ETKEN - l'ultimo Principe

By just_me_stop

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1500 sono gli anni che ho vissuto. Ho assistito alla creazione di imperi che sono stati distrutti. Ho combatt... More

ETKEN/VIDEO
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitilo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
SEQUEL- KRAY

Capitolo 33

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By just_me_stop

Pov Daniel:

«No, tu non puoi capire, non solo lui l'ha baciata, ma lei si è pure arrabbiata. E poi, ciliegina sulla torta, le ho confessato il mio amore. Ed io... merda! Non so cosa pensa, non sono niente. E cazzo, ora ho solo voglia di uccidere!» dissi, mentre Louis mi guardava seduto in silenzio.

Ero ritornato davanti a casa sua, volevo provare a parlargli, chiarire con lei. Ma vedere quell'umano uscire da casa sua, dopo che ho letto i suoi pensieri, mi aveva mandato in bestia.
Ero pronto a scattare, pronto a uccidere per gelosia, ma poi ho visto il suo volto sulla finestra. Era ferma, guardava in direzione della porta come a cercare qualcosa.
E tutto si è fermato, fino a che Louis non mi ha chiamato urlando il mio nome, vicino a casa mia.

«Le hai detto che sei geloso? Ma questo non l'ha fermata.» Disse Louis, parlando per la prima volta dopo ore di silenzio.
«No, ha detto che vuole tempo, sono tutte cazzate da umani. Maledizione, quella ragazzina mi farà fare una strage.» Urlai di nuovo, mentre lui mi passava le sacche di sangue. Le appoggiai sul tavolo sbuffando per la situazione.

«È davvero una cosa seria se non mangi.» Aggiunse.
«Lou, tu non ti rendi conto: io berrò il sangue di quel...»
«A che scopo, per farti odiare? Per perderla per sempre? Non le ci vorrà molto a capire chi sei.»
«Meglio così, almeno smette di giocare con i miei nervi.» Sbuffai, buttando la testa all'indietro sulla poltrona.
«Hai pensato che forse ha paura?» aggiunse, mentre mi lanciò un'altra sacca di sangue insistendo nel farmi mangiare. Mi sentivo stremato per la prima volta, dopo 1.500 anni di vita. E la mia corsa, la paura di non arrivare, era stata spazzata da un: voglio tempo.

Tempo per cosa? Per scegliere fra noi due. Se quella ragazzina pensa di giocare con me ha sbagliato in pieno.
«Hai sentito cosa ho detto? Ha paura. È giovane, e forse ha avuto paura di te. E quella testata sul muro è successa prima del mio arrivo, sicuramente l'hai impaurita.»
«Non le avrei mai fatto del male.» Risposi seccamente.
«Lo so, ma a volte le insicurezze di una donna si trasformano in paura. Forse tutto questo, le ha fatto pensare di non essere in grado di affrontare la situazione. Tu stesso hai detto che per lei il bacio non era importante. Daniel, lasciale un po' di tempo. Dalle le certezze che vuole, senza uccidere nessuno.» Aggiunse prima di alzarsi, mentre io chiusi gli occhi immaginando il suo perfetto viso.




Facile a dirsi non uccidere nessuno, quando avevo voglia di uccidere tutti gli studenti che le avevano fatto del male.
«Daniel, che piacere vederti.» Sentii la voce stridula della professoressa di inglese. La stessa che odiava la mia ragazzina. Feci un veloce sorriso, concentrandomi sull'entrata per attendere il suo arrivo.
«Sembra che aspetti qualcuno.» Aggiunse.
«Non so se lo sai, sono diventato il tutore della Roder. Quindi devo controllare che arrivi in classe.» Risposi. Avrei potuto usare il mio potere per mandarla via, ma ero troppo concentrato a sentire qualsiasi cosa che mi facesse capire che lei era qui.
«Oh sì, tutti sappiamo come te ne prendi cura.» Sussurrò lei, iniziando a sorridere.
«Parlate tutti di cazzate in questa città?» Esclamai, attirando l'attenzione degli studenti facendola smettere di ridere.
«È una studentessa! E se tu vedessi oltre il tuo seno pieno di silicone come il tuo cervello, forse te ne accorgeresti. Smettete di pensare che fra me e lei ci sia qualcosa. Lasciatela in pace da oggi in poi, o ve la vedrete direttamente con me.» Dissi, mentre tutti sembravano entrare in trance.

Il mio volto si girò quando sentii il suo profumo.

"Dagli certezze" aveva detto Louis. Beh dopo questa, ogni donna dovrebbe sorridere ed essere felice. Bene!
Allora perché mi guarda con un misto di rabbia e di paura? Dove cavolo ho sbagliato ora?

I ragazzi incominciarono ad entrare in classe, quando la campanella suonò. Lei iniziò a camminare, mentre il suo sguardo su di me si fece più duro.
«Buongiorno!» dissi, ma ricevetti solo un'occhiataccia da lei, prima di entrare in classe.

Stavo interrogando un alunno, ma ero perso tra i miei pensieri. Lei non aveva mai alzato la testa per guardarmi nemmeno per sbaglio. E questo non faceva altro che innervosirmi.
«E così fu guerra.» Disse il ragazzo, attirando la mia attenzione, per ricordandomi che dovevo chiamare Jonas per sapere cosa aveva fatto.
«Vai al posto!» dissi ad un tratto, alzandomi mentre il ragazzo pensava di essere andato male.
«Prof, non mi darà un quattro?» chiese attirando l'attenzione di tutti. Scrissi sette sul registro, pur di mandarlo via.
«Continuate a leggere e dopo interrogo di nuovo.» Dissi prima di uscire dalla classe.

Presi il cellulare digitando il numero, sperando che Jonas l'avesse con sè.
«Sì?» rispose.
«Novità?» chiesi.
«Chiama il tuo gruppo. Quello che cerchi è qui in America. Lo sento!» rispose mentre un sorriso comparve sul mio volto.
Sapevo che era il migliore, le cose stavano andando davvero bene su questo aspetto.
«Il Problema è che si trova nella tua zona. E ci sono molti neonati che stanno arrivando, per il momento sei in vantaggio. Ma non so fino a quando.» Aggiunse facendo sparire il mio sorriso.
«Va bene» dissi soltanto, per poi chiudere la chiamata.

Non avevo tempo, dovevo far sapere al mio gruppo cosa doveva fare.
Tornai in classe, mentre tutti mi guardavano. Chiamai il primo in fila, per pescare poi il prossimo nome da interrogare.
Almeno così avrei avuto il tempo di pensare, al posto di spiegare cosa successe nel passato.
«Roder Julya» disse la ragazza, pescando il foglietto che le avevo chiesto di fare per la mia mancata voglia di cercate tra i nomi.
Lei alzò la testa iniziando a camminare con un leggero fastidio.
L'avevo interrogata, ma potevo farne a meno, ma non mi dispiaceva averla per un po' vicina.
«Cosa vuole sapere professore?» furono le sue uniche parole.
«Parlami di qualsiasi cosa tu voglia.» Risposi guardandola negli occhi.
Avrei voluto dirle che non era di storia che volevo sapere, ma rimasi in silenzio quando iniziò a parlare.
Per un po' la guardai, ma i suoi occhi guardavano da ogni altra parte, tranne che me.
«E fu in quel momento che i nemici persero.» Quel racconto mi portò indietro con la mente.
Alla mia prima battaglia, che assieme al mio gruppo riuscimmo a vincere. Presi il mio cellulare digitando un messaggio a Erman, per farlo ritornare indietro.

«Non ricordo la data professore.» Alzai la testa verso di lei
«Non è un problema» dissi tornando a scrivere a Enysa, mentre ricevetti la risposta di Erman.
«Non ricordo nemmeno questa data.» Aggiunse  marcando le parole, come per attirare la mia attenzione.
«Non è un problema» ripetei di nuovo senza guardarla.
Lessi il messaggio di Erman, che come sempre mi fece sorridere per le sue battute.
Continuai a scrivere a Vicent, che nel frattempo mi aveva informato che sarebbe arrivato stanotte.
Decisi di dare appuntamento a tutti loro a Las Vegas.
Stavo per rispondere a Enysa, quando mi accorsi che lei non era più davanti a me. Guardai in direzione del suo banco, trovandola seduta con uno sguardo pieno di rabbia.
La campanella suonò mettendo fine alle due ore passate in quella classe.

«Professore verrà alla partita stasera?» chiese uno dei ragazzi.
«No, mi dispiace, vado a Las Vegas. In bocca al lupo.» Dissi senza fare caso alle mie parole, visto che era la prima volta che dicevo i fatti miei agli altri.
Tutti uscirono, ma decisi di fermarla non appena la vidi uscire assiema agli altri.
«Roder si fermi, il suo libro.» Inventai una scusa per non attirare l'attenzione di nuovo su di lei.
Lei rimase ferma, mentre quel ragazzo le passò accanto, guardandola troppo per i miei gusti.
«Ho dimenticato di darti il voto.»
«Non hai ascoltato niente di quello che ho detto. Tutti ridevano senza farsi sentire, visto che ho parlato di tutto tranne che di storia.» Mi informò, rimanendo a guardarla.
«Ho delle cose da sbrigare, Ho dei...»
«Oh, certo, ora incontrare altre donne si dice così? Non sono stupida!» rispose.
«Scusa? Di quali donne parli?» chiesi, non capendo di cosa stesse parlando.

Che diavolo avevo fatto ora?

«Hai detto che vai a Las Vegas, e tu stesso mi hai detto cosa vai a fare. Ma questi non sono affari miei.» Disse prima di uscire, ma riuscii a fermarla chiudendo la porta.
Mi avvicinai a lei mettendo una mano sulla porta, dove lei era appoggiata con la schiena, impedendole di sfuggire.

«Tu mi farai impazzire. Ho conosciuto donne di ogni genere, in ogni angolo del continente, ho fatto cose che nemmeno la tua fantasia potrebbe immaginare. Eppure riesci a mandarmi in tilt.
Mandi il mio cervello in un mondo dove la rabbia e la felicità sono una cosa sola.
Ti ho detto che sono dannatamente geloso di te, ma non ti basta. Cosa vuoi Julya?» lei provò a parlare, ma con le mie dita sfiorai le sue labbra calde.

«Ascoltami bene, io non vado da nessuna donna, e sai il perché? Perché nessuna donna ha lo stesso effetto che tu hai su di me.»

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