𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚...

By bluelliestories

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"Se potessi rivivere un solo giorno della mia vita, sarebbe sempre lo stesso, in loop, senza interruzioni, e... More

Introduzione
❦ Trailer & Cast ❦
1. Now you're just somebody that I used to know
2. I wonder if I'll ever see you again
3. Before our innocence was lost
4. Even my phone misses your call
5. We were silenced by the night
6. We're not who we used to be
7. Somewhere only we know
8. Where are you now when I need you most?
9. Just nineteen, a sucker's dream - quattro anni prima
10. I'm Mr. Brightside
11. I'm coming out of my cage
ANNUNCIO IMPORTANTE
12. When I run out of road, you bring me home
13. She's walking on fire
14. Hey there Delilah
15. Taffy stuck and tongue tied
16. Big lights will inspire you
17. Just let me know, I'll be at the door
18. I'm gonna pay for this
❦ Playlist ❦
19. Crawling back to you
20. Your lips, my lips, apocalypse
21. Here to take my medicine
22. Another star, you fade away
23. Half of me has disappeared
24. Palm trees are candles
25. Kiss in the kitchen like it's a dance floor
26. Strawberry fields forever
27. I call my baby Pussycat
28. Well, are you mine?
29. Remember when you used to be a rascal?
30. The blood in my veins is made up of mistakes
31. Jealousy, turning saints into the sea
32. Remember me, special needs
33. It's New York baby, always jacked up
34. Times Square can't shine as bright as you
35. It'd be so sweet if things just stayed the same
36. Everyone knows she's on your mind
37. I'm better off on my own
38. We met with a goodbye kiss
39. When we made love you used to cry
40. With your hands between your thighs
41. Leave me hypnotized, love
42. Does he take care of you?
43. Lamb to the slaughter
44. The things I'm fighting to protect
45. With everything, I won't let this go
46. Don't turn away, dry your eyes
47. I will save you from all of the unclean
48. Head in the clouds but my gravity's centered
49. I see the truth in your lies
50. It was a perverted thing to say
51. I almost died in my dreams again
52. The bed was left in ruins
53. Won't stop til it's over
54. And the sex and the drugs and the complications
55. Meet me in the hallway
56. This is your last warning, a courtesy call
58. Tell them the fairytale gone bad
59. You can drag me through hell
60. Your knee socks
61. Type of sex you could never put a price on
62. Should've done something but I've done it enough
63. Birds fly in different directions
64. Baby, can you see through the tears?
65. In the end, it doesn't even matter
EPILOGO - if it wasn't for you
BONUS - You can even fly up here
❦ Trailer e Ringraziamenti ❦
-DEVIANT-
❄️GIVEAWAY Natalizio❄️

57. Every little lie gives me butterflies

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By bluelliestories



Noi ci tocchiamo.
Con che cosa?
Con dei battiti d'ali.
Con le stesse lontananze
Ci tocchiamo.







Aprile 2016

«Sai una cosa? Non so se dovrei dirtela, ma a questo punto non mi interessa. Mi sono portato una ragazza a casa, prima. Perché ti assomigliava, cioè, aveva i capelli come i tuoi. Ma che cazzo dico..
Nessuna ha i capelli come i tuoi. Nessuna è paragonabile a te. È per questo che l'ho mandata via senza nemmeno sfiorarla. Capisci? L'ho mandata via, sono stato scortese. Aveva l'unica colpa di non essere te, mi infastidiva il suo non essere te. Penso di stare impazzendo.»

Il suono della segreteria telefonica del suo cellulare risuonò nella stanza come in una cassa vuota e l'avvertì che il messaggio vocale era terminato.
Si saturò i polmoni e poi espirò fuori l'aria come se volesse gettare via anche tutti i macigni congelati dal suo risentimento.

Harry aveva provato a chiamarla durante la notte e lei ringraziò il cielo di aver spento il cellulare, perché per quanto lui potesse essere fuori di sé, lei non sarebbe riuscita a tollerare l'idea che stesse davvero cercando di andare avanti. E che lo stesse facendo in quel modo, tra le braccia di una sconosciuta a caso.

Sembrava realmente tormentato eppure si chiedeva quale dannato bisogno avesse di renderla partecipe della sua vita sentimentale.
Gettò il telefono il più lontano possibile e cercò di trovare un senso a quelle parole che fosse diverso da quello evidente, mentre stancamente usciva dal letto cercando a tentoni qualche motivo valido per alzarsi.

Barcheggiava tra la rabbia e la tristezza che l'assalivano a cavalloni, ma era più che determinata ad ignorarlo e ad andare avanti, almeno all'apparenza.
Si infilò una maglietta stropicciata a maniche corte, perché era ancora in reggiseno, nonostante il sole fosse già alto nel cielo.
Era straordinariamente caldo, per essere primavera e per essere in Gran Bretagna, e l'aria ribolliva di piccole scosse degli echi vitali della bella stagione in arrivo.

«Era lui, vero?» La voce femminile la raggiunse delicata da dietro le sue spalle, ed Estelle si limitò a rispondere con un silenzioso assenso.
«Si capisce dal tuo sguardo, che era lui.»

Nascose il volto a sua madre e si asciugò quell'unica lacrima solitaria che cercava dimora tra le sue labbra, prima di ingoiarla intera, perché a volte aveva l'impressione che se nessuno avesse visto le sue lacrime, era come se non fossero mai
esistite.

Per lei ed Harry il tempo era sempre stato il veleno, e anche l'antidoto, e il volo instancabile dell'uccello del paradiso che non poteva toccare il suolo terrestre nella sua testa diventava anche il simbolo della forza interiore e dell'anima contemplativa, che sceglieva di tenersi al di sopra delle passioni terrene, in un distacco dal mondo che potesse essere catartico.
Peccato che lei non fosse affatto distaccata, e quel tatuaggio le appariva sempre più come una falsità insopportabile ai suoi occhi antichi, dopo che avevano amato il fuoco.

Il suo unico tentativo di distacco dal mondo quella volta consistette nel tornare a casa sua, a Londra, tra quelle mura che in quel momento le sembrarono le uniche ad esserle familiari.
E continuava a ripetersi che era stato lui stesso, il primo ad allontanarsi da lei, ma la verità è che sapevano entrambi che ad una frana così grande non avrebbero retto. Erano stati inghiottiti da un dolore inaspettato che non riusciva a farli stare vicini, senza riuscire allo stesso tempo nemmeno ad allontanarli.

Anzi, per un motivo del tutto assurdo i rami nel suo petto continuavano a cercarlo in modo ancora più spasmodico, ramificandosi nel suo petto per cercare disperatamente di intrecciarsi a quelli di lui.
Ma quei silenzi erano incolmabili e più passava il tempo e più riavvicinarsi sembrava quasi impossibile, mentre ognuno cercava il modo di reagire alle proprie perdite e alle proprie ferite. Un cumulo di pietre roventi gli assillava lo stomaco e cominciava a chiedersi se fosse troppo desiderare di liberarsene.

Lei si voltò verso la figura di sua madre, con il viso incurvato in una smorfia di pianto rabbioso trattenuto a stento tra le palpebre annacquate.
Strizzò gli occhi, le ciglia si inumidirono, e una goccia ribelle le sfuggì giù fino al mento.
«Estelle, è tutto normale. Dovete solo metabolizzare, datevi del tempo.»

Uno sbotto irrefrenabile di veleno e fiele le avvampò la gola di amarezza, e venne fuori come un'escandescenza a lungo repressa nel profondo.
«Proprio tu, mi parli di metabolizzare? Spiegami, come si fa a metabolizzare il dolore?»

Perché a volte ti ci abitui, ai mostri che ti perseguitano, a tal punto che ti sembra quasi di non riuscire a vivere senza di essi. E quando ti ci abitui e smetti di combatterli, la tua vita ne uscirà irrimediabilmente compromessa.

Tu che mi hai insegnato a farlo solo con i tranquillanti.
Non lo disse ad alta voce perché quella frase rimase incagliata tra la gola e il buon senso, ma forse avrebbe dovuto.
Sua madre si era semplicemente arresa. E lei aveva fatto la stessa cosa, per tutto quel tempo: arrendersi ai suoi demoni, al punto da vivere troppo intensamente sia la gioia che il dolore, fino ad arrivare a precludersi entrambi. A volte il profilo genetico gioca brutti scherzi, oppure è semplicemente il modo in cui veniamo cresciuti, a marchiarci in maniera indelebile.
Fino a quando non era arrivato Harry, a farle vivere tutto con molta più potenza di quanto lei non avesse mai immaginato.

Si rese conto che lei stava facendo esattamente lo stesso errore, che tutto quell'astio e quella collera che le stava rovesciando addosso non avrebbero potuto addolcire il sale sulle sue ferite, ma che per qualche motivo irrazionale dire certe cose ad alta voce la stava realmente facendo sentire meglio. E in quel momento si sentì incredibilmente bene.

Qualche minuto dopo, sua madre aveva preso la porta e se n'era andata. Tipico da lei, il vittimismo, l'incapacità di affrontare le situazioni, ma Estelle sapeva di aver esagerato e lo aveva fatto consapevolmente, ad alzare il tono come se le addossasse la colpa. Perché quel desiderio di rimanere da sola con se stessa era l'unico istinto prevalente, in quel momento.
Allontanare, allontanare tutti.

Realizzò che era troppo tempo ormai che si era fermata, e che avrebbe dovuto riprendere in mano la sua vita esattamente come stava facendo lui. L'eccessivo stress l'aveva ridotta ad un fuscello di magrezza, sia Brigitte che la sua agenzia non poterono evitare di notarlo.
Si stava prendendo il suo tempo, si era messa a leggere una quantità spropositata di libri, tutti quelli che aveva sempre voluto leggere e che non aveva mai avuto tempo nemmeno di sfogliare: ci si immergeva intere giornate e il tempo che sembrava scorrere più lentamente le dava una sensazione di ristoro.

Era anche tornata a pranzare con il suo latte vegetale e cereali, nonostante tutti le dicessero che avrebbe dovuto prepararsi dei pranzi decenti, ma la pigrizia prendeva il sopravvento in quelle giornate che scorrevano lente come l'acqua piovana sul davanzale, e uno stato apatico e quasi narcolettico la aiutava a mettere in stand by qualsiasi tipo di emozione.

Comunque, era una giornata come ce ne erano state parecchie ultimamente, con quel miscuglio di mancanza sempre fissa a tamburellarle nello stomaco, perché lui le mancava come il sole quando piove in estate.

Se l'apatia poteva mettere un freno ai suoi sentimenti, lo stesso non succedeva con i ricordi, anzi: più evitava di tenersi occupata e più quelli riaffioravano come miraggi marini mentre stai navigando a vista.

E osservandosi quella cicatrice invisibile sul ventre tutto le ricordava un vecchio silenzio sprigionato di urla, un momento che aveva davvero cambiato il mondo, tra loro due.
Non poteva esserne sicura, ma doveva essere successo quella mattina.

Quella mattina in cui il suo corpo aveva accolto a tradimento un nuovo flebile respiro di vita se la ricordava bene, e se la ricordava bene per il modo in cui lui gli aveva fatto passare un cerchio alla testa impensabile.

Le pareti attorno a lei si sgretolavano come se mutassero a comando dietro quelle crepe fatiscenti, e mentre si abbandonava ai ricordi spuntava pezzo dopo pezzo la casa di Harry e New York.

Perché non c'era bisogno che qualcuno le confermasse che era accaduto quella volta. Certe cose te le senti e basta, lì, tra le corde delle tue mancanze e quelle di quel sottile masochismo di voler ricordare a tutti i costi, di voler trattenere il momento, quello in cui il suo sangue denso e concreto si era raggrumato in lei, mescolandosi con il suo più acquoso.




Mi sveglio con la testa che picchia duro come se avessi un martello a battere su un chiodo conficcato nel cranio, e gli occhi inzuppati nella ricerca di lui, che però non c'é.

È troppo buio per vedere qualcosa, ma l'aria è intrisa di quel profumo ambrato di spezie e allo stesso tempo incredibilmente zuccherino che emana il suo corpo, eppure non percepisco la sua presenza accanto a me, ma ho la vista annebbiata e non mi fido affatto delle mie percezioni.

C'è qualcosa che non va, in me.
La stanza gira e il soffitto mi sembra di osservarlo attraverso un caleidoscopio, si deforma ogni volta che sbatto le palpebre e vedo ondate di vernice bianca.

Devo aver bevuto veramente tanto ieri sera, e se sono finita con la testa nel water devo dare la colpa solo a me stessa, e dovrei pentirmi ogni volta se non fosse che amo il modo in cui lui riesce a prendersi cura di me quando mi vede più esposta.

Ho ricordi confusi e Harry dappertutto, ma di quello ormai non mi stupisco più. Harry nei globuli rossi, Harry nelle particelle di ossigeno, Harry nelle sottotrame del tessuto osseo.

Distinguo una sagoma che mi viene incontro e la sua pelle perlacea come un tessuto lucente non potrebbe essermi più familiare. È nudo, la sua figura è una luminaria di luna ma indossa un paio di boxer neri e se ne va in giro reggendo un bicchiere colmo di un liquido aranciato.

Non c'è nulla di granché poetico nel modo in cui con la mano che non regge il bicchiere si sistema i gioielli di famiglia, ma i suoi lunghi capelli mossi gli adornano una mascella affilata di bronzo mentre non distinguo perfettamente i lineamenti, e quindi non ne posso decifrare le espressioni.
O forse non se ne sta andando in giro per la camera, forse viene dritto verso di me: è probabilmente la mia vista che sta sbandando e prende abbagli in continuazione.

Penso che sia la prima volta che si sveglia prima che mi svegli io: deve essere veramente tardi e io mi sento come se avessi dormito un sonno eterno durato un migliaio di anni.

«Sei viva?»
Mi chiede fingendo una certa preoccupazione, e dal suono della voce arrochita capisco che deve essersi svegliato da molto poco.

Non proferisco parola perché non credo che sarei in grado di articolare una frase di senso compiuto, ma annuisco con una smorfia dolorosa.
Devo avere un aspetto orribile ma non riesco a staccare gli occhi da ogni singolo tassello di pelle di cui è composto il suo corpo marmoreo, e i tatuaggi sotto le clavicole si avvicinano a me come due falchi in picchiata, quando si posa sul letto e mi stampa un piccolo bacio sulle labbra.

Ho avuto diversi ragazzi. Non un numero spropositato in realtà, ma abbastanza da poter dire che solo lui mi fa sentire così piccola e in soggezione, completamente sopraffatta dalla sua bellezza ultraterrena che mi strappa ogni volta un pezzo d'anima, e posso dire con certezza che ormai è ridotta in brandelli, e lui potrebbe provare a ricucirli ma non tornerei mai più la stessa di prima. Perché è sensuale in ogni suo gesto e anche lo sfioro di pelle più innocente mi manda in corto circuito ogni frammento di tessuto connettivo.

Guardo in basso sotto il mio naso: mi sta porgendo un bicchiere pieno di un liquido che profuma di agrumi, e stranamente non mi torna il voltastomaco.
«La spremuta d'arancia è l'unica cosa che mi fa riprendere dopo una sbronza. Me l'hai insegnato tu.»

Un sorriso mi nasce talmente spontaneo che quasi mi imbarazza. Si ricorda di piccoli stralci di noi che sfuggono completamente dalla mia memoria, dettagli insignificanti che sembrano così lontani nel tempo eppure tornano rigogliosi con quella malinconia piacevole di quando non vorresti mai lasciar andare via qualcosa. Come il vento che ti scorre tra i capelli quando guardi il mare e pensi che vorresti restare così scapigliata per sempre.

La prima notte che ha dormito a casa mia, nonostante lui fosse completamente incosciente, è stata quella che mi ha sbrindellato per sempre qualsiasi traccia d'innocenza fosse presente in me. Non mi ha nemmeno lontanamente sfiorata, eppure lo desideravo in maniera vergognosa e non me ne sono mai realmente stupita visto che è bello come un dio, se non fino a quando siamo entrati in contatto e allora la vera sorpresa è stata quell'incastro.
Quella connessione non si scorda più, te la porti dietro tutta la vita, e continuerai a ricercarla per sempre.

Bevo una sorsata di spremuta mentre il tintinnare di due cubetti di ghiaccio mi aumenta la sete, ma una goccia di liquido scivola dal bordo delle mie labbra e lui si china in avanti per raccoglierla con le sue.

Con un lampo di soddisfatta provocazione mi riapproprio della mia dignità affogata la sera prima nell'alcool.
«Sai anche cosa mi fa passare l'hangover?»

Mi spinge sempre oltre i miei limiti, lo farà sempre e comunque, mi ha fatto scoprire labirinti di sensazioni proibite in cui non avrei mai pensato di potermi perdere.
Scivolo con le mani sull'elastico dei suoi boxer per sbirciarvi dentro e lo tiro verso di me.

Il sorriso malizioso e lo sguardo che arriva da sotto le ciglia folte, che improvvisamente gli si accende di pensieri trasgressivi e di quell'ardire peccaminoso che gli nasce nel petto.
«Ti avevo promesso che al tuo risveglio sarebbe stato di nuovo qui.»

Sorrido ancora, e lo trascino verso di me.
La sua pelle è madreperla sotto i miei polpastrelli e il suo odore è sempre lo stesso e gli appartiene, eppure io ci percepisco sempre nuove sfumature, e in questo momento sa di ambra baltica e di pesche mature quando d'estate la luce serale riscalda i frutteti.

Poi improvvisamente si cruccia in un finto rimbrotto.
«E dire che ieri te ne stavi andando con quel biondino.»
«Non me ne stavo andando. Volevo solo un passaggio a casa.»

Puntualizzo, mentre lui risponde con un grugnito di disaccordo che gli proviene dalla gola.
Vorrei continuare a spiegargli di come io non abbia occhi che per lui, ma ho la sensazione che quell'argomento sia già stato archiviato, nella sua mente.

E infatti qualche istante dopo mi guarda come se un'idea si fosse affacciata spietata sul davanzale del suo inconfessabile compiacimento.
Quello che deriva dal fatto che io non possa resistergli in nessuna delle vite che mi verrà concessa.

«Toccati, Estelle.»
La voce carnale gli graffia la gola di istinti di sopravvivenza e distrazioni per niente innocenti. «Voglio guardarti mentre ti tocchi.»

I suoi occhi sono due astri dilatati che battono il ritmo del mio cuore selvaggiamente offeso, da quel rimescolarsi di emozioni.
«Cosa.. cosa hai detto?»

Inclina la testa e sorride, ma è serissimo.
«Ho bisogno che ti scaldi. Perciò fallo.»

Mi scivola lungo il corpo indietreggiando, fino ad afferrare i miei slip con entrambe le mani e a tirarli giù fino alle ginocchia con un colpo solo, senza alcuna pietà per il mio corpo impaziente.

Io sono in preda ad un maleficio, non c'è altra spiegazione.
Non credo di aver mai fatto una cosa tanto intima davanti ad un altro essere umano, ma in realtà ho raggiunto livelli di intimità con Harry fin dal primissimo sguardo scambiato di nascosto, che nessun altro ha mai raggiunto nemmeno nelle caverne di perversioni più licenziose.
«Harry...»

Mi raggiunge gli occhi con lo sguardo spavaldo e intorpidito, osservando i possibili passaggi che potrebbe scavarsi dentro di me.
«Te lo ricordi vero, chi comanda quando è giorno?»

Era ovvio, che non mi avrebbe lasciato possibilità di ribattere. Vuole guardarmi annacquarmi gli occhi di desiderio per il solo gusto di vedermi impazzire senza averlo.

Lascio scivolare le dita sul mio punto più debole perché semplicemente non ho altra scelta, non mi farà uscire viva di qui senza che prima non avrò soddisfatto tutto ciò che la sua mente riesce a concepire. Mantengo il contatto visivo mentre lui ogni tanto scivola lo sguardo sul centro dove le mie dita vanno a muoversi ritmicamente, ma poi torna fisso e concentrato sulle mie espressioni.

Mi fa quasi paura quando mi guarda in quel modo, come se volesse sfamarsi e io fossi la vittima sacrificale da immolare sul patibolo. Lui non si sfiora affatto, e mantiene un autocontrollo di attesa calibrata, mentre sfoga tutta la sua insoddisfazione nelle iridi paonazze che mi ipnotizzano, e insidiosamente si crogiola come se mi osservasse di nascosto.

Quando inizio a mormorare, le sue labbra sporgenti si schiudono e i suoi incisivi perfetti vanno a pinzare il labbro inferiore.
Se potessi disegnare lo sguardo che mi fa sentire bella, molto più di qualsiasi occhiata che mi arriva mentre sfilo sul catwalk, userei i colori che vedo dipinti nei suoi occhi in questo preciso istante. 

E poi a un certo punto lo sguardo cambia e crolla rovinosamente in un cratere di lava e fumo, quella maschera di impassibilità di scioglie come cera sotto le fiamme del desiderio, e io capisco che non ce la fa più.

Impazzisce all'idea che sto gemendo e non è lui a provocarmi quel piacere, è troppo egocentrico per poter tollerare un pensiero simile, e gli artigli di una belva in gabbia mi farebbero meno paura di quelli che vedo nei suoi occhi, quando scalpitano per essere liberati.
Anche se in realtà é sempre lui che mi osserva a crearmi prigioni e sinfonie di beatitudine, e le mie dita sono solo un mero mezzo per raggiungerla.

Me lo ha chiesto lui.
Lo ha voluto lui.

In uno scatto rapido mi sfila definitivamente gli slip calati sulle ginocchia e me li getta in una nuvola di lenzuola.
Sono costretta a fermarmi quando mi divarica le gambe con l'aria di chi non si fermerebbe per nulla al mondo, eppure si immobilizza l'istante dopo.

Le sue dita si spostano sul bicchiere della spremuta e con tre dita afferra un cubetto di ghiaccio, mentre le vive gemme dei suoi occhi mi affacciano sui terreni scoscesi del suo sguardo intrigante.
Sgrano gli occhi trattenendo una risata d'imbarazzo, scuoto la testa come a dirgli "Non vuoi farlo, vero?".

E invece è esattamente quello che vuole, e che voglio anche io.
Lascia che il ghiaccio scivoli sulle mie labbra sanguigne ed è semplicemente un sollievo sentire lo strato acquoso a contatto con le mie spaccature sottili.
Poi mi fa sdraiare completamente tirandomi per le gambe verso di lui, e mi sistema il cubetto di ghiaccio dritto sull'ombelico.

Dovrebbe anestetizzarmi, ma il corpo mi si ricopre di una distesa di brividi e pelle d'oca e la mia temperatura aumenta in maniera esponenziale, come a voler difendersi da quell'attacco esterno.
Ho improvvisamente freddo e mi sento bollente come se avessi la febbre alta.
Con un dito fa scivolare il cubetto di ghiaccio giù, verso il basso ventre e poi lungo il monte di Venere, e il ghiaccio lascia una scia di acqua sciolta che osservo come se fosse la cosa più eccitante dell'universo.

«Occhi a me.»
Mi rimprovera lui, per aver distolto lo sguardo da quei lineamenti eterei e contratti e gli occhi che si sono anneriti con la pupilla scura d'inferno.

Solo una leggera striscia di verde smeraldo mi riporta alla mente quella trasparenza che ora è del tutto sparita.
È come se mi stesse dicendo che nasconde un sacco di segreti e non vuole dirmene nemmeno uno, e probabilmente è proprio così.

Il cubetto di ghiaccio si sta per sciogliere perché è arrivato sul punto estremo della zona, sul limitare della carne più sensibile, al di sotto del quale mi sembra che sia divampato un incendio. Ed è proprio a quel punto che lui si piega e lo afferra con la bocca.

Adesso le sue intenzioni sono talmente ovvie da farmi rabbrividire, e io stritolo le lenzuola tra le dita perché forse dovrei cominciare a pregare che la mia fine giunga prima di subito.

Si piega su di me mentre con la testa scende in mezzo alle gambe, e poi senza pensarci troppo con le dita mi divarica tutto quello che riesce a schiudere. Provo a coprirmi gli occhi con le mani e lui lo nota, perché mi afferra il braccio e fa in modo che io distolga il palmo da davanti lo sguardo.

Il contatto della sua bocca mi strappa un urlo e ringrazio il cielo di non essere nel mio condominio, altrimenti mi avrebbero sicuramente fatto pagare una tassa condominiale extra per disturbo della quiete.

L'istante dopo ho i pensieri annebbiati dal contrasto tra il suo respiro bollente e la sua lingua gelata che si muove sinuosa tra le mie pieghe.
Lo sapeva già, ne sono convinta: quei cubetti di ghiaccio li ha piazzati lì sapendo benissimo che avrebbe voluto mostrarmi tutto un inferno fatto di stalattiti e sevizie ghiacciate.

Mi afferra le gambe per tenermele ferme: ha le labbra umide e congelate eppure questo mi rende incredibilmente più sensibile ad ogni suo tocco, le finestre delle mie percezioni si spalancano per accogliere l'incurvarsi della sua lingua felpata lungo i muri della mia indecenza.

È come se avesse il demonio sulle labbra, e io tra le cosce, e il paradiso mi ha già mostrato troppe volte le sue porte per riaprirmele nuovamente. Sono condannata a bruciare e lo farò tra le sue braccia immorali.

E poi succede che a un certo punto si sta muovendo tra le mie pareti con talmente tanta intensità che io non distinguo più il freddo dal caldo, il giusto dallo sbagliato, la vita dalla morte. Inarco la schiena senza alcuna remora e lo spingo verso di me afferrandolo da dietro la nuca, perché qualsivoglia possibilità che io mi senta in colpa è stata abbandonata sull'altra riva del fiume. Su questa ci siamo io e lui che ci abbandoniamo alla smania dei nostri spudorati istinti.

Più mi avvicino al climax e più lui affonda, e più sono sulla soglia e più temo che lui mi priverà della mia discesa.
E invece mi lascia precipitare in una scarica di piacere che mi ribolle nel ventre, ho l'udito attutito e la vista che pascola in qualche firmamento sconosciuto, e poi si pulisce le labbra irrorate dai miei fiumi proibiti mentre si solleva di nuovo a guardarmi.

Penetrante, punge e ferisce come un bisturi.
«Ok. Adesso sei pronta.»

Potrei chiedere pronta a cosa, ma sarebbe talmente ingenuo.
Il torbido fantasma del possesso rema nell'oceano dei suoi desideri, e io non sono per niente pronta per il semplice fatto che stavo ancora cercando di riprendere pezzi di me sparsi in giro nell'etere, ché non sono affatto convinta di essere ancora tutta intera dopo quell'orgasmo.

«E invece penso che dormirò ancora un po'.»
Per quella frazione di secondo in cui crede alle mie parole nei suoi occhi vedo il panico, poi l'istante dopo si riappropria della sua solita fermezza.

«Questa frase è un insulto.»
Mi sfila la maglia con un gesto secco mentre un sussurro di refrigerio mi arriva lungo la pelle del collo.
«Ti ho sculacciata per molto meno.»

Quindi decide di pensare a se stesso, perciò morde l'ultimo pezzetto di ghiaccio che gli è rimasto in bocca e lo deglutisce assieme a tutto il mio mancato pentimento.
Ne avrei bisogno anche io, di qualcosa che mi rinfreschi la gola, visto che sono rimasta completamente a secco perché devo aver urlato senza il minimo contegno.

I suoi boxer fanno la stessa fine dei miei propositi di ricambiare, perché il prolungamento infinito della marea di bisogni che ci ha inabissato mi lascia a malapena il tempo di stringerlo a me.

Harry è troppo vicino, e non faccio in tempo ad obiettare perché lo so che l'attesa sta diventando straziante per entrambi. Lui prosegue il suo gioco perverso prendendosi beffa di me, strofinando la sua lunghezza tra le mie labbra gocciolanti di quella carneficina, senza però colmare la distanza.
La mia soglia intrisa dei nostri pori rimane in adorante attesa, mentre mi solleva il bacino afferrandolo da sotto le natiche.

Sento il mio sapore sulle sue labbra quando le avvolge per baciarmele, e mentre inarco la schiena per concedermi a lui la sua attrazione diventa crudele, celata nel sangue che pompa dentro il suo corpo, e grido ancora per la spinta con cui entra dentro di me e mi fa tremare di dolore, perché nel mio basso ventre è di nuovo tutto contratto ma a lui importa veramente poco, perché è solamente una questione di attimi prima che si prenda tutto lo spazio che può afferrare con tutta la sua virilità.
E in un attimo è veramente ovunque.

Mi crea vertigini sensuali di stoccate profonde e io non credo di poter amare qualcosa più di questo.
Empio, criminoso e scellerato di folli gesti e colpi di pugnale che mi fanno dubitare della mia esistenza eppure arrivano dritti in fondo alla mia essenza più reale.

Harry è lì, cucito sul mio seno sinistro. Molto più di un tatuaggio scolorito, lui è sangue coagulato, è uno sfregio notturno, uno slabbro che non cicatrizza, e il cuore me lo trafigge con ogni scossone che scaraventa contro il mio corpo.

Da quel momento, non c'é più linea di confine e il suo inoltrarsi dentro mi fa sentire in pace con l'universo, il fiore dell'oblio mi appassisce e si rigenera a quello strofinare costante, un moto perpetuo oscillatorio in cui siamo in bilico tra sentimento e passione e la ragione è boicottata, e lui non fa l'amore sottovoce perché la sua carne urla di me in maniera insaziabile, e mi trascina con lui, sempre, costantemente.

E New York in quel momento è finzione.
New York è attorno a noi ed è solo una grossa bugia.
È quel posto che ci fa credere di essere gli unici al mondo, perché questa casa lui l'ha presa per me e io da questa prospettiva vedo il modo sotto un'altra luce, come se fossi la spettatrice di un palco con il sipario calato.
E quando sono qui mi sento alata e le mie ali hanno esattamente il
suo volto cherubino, di intagli di marmo e ciglia notturne di falena.

E io morirò in qualche modo tantissime altre volte quando lui farà l'amore su di me con tutta la sua rabbia, eppure è amore, in un qualche modo unico e distorto che ci contraddistingue, ed è amore che punta alla follia, e mira non a una stella sola, ma a prendersi un intero arcipelago di galassie.

Le vene sul suo collo si gonfiano e lui emette il suo primo grido incenerito d strozzato, maschile e cupo come una canna fumaria, la ruga d'espressione tra le sopracciglia in uno sguardo accecato dallo sforzo, e lo sforzo è il mio che cerco di trattenerlo dentro di me mentre mi sembra di essere stata completamente disintegrata. Come se avesse fatto terra bruciata e io non riuscissi a sentire me stessa, né nulla al di fuori di lui.

Sono piccola e lui è follemente immenso, spropositato, mentre interi arbusti di madrepore mettono radici dentro di me, coralli immortali sprigionano ciò che a me sembra inesprimibile.

Qualunque cosa accada, tutto questo rimarrà giusto, il nostro bisogno di nasconderci dal resto del mondo per coprirci di un unico paio di occhi, la nostra solitudine vissuta in due, l'abitudine di sfidare il tempo e lo spazio.

Lo svestirci degli abiti per vestirci solamente di noi. E lo vedo nei suoi occhi svuotati, che sta osservando il mio stesso sogno, nonostante la fatica, nonostante il sudore, nonostante la stanchezza e il modo in cui si scrolla da me per riappropriarsi del suo respiro, lo vedo: quel limitare sul ciglio di un'utopia che sarebbe troppo presuntuosa da gridare ad alta voce, ed è spaventosamente folle, ma il bello della pazzia è che i folli non sanno di essere folli.
La chimera di amarci così per sempre, senza nemmeno dircelo.


Il suono squillante del campanello la risvegliò da quel torpore in cui era crollata mentre ricordava quel momento, che ormai assumeva i contorni del sogno, ed improvvisamente era di nuovo a Londra.
Si chiese se non fosse sua madre che era tornata per farle un'altra ramanzina, oppure per portarle dei cookies al burro d'arachidi che comprava nel market a due isolati da casa sua. Con sua madre non esistevano vie di mezzo.

Era seduta in poltrona con una tuta larga e un paio di calzini di spugna, una canottiera bianca e i capelli raccolti in una coda scomposta: si sentiva decisamente impresentabile.
Ebbe un fremito, e indossò rapidamente un cardigan che aveva gettato sul bracciolo del divano.

Osservò attraverso l'occhiello della porta la sagoma sul pianerottolo, e un paio di occhi neri vulcanici che la trafissero, perché li avrebbe riconosciuti tra mille.
Le sopracciglia folte e aggrottate, il volto incavato su una pelle vagamente abbronzata, la barba un po' incolta e compatta: lo stupore la colse impreparata nell'accorgersi che al di lá della porta c'era Jayden.

Quando aprì la porta, si accorse che non era lui, o meglio, non era quello che lei aveva conosciuto. La figura che le si stagliava davanti era solamente la sua ombra.
Lo spettro di quell'uomo arrabbiato e incattivito col mondo che era stato un tempo: Jayden era solamente il riflesso di tutti i suoi traumi. Un personaggio svuotato e un po' patetico che brancolava tra la disperazione e dei rari tentativi di salvezza.

«Estelle. Da quando tempo.» Disse solamente, vistosamente in difficoltà.
Tentò di sforzarsi di ricordare quando era stata l'ultima volta che lo aveva visto, ma i ricordi annebbiati si confondevano l'uno con l'altro: doveva essere stato indubbiamente quando ancora frequentava Charlene, mentre lei tentava di convincerla a lasciarlo perdere.

Se si fosse fermata un attimo a riflettere su quanto tempo fosse effettivamente passato, e su quante cose fossero successe, le sarebbe girata la testa. Qualche tempo prima, indubbiamente non lo avrebbe fatto entrare, e anzi, non gli avrebbe nemmeno aperto la porta.

Ma la sua vicenda personale e il fatto di essere stato ingiustamente accusato di una cosa così grave, aveva colpito lei come tutti gli altri.
Aveva passato diverso tempo a latitare in chissà quale parte del mondo, per sfuggire a delle responsabilità che effettivamente non gli appartenevano, con una spada di Damocle a pendergli sulla testa e il rischio di essere incriminato dell'omicidio dell'unica persona che forse aveva contato qualcosa, per lui.
Il gruppo di amici che un tempo esisteva si era allontanato non poco, dopo quella faccenda, e lui aveva l'aria di essere un ragazzo completamente solo.

Lei ragionò su quanto doveva essere stato difficile, per lui, scappare e abbandonare tutto, rendendosi conto di aver perso qualcuno a cui teneva. Per poi realizzare che in realtà, la vittima di quell'agguato doveva essere stato lui. E che al posto suo, che era il vero bersaglio, aveva perso la vita una ragazza innocente.

«Jayden.» La voce le uscì tremolante dalle labbra, e lo invitò ad entrare con un gesto della mano. Forse si sentì di troppo, ad essere piombato in casa sua senza avvertirla, e questo era quel tipo di sentimenti che non apparteneva affatto al suo modo di ragionare, e che la stupì non poco.
«Non sapevo fossi a Londra.»

«Sono tornato da poco. Da quando hanno indicato il padre di Charlie come unico imputato nel processo.»
Fortunatamente nessuno aveva pagato la cauzione, e adesso Elias Reder era in attesa di essere giudicato da una giuria popolare, come nei casi di estremo interesse mediatico.
«Non potevo tornare prima, troppo rischioso.»

«Dove sei stato?»
«A Buenos Aires, come ogni latitante che si rispetti.» Un ghigno amaro mascherato da sorriso le ricordò che Jayden doveva essere piombato da lei per un motivo specifico.

«Avrei dovuto avvertirti, e avrei dovuto avvertire anche Harry.»

«Non farti problemi, non stavo facendo granché. E io ed Harry non ci sentiamo molto, ultimamente.»
Lo aveva detto con il vuoto negli occhi, e lui se ne accorse, perché ormai lo riconosceva fin troppo bene, il vuoto di chi ha perso un pezzo di sé, ma preferì evitare di commentare.
Non era lì per quel motivo. Non era certo il tipo che dava consigli sulle relazioni sentimentali. In realtà, aveva intenzione di fare molto di più.

Perciò, cominciò a parlare senza lasciarsi andare a farneticazioni e complimenti inutili.
«Ascoltami Estelle, ho bisogno di parlarti. Sono stato interi giorni a cercare di ricollegare tutto, e alla fine ci sono riuscito.»

Estelle si bloccò sul posto, perché adesso quel ragazzo aveva tutta la sua attenzione.
«E ho bisogno di spiegarlo a te, perché sei la vera vittima di tutta questa storia.»

Estelle strabuzzò gli occhi, e si avvolse stretta tra le sue stesse braccia, perché un brivido le percorse la schiena.
«Io.. la vittima?»

Detto da chi era stato accanto a Charlene negli ultimi momenti della sua vita, suonava decisamente assurdo.
Lui era il ragazzo di Charlie, l'aveva persino sposata, l'aveva vista sentirsi male tra le sue braccia, aveva chiamato lui i soccorsi, come poteva dire una cosa del genere?

«Devo solo capire da che parte iniziare. I pezzi di questa storia sono talmente intricati, che mi ci è voluto un po' di tempo per sbrogliare la questione.»

«Ma di quale storia stai parlando?»
Estelle cominciò a temere che potesse essere qualcosa di cui Harry era a conoscenza, almeno in parte.

«Ho bisogno di parlarti, Estelle. Di una cosa veramente importante. E devo parlartene a te, prima che ad Harry, perché questa storia riguarda te soprattutto, e lui ne è già stato investito anche troppo.»

Harry era invischiato in una storia che la riguardava e di cui lei non sapeva assolutamente nulla, e questo stridette alla sua coscienza come unghie sulla lavagna.
Rimase immobile a fissarlo, con il terrore che gli si cristallizzava negli occhi. Aveva seriamente paura, di quello che lui stava per dirgli.

«Ma di che cosa stai parlando?»
Jayden prese un lungo respiro, perché stava per rivelarle una verità inconfessabile. Ma Estelle meritava di sapere, e se quella verità fosse venuta fuori da Harry, sarebbe stata incorretta ed incompleta.
«I Reder hanno tenuto sotto scacco Harry, Estelle. Con un ricatto orrendo che ti riguardava.»

Nella mente di Estelle, la prima immagine che apparve fu quella delle pillole sul comodino di lui. Erano tornati insieme da poco: era la fine dell'autunno del 2015, i giorni che precedevano il Natale. Il periodo in cui avrebbero dovuto essere più felici, in chi però lei sentiva netto un fantasma aleggiare sulle loro teste.
Per cui, ripensando a ciò, le parole di Jayden non gli suonarono affatto come una completa follia.

«Un ricatto?»
Jayden annuì, osservando il pavimento. Probabilmente non riusciva a sostenere quello sguardo sconvolto.
«Non so esattamente quali fossero i termini del ricatto, probabilmente gli sono stati estorti dei soldi.»

Che ci fosse un problema di soldi, Harry glielo aveva accennato, ma di certo non aveva mai lontanamente immaginato che lei potesse c'entrare qualcosa.
Dovette sedersi sul bracciolo del divano. Man mano andava avanti in quella conversazione, maggiore diventava il timore di essere rimasta per mesi all'oscuro di una situazione gravissima. Ebbe perciò un brivido di raccapriccio, quando pronunciò la domanda successiva.

«Ma.. con cosa lo ricattavano?»
Un lungo sospiro procedette delle parole realmente ardue da pronunciare.
«Qui viene la parte difficile da rivelarti. So bene come lo tenessero in pugno, perché me lo ha confessato Charlie. E capisco anche perché Harry abbia deciso di non dirti mai nulla.»

Estelle non aveva la minima idea di dove Jayden volesse andare a parare, perché sembrava che stesse mettendo le mani avanti. Lo vide cominciare a tormentarsi le labbra con i denti e con le mani. Nonostante un evidente nervosismo, le sembrò perfettamente sobrio, lucido, presente a se stesso come forse non lo aveva mai visto.
«Ma devo spiegarti tutto, perché è la cosa giusta da fare. Harry si è addossato troppa responsabilità, in questa storia. Troppo spesso i veri colpevoli sono stati scambiati per le vittime, e viceversa in questa faccenda.»

Lei cominciò a digrignare i denti, perché non seppe come altro affrontare la tensione nervosa.
«Ti prego Jayden, parla. Mi stai facendo preoccupare.»

Un altro profondo respiro. Le mani che cominciavano a tremare, gli spasmi muscolari a contrargli la mascella, il pomo d'Adamo che scattò verso l'alto e poi fece un tonfo verso il basso.
«Con un video. Un video di un rapporto sessuale.. che aveva te come protagonista.»

Il cuore fece un tonfo sordo, e poi cominciò a tamburellarle nel petto, e lei scattò in piedi.
«Che cosa?»

Jayden rimase in silenzio.
«Stai scherzando? Ma cosa stai dicendo, sei impazzito?»
«Proprio per niente.»

«Io non ho mai fatto una cosa del genere!»
«No, infatti, lo so.»

«Vuoi dire che.. sono stata ripresa a mia insaputa?»
Jayden annuì nuovamente, e la lasciò realizzare qualche istante, prima di procedere oltre.
Estelle si era portata una mano a coprirle la bocca, e i suoi occhi si erano fatti lucidi. Pizzicavano come mai prima, e si riempirono di una spessa coltre di lacrime che rimasero incastrate tra le palpebre spalancate. La rabbia per essere stata ignara e impotente e quella sensazione di sentirsi violata la fecero incespicare.
Chi poteva averle fatto una cosa così disgustosa?

«Stai dicendo.. che Channing..»
Jayden si affrettò a bloccare quella frase, sollevando entrambi i palmi delle mani.

«Oh, no. Channing non sa proprio nulla, di tutta questa storia. Anzi, probabilmente ti avrebbe difeso, se lo avesse saputo. In fondo è sempre stato un perfetto soldatino, ma non è capace di fare certe cose.»

Non sapeva se essere più scioccata, o confusa.
«Ma allora.. Allora chi..»

«È stata Charlie, Estelle. È stata lei a riprenderti. O meglio, a piazzare una telecamera, quel giorno.»

Il buio le invase la vista. La testa le vorticò clamorosamente ma era troppo sconvolta, per lasciarsi abbattere da quella completa mancanza di ossigeno al cervello. Sentì un bisogno impellente di svenire come se le avessero dato un colpo alla testa mortale.
Ma non sarebbe caduta a terra. Doveva resistere, doveva tenersi sveglia, perché aveva bisogno di sapere ancora.
Ancora.

«Charlie??»
Anche Jayden la seguì e si alzò in piedi, perché doveva sfogare quella tensione palpabile tenendo in azione la sua muscolatura, in qualsiasi modo.
«Si, è quello che ho detto.»

«Ma cosa stai dicendo? Jayden, sei impazzito? Charlie non avrebbe mai e poi mai fatto una cosa del genere!»
«Eppure è proprio quello che ha fatto.» Fu perentorio, e lei cominciò a vibrare sconquassata dai brividi.

«Ma tu.. come lo sai? Come fai ad esserne sicuro?»
«Me lo ha detto lei, ovviamente. Me lo ha confessato in un momento in cui non era lucida. Mi ha detto di aver fatto una cosa orribile. Sarei andato a dirlo ad Harry, ovviamente, ma il giorno dopo lei non c'era più, e io mi sono trovato invorticato in qualcosa di più grande di tutti noi.»

Rabbia cieca, furia assassina, disgusto acuto: non avrebbe retto, a tutto quel coagulo di emozioni negative.
«Perché avrebbe dovuto farmi una cosa così orribile? Le sono sempre stata accanto!»

Jayden prese una sigaretta dalla tasca e l'accese senza chiedere il permesso di poterlo fare, ma aveva fatto saltare in aria una miccia talmente esplosiva che Estelle non lo avrebbe nemmeno notato.
«Charlie soffriva di un disturbo bipolare che la portava a scindere la realtà in due piani differenti. Questo me lo raccontò Channing, quando cominciai a frequentarla, o poco tempo dopo, per mettermi in guardia. Per farmi capire che non sarebbe stato facile. E io ho cercato di allontanarla per mesi, per questa ragione.»

«Un disturbo bipolare?»

Il ragazzo annuì mestamente con un cenno del capo.
«A volte ti vedeva come la sua migliore amica a cui era legata morbosamente, di cui non poteva fare a meno. Altre ti vedeva come l'ennesima stronza che oltre ad aver fatto soffrire suo fratello, avrebbe abbandonato anche lei. E quando lo hai fatto realmente, la prima volta che hai lasciato Channing e sei sparita dalla sua vita, lei ha deciso di vendicarsi per quello che avevi fatto ad entrambi.»

Channing non le aveva detto niente. Non l'aveva mai avvertita di questo problema. Era stata trattata come una bambina da troppe persone, una persona incapace di fronteggiare la realtà dei fatti, a cui erano state nascoste tante, troppe cose.

«Ma questa cosa é.. orribile. Io mi sono presa cura di lei come se fossi una sorella.»
«Lo so, e lei ti era sinceramente grata. Ma poi, poi tu sparivi puntualmente con Harry, e lei impazziva. Era come se con quel video lei sentisse di avere un potere su di te, nonostante continuassi a sfuggire a lei e a suo fratello.»

«Ma tu.. tu le hai detto che era una cosa sbagliata? Che mi stava facendo una cosa orribile?»

Jayden la guardò con un'espressione aggrottata.
«Certo che sì! Quando ho capito che con quel video stavano ricattando Harry l'ho chiamato subito, e lui mi ha detto che stava tornando a Los Angeles. Ma avevamo i telefoni sotto controllo, era chiaro come il sole.» Fece una pausa per aspirare una boccata di fumo.
«Per cui ho deciso che gli avrei parlato di persona non appena fosse atterrato. Ma poi Charlie si è sentita male, è finita in ospedale, e io mi sono ritrovato a dover fuggire, invischiato in quella situazione assurda.»

Estelle continuava a scuotere la testa come per far tornare insieme i pezzi: aveva in testa una serie di domande spaventose che si accatastavano una dietro l'altra, una pila di legna da ardere che le avrebbe mandato in fumo il cervello.

Improvvisamente, tutta una serie di ricordi che appartenevano a momenti passati con Charlene e che lei si era sempre limitata a bollare come le sue solite stramberie, cominciarono ad assumere un aspetto molto più inquietante. Come se trovasse finalmente la quadratura del cerchio di una personalità che in realtà non poteva essere inquadrata, perché quel cerchio veniva costantemente sformato attraverso l'occhio alterante di una lente deformante, che era il suo disturbo, la sua patologia peggiorata dalla dipendenza.

Uno specchio d'acqua costantemente soggetto a piogge che ne deturpavano la superficie: così era la sua mente, completamente obnubilata da un tarlo che la spingeva a gesti ignobili.
Che la rendeva a tratti morbosa, a tratti menefreghista e indifferente.
E lei si sentì profondamente oltraggiata.

«Perché ha deciso di parlartene?»
Jayden arrancò un po', a ripensare ad una delle loro ultime conversazioni.
«Io.. non saprei. Parlandomi di suo padre e di come Harry l'avesse messa spalle al muro mi ha raccontato tutto, e si è sfogata con me come se non sopportasse più di tenersi quel peso nel petto. Probabilmente temeva di essere scoperta, e ha chiesto il mio aiuto.»

Lei annuì, come se iniziasse a comprendere perfettamente come erano andate le cose.
«Perché Harry nel frattempo era andato da lei in California, e lei ha capito che era scoppiata la bomba.»

«Esattamente. Aveva paura che potesse andarci di mezzo Channing, perché aveva visto Harry fuori di sé nei confronti di suo fratello. Aveva paura che Harry potesse commettere qualche stupidaggine.
Sentiva che la situazione le stava sfuggendo di mano, da quando suo padre aveva usato quel video per ricattarlo.»

Estelle rimase in silenzio, scissa a metà tra il pensiero che volgeva nei confronti di quella persona disturbata che le aveva rovinato l'esistenza, per poi pagare con la sua stessa vita, e quello che invece non riusciva a distogliere da Harry.

Si chiese quale somma gli avessero chiesto. Come aveva potuto condividere con lei le giornate, vivere nella sua stessa casa, fare l'amore con lei, mentre teneva nel petto quel peso immane?
Era troppo, da sopportare, per una persona sola. E lui aveva solo ventidue anni.

Jayden si stropicciò gli occhi gonfi con le mani. Sembrava veramente esausto.
«Lei si fidava di me. Nell'ultimo periodo della sua vita, lei aveva ancora più paura di suo padre. Temeva che potesse succedere qualcosa di terribile a qualcuno, cosa che in effetti si è verificata.»

Poi risollevò le spalle, come se fosse deciso a riappropriarsi della sua dignità decisamente piegata. Come se volesse riscattarsi.
«Ma adesso che Elias Reder è in carcere in attesa del processo, questo video può tornare nelle mani dell'unica persona che dovrebbe averlo, e che dovrebbe distruggerlo.»

Estelle si voltò di scatto, a quell'affermazione.
«Aspetta un attimo. Stai dicendo che tu hai quel video con te?»

«Esattamente. L'ho trovato nella cassaforte che condividevano io e Charlie, di cui nessuno era a conoscenza. Suo padre lo avrà sicuramente fatto cercare per mari e
monti.»

Estelle scattò in avanti verso di lui e gli porse la mano aperta.
«Dammelo immediatamente

Jayden rimase un attimo inebetito, poi cominciò a frugare nella tasca del suo giubbotto di pelle color terra bruciata.
«Io.. ti giuro che non l'ho guardato..»
«Dammelo subito, Jayden!»

Fu rapido nel consegnarle una pennetta usb, che Estelle gli strappò via dalle mani.
«Questa è l'unica copia esistente, a quanto mi ha detto lei. A suo padre ha consegnato solo un frame da mostrare ad Harry, per permettergli di ricattarlo.»

Non osava immaginare ciò che aveva potuto provare Harry, che era stato ricattato per mesi con un suo video erotico. Non volle sapere quanti soldi erano riusciti a fargli tirare fuori.
Si era tenuto tutto dentro.
Quest'idea la uccideva, la tormentava, le trafiggeva il costato, la sua anima piangeva tutte le lacrime che lei non riusciva a tirare fuori dai suoi occhi.

«Chi altri aveva la combinazione di quella cassaforte?»
«Nessuno.» Rispose deciso Jayden. «Nessuno, a parte io e lei.»

Estelle si voltò, e lo folgorò con un'occhiata agghiacciante.
«Sei sicuro, Jayden?»

Lui annuì, sempre più convinto.
«Sì. Sì, sono sicuro. Chiunque altro l'avesse aperta, le avrebbe fatto sparire tutta la roba e il denaro, e gli assegni, lo so per certo. La usavamo per quello. E dopo che lei è morta, sono corso a svuotare tutto il contenuto. C'era l'erba e anche tutti i miei soldi, dentro. E la cocaina tagliata con la stricnina, grazie alla quale sono riusciti a risalire al Capital Group. Era la stessa partita di droga che hanno trovato nelle loro cassette di sicurezza. Ma poi mi sono accorto di questa pennetta, e ho capito subito di cosa si trattasse, perché lei me ne aveva già parlato. Ma ho dovuto attendere che si calmassero le acque prima di poter venire da voi. Non si è mai troppo prudenti.»

«Non ci posso credere.»
Riuscì solo a balbettare e tra sé e sé. Era una valanga di informazioni talmente assurde che cominciò a convincersi del fatto di essersi addormentata su quella poltrona, mentre fantasticava sui suoi momenti con Harry, e che stesse facendo un incubo del tutto delirante.

«È stata una fortuna che sia arrivato prima io, Estelle. Poteva finire in pessime mani. Potevano trovarla loro prima di me, e a quel punto sarebbero stati inarrestabili, con il video completo. Loro sanno che Charlie lo teneva da qualche parte, peccato che non sapevano dove si trovasse, e nel frattempo lei è morta e non ha più potuto rivelarglielo.»

Trafelata si voltò, e si diresse verso il notebook sulla scrivania della sala.
Lo aprì rapidamente, sbagliando più volte password perché le tremavano le mani. Un'agitazione impossibile da contenere aveva preso a torturarle i polsi e le vene non smettevano di pompare a più non posso.
Quelle informazioni erano quanto di più assurdo le fosse mai capitato di pensare con la sua immaginazione. Oltre i limiti di qualsiasi folle idea.

Le sembrò che il computer ci mise un'eternità, ad accendersi, continuava a tamburellare con le mani e con il piede, mentre osservava lo schermo illuminarsi.
Le fischiavano talmente le orecchie che persino i muri sembravano strillare, attorno a sé: chi diceva che l'ansia non avesse voce, non aveva mai ascoltato il suono acuto del rimbombo del timpano, a trapanarti il cervello come una lama affilata.

Quando infine ebbe inserito quel piccolo apparecchio nella presa del suo computer, si aprì in automatico un unico file, che conteneva un solo nome: Harlow. Non aveva nemmeno avuto il coraggio di scriverci il suo nome di battesimo. Ci cliccò sopra e si aprì il programma di lettura video, e lei si assicurò di aver azzerato l'audio.

Jayden la vide coprirsi le mani con la
bocca, in un moto di sconvolgimento che lo fece rabbrividire. Il suo volto candeggiò rapidamente: perse due o tre tonalità di colore come se stesse improvvisamente soffocando.

«Che c'è? Che succede?»
«Ma questa... ma questa è casa mia! Non è casa di Channing! Mi ha messo le telecamere in casa mia, mentre io la ospitavo!»

«È probabile che ti abbia ripreso tramite la telecamera del pc.»

Vide gli occhi, infine, oscurarsi di lacrime salate, e bruciavano come se gli occhi fossero due ferite aperte, e le appannavano la vista di quella visione che fu completamente scioccante.
Portò le mani alla bocca, e il desiderio di chiudere tutto fu quasi asfissiante come un gas nervino, eppure non riusciva a trovare la forza di smettere di guardare lo schermo. Gli occhi bruciavano come se stessero osservando due anime dannate che attendono il traghetto per gli inferi.
«Oh mio Dio. Oh mio Dio...»

Un malore la colse all'improvviso all'altezza del petto, e con una mano batté su di esso, in un gesto disperato. Jayden non seppe davvero cosa fare, nel vederla in quello stato: voleva capire cosa ci fosse di così sconvolgente, in quel video. Finché lei non parlò.
«Ma questo.. questo è Harry

«Che cosa? Che cosa hai detto?»
«Che c'è Harry, nel video, con me. Non Channing. Harry.» Ripetè, come per autoconvincersi di quella realizzazione. «Ci ha ripresi dentro la mia stanza, mentre eravamo insieme.»
A quel punto, le lacrime cominciarono a sgorgare senza che nessuna palpebra potesse più arginarle: quel video era un vero incubo ad occhi aperti.

Sbattè talmente forte lo schermo del notebook con tutta la forza, che Jayden temette che lo avesse ridotto in frantumi. Corse verso il bagno, e restò a guardarsi lo specchio per qualche minuto, dopo essersi sciacquata il viso.
Erano stati profanati in un momento che apparteneva solamente a loro due.

Jayden trasecolò, nel vederla in quello stato. Si chiese se non dovesse chiamare Harry per dirgli di raggiungerli, perché temette che potesse sentirsi male.

Quando tornò in sala, Estelle si tormentava il volto con le mani.
Era Harry. Erano loro due insieme, e lui aveva pensato per tutto quel tempo di dover pagare una somma per evitare che si diffondesse un video di lei con un altro. E invece erano loro due. Come sempre.
Dannazione.

«E perché avrebbero detto ad Harry che il video era solo su di te? Perché non dirgli che c'era anche lui nel video?»

Estelle si sentì scottare, era accaldata, si sfilò il cardigan mentre pensava che avrebbe voluto solo dormire per il resto della sua vita, e smettere di pensare. Doveva affrontare davvero anche quella realtà?

Pensava di conoscerlo meglio di chiunque altro. Eppure, c'era stato qualcuno che lo aveva compreso bene almeno quanto lei. Qualcuno che aveva previsto le sue mosse, quello che avrebbe fatto, come si sarebbe comportato in una circostanza tanto orribile. E rispose con la naturalezza di chi stesse dicendo una cosa che ai suoi occhi era assolutamente ovvia.

«Perché sapevano che Harry avrebbe pagato qualunque cifra, e avrebbe scelto di non guardare un video che in realtà a quanto tu dici non possedevano. Hanno bluffato. Hanno giocato sulla sua gelosia.»

L'idea che Harry fosse stato per mesi ricattato da Elias Reder per un video di loro due insieme, che aveva girato la stessa Charlie, l'attanagliava e le faceva rivoltare lo stomaco. Pensò che a breve avrebbe vomitato.

Aveva un bisogno disperato di prendersela con qualcuno, di dare la colpa a chi era stato responsabile, ma chi avrebbe potuto maledire, per tutto quello che era successo?
Charlie non c'era più.
Lei si era talmente dannata di sensi di colpa per la sua prematura scomparsa, da essersi rovinato la salute, da aver incrinato la sua relazione con Harry.
Stupida. Semplicemente una stupida.
Presa in giro, raggirata, umiliata, come avrebbe potuto continuare a fidarsi del genere umano restava un mistero insondabile.

«Ma.. ma perché? Perché farmi questo? Perché lo ha consegnato a suo padre?» Nulla aveva un senso ai suoi occhi.

Jayden non riuscì a tenere a bada un bisogno disperato di accendersi un'altra sigaretta.
«Lo odiava follemente, suo padre. Ma allo stesso tempo, un bisogno viscerale e disperato di farsi accettare da lui, di farsi dire per una volta che era stata brava a fare qualcosa, l'ha spinta ad un gesto completamente folle. Cioè di consegnargli un frame di quel video per ricattarvi. Solo un frame, non il video intero: non avrebbe dovuto vedersi di più, perché tu avresti potuto capire che era stata lei, a riprenderti. Quando hai lasciato la seconda volta Channing, lei si è vendicata in questo modo: consegnando il frame. Così mi ha detto.»

Continuava a camminare nervosamente per tutto il salone senza un appiglio a cui afferrarsi per evitare di precipitare.

«E a Elias Reder è bastato un solo frame, per far capitolare Harry. È un ottimo manipolatore, scava nei sentimenti delle persone e li utilizza a suo piacimento. Come dei burattini. Ha fatto così per tutta la vita, con i suoi figli.»

Lei gli puntò il dito contro, con una rabbia cieca di chi stava solamente cercando di non impazzire del tutto.
«Non provare a giustificarla Jay, non ci provare proprio!»

«Non la giustifico. Io ad Harry devo tutto. È stato lui il primo a comprendere i miei sentimenti per lei, prima ancora che li comprendessi io. È stato l'unico che mi ha aiutato a riavvicinarla. Mi chiamò, in giorno in cui l'ha incontrata, da Los Angeles, per dirmi di andarla a prendere.
È stato l'unico che sapeva del collegamento tra la stricnina ed Elias Reder, e il suo tentativo di farmi fuori.
Cazzo, quell'uomo è malato.»

E la mela non cade mai troppo lontano dall'albero.
Così gli aveva detto Harry, e aveva ragione. Aveva solo sbagliato quale dei due fratelli fosse il reale responsabile.

Non sapeva più come incanalare tutte quelle informazioni a pioggia acida, che le bucavano il costato come proiettili di scellerata e inumana crudeltà.
«Stai dicendo.. che..»

Jayden proseguì.
«È stato lui a salvarmi la pelle, gli devo la vita. Ad oggi, mi farei ammazzare per Harry. È stato lui a incastrare il padre di Charlie, io non ho dubbi.»
«È stato Harry a mandare Elias Reder in carcere? Come fai a saperlo? Come faceva a sapere della stricnina?»

«Il giorno in cui andò a parlare con Reder che lo ricattò per il video porno, Reder commise il passo falso di minacciarlo anche riguardo me. Mi è stato detto da Jeffrey poco prima che lo arrestassero. Mi venne a trovare in Argentina per rivelarmi chi fosse il vero responsabile della morte di Charlie, mi disse di stare tranquillo, di non fare cazzate e di attendere. Sono rimasto nascosto, ma non mi ci è voluto molto per capire tutto, considerando gli eventi successivi.»

Si sedette perché stavolta i quadricipiti avevano preso a farle male, per quanto stesse tenendo da un pezzo i muscoli del corpo in tensione.
Improvvisamente, tutta una serie di elementi sconnessi che aveva vissuto fino a quel momento trovavano una loro precisa collocazione, per quanto la situazione fosse ancora del tutto confusa.

Harry con i suoi mostri dentro alla pupilla ispessita, la sua anima in pena, la sua gelosia improvvisa, quell'ombra sottile e inquieta ad adombrare uno dei loro periodi più felici. Harry che è convinto che sia stato Channing e infatti lo aggredisce in ospedale, ma prima decide di andare a Los Angeles ad incontrare Charlie, con cui ha una discussione.
Non era stato un incontro casuale: Harry l'aveva cercata, e a quel punto Estelle ne era convinta.

Charlie si spinge fino a baciarlo, e lui comprende che con il suo stato mentale completamente alterato l'unico modo per aiutarla e aiutare loro stessi a tenerla lontana, è farla portare via da Jayden. L'unica persona a cui sembra interessare qualcosa di lei.

E aveva ragione, in teoria.
Ma nella pratica, Elias Reder scopre che Jayden si è avvicinato a sua figlia, e decide di farlo scomparire dalla faccia della terra una volta per tutte. E Jayden acquista la cocaina tagliata con la stricnina che Reder gli fa arrivare da uno dei suoi uomini.

Ma non mette in conto che Jayden e Charlie in quel periodo stanno vivendo insieme e condividono la stessa cassaforte, per la droga e per i soldi. E per il video di Estelle ed Harry.

E poi tutto che precipita, quando Charlie che quella sera tira fuori quella cocaina dalla cassaforte e si sente male al posto di Jayden.
Charlie che finisce in ospedale per quella che tutti pensano che sia un'overdose.

Estelle ragionò meglio, cercando di mettere a fuoco i ricordi, ma improvvisamente tutto tornava come in un folle meccanismo di eventi incastratisi gli uni con gli altri come in un cubo di Rubik.
Harry aveva sempre saputo chi era stato a uccidere Charlie perché era stato lo stesso padre di Charlie a rivelarglielo, in maniera inconsapevole.
Doveva essere stata la polizia ad avvertirlo della stricnina, successivamente, e lui aveva collegato tutto, in quell'esatto momento.

Continuò a mettere insieme i pezzi, anche se in realtà qualcuno sfuggiva alla sua comprensione. Non sapeva come Harry fosse riuscito a incastrare Elias Reder, ma indubbiamente doveva essere stata una battaglia complessa.
Che lui aveva scelto di combattere da solo, a sua insaputa, e quel groppo in gola si aggiunse al resto dei nugoli di ragnatele che avevano preso ad impiastricciarle la bocca e i polmoni.

Elias Reder aveva perso una figlia e la sua libertà, per la sua avarizia, per la sua sete di potere.
E lei aveva perso quella che pensava essere un'amica, dopodiché insieme ad Harry aveva perso molto molto di più.

Amica.
Aveva sempre sospettato che Charlene nascondesse dei problemi ancora più grandi di quelli che erano derivati dall'abuso di droga e alcolici. Lo aveva sempre letto in quegli occhi affilati e tristi, in quel bisogno disperato di staccare la testa dalla realtà, di evadere probabilmente in primis da se stessa, in quella vita lanciata al massimo senza alcun freno a limitarla.

Una domanda continuava a girare vorticosamente nella sua testa e a fare terra bruciata su tutto il resto.
Perché Harry non mi ha detto niente.
Perché.

Ma lei non avrebbe fatto lo stesso errore.
«Jayden. Dobbiamo dire tutto a Harry, immediatamente. Devo mostrargli subito questo video, prima di distruggerlo per sempre.»

Lui annuì con una certa decisione, pienamente d'accordo.
«Io non so dove si trovi al momento, ma so che è a Londra per registrare. Sono tornato apposta, ma ho deciso di venire prima a parlarne con te.»

Estelle prese in mano il cellulare, e osservò lo schermo illuminato.
Rimase ad osservare per qualche istante il suo nome, indecisa se fare quella telefonata oppure no, bloccata da un pensiero malevolo che non avrebbe voluto concepire.

Perché le era tornato in mente il messaggio sulla sua segreteria telefonica, e un lampo che maledisse da sola le attraversò lo sguardo, ma non potè impedire che ciò accadesse.
Una voce nociva le sussurrava che avrebbe potuto interrompere qualcosa. Era pomeriggio, ma Harry avrebbe potuto non essere solo, avrebbe potuto essere con qualcuno. O con qualcuna.

E probabilmente era proprio così, perché la telefonata che fece comunque partire squillò a vuoto per un tempo che le sembrò interminabile, e in cui cominciò a immaginarsi degli scenari che le rivoltarono ancora il suo stomaco provato.
Ma doveva assolutamente sapere dove fosse Harry, non poteva aspettare, a costo di dover interrompere un momento che al solo pensiero era la dose di veleno letale dopo essere stati trivellati alla sbarra.

Ragionò rapidamente: aveva due opzioni, da chiamare, per sapere dove si trovasse.
Grethel e Gemma.

Entrambe non le avevano mai negato il loro aiuto, con entrambe era in confidenza, sapeva di poter contare su di loro per qualsiasi cosa che lo riguardasse, e sulla loro discrezione. Decise però di telefonare a Grethel, perché tra le due era l'unica che conosceva tutta la situazione tra loro. O quantomeno una buona parte.

Il telefono squillò a vuoto per tanto, troppo tempo. Una volta che ebbe riagganciato, solo qualche istante dopo, si vide richiamata dallo stesso numero che aveva appena finito di chiamare.

«Estelle.»
Una voce dolce, delicata ma spezzata dal terrore le si manifestò dalla parte opposta della cornetta.
«Grethel. Che cosa succede? Tutto bene?»
«No, non va bene per niente.. Non è un gran momento, scusami..»

Estelle rimase basita, Grethel sembrava come in un altro mondo, come se non connettesse del tutto. Decise di non indagare oltre, perché Grethel non sembrava particolarmente in vena di parlare, ma aveva bisogno di quell'unica informazione.
«Grethel, volevo solo chiederti se sapevi dove fosse Harry. È molto urgente.»

Grethel si bloccò all'istante.
«Harry?»

Glielo domandò come se la risposta fosse quasi scontata, come se non comprendesse il motivo di quella domanda.
«Harry.. Harry è qui.»

«Dove, Grethel? Dove siete?»
«Al St. Thomas, Estelle. È successa una cosa orribile.»

«Oh mio Dio.» Sillabò quelle tre parole a bassa voce, ma vide il volto di Jayden oscurarsi e piegare la testa con aria interrogativa, corrucciando le sopracciglia come se volesse subito sapere che stava succedendo. L'aveva vista sbiancare di nuovo come un lenzuolo.

«In ospedale?»
«Sì, in pronto soccorso.»
«Che cos'ha? Come sta?»

«No..» Grethel tirò su con il naso.
«Lui sta bene..»

Indietreggiò un poco per reggersi alla parete dietro di sé, a sentire quelle parole, sollevata e allo stesso tempo terrorizzata.
Il suo cuore aveva preso di nuovo ad arrancare su un terreno impervio e lei cominciò ad annaspare.
«Non è Harry, Estelle.»





                           !leggere please!

Ci tengo a fare una specifica, nel frattempo voi non scordatevi la stellina vi pregoooo ♥️

Lo so, lo so, io lo so che siete sconvolte.
Lo so che pensavate quasi tutte che nel video non ci fosse Estelle e che fosse un fake, e invece non solo il video esiste e c'è Estelle ma ci sta pure Harry 🤡

In tante mi avete detto "non so se amo o odio il personaggio di Charlie", nel corso della storia.
Ebbene il motivo per cui non sapevate se amarla o odiarla è che io l'ho strutturata apposta fin dal primo capitolo esattamente come un personaggio che non può essere del tutto amato e neppure del tutto odiato. Una vittima e allo stesso tempo un carnefice.
Bipolare, contraddittoria, scissa tra due personalità contrastanti che litigavano l'una con l'altra. Per cui a volte c'era la Charlie che era tossica per Estelle, e poi quella che si sentiva in colpa e cercava di essere una buona amica. In conclusione era un personaggio irrecuperabile sotto tanti punti di vista e ha fatto una quantità di danni impossibile da quantificare.

Fatemi sapere come avete preso questa notizia qui oppure nel box di Instagram -a proposito se vi va seguitemi anche lì, sono
@/bluellie__

Il prossimo capitolo che ve lo dico a fare, fate una bella preghierina perché i protagonisti ne avranno bisogno, siamo arrivati ad una scena fondamentale che avete già incontrato di sfuggita, nei primissimi capitoli.
Buon weekend a tutti ♥️

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