Parte 22.

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Devo uscire da questa stanza, i pensieri stanno diventando troppo grandi per un ambiente così piccolo e ho paura che rimanendo ancora sola qui dentro finirò col soffocare tra i respiri affannati.
Mi alzo dal pavimento spossata e infilo un paio di pantaloncini bianchi, una canottiera nera e le mie scarpette da corsa dello stesso colore. Non bado ai miei capelli spettinati perché li lego in una coda alta che mi lascia scoperto il rossore degli occhi. Metto le cuffiette degli auricolari e mi precipito fuori dalla camera.
Siamo ancora ad ottobre ma il tempo è ancora abbastanza caldo nelle prime ore del pomeriggio e andare a correre fuori dal campus è un'ottima distrazione anche per visitare la città.
Ho scoperto la sensazione di sfogo che la corsa sa offrire quando, un anno fa, mi sono ritrovata a dover scegliere se passare il mio tempo aspettando una sentenza che non sarebbe mai cambiata in compagnia di persone che mi ricordavano quanto stessi cadendo in basso, o liberare il cervello per qualche ora all'aria aperta lontana dalla mia vita. Finiva così quasi sempre che mi assentassi per ore da casa e mi ritrovassi ad osservare il tramonto calare davanti ai miei occhi senza neanche accorgermi del tempo che era passato, non percependo la fatica sulla mia pelle mentre adesso che sto correndo da un'ora appena le mie gambe implorano pietà.

Mi fermo un attimo appoggiando le mani alle ginocchia tremanti e faccio dei respiri profondi per calmare il fiatone, mi guardo intorno osservando il traffico essersi fatto più intenso prima di accorgermi che mi trovo in una via affollata da negozi e ristoranti. Saetto lo sguardo tra le varie vetrine fino ad arrivare ad un piccolo market poco più avanti, compro una bottiglietta d'acqua e un'insalata da mangiare per cena e ripercorro la strada del ritorno camminando.

Rientro in camera più rilassata mentalmente e fuori è appena sceso il buio, ma sono soddisfatta e appagata per essere riuscita a ritrovare questa mia piccola passione. Noto che la camera è ancora stranamente in ordine e che della mia compagna ancora non ce n'è traccia, sono convinta si trovi con John e ripenso sorridendo a quando mi ha giurato che questa volta volevano fare le cose a piccoli passi per non ripetere gli stessi errori che li avevano portati a dividersi qualche mese prima. Mi metto sopra al letto per consumare la mia cena mentre mi lascio tener compagnia dalle note della mia playlist e quando finisco sento il bisogno urgente di una lunga doccia per rilassare i muscoli indolenziti.
Lascio che il vapore dell'acqua calda annebbi tutto il bagno prima di entrare, è un vizio che ho fin da quando ero bambina e mi divertivo a disegnare sullo specchio quello che mi passava per la testa per poi passare sopra la manina e cancellare tutto lasciando ben visibile il mio riflesso.
Me l'aveva insegnato mio fratello quando un giorno, piangendo perché non riuscivo ad asciugarmi i capelli da sola, mi aveva detto di scarabocchiare sullo specchio ancora inumidito dal calore della doccia tutti quelli che erano i problemi e aveva scarabocchiato subito dopo un piccolo asciugacapelli sopra quella superficie appannata. Era corso a prendere uno sgabello di legno e mi aveva fatto arrampicare per arrivare all'altezza dello specchio, poi aveva passato la sua mano sopra quel disegno mandando via tutta l'opacità e lasciando nitido il mio riflesso confuso.
"Vedi piccola Bubi, quelli che ti sembrano problemi insormontabili un giorno non saranno più così grandi. Disegnali prima di fare la doccia e poi mandali via con la mano, ricordati che se troverai il tuo riflesso di essere felice perché significa che sei in tempo per scacciarli come hai fatto proprio ora" mi aveva detto con gli occhi che brillavano di felicità e così da quel giorno l'ho fatto ogni volta. Sembrerà una cosa infantile ma mi ha sempre aiutato a ripetermi che un giorno su questo specchio non ci sarà più niente da disegnare, perché proprio come quei disegni, i problemi spariranno.

Mi avvolgo nell'asciugamano circa mezz'ora dopo e mi spazzolo i capelli asciutti e voluminosi, ma prima che riesca ad indossare il pigiama sento bussare alla porta. Noncurante d'indossare solamente quella spugna bianca che mi copre fino a metà gamba vado ad aprire pronta a ricordare alla mia compagna di portare le chiavi. Giro la maniglia e alzo lo sguardo divertita, ma invece che vedere la sua chioma bionda splendente mi ritrovo davanti gli occhi di Blake che mi squadrano lentamente dalla testa ai piedi e soffermandosi sulle gambe scoperte. Sento le guance prendere fuoco per la vergogna al contrario di lui che sembra positivamente sorpreso perché non muove un muscolo ma si limita ad accarezzare ogni centimetro di pelle con lo sguardo per poi tornare a fissare i miei occhi.
È così diverso da oggi pomeriggio e non c'è più traccia di odio nei suoi modi. Indossa dei jeans chiari, una maglietta bianca che fa intravedere l'inchiostro dei tatuaggi e le linee dei suoi muscoli con lo stesso giubbetto di pelle nero che mi aveva prestato per andare in moto con lui il giorno dopo la festa alla confraternita.
<<Posso?>> mi chiede indicando con la testa la camera alle mie spalle.
Sbatto gli occhi come incapace di muovermi di fronte la sua figura, mi sento troppo esposta ma il mio corpo si fa lo stesso da parte per farlo entrare.
Sento i battiti del cuore aumentare e i muscoli irrigidirsi, chiudo la porta poco convinta di condividere uno spazio così stretto con il diavolo tentatore fatto persona.

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Ciao ragazze!🦋
Ecco il nuovo capitolo. Scopriamo qualcosa in più del passato di Alyssa e un Blake diverso da come lo avevamo lasciato.
Cosa succederà nel prossimo? 😈
Grazie per essere arrivate fin qui, vi aspetto per il prossimo aggiornamento.🔥💙
xx

(Ri)trovarsi, quando da soli non bastiamo.Where stories live. Discover now