Capitolo II: Normalt liv

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Davvero, per un momento le era parso di trovarsi in tribunale con un poliziotto a farle il terzo grado.

Come se voler studiare fosse diventato un reato.

Poi le aveva dato terribilmente fastidio il modo in cui l'aveva guardata il preside, con quell'aria di sicurezza e di potere che la sua carica gli concedeva.

Sembrava che non stesse guardando lei, ma un ragazzaccio appena uscito dal carcere.

Jane in quella occasione aveva represso un ghignò di sfida, il preside non sapeva che lei poteva anche non andare a scuola, il maestro le aveva insegnato tutto.

Se lo faceva era solo perché voleva essere normale per una volta, voleva capire cosa si provasse a studiare in compagnia, a relazionarsi con altre persone all'infuori del maestro.

Jane sospirò mentre beveva un lungo sorso di camomilla, che le fece subito distendere i muscoli.

Continuò a bere, mentre riportava lo sguardo, su quella coperta scintillante quale era il cielo quella notte.

Tutta quel buio le dava una sensazione di ...calma.

Mentre ad altre persone ciò che il buio nascondeva dava paura, a lei in un certo senso rilassava.

Non sapeva neanche lei perché.
Probabilmente perché, essendo una creatura della notte, vedeva come nel giorno.

La notte per lei non aveva segreti.

Guardò la sveglia, che aveva posto sopra il comodino.
Era già mezzanotte passata.

Sbuffò pensando che l'indomani avrebbe dovuto svegliarsi presto.

Chissà quante persone a scuola l'avrebbero etichettata come "la ragazza nuova", chissà quanti avrebbero provato ad avere un approccio con lei, a diventarle amici.

Rispettando sempre il mio spazio vitale.

Tanto se ne andranno tutti e io rimarrò da sola.
Come sempre.

Perché Jane lo sapeva, anche se moriva dalla voglia di sapere cosa si provava a sentire emozioni nuove, sapeva che prima o poi, quando sarebbe caduta, non ci sarebbe stato nessuno a sostenerla.

Perché Jane era così, una ragazza che si era costruita un'armatura per non lasciare che gli altri vedessero come era realmente.

Debole.

Mise giù la tazza e si alzò dal davanzale della finestra.

Chiuse i battenti della finestra, mentre uno spiffero d'aria le faceva salire un brivido lungo la schiena.

Si strinse di più nel plaid mentre raggiungeva il letto e spostava la trapunta bianca, mentre si coricava sul letto.

Si stese sulla schiena guardando l'intonaco del soffitto, pensando.

Pensava, pensava in continuazione.
La sua mente era un labirinto unico, nel quale lei si perdeva costantemente, solo che per lei non ci sarebbe stato nessun filo di Arianna a tirarla fuori da lì.

A volte non sapeva neanche lei a cosa pensava, si sedeva lì, sul letto, o sul divano, e i ricordi l'assalivano, facendola sconnettere da quello che accadeva nel presente.

Perché Jane era così, una guerriera, che dietro l'elmetto, è più fragile di quel che sembri.

Era una ragazza che voleva provare emozione, che voleva vivere.

Ma sapeva che le emozioni sono un'arma a doppio taglio.

E lei non voleva rimanere ferita ancora una volta.
Aveva già troppe cicatrici da rimarginare.

𝑪𝒖𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒇𝒖𝒐𝒄𝒐 ✓Where stories live. Discover now