19.4 Orgoglio e inganni

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Luciana non era mai stata nel Pogudfo, anche se aveva avuto modo di approfondire le sue conoscenze parlando con alcuni nobili che provenivano da lì e che erano dovuti scappare quando la situazione politica si era complicata. Inorridiva al pensiero che ci fosse qualcuno costretto a scappare dal proprio luogo di origine e inorridiva ancor più all'idea che si trattasse di aristocratici che riscuotevano di un grande prestigio nelle altre corti. Come esempio le era sufficiente il marchesino Tirfusama, che aveva dimostrato di essere un giovane sveglio e pronto a qualsiasi evenienza il destino gli avesse posto di fronte.

Aveva immaginato di trovarsi in un luogo ostile, e invece il cielo che l'aveva accolta oltre il confine era lo stesso dello Dzsaco, tanto che aveva superato il bosco tra i due regni senza accorgersi di trovarsi in terra straniera. Con una mano teneva le redini del suo cavallo, mentre l'altra continuava nervosamente a cercare l'elsa dello spadino sotto il mantello. Non riusciva a smettere di immaginare un assalto improvviso, temeva che dietro uno degli alberi che costeggiavano l'antica via pavimentata potesse sbucare chissà chi per assalirla. A ogni frusciare del vento tra le foglie si guardava attorno sospettosa, a ogni cinguettio si voltava a destra e a sinistra... Invano, perché non c'era davvero nulla che avesse l'aria minacciosa.

Respirava lentamente, rimanendo sull'attenti: nonostante le apparenze non si sentiva sicura di proseguire in un luogo che lei considerava ostile a tutti gli effetti. Non avevano forse mandato via la famiglia reale a suon di coltellate ai suoi membri? Non erano stati gli altri nobili a fuggire prima che la situazione precipitasse? Come avessero fatto i Tirfusama a uscirne pressoché indenni le sfuggiva, ma poi si ricordò che la loro famiglia era caduta in disgrazia presso i sovrani diversi anni prima che l'anarchia piombasse sul regno.

E se Giampiero avesse cospirato con i rivoltosi per...?

Il pensiero le attraversò la mente, ma lei lo scacciò, perché ormai era giunta alle porte di un mucchio di case, il primo che le mappe consultate al palazzo le avevano indicato sul suo cammino. Osservò con curiosità quelle villette a un piano, che appartenevano evidentemente a dei contadini, almeno a constatare lo stato pessimo dei muri esterni, che avrebbero necessitato di una verniciatura, e degli steccati che rinchiudevano gli animali da allevamento.

«E tu chi sei? Non ti ho mai vista qui!»

Fu scossa dalla voce di un bambino sui cinque anni, con il viso e le mani sporche di fango, vestito di abiti logori, ma i cui occhi scuri sprizzavano vivacità.

«Non si parla così agli sconosciuti!» lo rimbeccò una ragazzina di poco più grande, che poi salutò Luciana agitando la mano e rivolgendole un sorriso dispiaciuto. «Devi scusarlo, ancora non sa come ci si comporta.»

La principessa non seppe cosa dire, turbata dall'assenza del "voi", che tutti i popolani avrebbero dovuto utilizzare in presenza di un nobile, e di qualsiasi riguardo nei suoi confronti, ma nessuno dei due ragazzini se ne accorse, perché la sorellina stava rimproverando il fratello minore.

«Dadi, ha detto mamma che devi rimanere a guardare le galline, non a dare fastidio alla gente!»

«Uffa» si lamentò lui, portandosi un dito infangato sul viso. «Loro mi beccano, perché non ci vai tu?»

«Devi imparare a non farti beccare» sentenziò lei. «Muoviti!»

Il bambino corse fino a una piccola cisterna piena di quella che a Luciana parve acqua piovana, ma si rese subito conto che non poteva esserlo: se il clima era lo stesso dello Dzsaco, non pioveva da giorni.

La ragazzina corse dietro il fratellino, per rimproverarlo ancora per qualcosa che la Lugupe non poté udire, perché aveva spronato il cavallo ad andare avanti, nella fretta di giungere a destinazione.

Selenia - Trono rovesciatoWhere stories live. Discover now