𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚...

By bluelliestories

1.4M 57.3K 82.5K

"Se potessi rivivere un solo giorno della mia vita, sarebbe sempre lo stesso, in loop, senza interruzioni, e... More

Introduzione
❦ Trailer & Cast ❦
1. Now you're just somebody that I used to know
2. I wonder if I'll ever see you again
3. Before our innocence was lost
4. Even my phone misses your call
5. We were silenced by the night
6. We're not who we used to be
7. Somewhere only we know
8. Where are you now when I need you most?
9. Just nineteen, a sucker's dream - quattro anni prima
10. I'm Mr. Brightside
11. I'm coming out of my cage
ANNUNCIO IMPORTANTE
12. When I run out of road, you bring me home
13. She's walking on fire
14. Hey there Delilah
15. Taffy stuck and tongue tied
16. Big lights will inspire you
17. Just let me know, I'll be at the door
18. I'm gonna pay for this
❦ Playlist ❦
19. Crawling back to you
20. Your lips, my lips, apocalypse
21. Here to take my medicine
22. Another star, you fade away
23. Half of me has disappeared
24. Palm trees are candles
25. Kiss in the kitchen like it's a dance floor
26. Strawberry fields forever
27. I call my baby Pussycat
28. Well, are you mine?
29. Remember when you used to be a rascal?
30. The blood in my veins is made up of mistakes
31. Jealousy, turning saints into the sea
32. Remember me, special needs
33. It's New York baby, always jacked up
34. Times Square can't shine as bright as you
35. It'd be so sweet if things just stayed the same
36. Everyone knows she's on your mind
37. I'm better off on my own
38. We met with a goodbye kiss
39. When we made love you used to cry
40. With your hands between your thighs
41. Leave me hypnotized, love
42. Does he take care of you?
43. Lamb to the slaughter
45. With everything, I won't let this go
46. Don't turn away, dry your eyes
47. I will save you from all of the unclean
48. Head in the clouds but my gravity's centered
49. I see the truth in your lies
50. It was a perverted thing to say
51. I almost died in my dreams again
52. The bed was left in ruins
53. Won't stop til it's over
54. And the sex and the drugs and the complications
55. Meet me in the hallway
56. This is your last warning, a courtesy call
57. Every little lie gives me butterflies
58. Tell them the fairytale gone bad
59. You can drag me through hell
60. Your knee socks
61. Type of sex you could never put a price on
62. Should've done something but I've done it enough
63. Birds fly in different directions
64. Baby, can you see through the tears?
65. In the end, it doesn't even matter
EPILOGO - if it wasn't for you
BONUS - You can even fly up here
❦ Trailer e Ringraziamenti ❦
-DEVIANT-
❄️GIVEAWAY Natalizio❄️

44. The things I'm fighting to protect

14.1K 715 928
By bluelliestories


"Si tratta del fatto di capirsi, totalmente. Si tratta di non avvertire i buchi neri. I vuoti.
Lo smarrimento.
Potrei dirle che ho ucciso, ho rubato, lei non lascerebbe la mia cazzo di mano."






L'oscurità stillava dalle pareti del salone della sua casa di Londra come una vernice tossica dai fumi letali, resina appiccicosa a grondare sulla scorza dura della sua pelle ispessita. Gli avvenimenti degli ultimi giorni lo avevano logorato dentro macerandolo e sviscerando la parte più bestiale della sua natura.
Era in superficie, si percepiva dal suo tono di voce, dalla coltre spessa di nubi plumbee che macinavano a mulinelli nei suoi occhi.

Restava le ore sul divano a fissare il vuoto, tenendo stretto nella mano un bicchiere di Oban, che però rimaneva a fluttuare nel bicchiere e a respirare, ad attendere, senza che lui lo portasse mai alle labbra.

Ad Estelle aveva detto di avere un problema con la casa discografica per il contratto da solista, ma lei non era riuscita a credere non ci fosse dell'altro.
E avrebbero potuto essere vergognosamente felici, se non ci fosse stato quel neo maligno ad insinuarsi nella bolla di vetro soffiato della loro quotidianità.

Estelle lo trovò assorto sul divano mentre osservava un punto indefinito e negli occhi aveva una galassia fossile e senza stelle.
Lei invece sgambettava a passo convinto nella sua serenità, e potersi riempire gli occhi di lui ogni giorno le bastava e la rendeva felice, al punto che lo avrebbe gridato al mondo, quello stesso mondo che scompariva, si disfaceva, si sgretolava e si crepava nelle sue mani come creta al sole, di fronte a quella stessa ingenua felicità.
E allo stesso tempo non gliene fregava assolutamente niente di gridarlo a nessuno, perché ormai non esisteva proprio nulla al di fuori di loro due.

Forse voleva solamente illudersi, che tutto andasse al meglio, nonostante nei suoi momenti di disincanto notava che Harry avesse le spalle incurvate dal peso di un'ombra non meglio identificata.
Ma lui era anche bravo a nasconderlo, e le regalava sprazzi di suggestioni meravigliose.

Avevano voglia di scoprirsi, di non sprecare il tempo, nemmeno un istante, di ascoltare i loro sospiri mischiati al rumore della pioggia, fino a quando non guardavano fuori e non si rendevano conto che si era fatto buio. Quando un sorriso di stupore puro si apriva dolcemente sul volto di lei, che esclamava, affondando il volto tra i suoi riccioli di cioccolato: «Oddio com'è tardi, non me ne ero accorta.»
Ed erano le piccole cose di ogni giorno a fargli capire che così bene, loro due non erano mai stati.

Quel modo delicato ma brioso che aveva Estelle di riempire ogni cosa, nelle sue case, nella sua vita, con la sua presenza che profumava di attimi di immenso.
Quel modo discreto e costante che aveva Harry di prendersi cura di lei, di farsela scivolare nelle mani e incastrarsela tra le dita per non lasciarla andare più, ad afferrare ogni istante, che diventava sempre più sgargiante, più chiassoso: faceva una tale luce e un tale rumore dentro di loro da lasciarli senza fiato, senza parole, senza nient'altro che la vita stessa.

Se si fosse potuta dipingere la complicità, si sarebbe dovuto mettere su tela le sfumature dei loro sguardi quando si incrociavano. Un graffio di attimo a cicatrizzarsi eterno.

Era una cosa palpabile, la loro energia era contagiosa e se ne accorgevano tutti, attorno a loro.
Era quel tipo di felicità che non rappresentava un obiettivo da raggiungere, ma semplicemente un percorso che avevano scelto di fare insieme, sempre che si potesse parlare di scelta e non di predestinazione.
Perché quando stavano insieme, si sentivano sempre come se per una folle corsa del fato, quello fosse esattamente il posto giusto per loro, nel mondo.

Lei era una showstopper, come lo era anche lui, in fondo: l'aveva sempre trovata irresistibile, con la sua sensualità intrigante da collegiale. E quando gironzolava affamata per la casa e si metteva ad affettare le verdure in topless, lui la guardava come se non potesse esserci una visione più inebriante, e si sentiva una specie di miracolato.
Era angelica e suadente, originale, eccitante e piena di sorprese, un connubio semplicemente letale: ma se all'inizio Harry trovava sorprendente quanti si girassero a guardarla invece di fissare lui, a quel punto si era accorto di non tollerare più gli sguardi altrui su di lei.

E sotto quello strato di apparente beatitudine, Harry rimuginava tra sé e i suoi fantasmi.
Aveva pensato a lungo, se metterla al corrente della situazione oppure no, perché non lo trovava affatto giusto, che lei non sapesse quello che avevano macchinato alle sue spalle. Ed egoisticamente desiderava anche che lei arrivasse a odiare chi le aveva fatto quello, tanto quanto lo detestava lui.

Ma poi accadeva sempre, puntualmente, tutte le volte, che lei si raggomitolava accanto a lui, le gambe sempre nude e i capelli sempre raccolti nel solito chignon disordinato, il maglione di due taglie più grandi perché era sempre rubato dal fondo dell'armadio di Harry, e indossava il suo sorriso più prodigioso.
Raro, unico, esattamente come lei.
E si chiedeva chi fosse lui per strapparglielo di dosso, quel sorriso di sole.

Si sentiva caricato di un peso enorme. E tutto quel groppo di piombo che teneva piantato sullo stomaco, aveva deciso di reggerlo con le proprie forze solamente per proteggerla, esattamente come il suo maglione che la teneva al riparo dal freddo.

Perché era convinto che lei avrebbe fatto sicuramente qualche follia, se l'avesse saputo: presa dal panico, avrebbe potuto decidere di far diffondere il video pur di non cedere al ricatto lasciando che fosse lui a rimetterci economicamente, e Harry non avrebbe potuto tollerare nemmeno l'eventualità che ciò accadesse.

Oppure, si sarebbe potuta mettere in guai grossi, contro persone senza scrupoli che avevano l'avidità e la sete di denaro incisa in fondo alla gola, e questa era una possibilità che lui temeva ancora di più.
Perché il fatto che la giustizia fosse uguale per tutti e andasse a punire chi lo meritava, era un'utopia per gli stolti.

«Che ci fai al buio, tutto solo?»
Estelle si sedette al suo fianco e le sue labbra gli lambirono la fronte, mentre le dita gli scansavano il solito ciuffo ribelle che ricadeva ostinato sulla fronte.
La guardava, e ciò che più lo rendeva nervoso, era che gli stesse germogliando nel petto un senso di paura per lei che andava oltre le proprie capacità di mantenersi saldo. Come se non fosse padrone di una situazione che sfuggiva al suo controllo.
«Stavo pensando a te.»

«A me? Sono qui.» Estelle ridacchiò, come per stemperare la tensione.
«E tu sei teso come una corda di violino. Prima o poi me lo dirai, qual è il problema.»
Suonava più come un ordine tassativo, che come una richiesta, ma Harry lo ignorò, perché proprio non ci sarebbe riuscito, a metterla al corrente.

Aveva ricominciato a dormire con le pillole sul comodino. Non le prendeva, ma sapeva di doverle avere a portata di mano nel caso avesse avuto un altro pavor nocturnus.
L'ansia lo divorava silenziosamente, e lui la percepiva come un ragno che tesseva una ragnatela nel suo costato, sempre più fitta, sempre più ampia e impenetrabile.

Le problematiche che avevano affrontato fino a quel momento gli sembravano un mucchio di questioni insignificanti, e non voleva sobbarcarla con certi guai, quando era riuscito a convincerla che non c'era niente di preoccupante, e che ciò che lo faceva stare in ansia era solo il lancio della sua carriera da solista e l'inizio di una nuova era senza la sua band.

Avrebbe dovuto sconvolgere il suo mondo, proprio adesso.
Proprio adesso che era libera di svolazzare senza alcun tipo di preoccupazioni, libera anche in quello stesso momento di sollevargli la maglia che indossava per cominciare a tempestargli il ventre di piccole scosse elettriche ad ogni passaggio delle sue labbra.

La vide scendere sempre di più, oltre la peluria sotto il suo ombelico, e inevitabilmente lui contrasse i muscoli in uno spasmo involontario, mentre un languore cocente cominciava a diffondersi nella sua mente come un'appagante morfina.

Quando aveva cominciato ad armeggiare con il bottone dei suoi pantaloni, sganciandoglieli in un decimo di secondo, lui la afferrò per il polso. Quando la afferrava per il polso, era come se Harry con quella stretta volesse rimarcarle una sua precisa e ferma volontà.
«Dove vai? Vieni qui.»

Lei si sollevò e andò ad incrociare di nuovo il volto di lui, talmente vicino che i suoi contorni sfumavano dolcemente nel buio che li inglobava.
«Io.. pensavo..»
Lui scrollò la testa.
«Non stavo pensando a te in quel modo. Io non penso a te solo in quel modo, lo sai, vero?»

Forse un po' lo sapeva, solo un pochino una scintilla di speranza sfarfallava nei suoi occhi pieni di candido desiderio. Ma sentirselo dire era sempre molto diverso.

«E il fatto che quando stiamo insieme finisce sempre.. male, è perché con te non mi so dominare.»
Aveva messo in conto il fatto che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con un sentimento. Solo non si sarebbe aspettato di trovarsi risucchiato in quel modo nel suo personalissimo arcobaleno, che erano le sfumature dei suoi occhi carta da zucchero.

Estelle rimase intrappolata nella calamita di uno sguardo carico di aspettativa.
«Non c'é bisogno che tu mi dica queste cose.»
O forse sì?
O forse lui sapeva perfettamente quello che lei aveva bisogno di sentirsi dire, meglio di quanto lo sapesse lei stessa.

Avanzò con il busto verso di lei che scivolava lentamente tra le sue gambe, finendo in ginocchio sul pavimento.
Le sollevò il mento con le dita, per assicurarsi che lo guardasse negli occhi dal basso verso l'alto.
«Forse un giorno capirai che sono uno squilibrato e mi mollerai definitivamente. Magari vorrai tornare da un insulso pezzo di merda come Channing Reder che ti fa stare tranquilla, con la certezza che non proverai mai nulla di quello che provi con me. E io continuerò a finanziare le loro fondazioni del cazzo perché in qualche modo sono anche masochista, e a chiudere gli occhi mentre sto con qualcuna che ti somiglia mentre cerco di immaginare il tuo profumo. Ma tu resterai sempre mia, in qualche modo.»

Estelle schiuse le labbra e lo fissò esitante, con il cuore che aveva perso un battito e poi aveva ricominciato a galopparle in gola, invadendo lo spazio necessario al respiro.

La confusione che quelle parole le avevano generato l'avvolsero in un manto di inquietudini.
Perché le stava dicendo certe cose?
Aveva bisogno di.. rassicurazioni?
«Harry, io..»

Strinse i pugni quando si accorse che lui l'aveva interrotta piazzandole un palmo aperto sulla sua bocca, come per azzittirla.
Gli occhi di Harry brillavano di pece liquida, bituminosi e accesi come tanti cristalli di catrame.
«Una volta mi hai detto di non fare promesse che non potevo mantenere. Adesso lo dico io a te. Non farle.»

Lei si scansò la mano dalla bocca e si sollevò per mettersi a cavalcioni su di lui.
Tutto ciò che sapeva sull'amore, fin dai primi palpiti, l'aveva imparato da lui, come se tutto ciò che sapesse la luce, lo avesse imparato dal buio.
E la luce aveva la sua fine e il suo inizio, aveva un intervallo e una frequenza: il buio invece era immenso e senza senso.

E Harry così le appariva, mentre le chiedeva di non fargli promesse che lei già manteneva da tempo immemore, scioccamente e inconsapevolmente, senza che nessuno glielo avesse mai chiesto.
Le sue dita vagarono raminghe su quel volto delicato ed evanescente, su cui a contrasto bruciavano le espressioni di un peccatore capitale che stava per commettere il suo ultimo crimine.

«Ho capito, che potrebbe andare male, ma andrà peggio se nemmeno ci proviamo.» Gli afferrò una ciocca di capelli del colore del caffè e se lo trascinò addosso. «Quindi che dici Harry, lo troviamo il coraggio, una volta per tutte? Perché io l'ho già trovato, e l'ho trovato proprio in te. Sarebbe un peccato se tu non lo trovassi in me.»

Harry rimase per un istante a ragionare su quelle parole, e poi tornò a parlare con piglio ironico.
«Tu stai dicendo a me, di essere coraggioso?»
Scostò un po' il bacino in avanti, e si mise a frugare con la mano nella tasca posteriore dei suoi pantaloni.
«Ti ricordo che io sono quello che ha fatto questo.»
Tirò fuori un mazzo di chiavi che le tintinnarono di fronte allo sguardo, e lei le riconobbe chiaramente non appena le vide.

«Mi hai detto che devi tornare a New York, tra qualche giorno. Per cui pensavo che queste potrebbero tornarti utili.»
Estelle sorrise con una piccola punta di nostalgia. Era lo stesso mazzo che lei gli aveva fatto recapitare a casa.

Non sarebbe stata la stessa cosa, tornare in quel posto senza di lui, ma era comunque un nuovo punto di partenza. E lei per carattere adorava semplicemente i nuovi inizi, e ci credeva sempre fermamente, e quell'appartamento acquisiva un valore simbolico sempre maggiore, man mano che loro si regalavano nuove aurore come quella che si stava profilando all'orizzonte.
«Hai ragione. Sei sempre stato tu quello coraggioso, tra noi due. Coraggioso e squilibrato. Un buon cocktail per farmi girare la testa.»

Un piccolo sorriso di soddisfazione gli distese le labbra mentre le sventolava sotto il naso quel piccolo mazzo argentato, ora che la vedeva risplendere di una luce di contentezza, prima di avvolgere quelle di lei con le sue urgenti sporgenze carnose.
Il bacio che implose tra loro dopo che lui le ebbe incastrato le dita tra le sue onde dorate dietro le orecchie, fu talmente disperato da lasciarla nuovamente inquieta.

Harry, mentre riempiva la bocca di lei con la sua lingua impellente che le schioccava contro il palato, e si rendeva conto che quando si faceva toccare da lui in quel modo avrebbe potuto chiedergli qualunque cosa, aveva appena deciso che avrebbe fatto a modo loro, che si sarebbe piegato alle loro volontà: avrebbe pagato quello che c'era da pagare, pur di proteggerla.
E che a parte quel piccolo particolare, per il resto, avrebbe fatto a modo suo.

«Ehi. Ma tu non vieni con me?» Gli mormorò lei vibrando quella richiesta sulle sue labbra.
«Non posso. Ho una faccenda da sbrigare.»





L'unica persona di cui in quel momento Harry poteva fidarsi, si presentò a casa sua la mattina successiva, come da accordi e previo appuntamento, visto che ultimamente gli era passata la voglia di fare improvvisate.

«Lo hai trovato?»
Harry sembrava impaziente e scalpitava come un puledro indomato.
«No, Harry, sembra svanito nel nulla. Non é come con te: non è semplice, trovare uno come lui. Se vogliono sparire, sanno come non farsi trovare.»
Stritolò la mascella così tanto che il suo amico pensò che potesse spezzarsi.
«Quel figlio di puttana.»

Jeffrey aprì il frigo come se fosse di casa, e in effetti lo era, e si aprì una birra, nonostante fossero ancora le undici del mattino. Ma l'argomento richiedeva una certa carica di energia.
«Tutto sommato..»
«Tutto sommato cosa?»
«Ho trovato Charlene.»

Harry sbuffò sonoramente, visibilmente contrariato.
«Ma cosa me ne faccio di Charlie. Conta meno di zero in quella famiglia. È in riabilitazione nello Utah, sarà imbottita di metadone o qualche schifezza del genere.»

Jeffrey scosse la testa dopo aver preso un sorso direttamente dalla bottiglia di vetro.
«No, è uscita, è tornata in California. Dobbiamo parlarci, Harry. Potremmo convincerla ad aiutarci.»

Il ragazzo ci ragionò su, perché Charlie era pur sempre una delle più care amiche di Estelle. E allo stesso tempo, era una Reder.
Vi era un conflitto di interessi evidente tra le due cose che stridevano come unghie sulla lavagna: oltre a ciò, Estelle gli aveva fatto capire chiaramente che avrebbe preferito che la sua amica non sapesse ancora nulla di loro due.

Ma Estelle non era nemmeno a conoscenza di quello che la famiglia di Charlie aveva architettato alle sue spalle: il discorso cambiava, dal momento che erano state mescolate le carte in tavola.
Si convinse che forse avrebbe dovuto fare un tentativo, più che altro perché gli altri membri di quella famiglia erano completamente inaccessibili.
«Va bene, prenota un volo per Los Angeles. Partiamo domani.»



*



Non sapeva esattamente come si sarebbe comportato, né tantomeno sapeva cosa aspettarsi, quando un paio di giorni dopo arrivò con Jeffrey ad un party sulla spiaggia a Los Angeles, mentre Estelle era dovuta volare a New York per lavoro.
Si sentiva improvvisamente lontano da casa, ed era una sensazione strana, perché in realtà era sempre stato talmente lontano da casa, tanto che non sapeva nemmeno più quale fosse, casa sua.

Scrollò la mente da quei pensieri e tornò a focalizzarsi sul presente: Jeffrey aveva la certezza matematica che Charlene frequentasse delle persone che sarebbero state alla festa, per cui era quasi convinto che l'avrebbero trovata lì.

Era ancora pomeriggio, ma gran parte degli ospiti era già su un altro pianeta di percezione cognitiva, e ciò giocava a loro favore perché voleva dire che nessuno li avrebbe più di tanto notati.
In realtà, la maggior parte dei party che Harry era solito frequentare in California, riguardavano sempre questioni lavorative e finivano per rivelarsi dei veri e propri meeting con dei personaggi che nulla avevano a che fare con lo svago o il divertimento. Era questo che aveva detto a Estelle, quando le aveva spiegato che sarebbe volato via a diverse ore di volo da lei, nonostante fosse decisamente lontano dalla realtà.

Detestava dover creare quella fitta rete di bugie e cose non dette, era qualcosa che continuava a farlo restare sveglio la notte ad osservarla dormire. Era l'unica persona al mondo che avesse mai visto dormire con un'impercettibile increspatura di quel bocciolo succoso che aveva al posto delle labbra, e tutto quel magmatico viluppo di ansia e preoccupazione che avevano preso a tormentargli lo stomaco, era un peso talmente estenuante che non avrebbe mai potuto rovesciarlo su di lei. Non si sarebbe perdonato di essere responsabile di far svanire quel sorriso.

Spesso si chiedeva se non si stesse lanciando nel vuoto senza paracadute. Ma la storia con Estelle gli ricordava che la vita stessa era un continuo salto nel vuoto.

Era appoggiato ad una balaustra in legno dipinto di bianco, su un lungo patio che affacciava in posizione ottimale sulla spiaggia di Zuma beach, e stava discutendo con Jeffrey su una partita di football americano, mentre si guardava intorno tenendo d'occhio la situazione e beandosi della sensazione di quel vento impigliato fra i capelli, quando percepì nettamente incollarglisi sulla pelle uno sguardo esterno.

Nonostante loro non l'avessero ancora individuata, in mezzo alla folla di persone, lo sguardo era troppo insistente per non essere il suo, per cui Harry non si voltò.
Doveva indubbiamente averlo notato e riconosciuto.

Non che fosse una novità, percepire in lontananza delle occhiate curiose, per lui.
Ma stavolta quegli occhi appartenevano a qualcuno che lui conosceva molto bene, e la conosceva talmente bene da aver previsto i suoi spostamenti, perché era proprio la persona che stavano cercando.

Erano infatti un paio di occhi celesti color ghiaccio, talmente chiari da sembrare albini, totalmente lontani dalla dolcezza degli occhi di Estelle.
Il caschetto color platino di Charlie si era decisamente allungato, e ora i capelli liscissimi le arrivavano a carezzarle gentilmente le spalle.

Non seppe come definire la sensazione che i suoi occhi gli lasciarono addosso.
Era inquietudine, probabilmente, una leggera tensione come un presentimento di qualcosa che aleggiava nell'aria e che non sarebbe andata nel verso giusto, ma aveva deciso che sarebbe comunque andato ad affrontarla il prima possibile, finché non si sentì raggiunto dalla figura a cui apparteneva lo sguardo acuminato.
«Harry.»

«Charlie.» Sollevò lo sguardo verso di lei mentre sorseggiava uno di quei cocktail dolciastri alla frutta che semplicemente detestava. «È da un po' che non ci vediamo.»

La scrutò senza distogliere lo sguardo, dietro un paio di occhiali da sole scuri, e la trovò molto più cambiata di quanto non si aspettasse.
La pupilla dilatata e l'occhiata sgranata che gli stava rivolgendo gli suggerirono che quella ragazza bionda non fosse completamente in pieno possesso di tutte le sue facoltà mentali.

«Già. Se non ricordo male, l'ultima volta eri ubriaco fradicio e sbraitavi contro la porta di un hotel di Miami.»
Jeffrey aguzzò l'udito e sollevò il sopracciglio, a sentire un episodio di cui era totalmente ignaro, mentre Harry si sentì immediatamente punto nel vivo, ma decise di rimanere in silenzio per non infierire sul fatto che stavolta fosse lei, quella che aveva esagerato con l'alcool.

Si prese qualche istante per osservarla meglio.
Notò le guance scavate, gli zigomi in fuori, le ossa della clavicola sporgenti e le venature bluastre del collo che risaltavano sotto una pelle quasi trasparente.
Aveva un'aria nient'affatto sana, ma non ci si soffermò su più di tanto, visto che era appena uscita da una clinica di riabilitazione che era una cosa abbastanza comune, tra le modelle di sua conoscenza.
«Cosa ci fai qui?»

«Sono stato invitato.» Mentì platealmente lui, facendo spallucce. In effetti, conosceva un po' di persone presenti, e non abitava troppo lontano da quella zona: la cosa non era del tutto inverosimile.

«Possiamo andare a prendere qualcosa da bere?»
Harry si rese conto che quella di Charlie era solamente una scusa per restare da sola con lui, senza Jeffrey, che era stato salutato solo con un lieve sorriso ed un cenno del capo.

La trovò profondamente cambiata, e non solo esteticamente. Era un po' fredda, il suo tono era scostante, per niente amichevole: mentre parlava sembrava distante anni luce.
Lo sguardo vivace e curioso che Harry le aveva sempre visto, quel piglio un po' civettuolo ma piacevole, aveva lasciato spazio a qualcosa che rassomigliava ad un buco nero emotivo.

Lui gettò un'occhiata all'orologio. «Penso che tu abbia bevuto abbastanza, considerando che sono ancora le sei del pomeriggio.»

Charlie si mosse in maniera scattosa, come un'auto che procedeva a brusche impennate: a volte si rilassava, ma poi aveva dei picchi in cui il suo sguardo si acuiva divenendo tagliente.
«Chi sei, mio padre?»
Decisamente no.

Harry si allontanò rapidamente da quel mucchio indistinto di persone raggruppate, e se la trascinò dietro afferrandola per il braccio, mentre Jeffrey si fece da parte e decise che li avrebbe tenuti d'occhio sulla distanza.

Raggiunsero un luogo appartato, sulla spiaggia, più o meno lontano da occhi indiscreti, poi lui si sollevò gli occhiali sopra la nuca, e osservò più da vicino quei lineamenti affaticati.
«Devi dirmi qualcosa, Charlene?»

Era abbastanza soddisfatto: non solo era riuscito a far sembrare quell'incontro casuale, ma inoltre era stata lei a volergli parlare, e ciò gli permetteva di non doversi esporre più di tanto, quantomeno non per primo.
In quel momento, lei non resse lo sguardo, mentre le sue pupille vagavano veloci intorno alla spiaggia.

«Voglio sapere se hai sentito Estelle. E vorrei che tu fossi sincero.»
«Si, l'ho sentita.»
Aveva risposto con decisione, senza girarci intorno né chiederle il motivo di quella domanda, anche perché lo immaginò immediatamente.

Un moto di stizza imperversò in quel paio di occhi anneriti e fulminanti, la consapevolezza di essere stata esclusa dalla vita di Estelle si abbatté su di lei come un macigno schiacciante.
«Si dà il caso, che non risponda più alle mie chiamate. O ai messaggi.»

Harry non sprecò energie a fingere di non sapere ciò di cui lei stesse parlando.
«Forse perché non ha voglia di essere giudicata. Da te, soprattutto. Ci hai pensato?»

«Io non le ho mai fatto niente. Le sono sempre stata accanto, anche quando tu l'hai ferita e l'hai fatta soffrire. Possibile che sia io a dover essere allontanata?»
Si stava agitando vistosamente, ancora più di quanto già non lo fosse. Harry cercò di mantenere la conversazione in un range di toni più tranquilli possibile, anche se essere accusato di aver fatto star male Estelle, lo turbava al punto da fargli vacillare il raziocinio.

Fino a quel momento, non aveva mai considerato l'idea che l'avesse ferita. Si erano allontanati di comune accordo, in un momento in cui sarebbe stato più doloroso e pesante restare a distanza senza potersi nemmeno sfiorare.
Comunque, ora era acqua passata, e non poteva permettersi di abboccare a certe provocazioni.
«Io non le farei mai del male, e tu lo sai.» Disse semplicemente.

«Tu gliene farai, invece.»
Gli puntò un dito verso il petto, lo sguardo divenne nuovamente minaccioso, e intimidatorio. Lo stava guardando dritto negli occhi, totalmente concentrata sulla sua persona.
«E lo sai benissimo.»

Harry cominciò a spazientirsi, perché non aveva assolutamente il diritto di mettere bocca su qualcosa che non conosceva.
«Tu sei strafatta. Non sai nemmeno cosa stai dicendo.»

Cominciò a comprendere perfettamente il motivo per cui Estelle non volesse affrontarla. Era priva di freni inibitori, e continuò a provocarlo su quel punto.
«Dille solo che io non ci sarò, a raccogliere i pezzi, quando tu le farai di nuovo del male.»

Gli occhi di Harry si ridussero a due spilli d'acciaio, e la inabissò con le onde burrascose di mare in tempesta che sciabordavano nelle sue iridi smeraldine.
Doveva smettere immediatamente di farla parlare, colpendola nel suo punto più debole.
«Forse dovresti chiederti cosa le ha fatto quella testa di cazzo di tuo fratello, invece di pensare a me.»

La colpì infatti in pieno petto, con una stilettata al cuore, dove il risentimento che Charlie covava si trasformò in un moto di stizza.
«Mio fratello l'ha sempre trattata come tu non sapresti mai fare.»

A Harry scappò una risatina nervosa, e si dovette mordere la lingua, per non rivelargli tutto immediatamente.
«Forse dovresti provare a chiederglielo, che razza di maniaco lui sia.»

Charlene a quel punto, si infervorò, esattamente come Harry pensava che facesse.
«Come ti permetti di nominare Channing?» Poi, sembrò quasi ragionarci su un istante. «Il fatto che nostro padre sia anaffettivo e maniaco del controllo, lo ha reso solamente un po' freddo, ma non è una brutta persona.»

Lui rimase interdetto, a quelle parole.
«Aspetta. Cosa hai appena detto, di tuo padre?»
Charlie cominciò a tormentarsi le mani tremanti mentre portava le dita alla bocca, rosicchiandosi le pellicine e mordendosi entrambe le labbra.
«Mio padre è un sadico. Sono solo una vergogna da nascondere, per lui. Quando scoprirà che sono andata via da quella clinica per ricconi annoiati, nel migliore dei casi mi ripudierà come figlia.»

Gli occhi si fecero di nuovo vividi, quando l'argomento si spostava da suo padre a suo fratello, e lui non comprese perché gli stava dicendo quelle cose, ma era come se avesse un improvviso bisogno di lanciare una richiesta d'aiuto. «Ma Channing, lui.. non farebbe del male a una mosca.»

Prese un lungo respiro, cercando di mantenere una pazienza che lo stava abbandonando rapidamente.
«Potrebbe essere stato spinto a fare qualcosa di male ad Estelle, sotto forzatura di tuo padre.»

Charlie tornò di nuovo a sragionare del tutto. Era come se fosse su un'altalena di emozioni contrastanti che andavano e venivano, a intervalli quasi regolari, e lei non ne avesse minimamente il controllo.
«Ma cosa stai dicendo? Di cosa stai parlando? Qualcosa di male ad Estelle?»

Harry strinse talmente i pugni, che temette che si sarebbero sbriciolati, ma rimase in silenzio.
«Sei uno stronzo, Harry! Non ti permetto di parlarmi male di lui!»

Le mani di Harry andarono ad arpionarsi alle sue braccia in una stretta convulsa che la scosse leggermente, come per farla tornare in sé.
«Che cosa ti ha fatto, dimmelo, cosa ti ha fatto tuo padre per farti ridurre così?»

Charlie, per la prima volta, abbassò lo sguardo a terra.
«Lasciami in pace. Viviti la tua vita con Estelle, e lasciatemi in pace. A questo punto, ci ho messo una pietra sopra, alla mia famiglia, e anche su di lei.»
Lui assottigliò i suoi occhi già allungati.
«E Jayden? Anche su di lui ci hai messo una pietra sopra?»

«Jayden?»
Gli sembrò di osservare una piccola scintilla di vita sfarfallare in quegli occhi ormai troppo bui. Ma la malinconia si ricompose immediatamente l'istante dopo.
«Non mi ha mai voluta realmente, nemmeno quando stavo bene. Figuriamoci adesso.»

Si appigliò a quel barlume di interesse che aveva visto nel suo sguardo.
«E se ti dicessi che ti sta cercando? Se ti dicessi che lo conosco da dieci anni e non l'ho mai visto preoccuparsi per nessuno, al di fuori di se stesso? Se ti dicessi che quando ha dato quel pugno a Moorin, penso che l'abbia fatto per difenderti, e non per aiutare me?»

Charlie scosse la testa con un sorrisetto sardonico inciso sulle labbra.
«Ti riderei in faccia per la seconda volta. Adesso mi stai dicendo che mio fratello è una specie di pazzo maniaco e non so cosa abbia fatto di terribile ad Estelle, mentre Jayden è improvvisamente interessato a me? Non sono l'unica che ha bisogno di andare in rehab, Harry.»

Decise di tentare il tutto per tutto, perché con lei non c'era modo di ragionare.
«Se ti dicessi che Channing e tuo padre le stanno facendo una cosa orribile, tu mi crederesti? Mi aiuteresti a fermarli? Io lo so che tu le vuoi bene.»

Charlie sgranò gli occhi e lo guardò come se fosse totalmente impazzito, al punto che Harry cominciò a dubitare lui stesso di aver subito quel ricatto.
«Certo che no, non ti crederei. Stai delirando. Channing non farebbe mai nulla di male, e non si schiererebbe mai con papà.»

Abbassò lo sguardo sulla sabbia dorata sotto i loro piedi. Si rese conto che probabilmente non avrebbe ottenuto nulla da quella ragazza.
«Se sapessi cosa ha fatto, lo rinnegheresti come essere umano.»

«Ma cosa può averle fatto di così orribile?»
A quel punto, lei perse completamente le staffe, e cominciò a sbraitare.
«Tu mi stai tenendo lontana dalla mia migliore amica, e ti permetti di venire qui, a parlarmi male di mio fratello? Qualunque cosa abbia fatto, non sarà mai peggio della tua mancanza di vergogna, Harry!»

Harry raccattò tutta la sua pazienza, sperando un'ultima volta di farla ragionare, e le parlò con delicatezza. Si convinse ancora una volta che quella situazione poteva essere risolta. Doveva solamente andarci cauto.
«Io non sto facendo proprio nulla. Estelle tiene a te, ha solo paura delle tue reazioni inconsulte, come questa scenata che stai facendo ora.»

Non potè negare di essere rimasto sbigottito, dall'immagine dell'amica di Estelle in quelle condizioni. Non era in sé, e non se ne era reso completamente conto, prima di trascinarla fino a lì.

«State insieme?»
Lo chiese con un certo sarcasmo nel tono di voce, come se la domanda fosse retorica e conoscesse già la risposta.
«Non sono la persona a cui dovresti rivolgere questa domanda.»

Era una mezza risposta, ma lui non stava negando, e a quel punto, Charlie ebbe un vero e proprio scatto d'ira.
Si gettò con tutta forza contro il petto di Harry e lo spintonò, ovviamente riuscendo a spostarlo solo di poco, e solo perché lo aveva colto di sorpresa.
«Non mi risponde al telefono!»

Poi si adombrò, prima di proseguire a parlare.
«Non ha avuto nemmeno il coraggio di dirmi che ha lasciato mio fratello, per la seconda volta.»

Harry scosse la testa.
«Estelle non era innamorata di tuo fratello, fattene una ragione. E a questo punto, non posso biasimarla.»

«Stai dicendo che è innamorata di te? Sei sicuro di quello che dici, Harry?»
Cominciava a spazientirsi. Charlie gli stava facendo un mucchio di domande, e lui aveva attraversato un continente per non ricavare neanche mezza risposta.
«Non ho detto questo. Ma sicuramente, non lo era di Channing.»

«E tu? Tu sei innamorato di lei? Questo lo saprai almeno, no?»
Harry non rispose, e si immobilizzò sul posto. Rimase completamente disorientato da quella domanda spiazzante, perché se non erano assolutamente fatti suoi, forse quella domanda gli suggerì che era qualcosa che avrebbe dovuto chiedersi da solo. Ma non era lì per quello: non era lì per parlare di lei, o dei loro sentimenti, e Charlie stava solo cercando di metterlo in difficoltà.

Fu in quel momento, mentre la guardava intontito, che Charlie lo prese alla sprovvista e lo afferrò per la camicia, e lo attirò al suo viso stampandogli un bacio urgente e affondando con prepotenza sulle sue labbra.

Non era un bacio sensuale, non era un bacio passionale: era semplicemente un bacio di sfida. Come per sporcarlo di una macchia indelebile che difficilmente sarebbe riuscito a pulire, e soprattutto a spiegare ad Estelle.

Harry strabuzzò gli occhi, per un istante fu incapace di reagire mentre il respiro gli si strozzò in gola, e l'attimo successivo in cui realizzò quello che stava accadendo la agguantò saldamente per le spalle e la spinse lontano da sé, interrompendo immediatamente quel contatto.

«Ma cosa cazzo stai facendo??»
Si era messo a urlare, gli occhi erano diventati quelli di una bestia famelica, un sapore amaro in bocca gli avvelenava i pensieri.
«Sei completamente fuori di testa?»

Charlie non sembrò particolarmente stupita di quella reazione, ma gli rimase a distanza.
«Vedi cosa sei, Harry? Semplicemente un puttaniere. Mio fratello non é un puttaniere. Tu invece..»

«Sta' zitta, dannazione!»
La sua rabbia stava caricando nel petto come una mandria di belve inferocite. Si pulì le labbra con la manica della camicia e grugnì rumorosamente. Se non fosse stata una donna, l'avrebbe già aggredita, perché i suoi nervi pulsavano di frustrazione cieca per quell'assalto a tradimento, che avrebbe meritato di essere punito.

Era talmente scioccato che notò solo all'ultimo momento che Jeffrey stava correndo rapidamente nella loro direzione, e li raggiunse in fretta, leggermente affannato.
«Lo dico anche a te Charlie, se trovo quel pezzo di merda di tuo fratello, si pentirà di essere venuto al mondo!»

«Tu lo sai che lui è migliore di te. La gelosia ti sta talmente accecando che stai cercando di metterlo in cattiva luce persino con me!»
Si stavano puntando l'uno il dito contro l'altra, finché Jeffrey non intervenne assieme ad un gruppetto di curiosi che si era accalcato attorno a loro, attirato dalle grida, e li separò all'istante.

«Harry, c'è qualche problema?»
Gli vide le palpebre sbarrate, gli occhi ricolmi di fiamme e il volto contratto in una smorfia disgustata, allibita, incredula.
«Portami via da davanti questa tossica, perché non risponderò delle mie azioni ancora per molto!»

Jeffrey la guardò in faccia e rimase basito dallo sguardo alterato di quella ragazza, i lineamenti distorti in uno sguardo di puro stordimento, le mani che tremavano, e non avrebbe saputo spiegare cosa fosse, quel fremito che le attraversava sia le membra che gli occhi.

Una ragazza che Harry riconobbe come un viso che gli era vagamente noto, e avrebbe giurato di averla vista in qualche serata assieme ad Estelle, raggiunse Charlie e cominciò a cercare di convincerla ad andarsene.
Ma fu lui a girare i tacchi e ad andare via, seguito da Jeffrey che gli corse dietro rapidamente.

Dovette fermarsi prima di aver raggiunto il parcheggio, perché il nervosismo che lo aveva travolto era talmente accecante che gli stava venendo da vomitare. Un senso di nausea lo assalì in maniera disgraziata, e lo attraversò in lungo e in largo quando si rese conto che il suo cellulare privato gli stava vibrando nella tasca dei jeans.

Era convinto di sapere chi fosse, e infatti quando guardò lo schermo realizzò che non si sbagliava.
Ma non fu in grado, in quel momento, di affrontare la voce di Estelle, era troppo emotivamente turbato. Doveva prima mettere insieme i pezzi di tutto quello che era appena successo, quindi mise da parte l'apparecchio.

«Charlie è completamente fuori controllo. Aveva ragione Estelle.»
Sentenziò Jeff, una volta che lo vide rallentare, e poi fermarsi in mezzo ad una delle dune sabbiose leggermente ricoperte di sterpaglia, che si trovavano ai limiti della vastissima spiaggia battuta, poco prima della strada.

Harry annuí, appoggiandosi su una staccionata in legno, con lo sguardo che gorgogliava di un vortice di veleno, e ancora quella sensazione di disgusto che era diventata ormai una seconda pelle.

«Mi hanno detto che è scappata dalla riabilitazione e che ormai é perennemente fatta. Cocaina e psicofarmaci come se non ci fosse un domani.»
Proseguì Jeffrey.

«Non ci sta con la testa. Non mi aspettavo a questi livelli.» Affermò lui, tagliente.
«L'hai vista, com'è ridotta? È lo spettro di quello che era prima.»

Jeffrey osservò Harry e si preoccupò per l'amico inferocito: aveva il respiro corto, gli occhi vitrei, contraeva furiosamente la mascella e il pomo d'Adamo si muoveva convulsamente su e giù, come se stesse deglutendo in continuazione.
Era bianco come un lenzuolo, come se avesse visto un fantasma.

«Ma si può sapere cosa é successo?Cosa ti ha detto?»
«Mi ha aggredito verbalmente. E poi mi è saltata addosso.»
Il volto di Jeffrey si incrinò in un'espressione incredula, sbigottita e vagamente schifata.
«Che cosa hai detto?»

«Si, ha provato a baciarmi per dimostrarmi che sono un puttaniere.»
Il suo amico scosse la testa, scioccato, e coprendosi il volto con entrambe le mani si maledì per non aver insistito a voler partecipare alla conversazione.

«Ma cosa ti ha detto, del video?»
Si scansò i capelli dal viso e si tastò la fronte accaldata, cercando di ricomporsi.
«Non le ho detto nulla. Appena ho cominciato a nominare suo fratello lei ha preso a difenderlo, fino ad arrivare ad un gesto estremo per dimostrarmi quanto lui sia meglio di me. Si immolerebbe sul rogo, per Channing.»

Vide il volto di Harry che si piegava, svuotato dei suoi colori, sullo schermo del cellulare.
«Direi che tu possa risparmiare ad Estelle il racconto di una scenata così patetica.»

«E se fosse lei, a dirglielo?»
«Non penso che lo farebbe, ci andrebbe di mezzo anche lei. Penso che ti abbia baciato solo per farti smettere di parlare.»

Harry alzò lo sguardo, osservandolo come se improvvisamente le parole di Jeffrey si fossero rilevate l'unico appiglio in mezzo a un maremoto di incostanti variabili incerte. Ma non dimenticava il fatto che fosse stato lui a consigliargli di parlare con Charlie.
«Cazzo, per dare retta a te, ho incasinato solo la situazione. Lo sapevo che non era la persona che avrebbe potuto aiutarci.»

Jeffrey lo guardò con una certa apprensione: non aveva mai visto Harry così disperato.
«Avresti dovuto dirle tutto. Avresti dovuto metterla di fronte alla realtà delle cose.»
«Non mi avrebbe mai creduto. É completamente in negazione, lontana dalla realtà. Ho paura che mettendole in mano certe informazioni, creerebbe solo ulteriori casini.»

Il suo amico insistette, perché davvero non poteva credere al fatto che Charlene potesse essere così completamente inutile.
«Ma io l'ho visto, cazzo, quel video, posso confermarlo, non ci sono possibilità di errore. E se lo vedesse anche Charlie..»

«Quella ragazza, Jeff..» Si alzò in piedi, come per attribuire una certa gravità alla sua tesi. «È consumata dai suoi demoni. Si è distrutta l'esistenza a causa di una famiglia ingombrante e tossica. Channing è l'unica persona che ancora la tiene in vita, non permetterà che io o chiunque altro le possa distruggere l'immagine che si è fatta di lui.»

Jeff si convinse che forse Harry aveva ragione, a temere che Charlie avrebbe potuto far scoppiare un putiferio. Ma su un altro punto, continuava a restare fermo e convinto.
«Comunque, Estelle non ne deve sapere nulla. Penso che ne resterebbe sconvolta, se sapesse quello che ha fatto.»
«Però potrei dirle che l'ho incontrata per caso. In fondo, io non ho fatto niente.»

«È inutile mettere altra benzina sul fuoco. Potrebbe decidere di affrontarla, e Charlie Reder in questo momento è un pericolo pubblico, soprattutto per se stessa. Devi evitare qualunque tipo di riavvicinamento di Estelle a quella famiglia.»
Sentenziò Jeffrey scrollando le spalle.

Harry ci mise poco a convincersi del fatto che il suo amico aveva pienamente ragione. In fondo, non aveva affatto voglia di affrontare con Estelle quella conversazione, ma intanto la quantità di cose che non avrebbe potuto dirle era aumentata, la questione si era aggravata e lui cominciava a sentirsi l'acqua alla gola come se stesse andando a fondo assieme alla nave su cui era stato imbarcato contro la sua volontà.

Non aveva intenzione di spiattellarle in faccia le parole che aveva utilizzato Charlie contro di lui: anche se erano dettate da uno stato mentale alterato, ciò non le avrebbe rese meno gravi, agli occhi di lei.
In fondo voleva solo proteggerla dall'immoralità di quel mondo di personaggi ignobili, e ci aveva provato davvero, a tenerla a distanza.

Probabilmente, in fondo alla sua mente c'era anche una componente egoistica nel suo modo di ragionare: lo stare bene con lei lo aveva portato a voler estraniare loro due come un'unica entità da tutto ciò che avrebbe potuto intromettersi nella loro piccola bolla dorata. Quello che non aveva affatto compreso, era che le bolle non sono mai destinate a durare: per loro stessa natura, le bolle scoppiano.

«Dobbiamo trovare Channing, e dobbiamo farlo in fretta.» Decretò infine.
Jeffrey gettò una lattina di birra in un cestino a pochi passi da loro.
«Non sarà facile. Certe cose richiedono tempo. Ma mi impegnerò.»



Il cellulare di Estelle squillò mentre lei era appena uscita dalla doccia.
«Stella
L'aveva chiamata con un tono dolce, e anche un po' malinconico: gli sembrò di sentirlo quasi spossato.
Sentiva sempre un tuffo nel cuore, quando la chiamava in quel modo.

Solo lui la chiamava così, e solo lui le faceva sciogliere le ginocchia semplicemente pronunciando un soprannome. Aveva sempre mal tollerato il fatto di avere un nome così trasparente, con un significato esplicito anche se in una lingua diversa dalla propria, ma sulle labbra di Harry quello stesso significato assumeva una valenza del tutto differente.

«Ciao. Ti ho chiamato prima.»
«Lo so, ero a quella festa del cazzo. Era meglio se me ne restavo a casa.»
«Perché? È successo qualcosa?»
Harry rimase qualche istante in silenzio.
«La solita gente di merda.»

Era chiaro che non ne volesse parlare, e che lei avrebbe dovuto distrarlo.
«Vorresti essere qui, per caso?»
«Dove sei, esattamente?»
«A casa. Nel salone. E ho addosso solo un asciugamano.»
Lui si morse il labbro inferiore, e il suo pessimo umore non riuscì ad adombrare quella voglia inconsulta che aveva di lei in ogni momento. Anzi, aveva un bisogno inenarrabile di cancellare quella parentesi disgustosa dalla sua memoria affondando nella pelle di lei.

«Voglio scoparti di nuovo contro quella vetrata, Elle. Il prima possibile.»
Estelle percepì quel netto calore che conosceva bene inondarle il basso ventre.

Harry stava parlando esattamente della vetrata che lei aveva di fronte agli occhi in quel momento, con quella parte di skyline di New York che aveva fatto da sfondo alla prima volta che le loro labbra si erano incontrate. Sembrava passata una vita.

«Quando sarebbe, questo prima possibile?»
«Domani vengo a New York.»

Agganciò la conversazione e per la prima volta, quel giorno alzò lo sguardo ad osservare il mare di fronte a sé. Era così affollato, caotico, pieno di tavole da surf: completamente opposto a quello solitario e misterioso di Dover, dove lui si sentiva così in pace col mondo.

Improvvisamente, gli occhi di Charlie che parlavano di suo padre le tornarono alla mente. Tremava quando parlava di lui come una foglia secca su un ramo vibrante.
«Sono solo una vergogna da nascondere, per lui. Quando scoprirà che sono andata via da quella clinica per ricconi annoiati, nel migliore dei casi mi ripudierà come figlia.»

La rabbia nei confronti di quella ragazza interrotta scemò leggermente, sebbene gli palpitasse ancora nelle vene e gli oscurasse probabilmente la facoltà di raziocinio.
Charlie era stata caricata da qualcuno su una Jeep, e l'aveva vista andare via con quello sguardo spento negli occhi che lo faceva realmente tremare.

Afferrò il cellulare dopo essersi accertato che Jeffrey fosse ancora lontano a parlare al telefono, e fece partire una seconda chiamata. Il destinatario di quella telefonata rispose dopo solo un paio di squilli.

«Harry.»
«Come stai?»
Non era una domanda a caso, e lo sapevano entrambi.
«Io sto bene. Ma sono andato via da Londra, per cambiare aria.»

Harry rimase un attimo interdetto, perché il riferimento e il motivo per cui Jayden aveva deciso di andare via da Londra era celato ma evidente.
«Ascoltami, ti ho chiamato perché voglio darti fiducia. E non mi devi far pentire, per una cazzo di volta nella tua vita, non mi deludere, Jay.»

Jayden rimase un attimo in silenzio, ad ascoltare il suono delle onde del mare che percepiva in lontananza dall'altra parte della cornetta, tra un respiro di Harry ed un altro, che sembrava abbastanza concitato.
«Che cazzo succede? Mi fai preoccupare.»

Harry rimase qualche istante in bilico tra quel labile confine che separava ciò che era giusto, da ciò che era sbagliato. Ma da quando aveva cominciato a provare dei sentimenti, improvvisamente aveva capito che la loro caratteristica principale era di non avere assolutamente alcun senso.

Che erano semplicemente potenti, spiazzanti, inglobanti da farti smarrire persino la tua stessa strada di casa.
Che potevano esploderti nel petto come un Big Bang, lasciandoti tramortito a terra dalla potenza di quella detonazione, oppure cominciare a stillare nelle tue vene lentamente, come un'iniezione dopo l'altra di un quantitativo millesimale di una droga letale, per poi, nel tempo, espandersi in tutto il corpo e renderlo inerme.

E che probabilmente anche quei due ragazzi spezzati provavano qualcosa l'uno per l'altra, che probabilmente non aveva alcun senso né ai loro stessi occhi né a quelli degli altri, ma quel qualcosa esisteva e lui non avrebbe potuto ignorarlo.

Si rese conto improvvisamente di aver sbagliato tutto, di aver giudicato tutto troppo in fretta, di aver dato la colpa di alcuni avvenimenti alle persone sbagliate, che i responsabili non erano necessariamente i più scontati.
Fu telegrafico, nelle sue successive informazioni.
«L'ho trovata, Jay. Ti mando la posizione. Devi venirla a prendere. Portatela via.»





                              
🆘🆘🆘🆘🆘
Ciao ragazze, vi ho visto abbastanza preoccupate per quanto riguarda l'evolversi della situazione (e non voglio immaginare quante me ne direte dopo questo capitolo).
Lo sono anche io ma questo non vuol dire che non ci saranno delle gioie, in fondo non è mai tutto bianco o nero.

Non mi dilungo perché ho spillato ben 7500 parole e mi odierete, ma questo capitolo avrà un grosso impatto sulla vicenda.

Devo trovare il tempo di rispondere ai commenti degli scorsi capitoli e mi sento una 💩 ma sappiate che adoro leggervi, sempre!

Vi prego di non dimenticare la stellina perché su questa parte sono seriamente in ansia, giuro, ho 10 crisi esistenziali al giorno e chi mi conosce potrà confermare.
Buon weekend ♥️

Continue Reading

You'll Also Like

5.5K 472 2
Audrey Mae e Hydra si conoscono da sempre. Lui è il migliore amico di suo fratello fin dall'infanzia, è il ragazzo della porta accanto che vive solo...
2.1M 65.5K 51
Nell'universo esistono persone che sono ammaliate da favole romanzate, storie strappalacrime e zuccherosi nomignoli sussurrati sotto le coperte. Altr...
110K 4.9K 56
Charlotte, un'alunna come tante altre, inizia un nuovo percorso scolastico: le superiori. Lei sta superando una fase molto delicata della sua vita e...
165K 516 6
IRIS: Così mi apparve la sua anima all'inizio, crudele e spietata...capace di chinare al proprio cospetto chiunque marciasse lungo il suo cammino. Tu...