Capitolo 20

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Pov Daniel:

Ricapitoliamo!
L'idea era di lasciarla andare, di starle lontano;i non vederla più.

Bene, allora come mai sto guidando in direzione di casa sua per prenderla è portarla a vivere da me?

Cosa diavolo non ho capito delle frasi e delle regole che mi sono dato in questi 1500 anni di vita?
«Come avrei potuto...» mi ritrovai a dire, mentre ero fermo al semaforo.
Già, come avrei potuto lasciarla andare? Lasciare l'unica persona che riusciva a farmi sentire vivo.
Accelerai per arrivare da lei, era passato troppo tempo da quando l'avevo lasciata per recuperare qualche indumento, dando a me il tempo di far sparire qualsiasi cosa che le facesse capire che sono una "sanguisuga vivente."
Non avevo osato chiamare Louis per non sentire le sue prediche. Certo, quando mi aveva detto di vivere il presente, sicuramente non intendeva lei con me dentro casa.

Parcheggio il SUV davanti a casa sua, per poi scendere e suonare alla sua porta.
Aspettai con ansia, mentre lei non apriva. Iniziai a suonare di più, finché non aprì.
«Sei pronta?» le chiesi, mentre sul suo viso stanco c'era ancora il gonfiore degli occhi causato dal pianto. Entrai mentre chiudeva la porta.
«Io penso che sia meglio se resto qui. Puoi fare come Yolanda. Quando ti avvisano posso venire da te per far finta.»
«Stai scherzando, vero?» le chiesi, senza farla finire di parlare.
-No, è che tu hai la tua vita. Non voglio, e forse hai qualcuna. Forse vuoi...- provò a dire in imbarazzo.
-Julya, ho dato la mia parola. Sarai sotto la mia responsabilità. E poi non ho nessuna.-
"Tranne te" avrei voluto aggiungere, ma non lo dissi. -Vai a prendere le tue valigie- aggiunsi, ricordandomi che avrei dovuto fare la spesa per lei, per non farla morire di fame.

Lei si allontanò da me entrando in salotto. La vidi uscire spingendo due valigie, mentre mi guardava in imbarazzo.
-Faccio io- dissi, vedendo i suoi occhi posarsi su di me.
-Ci sono altre due valigie- aggiunse, mentre le sue guance sembravano andare a fuoco.
-Ah. Beh, porto queste e torno a prendere le altre- risposi cercando di non scoppiare a ridere.

Misi le quattro valigie dentro la macchina. Per fortuna non ero umano, altrimenti avrei avuto davvero bisogno d'aiuto.
Presi la direzione del supermercato, mentre lei continuava a giocare con le mani per il nervoso.
Nessuno di noi aveva più parlato. E non mi dispiaceva; in questo momento ho bisogno di riflettere.
Per 1.500 anni non avevo mai vissuto con nessuno, se non in quel breve periodo con LUI. Ma ho un ricordo alquanto vago. Questa, in teoria, è la prima volta che condividevo qualcosa con qualcuno. E non con una persona qualunque!
Con una "ragazzina" che sta fottendo letteralmente il mio cervello, senza usare il minimo sforzo. Tipo quelle classiche parole d'amore come facevano le altre, senza provare ad essere sexy o sensuale. In pratica, senza fare assolutamente niente essendo se stessa, semplice e ingenua, riesce a portarmi sempre in un mondo mai esplorato fino ad oggi.
-Perché siamo qui?- chiese riportandomi alla realtà.
-Non so cosa ti piace, quindi prendi tutto quello che vuoi.-Risposi scendendo dalla macchina.
-Per tutto, intendi tutto? Anche cioccolato, patatine o altre cose che mi faranno ingrassare?- chiese, e io iniziai a sorridere.
-Saresti bella anche con qualche chilo in più- aggiunsi, prima di smettere di sorridere, rendendomi conto di quello che avevo detto.

Ecco, ogni volta che sono con lei io mi perdo. Lei ha questo dono di farmi dire tutto quello che penso di lei.

Iniziai a camminare tra gli scafali spingendo il carrello. Guardavo ogni suo movimento, ogni suo gesto. Quando è indecisa su cosa prendere mette sempre la mano sul mento, chiudendo un po' gli occhi. A differenza di quando vede qualcosa che ama, va diretta guardando l'oggetto con gli occhi che brillano. Non nascondo che i suoi occhi brillano solo quando vede della cioccolata o delle caramelle, ma è bella comunque.
-Sai che dovresti mangiare qualcosa di sano?- le dico osservando il carrello.
-Tu hai detto tutto quello che volevo, non qualcosa di sano.- Aggiunge, come una bambina che è stata scoperta a rubare qualcosa.
-Sì, ma contavo sulla tua intelligenza, nel non approfittare di un vecchio che non sa cosa mangia una ragazzina.- Maledizione, che diavolo ho detto? Sono un deficiente!
Continuo a ripetere le stesse parole, quando il suo sguardo cambia. E riconosco quel suo modo di fare: è la pronta a colpire con la sua grinta, come una leonessa intenta a difendere il suo territorio.
-Beh, se non volevi la ragazzina tra i piedi, dovevi lasciarla andare.- Rispose posando delle caramelle al loro posto.
-Julya, non intendevo questo.-
-Ah no? E cosa intendeva professore?- chiede con un filo di rabbia, mentre la signora che stava cercando qualcosa si voltò verso di noi. Aspettai di rimanere solo con lei nel reparto, prima di parlarle.
-Intendevo... Dannazione! Sai cosa intendevo. Smettila di provocarmi, siamo qui perché devi prendere qualcosa da mangiare per te-. Argomentai con frustrazione.
Lei si avvicinò a me puntando il suo dito sul mio petto.
-Pensi che non sia difficile anche per me? Stavo per essere portata via, e non so come diavolo sei riuscito a convincerli. Ti propongo di farmi rimanere da sola come sempre ho fatto, e invece no! Mi porti qui e mi insulti. Cosa vuoi che faccia?- chiese confusa.
Dopo un paio di secondi in silenzio, decisi di fare il primo passo: la mie mani si posarono sulle sue spalle, e lei abbassò gli occhi.
-Finiamo questa cosa e andiamo a casa- dissi prima di prendere il suo viso tra le mani.










ETKEN - l'ultimo Principe Where stories live. Discover now