40. Adesso vattene

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Questo capitolo sarà davvero tanto lungo, quindi prendetevi parecchio tempo per leggerlo fino alla fine⚠️

Katherine's pov

Non ci sono molte alternative nella vita: o si vince o si muore. È la grandissima legge della vita. Funziona così da anni e non penso si possa cambiare ora nel ventunesimo secolo. Ci sarà sempre qualcuno destinato inevitabilmente a soccombere rispetto ad un altro.

Con la schiena contro il muro freddo del convento chiudo gli occhi e cerco di regolarizzare il respiro. Sono affaticata ma devo resistere, perché manca davvero poco per terminare questa missione alternativa. Non mi è permesso perdere.

Poteva mancare una punizione da quel pennuto artico? Ma ovviamente no. Era scontato che me la infliggesse, dato che ieri sera, com'era prevedibile considerando la mia indole aggressiva quanto un leone che non si nutre da una settimana, l'ho mandata al diavolo. Provo del pentimento? Ma ovviamente no, non a caso sono Katherine Price.

Il ticchettio di un orologio si fa sempre più vicino a me. Si percepisce chiaramente. Qualcuno sta per raggiungere il lupo cattivo ed io sono pronta a sfoderare le fauci affilate ed ad affondarle nelle carni del malcapitato.

Ascoltare, guardare, mirare, colpire, uccidere. Mi ripeto cosa devo fare, una, due  tre, quattro, cinque volte. Non devo rifletterci troppo. Bisogna agire.

Sento un respiro. E' il momento. Stringo la bandana che porto legata sulla fronte come Silvester Stallone in Rambo, però a me sta molto meglio.

Hai mangiato pane, nutella e modestia a colazione?

-Scateniamo un po' di caos.- mormoro a bassissima voce per non essere udita.

Tiro indietro la leva della sicura, avvicino l'indice al grilletto, mi sporgo in avanti con il lato destro del viso quanto basta per dare un'occhiata fugace alla situazione. Sono in dieci. Un'arma sola non sarà sufficiente se voglio finire l'opera in fretta. Bisogna passare alle maniere pesanti.

Da una delle enormi tasche dei miei pantaloni verdi militari estraggo un altro dei miei amati giocattolini, mi assicuro che sia carica e, dopo aver catturato un bel po' di ossigeno con i miei polmoni, esco dal mio rifugio. Mi getto nella mischia. Premo i grilletti di entrambi i mitra, i bussolotti vengono scagliati a velocità colpendo in pieno i petti o le fronti degli orfani. Avviene tutto in meno di mezzo minuto. I proiettili hanno svolto il loro compito come sempre.

Ho sparato senza esitare, non perché sapevo di non poter nuocere loro, visto che sono proiettili di spugna e quindi innocui, ma perché ero lucida. La mia mente non era annebbiata in qualche modo da altre emozioni, che mi potessero sconcentrare. Questa volta non c'era l'ira o l'odio, ma soltanto una voce che ripeteva cosa fare.

Alison ha voluto mettermi alla prova per la milionesima volta nella vita: non avere esitazione nello sparare contro i bambini.

Lei ha creduto fin dal giorno del mio rientro dall'Afghanistan che fossi cambiata o che qualcosa in me avesse mutato forma, poi il fattore rissa alla UC Berkeley non ha fatto altro che incrementare i suoi sospetti. Le ho dimostrato il contrario. Niente e nessuno può cambiare la mia essenza. Deve essere ancora creato qualcosa capace di scalfire il mio animo.

Abbasso i due mitra giocattolo, li infilo nelle tasche, mentre guardo i bambini frignare per non essere riusciti ad uscire vittoriosi da questa missione. A quanto pare, davvero si sono illusi di poter competere con la sottoscritta o forse è stata la stessa suora a far nascere nel loro animo questa illusione. 

Alcuni si levano la mantellina trasparente sulla quale è rimasto il segno della punta colorata di rosso del bussolotto, altri fanno i capricci, altri battono i piedi per terra.

Just like fire (In revisione)Where stories live. Discover now