PRIMO [tekkaman]

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Si inizia e col botto: la sigaretta di Joji! Info sull'anime nell'introduzione.

*

Il dottor Amachi non amava sbirciare i suoi sottoposti. Ma a volte si trovava in situazioni tali per cui sarebbe stato impossibile non farlo. Quella mattina, Joji e Andro si erano fermati a guardare il sole sorgere proprio fuori dalla finestra del suo studio-camera da letto, sì, proprio quello in cui aveva passato la notte a lavorare. Motivo per cui, con le palpebre calanti, si era concesso qualche attimo di pausa, guardando un po' incuriosito l'abitante di Sanno avvicinarsi al figlio di Kousei.
«Hey»
«Andro», aveva risposto Joji, con un grugnito dovuto al fastidio di doversi scostare la sigaretta dalle labbra. «Come mai già in piedi?»
«Il vostro pianeta non ha molto da donare, ormai, ma quel poco che rimane riesce ancora a sorprendermi. Guarda che alba. Come potrei perdermi uno spettacolo del genere?»
Prendendo una lunga boccata, Joji aveva chiuso gli occhi.
«Su Sanno non avete l'alba?»
«No, essendo un sole è sempre e soltanto giorno.» Era calato un silenzio di qualche momento, prima che Andro riprendesse la parola. «Non amo il vostro pianeta. Lo trovo noioso e asfissiante...» Joji aveva aggrottato le sopracciglia; a volte l'istinto di prendere a pugni quell'extraterrestre era davvero molto, molto forte. Comunque si era sforzato di lasciarlo continuare. «... Lo trovo arrendevole, perché si sta facendo vincere dai suoi stessi abitanti. Però,» e qui aveva fatto uno dei suoi sorrisetti, «ci sono delle prospettive, dei brevi lampi di bellezza che mi danno i brividi. E lì mi chiedo se la fine sia colpa della Terra, o solo ed esclusivamente dei terrestri. Come avete potuto ridurre a questo stadio un pianeta tanto bello? Perché non l'avete rispettato?»
Era la prima volta che Andro Umeda e Joji Minami affrontavano un discorso del genere, e Souzou ne era ben consapevole. Due guerrieri non hanno modo di parlare del passato, solitamente.
«Non lo so. Penso che sia accaduto e basta. Quando uno passa tutta la vita nello stesso posto, per quanto bello sia, gli viene a noia. Per questo, credo, l'abbiamo rovinato. Siamo diventati ciechi alla bellezza del pianeta che ci ospita. È difficile rispettare qualcosa che... Che non si ammira.» Aveva aspirato per l'ultima volta, aveva gettato il mozzicone poco innanzi a sé, e aveva tossito.
«Quel che tu dici potrebbe aver senso. Ma tu hai visto cos'altro c'è, oltre il tuo pianeta madre - sai bene che non esiste un luogo migliore proprio perché hai visitato altri corpi celesti in prima persona. Eppure guarda cos'hai fatto.» Joji aveva seguito con lo sguardo la direzione indicata dalla mano aperta dell'amico, ed era arrossito vedendo che si trattava del rifiuto che aveva gettato.
«Ehi, cosa intendi dire?»
Andro si era alzato e l'aveva squadrato con disappunto.
«A volte penso che non meritiate di trovare un nuovo pianeta. Lo rovinereste proprio come avete fatto con questo. Vi siete condannati da soli: voi siete i vostri aguzzini, e non c'è modo di fuggire da voi stessi. Non esiste luogo, nell'Universo, che possa ospitare la vita e l'inquinamento nello stesso momento. Dovreste salvare questo pianeta per salvare voi stessi, capisci?»
Invece di arrabbiarsi, il giovane si era sentito prendere dallo sconforto. «In effetti, tra tre anni la Terra non finirà. Terminerà solo la sua capacità di ospitarci, o meglio, noi finiremo le risorse vitali inquinando del tutto l'acqua e l'aria. Che vergogna» aveva mormorato, allungandosi per riprendere il mozzicone in mano ed osservarlo da vicino - gesto imitato inconsapevolmente da Souzou, dentro la finestra.
«Waldaster crede, o meglio credeva, di poter ancora salvare la Terra, spedendo i rifiuti e le sostanze inquinanti su pianeti morti come Mercurio e iniettando sostanze pulite da corpi celesti anche più lontani. Combattendo per tenerlo distante, abbiamo fatto perdere le staffe a Rambos e a Dobrai, che ora pianificano di distruggere completamente questo pianeta.»
Il professor Amachi aveva sentito il ragazzo scoppiare a piangere, e l'aveva guardato sobbalzare per i singhiozzi mentre stringeva con entrambe le mani quel rifiuto.
«I nostri sforzi..!»
Quando Andro l'aveva cinto con le sue braccia si era stretto a lui, ma non era riuscito a smettere di singhiozzare, provocando un singulto anche nel silenzioso osservatore.
«Non tutto è perduto per l'Umanità, Joji. Avete sempre la possibilità di spostarvi su un nuovo pianeta. Dovrete sforzarvi di rispettarlo e non sarà semplice, questo è certo, eppure non mi sembra impossibile...»
«No, noi... Dobbiamo salvare la Terra, o morire con lei. Noi... Non possiamo abbandonarla!» Aveva risposto Joji tra un singhiozzo e l'altro.

Ferito dalle parole dei due ragazzi tanto quanto dalla sua codardia per aver origliato quel discorso pesantissimo, Souzou Amachi aveva nascosto il viso umido di lacrime tra le mani. Sapeva benissimo che solo un miracolo avrebbe potuto far cambiare idea a Joji riguardo quel tema. Suo padre, in fondo, aveva perso la vita proprio durante la ricerca di un nuovo pianeta da abitare. Suo padre, probabilmente, aveva assunto la forma di tutte le generazioni passate agli occhi di Joji, il cavaliere dello spazio, la speranza dell'umanità: la forma di un parassita che aveva condannato, con la sua esistenza, l'esistenza del suo pianeta madre. La stessa, identica forma che anche lui aveva, semplicemente per avergli ordinato di difendersi da Waldaster.

Il dottor Amachi, a quel punto, aveva preso una sigaretta dal cassetto della scrivania, e l'aveva fumata con l'ardore che si riserva all'ultima.

Un anno, un programma #contaparoleTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon