Capitolo 18

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Pov Julya:

Quattro giorni...

Trovare una parola per descrivere come mi sento in questo momento è davvero difficile, forse la parola giusta è: Confusa.
Il mio stato di solitudine aveva lasciato spazio alla delusione. La rabbia prevaleva ogni volta che pensavo al suo bacio. Quel dannato bacio.

Ero passata dal: sono una ragazza fortunata, alla ragazza sfigata in una sola notte.
Sussultai quando qualcuno bussò alla porta. Guardai l'orologio che segnava le 7:00 del mattino. Intravidi Yolanda, dimenticandomi che mi aveva promesso di passare oggi, per fare qualcosa che non ricordo in questo momento.
Non che in questi giorni sia stata super attenta. Sono uscita da casa solo per aiutarla con il locale, ma anche lì il destino si è mostrato crudele con me.
Non solo ero caduta più volte, scivolando con il sedere per terra davanti ai ragazzi che facevano la manutenzione, mi è toccato anche calmarmi quando le ossigenate ci hanno messo del loro mandandomi in totale confusione,e per ultimo, ma non meno importante, pure il suo amico doveva presentarsi quel giorno. Louis. Sì è così che ha detto di chiamarsi.

Bene, se pensate che Daniel sia strano, lascio a voi l'immaginazione di Louis.
Però è educato e gentile!
-anche lui lo è- mi ricordò la mia vocina, mentre il viso di Yolanda tutta sudata, che cerca di entrare mi fa ridere.
-Buon giorno a te Yolanda- dico, mentre mi passa una brioche. Sono giorni che insiste sulla mia scarsa alimentazione, dicendomi che sono dimagrita troppo, ànche se io non la penso come lei.
-Devi andare a scuola. C'è il controllo in questi giorni e io devo pulire casa. Oh mio dio, che è successo qui?- disse, ricordandomi che ogni tanto gli assistenti sociali si ricordavano di me, venendo a farmi visita per controllare la situazione.
Sbuffo mentre l'aiuto a prendere dei sacchetti di patatine, cioccolato, caramelle e succhi sul tavolo della cucina.
Ero arrabbiata, e l'unico sfogo è stato divorare l'intero armadio di schifezze.
La informo che vado a cambiarmi, mentre lei parla di qualcosa senza senso successa ieri con suo figlio. Yolanda è una donna di trentacinque anni, ed è la cugina della cugina di mio padre, almeno lei mi ha sempre detto così. Suo marito è sempre in viaggio per lavoro, ha un bambino.
No, per l'esattezza lui non è un bambino, ma una piccola peste, che quando crescerà ruberà le borsette a quelle povere anziane che ritirano la pensione.
Ricordo ancora il suo lancio di bicchieri, con la scusa di vedere quanto io ne riuscivo a salvare.

Scesi giù mentre lei si avvicinò a me.
-Ancora giù per quel ragazzo?- mi chiese, visto che una sera le avevo detto che avevo conosciuto uno, nascondendo che fosse il mio professore e che mi aveva lasciato.
Beh, non le ho detto di essere stata scaricata dopo averlo baciato. Sarebbe stata un'umiliazione allucinante da rivelare.
-Senti, se lo rivedi oggi fai finta che non ci sia. Fagli capire cosa si è perso.- Aggiunse, prima che uscissi dalla porta sul retro per buttare i sacchi sporchi, passando dal parco per andare a scuola.
Se prima non morivo all'idea di andarci per quei bulli, ora c'era un motivo in più per ritirarmi definitivamente dalla quella scuola.
Il brutto di abitare in una piccola città, oltre a conoscere tutti, è che non si ha la disponibilità di cambiare scuola. Quella è, e così deve rimanere. Misi le mie cuffie prima di sentire i vari cori, e come se non bastasse, alla prima ora avrei avuto il mio caro professore: lui. Non posso nascondere che volevo vederlo, sentire di nuovo i suoi occhi su di me. Ero tentata di fingere di mandare un messaggio per sbaglio, o chiamare fingendo di cercare qualcuno per sentire la sua voce.
Ma ogni volta che pensavo a come mi aveva scaricata, tutto spariva.
Non posso permettergli di usarmi, prendermi in giro e poi gettarmi come una pezza.
« getta me »disse la mia vocina, mentre io alzavo gli occhi al cielo.

-Su forza, dentro!- eccolo. Ecco la sua voce, il suo profumo.
Cerca di fare finta di niente, pensa che ti ha scaricato! Pensa a tutto, ma non a quel dannato bacio.
-Come mai è qui?- chiese qualcosa, ma avevo sentito solo la prima frase. Ero persa, smarrita per colpa di quei dannati occhi cosi profondi.
-Allergia al gesso.- Risposi, facendo ridere tutti. Ti prego Dio, fa che non l'abbia detto davvero!
Merda! Da come mi guardava lo avevo detto veramente.
-Bene, oggi la interrogo.- Aggiunse, facendomi segno di alzarmi.
Cosa? Oltre a scaricarmi vuole pure interrogarmi?
Mi chiedevo come mai lui si comportava cosi. Bene, ora sapevo la risposta: lui mi odia.
E io che sono stata quattro giorni a piangere per colpa sua.
« Nuovo metodo »perché non ascolto tutto quello che dice? Che diavolo si sta inventando per abbassarmi la media ora. Presi la sedia come mi aveva dato, mentre lui scriveva delle domande
Mi vuole interrogare così? Mi odia a tal punto che non vuole sentire la mia voce.
Oh no, mio caro, sentirai la mia voce. Alla prima domanda urlerò così forte, che tutta la scuola saprà che mi stai interrogando solo per punirmi di qualcosa che non ho fatto.
Lessi la prima domanda pronta ad urlare.

"Come stai?"
Mi passò una penna che non usai, preferendo parlare.
-Benissimo, grazie- risposi.

"Cosa hai fatto in questi giorni?"
Davvero vuole giocare a questo gioco?
Ricordai cosa stavamo studiando, così decisi di fare di testa mia. Mi rifiutavo di finire ancora nella sua trappola.
-Federico II era stato scomunicato dal Papa, viso che quest'ultimo voleva mettere in difficoltà lo scomodo imperatore, il quale non aveva nessun interesse ad attaccare i musulmani, così vicini alla Sicilia dove aveva la corte.
Federico ripartì nel 1228, ancora scomunicato, e riuscì a condurre un accordo diplomatico con il sultano Ayyubide al-Malik al-Kāmil, per la cessione di Gerusalemme e altri territori, pur se smantellati militarmente. Il 18 marzo 1229, Federico II ricevette la corona di Re di Gerusalemme, grazie al precedente matrimonio con Isabella II di Brienne (che ormai era già defunta), nonostante l'opposizione del clero locale e di quasi tutti i grandi feudatari. Sul piano formale non si trattava di un'autentica incoronazione, in quanto Federico era colpito da una scomunica, che non gli permetteva di partecipare a cerimonie religiose, né di ricevere benedizioni.-

Se avessi potuto registrare il suo sguardo in questo momento, l'avrei fatto. Era tra il sorpreso e l'arrabbiato. Rimasi ferma a guardarlo, mentre la sua mano continuava a toccarsi le labbra.
I suoi occhi scivolarono verso la mia bocca, e mi mordevo il labbro per non urlare di smetterla.
Lui si spostò in avanti verso di me, e incominciai a pensare il peggio.
Non vorrà baciarmi? Spero non qui, davanti a tutti.
Come sempre i miei castelli caddero in due secondi, quando lui indicò con la mano la terza domanda.
"Sei arrabbiata con me?"

Rimasi ferma a pensare su cosa fare: rispondergli o continuare con un altro argomento di storia?
Decisi di prendere la penna. Sapevo cosa scrivere. Sapevo con esattezza come fargli capire che non ero una bambina.

"La rabbia che mi è rimasta, è come una medicina. È amara, ma mi servirà per guarire dalla mia ingenuità, nell'aver riposto fiducia in qualcuno che non ne valeva la pena."

Scrissi quello che volevo, ma che in parte non pensavo. Per me valeva davvero la pena provarci.
Mi alzai in piedi, senza aspettare la sua risposta e tornai al mio posto. I miei occhi si posarono su di lui prima che lui si alzasse per venire in mia direzione. Il suo sguardo duro su di me non era rassicurante, mandai giù la saliva pensando che questa volta avevo superato il limite.
Lui appoggiò il mio bloc-notes che avevo dimenticato sulla cattedra, con un piccolo foglietto.
-Qualcuno di voi sa spiegarmi cosa avete letto?- urlò, mentre attorno a me tutti alzarono la testa, mostrando una faccia alquanto strana. Sembrano essere stanchi, come se per tutto quel tempo erano davvero concentrati a leggere seriamente quei capitolo. Cercai di non farmi vedere da nessuno, per guardare il foglietto trovando la sua risposta.

« Spero che la tua ingenuità non guarisca mai, perché è una di quelle cose che mi fa impazzire di te. » Alzai la testa verso di lui, mentre un sorriso comparve sul suo viso. Non so a che gioco sta giocando. Ma sapevo che mi avrebbe fatto male, davvero tanto male.

ETKEN - l'ultimo Principe Where stories live. Discover now