39) La Nostalgia Dell'infinito

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Premessa= siamo finalmente giunti all'ultimo capitolo e non avete idea di quanta malinconia mi stia portando scriverlo. Mi sono divertita come non mai a scrivere questa ff e spero che anche a voi sia piaciuta, mi mancherà un botto scervellarmi per trovare nuove idee o riscrivere la stessa scena centinaia di volte per farla perfettamente coincidere con la mia idea. Non mi dilungo ulteriormente e vi lascio le canzoni:

Half a heart - One Direction
Falling - Harry Styles
Cherry - Harry Styles
If I could fly - One Direction
Once in a lifetime - One Direction
I still believe - Jeremy Camp
Ghost of you - 5 Seconds Of Summer
Where's my love - SYML
Arcade - Duncan Laurence
Love you goodbye - One Direction
The night we met - Lord Huron

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Harry si svegliò nel letto che un tempo aveva spensieratamente condiviso, completamente da solo.

I'm in my bed, and you're not here

Ogni suono arrivava alla sua mente amplificato: sentiva il ticchettio nervoso e regolare delle lancette dell'orologio appeso al muro, sentiva il cigolio della finestra mossa dal vento, sentiva il tiepido battito del suo cuore amareggiato.

Aveva gli occhi gonfi e arrossati per il troppo piangere; probabilmente avrebbe continuato a versare incessantemente lacrime anche in quel momento se solo non le avesse terminate.

Si schiarí la voce, che fino a quel momento sembrava esser bloccata in gola, come davanti un passaggio a livello, in attesa che il treno del respiro passasse.

Harry mosse distrattamente le mani in aria, come per afferrare un pensiero scivolato di soppiatto fuori dalla sua testa. Chiuse lentamente la mano, portandosi un pugno di aria al petto, e liberandolo a contatto con la propria pelle, nuda e sudata, per far ossigenare la sua quiete personale, soffocante ormai da diversi giorni.

Era il quarto giorno. I primi tre erano stati monotoni e desolatamente reciprocamente analoghi, caratterizzati solo dalla progressiva trasformazione dell'appartamento in una topaia fangosa, arresasi alla sciatteria.

Harry si sedette sul bordo del letto, e posò i piedi nudi sul pavimento di legno, stringendo fiaccamente tra le mani le lenzuola non più aderenti al materasso.

Si alzò in piedi, dandosi lo slancio con le mani, e camminò comandato dalla sua parte incorporea, guardandosi dall'alto e manovrando con piccoli fili invisibili gli arti necessari al movimento del suo burattino, come solo un rispettabile narratore onnisciente è in grado di fare.

Scrisse nero su bianco passo dopo passo, accompagnato dallo scricchiolio sconnesso delle assi di legno immobili sotto il suo peso.

Harry si diresse in cucina e rimase in piedi sull'uscio, con le braccia lungo il corpo, a osservare l'ambiente trascurato che lo circondava: il tavolo era totalmente ingombro di avanzi di cibo, smangiucchiati dal gatto affamato a cui ormai da tempo non veniva dato da mangiare, bottiglie di birra mai finite.

Il disordine era padrone, la spazzatura aveva creato uno strato a sé stante sopra il pavimento.

Harry oltrepassò pigramente gli ostacoli che gli si presentavano tra i piedi e aprì il frigorifero in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti; lo richiuse qualche attimo dopo, rassegnandosi a un'altra mattina priva di colazione.

Spostò un po' di caos dal tavolo e trovò ciò che stava cercando: una bottiglia quasi vuota di rum, con i lati del tappo appiccicosi e l'etichetta rovinata e scolorita, come le figurine doppie che venivano attaccate ai quaderni da bambini.

I tried to breatheWhere stories live. Discover now