Baby, you are my trouble

De Sara_H96

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Quando incontra Jamie e Aaron per la prima volta, Taylor non sa che il fato ha già scelto per lei: uno dei du... Mai multe

❥Pʀᴏʟᴏɢᴏ
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❥Epilogo
Ringraziamenti
Baby, you drive me mad
Avviso
Importantissimo ❤️

∁ᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 4

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De Sara_H96

🎵 Tiësto - Footprints

Taylor

Non appena si ritrovò i binari del treno a pochi metri dai piedi, Taylor percepì una voragine nel petto. La scorsa estate aveva letto un libro, Paranoid Park, dove un poliziotto saltando su un treno in corsa, per far scendere dei ragazzi, era finito spiaccicato dalle rotaie. Taylor non voleva fare la stessa fine, ma non voleva neanche sembrare una fifona.

«Sta arrivando!» gridò Jamie per superare lo stridio delle rotaie. «Sei pronta?» Si rivolse a lei indicandole la direzione da cui stava arrivando il treno merci.

Viaggiava ad una velocità piuttosto lenta, ma Taylor credeva comunque che salire su un treno in corsa fosse una cosa folle.

«Si, certo.» rispose lei con falsa sicurezza, ma nessuno dei due ragazzi se ne accorse.

Quando usciva con gli Snake Attack, era lei la più coraggiosa, quella più impavida, quella che faceva i tricks più pericolosi, ma con loro non aveva mai fatto nulla del genere. Sentì le ginocchia tremare come foglie quando si voltò per osservare il mezzo di trasporto arrugginito che sferragliava sulle rotaie. Mandò giù il groppo, grande quanto la luna, che le si era formato in gola e aggiustò lo zaino sulle spalle.

Addio mondo, che non ho visto nemmeno per metà.

Lanciò uno sguardo ai ragazzi. Alla sua destra c'era Jamie, il suo ciuffo marrone prima schiacciato sulla fronte, ora andava in direzione del vento. E a sinistra Aaron, che di tanto in tanto la cercava con lo sguardo come per assicurarsi che non rimanesse indietro.

Che cosa premurosa, pensò lei e per un attimo, scansò la paura di morire dalla mente. Ancora non avevano accennato nulla su quale fosse la loro meta, ma Taylor era fiduciosa -anche per questo aveva trovato il coraggio di saltare su quel treno- sentiva di poter riporre la sua fiducia in quei ragazzi. Al contrario del mondo, Taylor non giudicava dalle apparenze.

Quando il treno passò di fronte a loro, il primo ad afferrare la scaletta di uno dei vagoni fu Jamie. Dopodiché si affrettò ad aprire la porta scorrevole, così da poterci sgusciare dentro.

«È legale questa cosa?» domandò Taylor con il fiato corto.

Lei e Aaron avevano cominciato a correre un po' per stare al passo con il treno, che intanto avanzava piano.

Jamie rispose per primo. «Si, ammesso che nessuno lo venga a sapere.» Quella risposta non la rassicurò per niente. A un certo punto le venne l'idea di tirarsi indietro, ma dentro di sè era come se si stesse svolgendo un conflitto tra due parti: quella che voleva disperatamente andare con loro e quella che voleva ad ogni costo rimanere indietro. «Non sono sicura di voler fare la fine di una polpetta!» disse quasi a sé stessa.

Aaron intanto correva di fronte a lei con il capo voltato indietro, la guardava come per convincerla a salire.

«Andiamo, lo abbiamo fatto altre mille volte.» sorrise infondendo in Taylor una certa dose di adrenalina.

«Si, ed è capitato solamente una volta che qualcuno finisse male.» continuò Jamie da dentro il vagone merci. «Hai capito che intendo no?» la sua risata le riempì le orecchie insieme al rumore del treno e quando il ragazzo con il piercing creò un'immagine con le mani come di qualcosa che si schianta, Taylor si sentì congelare il sangue nelle vene.

Gli rivolse un'occhiata attonita, cercò di nascondere tutto il terrore dietro a quello sguardo.

Ripensò a Paranoid Park.

Aaron le si affiancò. «Ti tirerò su io.» Le sue mani andarono a sfiorarle i fianchi, erano fredde e fecero trasalire Taylor non appena la toccarono. Lui biascicò un «scusa», ma stravolta dalla paura Taylor non lo udì. Si sentì sollevare poco dopo, i piedi si alzarono di qualche centimetro da terra. Le sembrò di volare, il vento soffiò cauto sul suo viso, la sfiorò come qualcuno che ti soffia piano su una ferita e i capelli colorati volarono all'indietro. «Puoi aggrapparti a Jamie per tirarti su,» Ansimò per lo sforzo. «così se per caso dovesse cadere, sembrerà un incidente.»

Jamie dall'alto lo guardò con una certa riluttanza, che fece scoppiare Aaron in una risata trafelata. Taylor percepì la stretta del ragazzo allentarsi intorno ai fianchi, così si affrettò ad arpionare la scaletta in ferro che si trovò davanti.

Vi si aggrappò. «Bella idea, ma se lui dovesse morire, anche noi saremmo nei guai.»

«Wow, è solo questo che vi preoccupa?» stava dicendo Jamie con una serie infinita di sbuffi al seguito.

Nello stesso istante, Taylor allungò una gamba verso l'interno del vagone e per poco l'altro piede non scivolò dalla scaletta facendola cadere schiena all'indietro. Le dita forti di Jamie si strinsero attorno alla sua maglietta giusto in tempo, scoprendole la pancia, ma evitando di far avverare uno dei tanti orripilanti scenari che si presentarono nella mente di Taylor ad una velocità supersonica.

Quando fu al sicuro, balbettò un «grazie» confuso a cui Jamie rispose con una strizzata d'occhio.
Senza il minimo sforzo, anche Aaron salì unendosi a loro e finalmente Taylor poté rilassare le spalle concedendosi un respiro profondo.

Jamie

Erano passati solo pochi minuti da quando si era messo a sedere sul pavimento del vagone merci, eppure Jamie si era già stufato. Sentiva l'energia attraversargli il corpo, si sentiva su di giri e non riusciva a stare fermo un attimo. Allora si soffermò ad osservare Taylor, per distrarsi, ma anche perché la trovava a dir poco attraente. Era seduta di fronte a lui con le gambe incrociate, proprio affianco alla porta ancora aperta. Il vento soffiò ed ebbe il privilegio di insinuarsi tra i suoi lunghi capelli, ne ricordava ancora l'odore di camomilla dopo la sera in cui lui e Aaron l'avevano salvata da quel bastardo del suo amico.

Si morse il labbro mentre parlava. «Quindi sei nuova in città?»

Non si voltò a guardarlo e per un attimo Jamie pensò che non l'avesse sentito.

«Cosa ti ha fatto arrivare a questa conclusione?» rispose la ragazza con un'altra domanda e volse i suoi occhi verde smeraldo verso di lui.

Jamie alzò le spalle non sapendo cosa dire.

«Hai detto che era il tuo primo giorno di scuola.» si intromise Aaron guardando il paesaggio che sfrecciava al di fuori del vagone.

Giusto, pensò Jamie guardando l'amico.

«Si,» Taylor annuì, ma non sembrò dar loro ragione. «era il mio primo giorno, ma non in quella scuola.»

«Che vuol dire?»

«Sono nata a Los Angeles,» spiegò lei con occhi trasognanti, come se stesse ripercorrendo ogni istante della sua vita con la mente. Poi si rabbuiò. «ho vissuto qui fino a due anni fa, poi i miei hanno deciso di trascinarmi con loro in una cittadina dimenticata da Dio in Louisiana.» fece una smorfia arricciando le labbra sottili.

Jamie indugiò su quelle labbra rosse e maledettamente seducenti, provò ad immaginare il sapore che avrebbero avuto sulle sue. Rialzò lo sguardo su Taylor quando, Aaron li accanto, gli parlò sottovoce.

La sua mano andò a tirargli su il mento. «Fratello stai sbavando.»

A quel punto si drizzò immediatamente, grato che Taylor non avesse visto o sentito niente.

Si schiarì la voce e disse la prima cosa che gli saltò alla mente. «E ora eccovi di nuovo qui.»

«Già.» Taylor fece schioccare le mani sulle gambe. «E di voi, che mi dite?»

Doveva aspettarselo che avrebbe fatto domande anche sul loro passato. Per quanto fosse lontano, Jamie non amava parlare del suo passato, con nessuno.

Irrigidì subito le spalle e cercò di tenere un tono neutro quando disse: «Nati qui anche noi.» parlò per entrambi. «Ma io vorrei andarmene.» si lasciò sfuggire mentre un velo di tristezza e nostalgia calava sul suo viso.

I ricordi riemersero incontrollabili non appena chiuse gli occhi. Quando li riaprì, Aaron gli lanciò un'occhiata di rimprovero. Era una cosa che non aveva mai detto a nessuno, ma si, a volte voleva solo scappare da quella città e da tutte le questioni che aveva lasciato irrisolte.

«Come mai? Che cos'ha Los Angeles che non va?» domandò come se avesse messo la cosa sul piano personale.

«Non è Los Angeles il mio problema,» Jamie parlava come se gli stessero strappando le parole di bocca con una pinza. «ma le persone che ci vivono.» disse vago e spezzando il contatto visivo con Taylor, chiuse il discorso.

Circa un'ora dopo, Jamie si mise lo zaino in spalla e seguì Aaron e Taylor nel bosco che si trovava a pochi metri dai binari del treno.

Gli fece un po' effetto rivedere quel posto dopo tanto tempo, l'ultima volta che lui e Aaron ci avevano messo piede era con i Keep In Mind e quella era stata l'ultima volta in cui si era divertito insieme a lei. Andare li con un'altra ragazza che non fosse lei, lo fece sentire di merda, non voleva rimpiazzarla. Nemmeno ricordò quando ebbero deciso di andarci.

Jamie rallentò il passo quando una fitta di dolore gli trafisse il petto. Gli sembrò che qualcuno stesse rigirando un coltello all'interno di una ferita ancora aperta. Si sentì lo sguardo preoccupato di Aaron addosso.

Neanche a lui aveva mai parlato di quanto gli mancasse quella ragazza, nonostante fosse da sempre il suo migliore amico, se ne vergognava.

Il rumore dei rametti che si spezzavano come ossa sotto le sue scarpe, lo riportò alla realtà, fu allora che si spicciò a raggiungere gli altri due.

«Ma dove siamo, nella Selva Oscura?» La voce di Taylor rimbombò nella sua mente. «Non riesco a vedere niente!» squittì la ragazza con tono schizzinoso e una smorfia di disgusto sul viso.

La sua scarpa destra era affondata in una melma dal colore scuro e il rumore dello scalpiccio dei piedi nel fango in poco tempo sovrastò il silenzio. Aaron rise per primo, ma Jamie lo seguì subito dopo.

«Direi più che altro in Paradiso.» commentò lui quando il sapore dolce della risata era ancora fresco sulle labbra.

Taylor

Per alcuni metri aveva camminato senza scorgere nulla di fronte a se, gli alberi erano troppo vicini l'uno all'altro, aveva scavalcato radici, pestato cose di viscida consistenza e inalato odori ancora peggiori. Ma quando gli alberi al limitare del bosco cominciarono a diradarsi e una piccola radura si aprì di fronte ai suoi occhi, Taylor capì che ne era valsa la pena.
Per quasi cinque minuti buoni, rimase con la bocca spalancata per lo stupore, poi pensò di richiuderla prima di ingoiare qualche insetto non identificato.

«Hai una paresi facciale? O hai deciso di giocare alla bella statuina?» la punzecchiò Jamie.

Taylor finse di non accorgersi del tono di insolenza che usò il ragazzo.
Dalla chiacchierata sul vagone, aveva capito subito che qualcosa non andava in Jamie, aveva hackerato quel suo sguardo criptato e indecifrabile e vi aveva letto un passato torbido ed oscuro sul quale non aveva voluto fare domande.
Era curiosa di farlo, certo, ma si conoscevano da appena ventiquattr'ore.

«Questo posto è bellissimo!» disse entusiasta.

Il treno che li aveva portati li doveva essere sicuramente magico o qualcosa del genere e ora dovevano trovarsi in un luogo incantato, perché era tutto troppo bello per essere vero. Si trovava in un piccolo paradiso, proprio come aveva detto Jamie.

Dopo aver corso come una bambina lungo una piccola discesa, raggiunse la riva di un laghetto all'interno della radura.
Ad occhi chiusi annusò l'aria, che scoprì avere un buon profumo di muschio misto a rugiada, dopodiché alzò gli occhi estasiata. Un tetto fatto con gli intrecci dei rami si stagliava sulle loro teste, i raggi del sole ci passavano attraverso e si riflettevano sul lago.
Taylor pensò che l'acqua fosse abbastanza calda da poterci entrare, così si tolse zaino, scarpe e vestiti.
E si buttò.
L'acqua era calda, proprio come aveva pensato, le arrivava al fondoschiena, perciò dovette calarsi sui polpacci per riuscire a bagnarsi tutta.
Percepì un brivido non appena si immerse, ma quanto velocemente apparve altrettanto velocemente sparì.
Rifletté un istante cercando di decidersi se bagnare anche i capelli oppure no, ma alla fine si disse che non importava. Domani sarebbe stato il suo primo giorno alla California High School e l'unica cosa che voleva fare era divertirsi.
Andò sott'acqua e riemerse giusto in tempo per sentir parlare Jamie.

«Non sei una che chiede il permesso prima di fare le cose eh?» chiese distaccato mentre scendeva nella radura e gettava a terra lo zaino nero.

Taylor si rimise in piedi. «Perché dovrei farlo?» chiese ridendo. «È forse l'acqua del tuo bagno?» alzò le sopracciglia aspettandosi che Jamie ridesse alla sua battuta, ma invece rimase estremamente serio.

«Scusalo,» Aaron fece una smorfia. «a volte fa un po' lo stronzo.»

«Ehi, sono qui.» sbuffò il ragazzo con il piercing sventolando una mano in aria.

L'altro rise lanciandogli una scarpa. «Si, lo so.»

Taylor li guardò in silenzio, con le mani sui fianchi e l'accenno di un sorriso sulle labbra umide. Poi venne distratta da qualcosa che attirò il suo sguardo, Aaron si sfilò la maglietta proprio accanto a lei.
Le venne subito in mente la notte precedente, quando aveva desiderato di poter sentire i suoi muscoli sotto la mano. Anche oggi indossava una maglietta bianca, la quale lasciava intravedere i suoi perfetti addominali alla giocatore di football.

Taylor si voltò a cercare Jamie proprio mentre Aaron diceva: «Ti muovi o no?»

Il ragazzo si era accucciato a terra e stava slacciando i lacci delle Converse bianche con una lentezza quasi studiata.
Taylor vide Jamie sogghignare.

«Volete la guerra?» Scattò in piedi in meno di un secondo, si tolse i vestiti e avanzò verso il lago.

Taylor si accorse che lo stava fissando. Spostò lo sguardo per evitare l'imbarazzo di essere beccata a spiarlo, ma non riuscì a resistere quando intravide la massa di muscoli sotto l'acqua trasparente.

Lo sentì ancora, quell'improvviso e incontrollato bisogno di divertirsi. Stava per unirsi alla gara di spruzzi che era iniziata tra Jamie e Aaron quando un pensiero fece crollare a picco i suoi buoni propositi per quella giornata.
Cloe.
Seduta da sola tra i banchi di scuola probabilmente si stava chiedendo dove fosse Taylor. Quell'immagine la fece sentire più in colpa della volta in cui le aveva mischiato la varicella il giorno del suo sedicesimo compleanno.
La prima cosa che avrebbe fatto appena tornata, sarebbe stata andare a scusarsi con la sua migliore amica per averla lasciata sola.

«A che pensi?» le domandò Aaron nuotando verso di lei.

Avrebbe voluto rispondere che non erano affari suoi, ma non voleva risultare acida o maleducata, così cercò di fuorviare la domanda con un'altra un po' più personale.

«Da quanto tempo vi conoscete voi due?» Allargò le braccia, facendole galleggiare sulla superficie dell'acqua, in attesa. Non si aspettava che rispondessero a nessuna delle sue domande, d'altronde lei non l'aveva fatto, poi Aaron parlò.

«Anni.» disse vago.

«Quanti anni?» incalzò lei.

Ci fu il rombo di una risata. «Sette più o meno.» confessò schiettamente. Il suo sguardo furbo trovò quello di lei.

Un'altra domanda prese forma nella sua mente, ma non fu abbastanza svelta da dirla, che Jamie si gettò sull'amico artigliandogli i fianchi. Entrambi caddero di lato con un tonfo, producendo, per via dell'impatto, una cresta d'acqua che si alzò in aria e come un'onda anomala si riversò su Taylor. Si sentì travolgere dal senso di confusione, almeno fin quando non si rimise in piedi. L'acqua scivolò in fretta via dal suo corpo come fosse coperta d'olio.

Si strofinò gli occhi. «Siete due imbecilli!» esclamò impettita.

Strinse i pugni quasi come se la forza travolgente che l'aveva spinta a picchiare Shane, stesse rinascendo dalle proprie ceneri. Disse a sé stessa che stava solamente bluffando ed era così, non era tanto stupida da pensare di poter vincere in uno scontro con quelle due rocce di ragazzi che si trovava di fronte.
Nel momento in cui gli sguardi di Jamie e Aaron le si incollarono addosso, squadrandola da capo a piedi, il corpo di Taylor prese a bruciare, non sapeva se dalla rabbia o da qualcos'altro.
Solo in quell'istante si ricordò di avere indosso solo la biancheria intima e non il costume da bagno. Il pensiero che non aveva avuto la minima vergogna nello spogliarsi davanti a due sconosciuti - perché questo erano - la fece dubitare della sua decenza. Non aveva una taglia di seno molto ampia, anzi, ma gli sguardi famelici dei ragazzi l'avevano sempre infastidita.

«Se non distogliete immediatamente lo sguardo, vi cavo gli occhi dalle orbite!» li apostrofò lei cercando disperatamente di coprirsi con le mani, non perché provava vergogna, ma perché... in realtà non sapeva nemmeno lei il motivo di quel gesto, le dava fastidio e basta.

«Scusa tanto» ghignò uno dei due.

Sghignazzarono un po', ma alla fine fecero come gli era stato detto. Volsero lo sguardo altrove e Taylor colse l'occasione per prendersi una piccola vendetta e anche per sentire quanto fossero tonici i loro muscoli perfetti, erano di quelli che ti facevano sbavare solamente guardandoli.
Contemporaneamente li spinse, facendoli atterrare di schiena. Udì dei versi arrivarle alle orecchie come a rallentatore, scoppiò a ridere. I corpi sferzarono l'acqua e un'altra onda si riversò in aria, questa volta però, Taylor fu svelta e si tirò indietro prima che la colpisse.
Quando i due si ricomposero, vide sorgere la follia nei loro volti imperlati da goccioline d'acqua.

Jamie scoccò un'occhiata complice ad Aaron prima di parlare. «Aaron che dici, pensi che Taylor voglia fare un tuffo?» le sue sopracciglia ebbero un guizzo, così come il cuore della ragazza.

«No, non pensateci nemmeno.» li avvertì lei facendosi indietro.

Cercò di creare abbastanza distanza da non permettere ai due di afferrarla.

«Certo,» rispose Aaron compiaciuto, il suo sguardo si assottigliò e sulle sue labbra si aprì un sorriso invasato. «ma sembra che dovremmo darle una mano.»

Taylor arretrò ancora, ma l'acqua rallentò i suoi movimenti facendola sentire come se avesse due pesi di piombo legati alle caviglie. Per quanto ci provò, alla fine non riuscì a farla franca, Jamie si gettò in avanti come un leone pronto ad agguantare la sua preda. La cinse per le braccia, mentre Aaron tentava di prenderla per le caviglie. Quindi Taylor prese a scalciare nell'acqua con quanta più forza riuscì a metterci, alzando di tanto in tanto qualche cavallone d'acqua.

«Presa!» si vantò il ragazzo quando l'afferrò, la presa era salda tanto che non servì a niente dimenarsi per sfuggirvi.
Allora si lasciò trasportare più al centro del lago, Jamie iniziò a contare quando lei si affrettò a tapparsi il naso.

«Uno» gridò.

Tenendola su solo per le ascelle e per le gambe, la fecero dondolare a destra e a sinistra in un movimento costante.

Il tono di voce andò crescendo. «Due»

A Taylor sembrò di essere su una giostra del Lunapark, se non fosse che era a stomaco vuoto, probabilmente avrebbe vomitato.

«Ragazzi, lasciatemi andare!» si lamentò lei una volta che ebbe riaperto gli occhi, non si era nemmeno resa conto di averli chiusi.

«Come vuoi.» rise Aaron.

«Tre!» urlò Jamie e quell'urlo rimbombò nella piccola radura.

Mollarono la presa improvvisamente e un vuoto nello stomaco di Taylor si allargò come a chiazza d'olio. Per più di tre secondi si sentì cadere nel vuoto, poi finalmente, con un tonfo, piombò nell'acqua che le sembrò fredda rispetto a prima.
Riemerse facendo un grande respiro. Un venticello fresco la colpì, come se stesse trasportando con sé tanti piccoli aghi che le andavano ad infilzarsi nella pelle.
Si scrollò le goccioline d'acqua da dosso e quando il suo sguardo incontrò, uno dopo l'altro, quello dei ragazzi, si abbandonò alla risata più piacevole che avesse mai fatto.

«Non è così che si trattano le ragazze!» li rimproverò e sebbene la mandibola iniziò a farle male, continuò a ridere.
Non aveva mai riso così, con nessuno, nemmeno con Cloe.
...

In foto: Marie Avgeropoulos come Cloe

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