18.1 Di preghiere e di profanità

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Il mare risuonava infrangendo le sue onde contro la sabbia, mentre il vento soffiava placido, quasi a rasserenare chi avesse scelto, in quel mattino dal cielo terso, di camminare a piedi scalzi sulla riva. Così anche lei, che cercava di recuperare quell'innocenza che aveva dovuto abbandonare repentina, inalò il profumo di salsedine a occhi chiusi. Stringeva tra le mani la corona che l'aveva innalzata così giovane a uno dei ruoli più importanti dell'isola: regina, a diciassette anni. Era consapevole della propria precoce maturità, ma avrebbe desiderato altro tempo, per riuscire a conciliare il suo desiderio di amore eterno con le responsabilità del regno.

Abbandonò la corona sulla sabbia, ai suoi piedi, con la veste candida scossa da quel soffio tanto familiare, che ormai era una delle poche compagnie del palazzo. I corridoi, sempre brulicanti di cortigiani e chiacchiere, erano deserti, così come gli innumerevoli saloni, scheletri di architettura che i granelli trascinati dal respiro del mare tentava di scalfire e di attaccarsi alle pareti, come se quell'effetto reso dalla pittura non fosse abbastanza.

«Se tu vuoi che sia io a guidare tante persone, lo farò» mormorò Ariel, la voce coperta dall'eco eterna del mare. «Ma tu fa' sì che lui comprenda che il mio destino è qualcosa di più grande di noi, che avremo altri giorni per vivere insieme, che io non mi dimentico mai di lui, anche se non ne parlo con nessuno, anche se nessuno sa chi sia. Che lui ricordi che lo amo, e che questa corona non cambierà nulla.»

Vudeli non le rispose o, almeno, lei non colse un cambiamento non colse un cambiamento attorno a sé. Allora avanzò, affondando i piedi nella sabbia bollente che non le bruciava, privilegio concesso dal dio. Si lasciò alle spalle la corona e arrivò laddove morivano le ultime onde, tracciando linee irregolari sulla terra ferma.

«Io sono stata sacrificata al regno e a te prima del tempo» sussurrò ancora. «Anche se tu la ritieni una consacrazione, per me è una condanna. Io non posso essere tua, perché da me dipende l'eredità del mio popolo, il destino di altri è appeso alla mia discendenza. Tu non vuoi cadere nelle mani di re e regine stranieri, e per questo devi concedermi di amarlo.»

Un fischio quasi impercettibile si mescolò alla risacca e lei si inchinò, con le mani tra la stoffa della veste pura. Vudeli aveva ascoltato e accolto la sua preghiera.

Ariel rimase immobile per diversi minuti, con i capelli sciolti che ondeggiavano al soffio del vento. Un'immagine sacra, che qualsiasi artista avrebbe desiderato ritrarre, ma che nessuno vide mai: la sovrana bambina, cresciuta e già conscia dei misteri oscuri del dio fanciullo. Lei non gli avrebbe mai permesso di avere il sopravvento, avrebbe chinato il capo di fronte a lui, che non la spaventava. Era consapevole che sfidare una divinità non era saggio: tuttavia quelle non erano le sue intenzioni: Una vita normale, in cui le redini del regno non avrebbero interferito con quegli affetti che lei amava ricercare. Legarsi alle persone era l'unico modo per farsi scudo a vicenda contro un nume capriccioso e indomabile, lo sapeva. Per questo aveva osato porgli quella richiesta, che avrebbe lasciato unica per lunghi anni, se non per tutta la vita. Lesinare le preghiere a Vudeli era il modo migliore per vederle esaurite. Non aveva mai domandato nulla, ma quello era il momento giusto.

Un'onda le bagnò piedi e caviglie, a liberarla da catene invisibili che la inchiodavano lì, al cospetto del mare. Ariel ripercorse i propri passi, afferrò la corona quando le passò a fianco con un gesto rapido e leggiadro e rientrò nella sala del palazzo che aveva scelto come suo studio personale. Si sedette alla scrivania in madreperla e si sistemò la corona sui capelli di corallo, aiutata da un piccolo specchio, che poi abbassò contro la superficie bianca.

Qualcuno bussò alla porta che lei aveva lasciato aperta. Si voltò e vide Dante che sorrideva, con una malinconia che lei non poté non notare.

Selenia - Trono rovesciatoOnde as histórias ganham vida. Descobre agora