ETKEN - l'ultimo Principe

By just_me_stop

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1500 sono gli anni che ho vissuto. Ho assistito alla creazione di imperi che sono stati distrutti. Ho combatt... More

ETKEN/VIDEO
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitilo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
SEQUEL- KRAY

Capitolo 19

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By just_me_stop

Daniel:

Starle lontano!

Questa è una frase semplice, facile. Chiunque capirebbe il significato di questa parola. Lo capisce un bambino quando gli si dice di non toccare una cosa. A maggior ragione un adulto. Se poi l'adulto in questo caso ha 1.500 anni, dovrebbe capirlo ancora di più.

Non riesco a capacitarmi di cosa, il mio cervello e il mio corpo, non riescono a capire di queste parole:
Lei / Lontano / Da / Me.

Semplice! Eppure sono fermo vicino alla finestra a guardarla, mentre è fuori con quel professore di scienze che spiega loro qualcosa sulle piante. La guardo mentre è in disparte, guarda ogni tanto verso il professore, per poi tornare a guardare il suo cellulare. Con chi diavolo parlerà tutto il tempo quella ragazzina?

-Professore?-
-Che c'è?- urlo, facendo alzare la testa verso di me a tutta la classe. Un ragazzo che sembra tremare per via del mio sguardo dice: -H-ho finito.-
-Chi ha finito se ne può andare.- Risposi, cercando di rimanere calmo nonostante sia infastidito.
Tornai a guardare verso la finestra, ma lei non c'era più. Se n'era andata, e come se non bastasse, tutti iniziarono ad alzarsi una volta finito. Non avevo intenzione di fare un compito, ma quando l'ho vista fuori, la prima cosa che mi e venuta in mente era di chiedere a quegli studenti di scrivere qualcosa su quello che avevano studiato. Aspettavo con ansia che la campanella suonasse, dovevo sapere dov'era, dovevo parlarle, ma qualcosa attirò la mia attenzione.
Alcuni alluni urlavano per incoraggiare la rissa e decisi di uscire notando la piccola folla.

Iniziai a camminare in mezzo a loro, per vedere chi fossero i due stupidi che stavano litigando.
-Stronza assassina. Dovevi morire!-
-Fottiti! Non sapete un cazzo!-
Rimasi un attimo immobile, incredulo, davanti alla scena.

Lei stava tirando i capelli di una di quelle bionde ossigenate, mentre l'altra provava a darle dei pugni sui fianchi.
-Basta!- urlai, attirando l'attenzione di tutti tranne la sua, che continuava a tenere saldamente i capelli della ragazza.
-Julya, ho detto basta!- dissi vicino al suo orecchio, stringendo le mie mani attorno al suo corpo.
-No, sono stanca! Le solite voci, ma non sapete un cazzo!
Giudicate senza sapere cosa sia successo. Pensate che sia un'assassina? Ok, basta. Ho capito, smettete di ricordarmi ogni dannato giorno, senza sapere cosa vuol dire vivere senza dei genitori!
Vedere morire il proprio ragazzo davanti ai proprio occhi. Lasciatemi perdere!- urlò, mentre le sue lacrime continuavano a bagnarmi le mani. Decisi di prenderla e portarla lontano da quel posto.

Entrammo dentro un'aula, mentre continuava ad agitarsi. Scivolai lentamente a terra assieme a lei, che non aveva smesso di urlare per il dolore che racchiudeva in sè.

-È finito, è tutto finito! Mi porteranno via- iniziò a dire.
-Nessuno ti porterà via! Nessuno- le ripetevo sempre questa parola. Spiegandole che nessuno le avrebbe mai fatto dal male, perché era reale. Non avrei mai permesso a nessuno, su questa terra, di farle del male, nemmeno io stesso. Non so per quanto tempo rimanemmo seduti per terra, ma quando sentii dei passi avvicinarsi mi alzai aiutando lei a fare lo stesso.
-Arriva qualcuno- le dissi, mentre mi guardava confusa.

-Signorina Roder è qui? Figliola, mi dispiace. Questa volta non posso- lei iniziò a camminare in direzione della preside, esibendo un debole sorriso.
-Lo so! Ho visto i loro volti- aggiunse, mentre mi affrettai a leggere nella mente della preside per capire meglio. Vogliono portarla via. Vogliono allontanarla da qui, da me!
Lei si voltò guardandomi con gli occhi gonfi.
-M-mi ha fatto piacere conoscerla professore. Grazie per tutto.- Disse prima uscire con la preside.

Rimasi fermo immobile. L'avrebbero portata via! Non l'avrei più rivista in giro per la scuola, per le vie della città.
« Ed è giusto così »disse qualcuno dentro di me.
Perso tra i miei pensieri mi ritrovai fuori. I nostri sguardi si incrociarono un'ultima volta, mentre dentro di me continuavo a chiedermi se fossi pronto a lasciarla andare lontano da me.









Pov Julya:

Poco prima:

L'ora di scienze era di una noia mortale. A stento riuscii a seguire le spiegazioni del signor Coller. Ogni tanto guardavo il mio cellulare, con la speranza che lui volesse continuare il nostro scambio di "opinioni", ma gli unici messaggi che avevo erano tutti di Yolanda.

Messaggio Yolanda: " Sono qui. Sono andati via. Casa ok. Stai attenta, comportati da alunna modello, stanno per arrivare."

Infilai in tasca il telefono, mentre i commenti del gruppetto non mancavano. Dovevo cercare di stare tranquilla. Non dovevo scoppiare. Non oggi! Continuavo a ripetermi.
Stavamo rientrando in classe, quando Ellen mi passò di fianco facendomi cadere. Uno di loro approfittò per prendere il portafoglio che mi era caduto.
-Vediamo cosa hai qui!- disse Melany prima di aprirlo.
-Ridammelo, smettila!- provai a dire, ma tirò fuori le foto dei miei genitori e di William.
Ricordo quando scattai quelle foto: Mia madre mi aveva appena regalato la polaroid. Mi divertivo a scattare foto mentre lei cucinava, o mentre mio padre leggeva il suo giornale, con quello sguardo perso. La foto di William è stato uno scatto rubato. Aveva appena finito di giocare, e ricordo che cercava qualcosa quando gli scattai quella foto. Aveva quello sguardo così serio, ma allo stesso tempo dolce.
-Li hai uccisi e tieni le loro foto?- urlò Melany, per farsi sentire da tutti. Mi avvicinai a lei, ma la mia mente assieme alla mia vocina mi imploravano di non cedere alle loro provocazioni. Ma dopo quello che aveva appena fatto Melany, nessuno avrebbe potuto fermarmi. Nessuno doveva permettersi di toccare quelle foto. Nessuno aveva il diritto di strapparle, buttandole a terra come aveva fatto lei.
-Io ti uccido- scandii bene le parole, prima di scagliarmi su di lei.
La rabbia era così tanta, che stavo colpendo e tirando i suoi capelli mentre lei urlava aiuto, cercando di difendersi come poteva. Anche se in quel momento nessuno poteva fermare la mia rabbia, la mia delusione. Nessuno poteva fermare una ragazza abbandonata, dopo che la vita le aveva tolto tutto!

-Basta- sentii la sua voce alle mie spalle, ma non mi importava.

Loro erano lì. Loro avevano visto tutto e segnato sul loro libro nero in mio comportamento.
Verrò classificata come infantile. Me ne andrò per sempre da questo posto, per essere rinchiusa chissà dove. Ma prima, tutti dovevano sapere, tutti dovevano sentire cosa avevo da dire.
Iniziai a urlare contro chi mi ha sempre remato contro. Urlai il mio odio. La rabbia che avevo nascosto in questi anni, prima di sentirmi sollevata da delle braccia che avrei riconosciuto ad occhi chiusi. Iniziai a piangere, ad urlare, mentre tutti rimasero in silenzio. Solo la sua voce al mio orecchio era l'unica cosa che sentivo.

Mi fermai lasciando che il mio pianto degenerasse, quando assieme a lui toccai terra. Il suo respiro si mischiò con il mio. Le sue braccia non avevano mai lasciato la presa, come se avesse paura che fuggissi. Non importava cosa pensasse di me, tra non molto loro mi avrebbero portata per sempre via. Lontana da lui!
-Arriva qualcuno!- disse, prima di aiutarmi ad alzarmi. Non avevo bisogno di sapere chi fosse, lo sapevo già!
Il volto e le parole sincere della preside, che ha fatto abbastanza per me, sono la prova che tutto è finito.
-Lo so, li ho visti- mi affrettai a dire, ricordandomi i loro volti. Le loro facce esprimevano un sentimento particolare, come se attendessero di sbattermi in quell'istituto.
Iniziai a camminare in direzione della porta, quando mi voltai verso di lui. Cercai di non piangere, cercai davvero di non correre da lui per abbracciarlo, sentire un'ultima volta il suo profumo.
-Mi ha fatto piacere conoscerla professore. Grazie di tutto- riuscì a dire con la voce tremante, mentre mi allontanavo da lui. Da quella persona che aveva riportato il mio cuore a battere. Quella stessa persona che aveva illuminato le mie giornate, anche se per un breve periodo.

Salii in macchina senza parlare; del resto sapevo cosa mi aspettava. Lasciai che le lacrime uscissero, quando lui si fermò davanti alla porta guardandomi. Non riuscivo a capire sempre quello che pensava. Ma ora leggevo bene la sua confusione. Leggevo bene la sua paura.

-Signorina, passiamo da casa sua e poi ce ne andremo da qui.- Disse la donna, mentre si aggiustava gli occhiali scocciata. Non risposi, non avevo parole. Ormai sono un corpo vuoto, a cui stanno togliendo l'unica cosa che mi era rimasta: la libertà. La macchina partì, ma l'uomo alla guida si trovò a frenare bruscamente.
-Ma che succede?- chiese la donna, e io rimasi sorpresa.
Lui è lì! Lui si stava per farsi investire, per fermare la macchina.
-Resti in macchina signorina Roder- aggiunse l'uomo, mentre lui e la donna scesero.
I suoi occhi erano su di me. Sembrava che faticasse a respirare. Mi guardava, cercava di comunicarmi qualcosa che non riuscivo a capire.
Ma di una cosa ero sicura; ci stava davvero provando a non farmi portare via, come mi aveva detto pochi minuti fa quando eravamo abbracciati. Feci un lungo respiro, sapendo che niente e nessuno avrebbe potuto cambiare la situazione. Erano assistenti sociali, mandati da un Giudice, per far rispettare la legge. E la legge si rispetta sempre, era il loro motto.

Mi girai di scatto, quando la portiera si aprì. Il suo viso fu la prima cosa che vidi, mentre sorrideva.
-Scendi!- disse solamente, porgendomi la mano.
-Cosa?- chiesi, insicura sul da farsi.
-Ho detto scendi. Andiamo a casa!- aggiunse, mentre io scendevo dalla macchina.
La donna si avvicinò a me, apparendo come se fosse in trance, mentre l'uomo si mise al suo fianco.
-Signorina Roder, per i prossimo sei mesi lei è sotto la tutela del signor Lyunar Daniel. Mi raccomando, si comporti bene.- Dissero, prima di salire in macchina come se niente fosse.
-Ma..- provai a dire, ancora scossa.

Come ci è riuscito? Continuavo a chiedermi, mentre lui si mise davanti a me lasciando che la macchina partisse.
-C-come ci sei riuscito?- le parole mi uscivano a monosillabe. Lui prese la mia mano, posando i suoi occhi su di me. La piccola scossa non riuscì ad allontanarci questa volta, e nemmeno la forte pioggia che iniziò a cadere, facendo allontanare tutta la folla che si era fermata per guardare la scena.
-Ti ho detto che non avrei mai permesso a qualcuno di portarti via da me.- Furono le sue uniche parole, prima che le mie braccia si stringessero sul suo collo.

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