Capitolo 43

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Mama take this badge off of me

I can't use it anymore

It's getting dark, too dark to see

I feel I'm knockin' on heaven's door

Knockin' On Heaven's Door, Guns N' Roses

Fu un bel giorno, quello. Ci perdemmo nel labirintico parco di Genova, mangiammo in un ristorante carino come una vera famiglia e passeggiammo per le vie della città, gustando gelati e facendo foto di famiglia.

Quando erano le cinque del pomeriggio, Teseo decise che era ora di tornare a casa e salimmo sull'auto, stanchi ma felici. Iniziammo un lungo viaggio che durò più di quanto ci fossimo aspettati a causa del traffico e finimmo per rientrare alle dieci di sera.

Zef crollò sulle lenzuola distrutto, a differenza di me e di Teseo che invece ci sdraiammo a letto, commentando la giornata pazzesca che avevamo vissuto.

Ci addormentammo così, abbracciati l'uno all'altro. Lui con i soli boxer addosso e io con un'unica canottiera a tenermi al caldo.

Quando il cellulare squillò quella mattina, mi destò da un dolce e profondo sonno in cui Teseo ed io ci trovavamo nel suo ufficio e...

Il cellulare riprese a fare rumore, costringendomi ad aprire gli occhi.

Era impossibile continuare a dormire con la sonata di Bach che risuonava nella stanza.

«Vai a spegnere quel coso», intimai Teseo.

«Teseo», lo chiamai ancora, ma lui non mosse un solo muscolo: se ne stava lì, aggrovigliato a me con le gambe e con le braccia, completamente a suo agio. «Devo proprio?», chiese, stringendomi nel suo abbraccio.

«Sta squillando da venti minuti, Montecchi. Sarà meglio che tu risponda», lo redarguì un'ultima volta.

Lasciandomi un bacio sulla fronte, Teseo si sollevò dal letto e si mise a cercare i suoi pantaloni per la stanza.

Quando li trovò sotterrati sotto i miei, li prese e frugò nelle tasche posteriori. Tirò fuori il cellulare e guardò perplesso lo schermo.

Aggrottò la fronte e si passò una mano tra i capelli prima di cliccare sul tasto verde e portare il cellulare contro l'orecchio.

«Pronto?»

Non sentii la voce dall'altro capo del telefono, ma non doveva essere una persona che Teseo reputava particolarmente simpatica, data la sua espressione infastidita.

«Sei tornato?», domandò, stringendo la mascella.

«Vuoi che venga lì?» Si percepiva quanto fosse scocciato solamente dal tono di voce.

«E cosa te ne frega a te di con chi passo la notte?»

Teseo scosse il capo, sbuffando una risata indignata.

«Va bene, ci sarò...Sì, okay... Ciao». Chiuse la chiamata senza ripensamenti e si girò verso di me, tornando a sorridere appena mi vide stesa sulle lenzuola.

«Chi era?», chiesi, deglutendo a vuoto. Nella mia mente si stava facendo largo un brutto presentimento e avevo bisogno di ricevere una conferma.

«Mio padre».

Così ebbe inizio l'attacco di panico.

All that bloodshed, crimson clover

How to charm Micol Esposito [Trilogia How To #1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora