Hybrid - L'Esperimento

By AlessiaSanti94

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Il mondo non è abitato solo dagli esseri umani. Loro lo ignorano, convinti di essere l'unica forma di vita pr... More

BOOK TRAILER HYBRID
.
1. Turno di Ronda
2. Buon Compleanno!
3. L'Incontro.
4. L'Attacco.
5. La Caserma.
6. Il Signor Clint.
7. Il Racconto - parte 1.
8. Il Racconto - parte 2.
9. Piano d'Azione.
10. Il Test - parte 1.
11. Il Test - parte 2.
12. Risposte.
13. Presentazioni Ufficiali.
14. Addio.
15. Cambio di Programma.
16. Il Nuovo Team.
17. Nuove Conoscenze.
18. Primo Allenamento.
19. Difesa Demoniaca.
20. Impegnarsi di Più.
21. Sogni Reali.
Genuine Goals!
22. Questione di Tempra.
23. In Missione.
24. Inferiorità Numerica.
25. Grazie.
26. Notti in Bianco.
27. Territorio Minato
28. Decisioni Notturne
29. Sensi di Colpa.
30. La Cura.
31. Voci.
32. Acqua.
33. Il Vero Jared.
34. Compromessi.
IMPORTANTE!
35. Domande.
36. Lacrima.
37. Litigio.
38. Da una Verità all'Altra.
39. Subisci o reagisci?
40. Ha Bisogno d'Aiuto - parte 1.
41. Ha Bisogno d'Aiuto - parte 2.
42. Offerta di Pace.
43. Bugie.
44. Chi è il Mostro?
45. Fiducia e Illusioni.
46. Concentrazione.
47. Joyland.
48. Blue River.
49. Chilometro Centoventi.
50. Ritorno al Presente
53. Destinati a Soffrire.
51. Lasciati Andare
52. Vinculum Aeternum.
54. Prepararsi a combattere.
55. Bloody Night - parte 1.
56. Bloody Night - Parte 2.
57. Assassina
58. Esequie Celesti.
59. Verità.
60. Punto di Rottura.
62. Il Giudizio.
63. Epilogo.
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Avatar dei personaggi
Sequel di Hybrid
SPECIALE! CAPITOLO EXTRA
Disegni personaggi

61. Vuoto Dentro.

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By AlessiaSanti94

Jared.

Fisso con impassibilità le lingue di fuoco che ardono nel caminetto della mia stanza. Sono rosse, viola, gialle, e illuminano il nero dei mattoni, scuriti dalla fuliggine. Non hanno forma, le fiamme. Bruciano inconsapevolmente e danzano nell'aria come se non dovessero mai smettere di farlo. Come se l'ossigeno a loro disposizione non dovesse mai esaurirsi. Ma in realtà c'è una fine a tutto. C'è, e quando arriva fa male da morire.

Vorrei bruciare come il fuoco anche io.

Appoggio entrambe le braccia sulla parete e prendo un respiro calmo. Una, due volte. Lo faccio con una metodica compostezza, perché non mi sento nervoso o arrabbiato. No, la verità è che non sento più niente.

Mi chiedo in ogni momento libero della giornata che cosa ne sia rimasto di me dopo il litigioso addio con Abby, che ha sancito una nuova e profonda linea di separazione. La risposta arriva sempre confusa e ovattata, come se provenisse da una stanza insonorizzata e chiusa da cento lucchetti: nulla, mi dice. Non ne è rimasto nulla.

In realtà qualcosa lo sento ancora. È lieve, una debole sensazione in procinto di scomparire da un momento all'altro. È qualcosa che mi fa abbassare costantemente gli occhi sul polso, alla ricerca di un segno... di un segnale che adesso mi è difficile captare.

Il marchio del Vinculum è ancora lì, completamente stinto e sbiadito. È nero, ma quasi trasparente, come se fosse stato colorato con degli acquerelli. Fino a ieri c'era, forte e incontrastato, e adesso non c'è più. È davvero strana l'Alchimia.

Ma cosa mi sfugge? Cosa mi sfugge, cosa mi sfugge, cosa mi...

Qualcuno bussa alla porta della mia stanza. Mi sposto dalla parete e mi lascio cadere di nuovo sulla sedia accanto al camino.

«Non voglio vedere nessuno» rispondo con voce fredda e tagliente, gli occhi di nuovo fissi sulle fiamme che bruciano il ceppo di legno.

Vorrei bruciare anche io.

La porta si apre lo stesso e fa ingresso Janise, avvolta da un trench tortora elegante e un paio di stivali neri con il tacco basso. Si avvicina a me lentamente e mi sfiora la spalla, aspettandosi che mi volti a guardarla. Ma non lo faccio. In questo momento il fuoco che brucia è l'unica cosa che mi faccia ricordare che sono vivo e che la vita sta andando comunque avanti, anche se a me manca qualcosa.

«Jared, so che non è un buon momento, ma...»

«Perfetto, allora visto che lo sai, perché non esci dalla mia stanza nello stesso elegante modo in cui sei entrata?» ribatto con cattiveria.

Janise trattiene il respiro e lascia la presa leggera sulla spalla. Probabilmente c'è rimasta male, ma adesso non m'interessa. È lei che è voluta entrare senza la mia approvazione. Ora deve prendersi quello che viene.

«Hai intenzione di piangerti addosso per il resto della vita?» il suo tono adesso è piccato. Forse ha capito che la migliore strategia è l'attacco.

Unisco le mani di fronte a me e intreccio le dita. «E se anche fosse?»

«Non permetterò a mio fratello di chiudersi in se stesso. Puoi scordartelo. Devi riprenderti, così potrai...»

«Rispondere alle vostre domande moleste?» concludo al posto suo «È questo il motivo per cui devo uscire da questa stanza? Per farmi interrogare come il peggiore dei condannati su quello che è successo ieri in giardino? È questo che volevi dire, Janise?» mi volto a guardarla di scatto e mi accorgo di come anche il suo sguardo sia spento e stanco. Ha dei segni scuri sotto gli occhi e il sorriso teso all'ingiù. Si morde gli angoli delle labbra, come se volesse trattenersi dal dire qualcosa di fastidiosamente urticante.

«Forse è meglio che ti apri con noi adesso, Jared» mi fa presente a bassa voce, quasi pregandomi «Perché tra qualche ora lo dovrai fare davanti a una commissione di Celesti. A Danville.»

«Non voglio andare a Danville. Ho sempre odiato quella città.»

«Il Consiglio ha deciso di intervenire in questa storia. Il piano di David ha fallito e adesso tutta la Caserma è sotto inchiesta per... non lo so, per delle accuse assurde.»

«Pensano che sia il colpevole, vero?» sorrido con freddezza e torno a fissare le fiamme.

Perché non mi bruciate ora? Ve lo sto chiedendo quasi in ginocchio.

Janise raggiunge la poltroncina di pelle di fronte a me e ci si siede, restando però in una posa rigida e nervosa. «Lo sai già cosa pensano. Come sai già che tra poco dovremo partire per Danville. Per questo sei vestito tutto di nero.»

«Dovevo intonare il completo al mio umore.»

«Jared.»

«Lo so, lo so... Non dovrei essere sarcastico, quando sto per essere chiamato a giudizio nella Corte di Giustizia Celeste. Pessima tattica.»

Janise sospira e si copre il volto con le mani. «Se risponderai a loro nello stesso modo in cui fai con me, allora sei fottuto.»

«Mi fotteranno lo stesso, Janise. Credo che questo insignificante dettaglio sia chiaro a ognuno di noi dal momento in cui sono arrivate le convocazioni a Danville.»

Adesso lei mi guarda e scuote la testa. Sembra che si stia sforzando per non prendermi a schiaffi qui, seduta stante. Se ci fosse stata Abby, al posto suo lo avrebbe fatto. E io gliene sarei stato grato. Ma Janise invece si limita a fissarmi dall'alto della sua disapprovazione. So già come dentro di sé stia criticando il mio pessimo modo di reagire ai problemi. Ma forse non ha capito che io ho deciso di affondarci dentro, ai miei problemi, solo per non doverci pensare più.

«Te lo chiedo per l'ultima volta, Jared. Prima di me ci hanno provato tutti gli altri, e sono stati cacciati in malo modo da te. Ma io non arrendo davanti al rifiuto e sfrutto questi ultimi minuti utili per tentare ancora» mi dice, fissandomi negli occhi «Cosa è successo lì fuori, ieri? Hai davvero fatto fuggire Abby volontariamente?»

Rifletto sulla sua domanda, poi sospiro, stanco della mia stessa reticenza. «No. Se n'è andata da sola.»

«E perché glielo hai lasciato fare?»

«Perché non avrei potuto fermarla.»

«Questa è una bugia. Non puoi mentire in sede di Giustizia, Jared» mi ammonisce furiosa «Perché glielo hai lasciato fare? Pensaci bene, perché questa sarà la tua risposta quando sarai chiamato a testimoniare di fronte a un gruppo di persone che ti vuole fuori dai piedi.»

Mi picchietto l'indice sulla tempia e inarco il sopracciglio. «Non volevo che fuggisse. Vederla scappare via era l'ultima cosa che desiderassi, lo sai. Ma lei ha fatto leva su qualcosa che non potevo fermare.»

«Cosa?» ribatte Janise, esasperata.

«La Persuasione» sputo fuori alla fine «Mi ha persuaso a lasciarla andare. Mi ha persuaso a... scordarmi di noi. Io... Io non mi ricordo che cosa eravamo, Janise, ti rendi conto? È da ieri che non faccio altro che pensare a questo interrogativo. È da ieri che mi fisso il polso e cerco di capire perché diavolo avessi quel simbolo marchiato sulla pelle!» scatto in piedi come una molla e inizio a camminare su e giù per la stanza.

Janise mi imita e si ferma di fronte a me. Mi afferra il polso in malo modo e se lo porta di fronte agli occhi. «Ha spezzato la Iunctura...» mormora, sfiorando con il polpastrello le linee curve quasi cancellate «Voi due non siete più legati.»

Scanso bruscamente il braccio e lo faccio scivolare lungo i fianchi. «Quello lo avevo già constatato da me. Il problema è che non riesco più a ricordare perché eravamo legati.»

Lei prova a trattenere un'espressione allibita, ma il risultato è pessimo e mi fa sentire ancora più destabilizzato. «Cioè, fammi capire... Tu non ricordi più niente di quello che c'è stato tra di voi? Nemmeno se ti concentri?»

La guardo e rimango in silenzio. La sua frase mi inizia a vorticare nella testa a mo' di monito. Nemmeno se ti concentri? Nemmeno se ti concentri te lo ricordi, Jared? Non ricordi più niente?

Chiudo gli occhi e per un momento il buio mi avvolge.

"«Mi chiamo Abby Lorelaine e sono una cittadina americana del tutto in regola!»

«Il mio nome è Jared. E non sono lieto di fare la tua conoscenza, dal momento che mi hai messo in una svariata serie di guai.»"

"«Io non ho paura di te» Quando lo sguardo tra noi diventa infuocato, sento il formicolio provocato dal contatto della nostra pelle crescere fino a diventare quasi fastidioso."

"«Cosa mi stai facendo, Jared?»"

"«Sto solo cercando di scavare più a fondo. Di conoscerti.»

«E perché vorresti conoscermi fino a questo punto, Abby?»"

"«Come si riconoscono due persone legate dalla Iunctura?»"

Aggrotto le sopracciglia, ancora con gli occhi chiusi. Come si riconoscono due persone legate dalla Iunctura? Torno a concentrarmi su questo flusso di pensieri aggrovigliati.

"«Non provi nessuna emozione?»"

Le sue labbra sulle mie, il fiato corto e una sensazione di... Di? Di cosa? Non riesco a ricordare.

"«Non te l'ho mai detto prima d'ora, ma penso di essermi...»

«Non serve che tu lo dica.»"

Non serve che le dica cosa? Cosa volevo dirle? Cosa, cosa, cosa, maledizione?

«Jared!» Janise mi scuote per le spalle e mi fa tornare con la mente alla realtà. Sbatto le palpebre e la fisso esterrefatto, come se non mi rendessi conto nemmeno io di essere stato risucchiato da un vortice di ricordi passati e pieni di buchi neri.

«Ti stavo parlando, ma era come se stessi su un altro mondo! Che diavolo ti succede?»

«Io stavo... Non lo so. Immagino che stessi pensando» borbotto.

Janise sospira e annuisce. «Stavi pensando a lei, vero?»

«Presumo.»

«Mi dispiace, non volevo essere brusca.»

«Janise, io e Abby eravamo davvero molto legati?» mi lascio sfuggire, come se non riuscissi a non domandarlo ad alta voce.

Lei mi fissa con uno sguardo strano, quasi compassionevole, e devia la traiettoria. «Se te lo dicessi, pensi che cambierebbe qualcosa?»

«Io... No. Credo di no.»

«Allora non è importante che tu lo sappia. Non adesso, quando dovresti concentrarti su qualcosa di impellente come il tuo giudizio. Dimenticati per un momento di lei e focalizzati su quello che dirai in sede di commissione, okay?» mi ripete per l'ennesima volta «Quando la giuria te lo chiederà, tu cosa risponderai?»

"Penso di essermi..."

«Dirò che sono innocente. Dirò che Abby Lorelaine mi ha obbligato a lasciarla fuggire contro la mia volontà.»

"Non serve che tu lo dica."

«Dirò che non ho voluto niente di tutto quello che è successo tra noi, perché lei è la figlia di un Demone. Rinnegherò ogni cosa, perché il mio posto è qui, nella Caserma. Come Occhio dell'Esercito» concludo inespressivo.

Janise sorride con tristezza e mi dà una pacca sulla spalla. «Benissimo. Sicuramente questo non basterà contro le accuse, ma speriamo che almeno limiterà i danni.»

Qualcun altro bussa alla porta e la apre senza nemmeno attendere una mia risposta. Mia madre fa il suo ingresso in pompa magna, vestita con un completo sobrio abbinato alla sua espressione scura, e ci fissa con un'espressione seria.

«Dobbiamo andare. A Danville ci stanno aspettando.»

***

La città di Danville si trova a circa sette ore di viaggio in auto da Henver, nello stato del Nebraska. È un grande distretto di palazzoni e costruzioni architettoniche all'avanguardia, circoscritte da un piccolo lago artificiale, creato per delimitare la zona e minimizzare gli ingressi. Il Dìkes Bridge, anche detto ponte della giustizia, è lungo all'incirca due chilometri e attraversa da una parte all'altra il Meadle Lake.

Attraversare il Dìkes Bridge è sempre un piacere per gli occhi, grazie alle file di lampioni che illuminano la strada sospesa sull'acqua. Ma arrivare a Danville e vedersi stagliare di fronte a sé quella cinquantina di grattacieli dai vetri azzurri lucidi non è mai una bella sensazione. Nessuna persona sana di mente andrebbe a passare del tempo libero in quella città, nemmeno il turista più sprovveduto.

Chi va a Danville è perché ha qualcosa da scontare.

Dal momento che nella città della Giustizia si può accedere e uscire previa autorizzazione del Consiglio Celeste, le visite e i visitatori sono costantemente tenuti sott'occhio, facendola apparire agli umani come una cittadella di ricerca scientifica degli U.S.A..

In realtà, dentro a quei grandi palazzi, vengono processati i più importanti crimini del mondo paranormale, di natura Celeste e Demoniaca. La cittadella infatti racchiude uffici amministrativi, penali e la tanto temuta sede dalla Giustizia, in un palazzo stile post moderno situato nella piazza principale.

Ed è proprio lì che ci stiamo dirigendo, divisi in tre minivan dai vetri oscurati. Nel primo ci siamo io, Janise, Nolan, mia madre, Tom e Gabriel, mentre negli altri David e una serie di Alchimisti e professori che hanno deciso di prendere parte come pubblico nell'aula giudiziaria, come rappresentanti senza diritto di parola della Caserma di Henver. Gli unici messi sotto inchiesta siamo io, come presunto colpevole della dipartita di Abby, e David, in vece di gestore del nostro distretto Celeste e quindi suo responsabile. Entrambi siamo tesi come corde di violino perché, tra tutti, siamo coloro che possono perdere di più: io il mio ruolo di Occhio, mentre lui il suo di direttore della Caserma.

«Siamo arrivati» comunica Nolan, alla guida del minivan nero. Si ferma alla fine del ponte e abbassa il finestrino proprio di fronte a un gabbiotto di guardie in divisa.

«Avete il visto per entrare?» gli domanda un uomo in abiti blu, dall'aria seria e impostata. Con la coda degli occhi prova a sbirciare all'interno della vettura, poi torna a guardare Nolan, che gli porge la lettera della nostra convocazione.

«Avete una discussione nel palazzo di Giustizia alle quattro del pomeriggio» legge ad alta voce, con lo sguardo corrucciato.

«Così c'è scritto. Qualche problema?» ribatte Nolan.

«Sono le tre e cinquanta, adesso.»

«Okay...» lui si stringe nelle spalle senza capire il punto della discussione «E allora?»

«Di solito ci si presenta con almeno mezzora di anticipo per questioni così... importanti.»

«Mi scusi, signor... Deavon» Nolan si sporge dal finestrino e stringe gli occhi per leggere il nome stampato sul cartellino della guardia «Abbiamo fatto un viaggio di quasi otto ore e ci siamo presentati qui con un largo anticipo di dieci minuti. Perché non alzate le sbarre e ci fate passare?»

L'uomo rimane a fissarlo in silenzio, senza sapere come ribattere, poi il suo collega si avvicina con in mano il telecomando del cancello e gli batte una mano sulla spalla. «Lascia perdere, Bernard. Vengono da Henver... È già tanto che sono venuti in auto e non su un carro trainato da bestie da soma.»

Deavon si riprende e scuote la testa, prima di dare l'ordine di aprire le sbarre. Ridacchia a bassa voce e ci fa segno di proseguire. «Benvenuti a Danville, forestieri.»

Nolan grugnisce un grazie a denti stretti e ingrana la prima marcia, diretto verso il centro della città.

«Ricordatemi perché non abbiamo ancora messo fuoco a questo delizioso distretto all'avanguardia» sibila Janise, seduta accanto a Nolan «Insomma, ci hanno dipinti come dei campagnoli! E solo perché non sperimentiamo ancora nanotecnologie in fibra di titanio per lavarci i denti.»

«Janise, per favore, cerca di tenere a freno la lingua» la zittisce nostra madre, senza smettere di guardare la strada «Ho già un figlio in procinto di essere congedato dal servizio. Cerca di non farti arrestare pure tu.»

«Jared non si farà arrestare. David non sarebbe affatto felice di perdere il suo Occhio dell'Esercito» ribatte lei, incrociando le braccia al petto con fare saccente.

«Ma David è sotto inchiesta come lui. Ergo, non ha potere decisionale. E non cercare di difendere tuo fratello. Avremmo dovuto immaginare che questa maledetta storia sarebbe sfociata a Danville, alla fine.»

«Guardate che sono dietro di voi» borbotto a entrambe, con gli occhi fissi sul finestrino laterale «Riesco a sentirvi.»

«Zitto, tu» s'intromette di nuovo Janise, roteando gli occhi «Non hai spiccicato parola per tutto il viaggio, quindi non iniziare a farlo ora solo per portare...»

«Ehi, ehi! Calmatevi tutti!» sbotta Nolan, inchiodando il minivan in un parcheggio sotterraneo «O meglio, risparmiatevi i commenti per dopo. Siamo arrivati al palazzo della Giustizia.»

Angolo dell'autrice.

Vi avevo detto che questo sarebbe stato l'ultimo capitolo dal punto di vista di Jared, ma siccome ho il dono della sinteticità sotto alla suola delle scarpe, ho dovuto dividerlo in due parti. Adesso potete pure gioire in privato, dopo tutti colpi che mi avete tirato ahaha p.s la seconda parte è già scritta per 3/4, quindi spero di non metterci troppo per pubblicarla ^^

Cosa ne pensate del capitolo? Come vi sembra questa nuova versione di Jared? 

Qui sotto, Danville, la città della giustizia paranormale.

Al prossimo aggiornamento! Baci 

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