Capitolo I: Underveis

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11 anni dopo

Jane

Il treno viaggiava veloce sui binari arrugginiti.

Jane era rannicchiata sul sedile, in posizione fetale, il capo, coperto dal cappuccio nero della felpa, abbandonato contro il vetro del finestrino.

Gli occhi azzurri erano chiusi, ma nonostante ciò, Jane poteva benissimo sentire lo sguardo delle persone puntati su di lei.

A volte avere i sensi sviluppati era una vera scocciatura.

Non posso neanche riposarmi in pace.

Sospirando pesantemente, aprì gli occhi, riservando uno sguardo annoiato e glaciale, alle persone che continuavano a fissarla.

Sbuffando si sedette in maniera composta, accavallando le gambe; si tolse le cuffie e lasciò cadere il cappuccio che le copriva il capo, facendo così uscire i capelli biondi legati in una treccia laterale, ormai, distrutta.

Jane sbuffò e, stizzita, si sciolse quella crocchia lasciando ricadere i capelli sulle spande in morbide onde.

Odiava lasciare i suoi capelli sciolti, si portava sempre un elastico con sé, in modo da riuscire a legarsi quell'ammasso di capelli in una crocchia più o meno decente.

Nonostante adesso Jane avesse, più o meno, un aspetto abbastanza accettabile, continuava a sentirsi osservata.

E se c'era una cosa che Jane detestava più dei broccoli, era appunto quella di essere osservata.

Odiava stare al centro dell'attenzione proprio perché le persone continuavano a guardarla.

Alzò lo sguardo verso quell'irritante fonte, che non faceva altro che crescere, e i suoi occhi di ghiaccio si scontrarono con quelli ambrati di un ragazzo, che la fissava con un sorriso strafottente in viso.

Jane lo squadrò con un cipiglio alzato.
Esteticamente era un bel ragazzo, alto e muscoloso, ma aveva imparato che il carattere di una persona, fa molto di più di un bel aspetto fisico.

La bellezza sparisce nel tempo, il carattere rimane.

Riservò a quel ragazzo, che identificò come strafottente, per non dire di peggio, uno dei suoi sguardi glaciali peggiori.
La cui antifona era chiaramente "smettila di guardarmi idiota".

Il ragazzo in questione, deglutì sonoramente, spaventato dal freddo di quegli occhi, e si accinse a spostare la sguardo fuori dal finestrino.

Jane sorrise vittoriosa, adorava mettere paura a suoi avversari, poteva sembrare una cosa un po' macabra, ma per lei era un simbolo di forza.

Non si scherza con una Sterk.
Non si ci prova con una Sterk.
Altrimenti hai buone possibilità di trovarti un pugnale conficcato nel petto.

E Jane aveva un'ottima mira.
Frutto delle lezioni del maestro, senza di lui, probabilmente, se ne starebbe ancora lì a piangere sulla tomba della madre.

Accennò un sorriso pensando alla persona che in quegli ultimi undici anni le aveva fatto da padre, a quella persona che in quegli oscuri anni era stata la sua famiglia, colui che nei momenti bui era stata la sua ancora, impedendole così di annegare.

Ricordò, quasi con malinconia, i momenti passati con il maestro, come lo chiamava spesso lei, perché si in fondo lui le aveva insegnato l'arte della sopravvivenza, le aveva insegnato tutto.

Così, mentre guardava le foreste sfrecciare veloci di fianco a lei, si perse nei suoi pensieri.

Sua madre era morta da un anno ormai, ma il dolore si faceva ancora sentire.

𝑪𝒖𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒇𝒖𝒐𝒄𝒐 ✓Where stories live. Discover now