23. Spazio vitale

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Katherine's pov

Aggrotto la fronte, lo fisso, inclino la testa verso destra nella speranza che da un'altra prospettiva il suo viso sia migliore da vedere. E' inutile.

-Faccia da cazzo si nasce, non si diventa con la crescita. - commento cercando di essere il più velenosa possibile. Un cobra rispetto a me è nulla.

Mi ricorda, non so perché, le didascalie sotto i post di instagram di tante quindicenni, che credono di essere ribelli e trasgressive solo grazie ad una frase.
Guarda che lo facevi anche tu.
A loro differenza però io ero e sono davvero trasgressiva.

Alexander, che si staglia in tutto il suo splendore nonostante il sudore dovuto agli esercizi fatti, mi scruta con lo sguardo di uno che ha intenzione di uccidere, se solo si osa proferire una sola parola fuori posto. Direi che solo io potevo beccarmi il coinquilino con turbe psichiche. La mia vita non era abbastanza complicata, necessitava proprio delle sua comparsa.

-Mi hai sentito?- mi interroga. Avanza di un solo passo. Si ferma subito dopo.

-Sfortunatamente sì.-  farfuglio.

Alexander Khan è più fastidioso della sabbia, che immancabilmente in estate ti entra nelle mutande e allora inizi a fare tutte le smorfie possibili e immaginabili per levarla, cosa che purtroppo si rivela inutile. Con lui servono a poco i tentativi di levarselo di torno. Infatti me lo ritrovo sempre fra le scatole, a volte sembra che sia lui a controllare me e non io lui. La vita alla UC Berkeley va tutto al contrario.

Ora dopo essermi fatta un quadro abbastanza completo e preciso della psicologia di Alexander, capisco il motivo per cui i genitori vivono lontani e li appoggio, pure io farei di tutto pur di non viverci assieme. Quel ragazzo ha davvero l'innata e spiccata capacità di ledere la pazienza di un santo.

-Allora rispondi, cazzo!- esclama spazientito.

Esattamente questo essere maschile dotato di un cervello grande come un atomo di idrogeno che cosa vuole dalla mia vita? Non ha degli amici con cui giocare alla playstation o con cui giocare a briscola? Deve venire ad importunare me? Mi ha scambiato per Freud? Perché se così fosse, dovrebbe sapere che non so ancora psicoanalizzare la gente nonostante il mio elevatissimo quoziente intellettivo.

Alexander si volta un attimo verso la combriccola di ragazzi che incuriositi assistono alla scena da fuori. Forse non hanno abbastanza fegato per osare mettere piede dentro lo stesso posto, dove siamo io e il King Kong con manie di egocentrismo. Temono che fra poco fra di noi volino frecce, coltelli e tanto altro, quindi stare a debita distanza risulta chiaramente la scelta migliore del mondo.

-Senti, Price, smettila e rispondi alle mie domande!-

-Kayne West dei poveri, scendi dal piedistallo perché non sei nessuno. Non siamo agli MVA del 2009, io non sono Taylor Swift e non mi farò trattare come un calzino bucato davanti a tutto il mondo.- porto le mani sui fianchi. - Quindi ora eclissati, evapora o, se preferisci, estinguiti ma fra un minuto voglio il tuo culo fuori dal mio campo di allenamento. Forse il coach si è dimenticato di avvertire te e il restante branco di gorilla, che questo è il mio campo di allenamento e solo io ho l'autorizzazione per accedervi. Chiaro? Ora vattene.-

Il suo atteggiamento da padrone del mondo non mi piace. Non è nessuno.

Attendo una sua risposta che non arriva. Il mio sguardo è fisso sui suoi occhi scurissimi e non mi accorgo del resto.
Il mio caro odiatissimo coinquilino si avvicina sorridendo in un modo inquietante, all'improvviso mi afferra dalle gambe e mi carica sulla spalla destra senza nemmeno faticare troppo. Non l'avevo previsto. Mi coglie di sorpresa.

Just like fire (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora