8.3 Tempio del Sole

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Le luci di Zichi si estendevano per tutta l'ampiezza del golfo. La città marittima ancora rumoreggiava: tra le vie erano imbandite lunghe tavolate attorno a cui gli abitanti della cittadina erano rimasti dopo la cena. Flora li osservava assorta, mentre continuava a camminare al seguito di Virgilio, incantata dalla semplicità dei quadretti che le comparivano davanti agli occhi. Quella che sembrava una famiglia stava terminando gli ultimi avanzi della cena, con vino a riempire i bicchieri, tovaglie dalle sgargianti fantasie toccare quasi il terreno. Una donna anziana si avvicinò allo strano gruppetto: i capelli grigi le incorniciavano un volto solcato da rughe, con gli occhi scuri, caldi di un sentimento che Flora non esitò a interpretare come benevolo.

«Avete mangiato?» domandò soltanto, con voce roca.

Virgilio le sorrise. «Sì, abbiamo mangiato.»

«C'è del pane che è avanzato, ne volete?» offrì la donna, illuminatasi alla risposta del capitano. «Domani potrebbe indurirsi e non si può buttare.»

«Ma certo» annuì ancora il marinaio.

L'anziana si allontanò per avvicinarsi all'altro capo del tavolo, in cui erano accatastate piccole forme di pane delle più varie dimensioni all'interno di una cesta.

«C'è da fidarsi?» bisbigliò invece Arturo, postosi al fianco della principessa. «Come facciamo a sapere che non sia avvelenato?»

«Non sembra malvagia» sussurrò lei, nascosta dal cappuccio. Seguì la donna con lo sguardo e la vide contarli per poi afferrare quattro panini e tornare da loro, offrendo con le sue proprie mani quel poco che lei cedeva come un tesoro.

Claudio diede immediatamente un morso, attirandosi un'occhiataccia del mercenario. «È buono» disse con la bocca piena. «Vi conviene mangiarlo, non sapete che vi perdete!»

Flora afferrò il pane che le veniva porto, guardando la vegliarda negli occhi, con un sorriso che lei sentiva venirle dal profondo del suo animo. «Che la Luna ve ne renda merito.»

«La Luna mi ha concesso tutto questo» le rispose quella. «Sono una donna felice.»

La principessa scrutò al di là dell'esile figura dell'anziana e vide alcuni bambini rincorrersi attorno alla tavola, giovani e fanciulle discorrere animatamente, uomini e donne di mezza età bere vino dai loro bicchieri stracolmi, versandone sulla strada senza avvedersene. La maggior parte di loro si assomigliavano fisicamente: alcuni avevano lo stesso taglio sottile degli occhi, altri la stessa bocca carnosa, altri ancora capelli della stessa sfumatura di castano bene illuminata dalle torce nella via; era davvero una famiglia.

Flora sospirò, prima di congedarsi dalla donna e proseguire il suo cammino alle spalle di Virgilio.

Il capitano della Millenaria li guidò fuori dalla capitale e li condusse verso un querceto, inoltrandosi sempre più tra gli alberi. La luce lunare permetteva agli altri tre di seguirlo senza perdersi, anche se Virgilio procedeva senza fretta, ma con sicurezza; come se conoscesse molto bene quel percorso. Claudio camminava al fianco della sua amica, mentre Arturo chiudeva quel bizzarro gruppo. Quando aveva chiesto al capitano di scortarli verso un posto sicuro in cui passare la notte, il mercenario non si sarebbe mai aspettato di dover attraversare una boscaglia che non conosceva e di cui, di conseguenza, non si fidava. Si udiva l'eco di un canto di cicala, abbandonata a sé stessa durante la notte, mentre un vento leggero sfiorava le loro vesti e li accompagnava lungo il cammino, scuotendo le chiome delle querce secolari. Sembrava che le foglie mormorassero tra loro per la sorpresa dei viaggiatori, e che li volessero accogliere in quello che Flora avrebbe percepito come luogo sacro anche senza che Virgilio glielo dicesse. I rami più bassi ondeggiavano a ogni minima folata, spostandosi per agevolare il quartetto nel suo incedere.

Selenia - Trono rovesciatoWhere stories live. Discover now