How to charm Micol Esposito [...

Oleh _Miss_Arya_

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𝐏𝐫𝐒𝐦𝐨 π₯𝐒𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞π₯π₯𝐚 𝐭𝐫𝐒π₯𝐨𝐠𝐒𝐚 βœ“ Β«Ti amoΒ», sussurrai. Il mio era un mormorio talmente sot... Lebih Banyak

Introduzione
Dedica
Prologo
Prima parte
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Seconda parte
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Epilogo
Ringraziamenti
In arrivo il secondo libro della trilogia!

Capitolo 7

720 40 54
Oleh _Miss_Arya_

And build me a time

where the characters rhyme

and the storyline is kind.

Ibiza Bar, Pink Floyd

Nei giorni seguenti, io e Teseo instaurammo una sorta di routine.

Ogni pomeriggio, Teseo usciva dal Liceo Scientifico e veniva ad aspettarmi fuori da scuola, dove ci incontravamo e facevamo insieme la strada verso il bar. Lì ci salutavamo e lui ritornava a casa. Alcune sere, venne persino al locale per aiutarci e zia Cecil era sempre entusiasta di vederlo.

Ogni volta che andava via, non finiva più di elogiarlo. Per lei, Teseo era un ragazzo dal cuore d'oro che quando s'impegnava in qualcosa ci metteva tutto se stesso. Quel qualcosa sarei io, per chi non l'avesse capito.

Comunque sia, per mamma e papà le cose sembravano procedere in una direzione che non includeva un semplice rapporto di amicizia e ritenevano opportuno mettermi in guardia sui rischi del fare l'amore.

Una mattina, prima di andare a scuola, mi fecero sedere al tavolo della cucina e con espressioni gravi mi dissero che avevano qualcosa da dirmi.

«Cosa succede?», chiesi. «Gli affari stanno andando male?»

Non era la prima volta che mi facevano discorsi del genere. Ma era una cosa che mettevi in conto come figlia quando sapevi che l'unica attività che ti sosteneva economicamente era un banalissimo bar nella periferia di Cremona.

«No, tesoro», chiarí immediatamente mia madre, «va tutto a gonfie vele».

Seduta di fronte a me, la osservai mentre si portava alle labbra la sua tazza colma di caffè.

Era bellissima, anche appena sveglia. Aveva un viso a cuore e i capelli neri striati di verde, un piercing al naso ed uno al centro del labbro inferiore. No, non era come le modelle di Instagram - l'emblema della perfezione e della delicatezza. Lei aveva la bellezza tipica delle rockstar e andava fiera di ogni suo orecchino e tatuaggio. Speravo di essere come lei un giorno.

«Oh, per fortuna», sospirai di sollievo. «Allora, perché avete quelle facce?»

«Dobbiamo parlarti di una cosa molto importante, Miki», esordì mio padre, appoggiandosi al bancone della cucina con le braccia incrociate sul petto.

«È una cosa di cui forse avremmo dovuto parlarti prima...» disse Ronnie.

«Ma non ne vedevamo il motivo», concluse Bear.

«Ma visto come le cose tra te e Teseo si stanno evolvendo, credo che sia giunto il momento di affrontare questa discussione», riprese mia madre.

Sentire il nome mio e di Teseo nella stessa frase fece scattare nella mia mente un centinaio di campanelli d'allarme. C'era solo una cosa di cui potevano voler parlare...

«Tesoro, so che ha scuola ne avete discusso, ma penso che dovremmo comunque avvisarti sui rischi del...»

Mio padre non riuscì a concludere la frase. Meno male, aggiungerei.

«fare l'amore», continuò mamma.

Come non detto.

Balzai in piedi così in fretta che persino Flash mi avrebbe battuto il cinque se mi avesse visto. Afferrai lo zaino dalla sedia e me lo misi sulla spalla, sistemandomi i capelli piastrati che mi si erano impigliati nella bretella.

«Okay, prima che continuate, ve lo ridico: io e Teseo non siamo fidanzati, va bene?», precisai.

«Miki, tesoro, siamo stati adolescenti anche noi e sappiamo come funzionano queste cose. Il giorno prima siete "solo amici" e il giorno dopo vi vediamo limonare fuori dal bar», replicò mia madre, alzandosi in piedi.

«Ed è una cosa assolutamente normale, honey», aggiunse mio padre.

«Esatto», continuò mamma, «ed è per quello che riteniamo opportuno che tu abbia sempre con te un...»

Ronnie diede una gomitata a papà, che... tirò fuori dalla tasca un preservativo e me lo porse.

Rimasi senza parole. Non ne avevo nessuna di sensata da dire, ve lo giuro, se non urlare "ma che cazzo!".

«Ma che cazzo!», urlai, «Oddio, allontanalo da me!»

«Miki, è davvero importante che tu lo abbia, non vorrai mica finire incinta a soli diciassette anni», disse mamma, prendendo il preservativo e ficcandomelo in mano.

«Miki, prendilo», mormorò. «Se resterà nella tasca del tuo zaino non fa niente, ma se un giorno dovessi ritrovarti in... una situazione di necessità... lo avrai con te e non farai una stupidata».

La fissai con la bocca spalancata, ma alla fine annuì e lo misi nello zaino.

Quando alzai lo sguardo, vidi entrambi osservarmi con un orgoglio. Perché non potevo nascere in una famiglia normale, dove la parola "sesso" è taboo?

«Questo non significa che io e Teseo stiamo insieme, sia chiaro», esordì prima di uscire di casa.

«Certo, tesoro», urlò mia madre da dietro la porta, «come dici tu!».

***

Quel pomeriggio, i miei mi diedero il via libera per saltare il lavoro ed andare a casa di Rob con Stella, che voleva raccontarci tutto a proposito di Giacomo. Quindi, dissi a Teseo di non passarmi a prendere a scuola e lui ne approfittò per studiare prima di andare all'allenamento di tennis. Esatto, praticava tennis - uno sport da ricconi al pari del golf - ed era persino bravo.

In ogni caso, dopo la scuola, io e Rob facemmo la strada insieme fino a casa sua. Appostata vicino al citofono, Stella stava schiacciando più volte il pulsante e parlava al muro anziché a noi, come pensava.

«Oh, ma siete qui!», esclamò quando ci vide.

Io e Rob ridacchiammo.

«Esatto, da quanto stavi limonando con il citofono?», chiesi.

«Da almeno un quarto d'ora», ammise.

Rob si fece spazio per passare in mezzo a noi ed andare ad aprire il cancellino. Poco dopo, stavamo attraversando il suo piccolo giardinetto, salutando la tartaruga che viveva nel piccolo stagnetto che Rob aveva costruito tutto da solo. La tartaruga si chiamava Berta, per chi se lo chiedesse. E non era stato mio padre ad affibbiarle il nome.

Entrammo nella casa di Rob e subito il profumo del detersivo per pavimenti ci accarezzò i sensi. Potevi venire a qualsiasi ora del giorno e della notte e ci sarebbe sempre stato odore di pulito. Ma d'altronde la signora Teresa era una vera maniaca dell'ordine.

«Allora, cosa volete ordinare?», chiese Rob. «Pizza o cinese?»

«Cinese», rispondemmo all'unisono io e Stella.

«Bene, il solito allora?»

«Si, certo», annuì e mi andai a sedere sul divano del salotto.

Rob si allontanò per chiamare il servizio d'asporto, mentre io e Stella accendemmo la televisione per ingannare l'attesa. Sullo schermo, erano trasmesse le repliche di How I met your mother e ci divertimmo a rivederle insieme. Quando Rob tornò, si sistemò anche lui sul divano con l'intento di godersi qualche ora in nostra compagnia.

Dieci minuti dopo, suonarono al campanello e Rob sparì di nuovo per andare a prendere i nostri ordini al cancello.

Ringraziando il cielo, ci mise solo pochi secondi e potemmo finalmente goderci un pranzo sostanzioso dopo una giornata scolastica stressante.

«Allora, com'è andata la tua giornata, Stella?», chiese Rob, infilandosi un involtino di primavera in bocca.

«Tutto bene», disse Stella, prima di iniziare a raccontarci dell'acconciatura perfetta che aveva fatto alla sua compagna di classe, Rebecca.

«Com'è andata la vostra, invece?», domandò infine.

«Avevamo una verifica di spagnolo, ma credo che sia andata abbastanza bene», dissi.

«Sì, anche io», intervenne Rob.

«Ma và! Come se non lo sapessimo, inteligentone!», esclamai.

Rob era il classico amico che prima della verifica ti diceva di non sapere niente... E poi prendeva dieci.

Mi chiesi se anche Teseo facesse così. Poi realizzai che Teseo non avrebbe mai ammesso di non sapere una cosa, era troppo arrogante per farlo.

«Ma parliamo di cose più interessanti, come va con Giacomo? Miki mi ha detto che è un vero gentiluomo!», disse Rob.

«Oh, sì», sospirò Stella, «lo è davvero!»

«Per esempio, l'altro giorno mi ha riaccompagnato a casa in macchina e non mi ha fatto scendere finché non è stato lui stesso ad aprirmi la portiera!»

«Sul serio?!», esclamò il mio amico. «E' una cosa così dolce!»

«Perché non incontro anche io dei ragazzi così?», si lamentò.

«Forse perché sei uno sfigato!», lo presi in giro.

«Hahaha, parla la sfigata», ribatté lui.

«Ragazzi, ragazzi, non litigate!», intervenne Stella, alzandosi in piedi.

«Vado in bagno ora, voi cercate di non azzannarvi».

«Ehi, per caso hai un assorbente?», mi domandò.

«Sì, dentro la tasca davanti», le indicai vagamente lo zaino, troppo distratta dal sapore del sushi sulle mie papille gustative.

Sentii Stella muoversi per il salotto, afferrare il mio zaino e frugarci dentro. Poi udii il suo urlo.

«Aahhh! Cos'è questo?!», strillò.

La guardai e non riuscii a trovare una sola parola per spiegarle cosa ci facesse nella tasca della mia cartella.

«È un preservativo, mi sembra ovvio», chiarí Rob.

«Mi devi dire qualcosa? Stai uscendo con qualcuno, Miki?», chiese Stella.

Ecco, la mia opportunità per dirle di Teseo, per raccontarle le ultime settimane. Non la colsi, però. Preferii svelare una mezza verità.

«No, assolutamente!», dissi. «I miei sono solo paranoici e hanno voluto darmi uno di quelli per sicurezza, tutto qui».

«Ah, okay».

Stella mi lanciò un'occhiata maliziosa.

«Posso prenderlo io, allora?»

«Certo, fai pure».

Più volte nel corso degli anni mi chiesi se qualcosa di diverso sarebbe accaduto nel caso in cui non avessi acconsentito. Ancora oggi, non ho trovato una risposta. 

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