Capitolo 21

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She took off a silver locket

she said remember me by this

she put her hand in my pocket

I got a keepsake and a kiss

and in the roar of dust and diesel

I stood and watched her walk away

Tunnel of Love, Dire Straits

10 settimane dopo

L'intervallo era iniziato da ben cinque minuti, ma io ero dentro il bagno da dieci.

Sentivo voci di altre ragazze al di là della porta di legno un po' ammaccata e scarabocchiata con il pennarello indelebile.

D'un tratto, una si distinse della altre: «Miki, sei qui?»

Era Rob, che probabilmente si sarebbe beccato un rimprovero per essersi infilato nel bagno delle femmine.

Un silenzio calò dall'altra parte della porta quando le ragazze realizzarono che c'era un maschio nel bagno.

«Ehi! Cosa ci fai qui dentro?!», esclamò oltraggiata una di quelle.

Non sentii alcuna risposta provenire da Rob. Invece, percepii la sua figura accasciarsi contro la porta e le sue nocche bussare due rintocchi alla porta.

«Miki, sei lì?», chiese.

Alzai lo sguardo dalle piastrelle bianche del bagno per postarlo su uno scarabocchio nero sulla superficie legnosa dello stipite.

La scritta nera Ti amo Teo balzava immediatamente all'occhio.

Serrai le palpebre perché, anche se quello era un altro nome, mi ricordava tremendamente ciò che avevo perso.

Mi ricordava giornate al sole. Pomeriggi spesi sui libri con lui al mio fianco. Risate a tarda notte quando lui mi mandava un messaggio. Un pianoforte a coda in una stanza con La nascita di Venere appesa alla parete. Una melodia dolce. Dei battiti persi.

«Miki», mi chiamò un'altra volta Rob.

Risposi con un mugugno perché la nausea era tornata. Di nuovo.

Era da settimane che rovinava le mie mattinate più di quanto non facesse il mio umore.

«Miki, fammi entrare».

Strisciai sul pavimento, fregandomene di toccare le piastrelle sporche con le mani, perché non avevo la forza di alzarmi.

Aprii di poco la porta, giusto lo spazio necessario affinché Rob potesse infilare la mano e infilarsi dentro il piccolo abitacolo.

Quando mi vide seduta per terra, mi rivolse un'espressione pensierosa e si chinò sui talloni per fissare il mio viso.

«Sono preoccupato per te», disse in un mormorio.

«Non devi», replicai appena prima che un attacco di nausea mi costringesse a raggiungere il water per vomitare la colazione di quella mattina.

«Dicevi?», chiese lui alzando un sopracciglio.

Mi pulii la bocca con la manica della felpa e tentai di rassicurarlo: «Sto bene, Rob. È solo un po' di vomito. Avrò preso un virus».

«Non è solo per la nausea, Miki. È per il tuo umore. Sembri un morto che cammina, ti aggiri per la classe come se tutto questo non fosse altro che una perdita di tempo per te».

«Dice quello che non fa altro che dormire e mangiare e disperarsi dopo aver lasciato la sua band».

«Non tirarmi dentro nel discorso, signorina. Stiamo parlando di te e del tuo stato d'animo».

Mi rifiutai di parlare. Qualsiasi cosa uscita della mia bocca si sarebbe ritorta contro di me.

«Miki, ti prego, dimmi cosa sta succedendo», mi supplicò Rob, «Io e Stella siamo davvero in pensiero per te».

«Te l'ho già detto: è solo un virus. Niente di cui preoccuparsi».

La campanella suonò in quel momento, interrompendo qualsiasi cosa Rob volesse dire.

Mi alzai ed ignorai il capogiro che mi fece traballare.

«Te lo ripeto, Rob. Va tutto bene. E ora andiamo in classe che, se arriviamo in ritardo, la prof ci stacca la testa».

Rob annuì, ma non era per niente convinto.

***

Sinceramente, nemmeno io ero convinta di quel presunto virus: durava da troppo tempo e si manifestava spesso con nausee mattutine ed eccessiva stanchezza.

Più ci riflettevo, più mi venivano dei dubbi su quella diagnosi, soprattutto perché il mio ciclo mestruale era sparito.

Perciò, quel pomeriggio, tornando a casa da scuola, scelsi di prendere un'altra strada.

Una che passava davanti ad una farmacia.

Probabilmente non avrei dovuto aspettare così tanto, ma avevo paura di quello che il test avrebbe rivelato.

Entrai velocemente all'interno e presi quello che mi serviva, fregandomene dello sguardo indagatore del dipendente.

Feci ritorno a casa con il cuore che sembrava uscirmi dal petto da tanto che batteva forte.

Superai l'entrata del bar per fare il giro sul retro e poter entrare in casa senza che nessuno mi vedesse.

Mi diressi immediatamente in bagno - non volevo aspettare un altro minuto, dovevo sapere la verità.

E quando quella si mostrò a me con due strisce rosa sapevo cosa significava.

Significava che, anche se non avevo più il battito di Teseo che si univa al mio per dare vita a una musica meravigliosa, un altro avrebbe ugualmente accompagnato il mio.

Avrebbe creato una melodia nuova, prima rapida e poi lenta, prima cupa e poi entusiasta, ma avrebbe saputo incantarmi come la precedente.

Non ne avevo il minimo dubbio. 

How to charm Micol Esposito [Trilogia How To #1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora