma non mi dire!» Lo guardo con sufficienza e con una punta di astio. Non bastano due note per farmi dimenticare il siparietto del momento in cui siamo arrivati.

O comunque non bastano del tutto, dai.

«Non sono un tipo molto loquace.» Si passa la mano sulla nuca in imbarazzo.

«Me ne sono accorta, neanche un tipo molto paziente. Ma hai anche dei difetti.»

Potesse incenerirmi con lo sguardo lo farebbe adesso. Continua a bere non proferendo parola.

«Avanti, su, dimmi qualcosa che non so.»

Dopo qualche minuto di silenzio, si volta completamente verso di me e mi guarda con fare di sfida.

«D'accordo. Sono stato bocciato per ben due anni consecutivi e, visto il numero di assenze, con estrema probabilità questo sarà il terzo. Non che le assenze siano l'unico dei miei problemi, a scuola. Faccio la vita da adolescente a casa dei miei per gli ovvi motivi che ti ho appena esposto, ma a vent'anni mi sento soffocare da questa realtà e vorrei andare a vivere da solo. Le mie continue bocciature sono il motivo per cui tutti i miei più grandi amici hanno la tua età» mi indica. «Non ho ancora idea di cosa voglia fare nella vita: sarà brutto da dire, ma non ho grandi aspirazioni. Mi piacciono le cose semplici, odio le etichette imposte dalla società per cui dobbiamo per forza avere un mestiere che ci definisca, vorrei vivere delle piccole cose che piacciono a me. A questo proposito vivrei della mia chitarra, ma non sono abbastanza coraggioso da inseguire questo sogno e continuo semplicemente a suonare in giro per i locali.
Mi viene difficile mantenere le promesse. Ho scarsa memoria a breve termine. Amo i gatti randagi e la loro diffidenza. La mattina faccio colazione con un cappuccino e tre biscotti.»

Lo guardo sbigottita. «Sono un sacco di parole in fila per non essere un tipo molto loquace» lo prendo in giro sorridendo.

«Già.» Dà un sorso alla birra. Poi mi guarda, con una strana luce negli occhi, e continua.
«Oh, e ho una ragazza.» Altro sorso.
«Per ora.»

***

Spengo la sveglia con un gesto pesante e assonnato della mano, dopo aver mandato a vuoto almeno quattro tentativi. Non so come diamine sia possibile che sia attiva, visto che è una stramaledetta domenica e ogni stramaledetta domenica ho lo stramaledetto diritto di dormire più a lungo.
Piccata, mi giro sul lato destro, chiudo gli occhi e invoco il sonno.
Nessuna risposta.
Aspetto.
E niente, nemmeno l'attesa paziente mi premia; friendzonata persino da Morfeo. Mi sembra quasi di sentirlo: "Scusa ma ti vedo solo come una da 6 ore di sonno".

Mi rassegno, mi volto supina e spalanco gli occhi. Il punto è che mi frullano ancora in testa le parole di Andrea e non so se sono più turbata dal fatto che mi abbia portato allegramente a spasso nonostante sia impegnato o dalla nonchalance con cui l'ha esposto.
Alla mia faccia sbigottita ha risposto, in due parole, che lei è infantile, petulante e pesante; lui trascorre l'ottanta per cento del suo tempo a ignorarla e il venti a discuterci e sta solo aspettando il momento migliore per scaricarla, ma per lui è come se fosse già chiusa.

E allora perché non l'ha già mollata?
Non esistono momenti adeguati a brutte notizie.
La mia coscienza, pericolosamente simile a Tina Cipollari, strepitava di chiudergli i microfoni mentre esponeva con tanta dovizia di particolari la situazione.

Per di più, è preso da me e dal mio carattere, il mio sguardo l'ha rapito e per me farebbe follie. Bla, bla, bla.
Ma non mi dire.

"Tu sei furbo, bello!" Urla Tina, nell'angolo.

Sorrido amaramente mentre constato che mi sono fatta lisciare l'ego con quelle parole come col pelo di un gatto persiano. Ci vuole davvero così poco, quando siamo interessati a qualcuno?
È esattamente da quel momento che cerco di soffocare sotto un cuscino, un piumone e un materasso la voce di Tina-Coscienza, con scarsi risultati a quanto pare, visto che sembra saper urlare benissimo attraverso i tessuti.
E diventa sempre più fastidiosa.

"Se l'ha fatto con lei, potrebbe farlo anche con te!"

Frustrata, metto la testa sotto il cuscino e scalcio sul letto. Mai una gioia. Mai.

*

Quando due capitoli di biologia, uno di storia e dieci componimenti di Catullo dopo mi decido ad uscire di casa è ormai sera e con indosso la felpa rosa con gli orsetti, pezzo forte dell'outfit casalingo, stringo tra le mani il sacco nero dell'immondizia. La mia agenda stasera prevede nientepopodimenoche un'escursione di dieci metri per un incontro ravvicinato col cassonetto dell'indifferenziata di fronte casa, a lume di luce di lampione. Posso ritenermi una donna estremamente fortunata.
Sollevo il sacco più alto di me e con un movimento molto poco fluido lo schiaccio all'interno del cassonetto. Michael Jordan de noantri.

«La ringrazio per avermi concesso il suo tempo, è stato un dispiacere, a mai più rivederci.»
Mi inchino di fronte al bidone e agito la mano come la regina Elisabetta, pronta a rientrare in casa.

Arrivata vicino alla cassetta delle lettere raccolgo i depliant e strappo il post it giallo che parlerà sicuramente dell'ennesima pizzeria aperta dietro casa, faccio per buttare via il tutto e

"A"

spunta da un angolo del post it accartocciato.

Da fuori, mi osservo svolgere la carta giallo fluo con le unghie smangiucchiate e sgranare gli occhi.

E un'altra volta ancora le mie labbra si schiudono e sussurrano quel nome che invade ogni mia fibra.
Un'altra volta ancora le mie dita tremano, bramose di sfiorare, sentire, accarezzare qualcosa che non sia questo mix di cellulosa e colorante che ho tra le mani.
Un'altra volta ancora, le fragili mura che mi sono costruita attorno si sgretolano.

Tu sei lupo in questa favola tutta al contrario in cui prima mattoni, poi legno, poi paglia, soffi via le mie protezioni. Io, invece, sono poco scaltra in questa favola tutta sbagliata in cui, guidata da cosa non so, una volta dopo l'altra, scelgo materiali sempre più deboli a farmi da corazza.

Senza pensarci due volte, mossa da nient'altro che puro istinto di sopravvivenza, entro in casa, avviso i miei e prendo l'mp3.
Cellulare nella mano destra e cuore nella sinistra, mi allontano verso piazza di San Giovanni in Laterano.

Il Cantine è un locale con musica dal vivo e birra artigianale.
📍 Via della Batteria Nomentana 66, Roma 🍻


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