VENTISEIESIMO [Street Fighter]

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Tema: Ombra. Jojo reference!!!1!1!
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Non è una cosa che faccio di solito, ma "autopromozione": oggi riprendo vagamente  l'omonimo capitolo di Lien (tipo la 6^ storia sul mio profilo). Spoiler: riguarda molto da vicino Street Fighter V, quindi la sconsiglio a chi non sa cosa sia :D(-ying inside#)

→ In più,
 ringrazio LucianaDarrigo che mi ha aiutata a trovare questo lato magico delle ombre. È, oltreché una fonte inesauribile di idee, una super scrittrice e consiglio fortemente di dare un'occhiata alle sue storie e poesie!!!

*


Abel camminava nella notte silenziosa. Faceva freddo, anzi peggio, si gelava: l'autunno iniziava a lasciare spazio all'inverno. Normale dopotutto, a fine novembre.

Gli era sempre piaciuto il lungofiume, e ora che passeggiare era una delle poche cose che gli rimanevano da poter fare, ci passava spesso. Osservava la luna riflettersi sulla superficie dell'acqua, quella sera, come tutte le altre.
Attorno a lui solo buio, non quello soffocante di quando sta per piovere, ma quello leggero - quasi scherzoso - di una notte in città; lampioni, luna piena, persino le finestre dei condomini illuminavano ovunque. Quasi, insomma.
Abel ha spostato lo sguardo verso un albero tristemente spoglio, in prossimità di un lampione di quelli bassi e rotondi, simili a curiosi fiammiferi neri e gialli. Appoggiata alla corteccia dell'albero, dalla parte opposta rispetto alla luce artificiale, stava la sua ombra.
Sconcertato, il ragazzo si è stropicciato gli occhi. Riaprendoli, l'ha vista fare il cenno di avvicinarsi, di non avere paura. E senza troppo riflettere, Abel ha eseguito.
Ha mosso un passo nella sua direzione, entrando nel raggio d'illuminazione del lampione, e creando così una seconda ombra. La coda del suo occhio ha subito notato che c'era una differenza tra le due presenze, ed ha avuto un attimo di incertezza. 
La sua ombra portata non si è fermata con lui, però.
Ha fatto uno scatto per riprenderla, ormai spaventato di rimanere senza lei; e così è entrato in secco contatto con l'altra ombra.

Nello stesso istante, Charlie Nash era steso sulla sua branda.
Anche un corpo "finto" come il suo aveva bisogno di riprendersi, ogni dieci ore circa. Aveva bisogno di sostentarsi con acqua e sostanze di semplice assimilazione, e di ricaricarsi con la primitiva azione del sonno. E come succede a tutti gli esseri viventi, piante comprese, uno stato d'animo avverso può renderla una delle cose più difficili esistenti.
Non sembrava una sera di quelle: Charlie si era stancato a tal punto, quel giorno, da essere caduto immediatamente in un sonno pesante.
Svegliarsi di soprassalto da un tipo di sonno come quello è sempre brutto. Ci si dimentica cosa si stava sognando, ci si chiede cosa sia stato - un rumore? Una presenza? - e ci si guarda intorno, a destra, a sinistra, senza capire niente di cosa si ha attorno. Si prova una specie di tachicardia, magari si trema persino, e infine ci si assopisce a metà "inventandosi" la causa del risveglio.

Abel l'ha visto.
La testa del suo corpo era entrata in contatto con l'ombra indipendente, causandogli un forte capogiro e una specie di nausea; e poco dopo anche la testa della sua ombra portata aveva raggiunto quell'oscurità, connettendo definitivamente l'energia spirituale del ragazzo con lui.
Lui.
Charlie Nash.
L'uomo che si era legato a lui con una promessa tanto innocente, eppure tanto sentita: "Ti aspetterò".

L'ha visto giacere supino sulla branda, le braccia lungo i fianchi, gli occhiali accanto al capo, sul guanciale. L'ha visto aprire gli occhi e fissarli un attimo nei suoi - o almeno, tale è stata la sua impressione. 

Poi tutto è scomparso. Un altro capogiro e non era più nella camera da letto di Charlie, era di nuovo sulla riva dell'Huveaune, di fianco al lampione, dietro l'alberello. Da solo con i suoi fantasmi, o per meglio dire, con le sue ombre.
Spaventato, e preso da un'improvvisa voglia di piangere, Abel si è messo a correre in direzione di casa. 

Charlie ha visto lui.
Nella dormiveglia, l'ha osservato con occhi "interiori" correre per vie a lui sconosciute, aprire in fretta e furia la porta di casa sua, richiudersela alle spalle e andarsi a stendere sul divano, prono.
Cosa lo affliggeva? Da cosa era scappato? Perché aveva nascosto il viso tra il bracciolo e lo schienale?
Vedendolo sobbalzare piano, ha capito che non voleva essere visto piangere. A rischio di svegliarsi e interrompere quella specie di visione, Charlie ha allungato una mano in direzione della testa. 
Ha sentito davvero la sua pelle sotto le dita, e così dev'essere stato per lui, che si è subito girato per fissare gli occhi nei suoi - o almeno, tale è stata la sua impressione.

Poi tutto è scomparso. Il nero della notte è uscito dalle sue pupille e si è esteso a tutto lo spazio. Il fresco di una lacrima, sfuggita dall'occhio destro, ha costretto Charlie a realizzare di essere nuovamente sveglio. E con somma fatica e dispiacere, ha aperto le palpebre sul buio della stanza.

Si sentiva pervaso dalla bizzarra sensazione che Abel avesse vissuto davvero quella scena e quel contatto, che il sogno appena fatto fosse stato reale come ciò che lo circondava.
Materiale come l'ombra...

Un anno, un programma #contaparoleWhere stories live. Discover now