XV-Don't trust in my blood

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"Domani il sole porterà una luce completamente nuova"

Lungo il corridoio in cui erano catapultate, Alice appoggiò Nora sul muro e lo stesse fece lei. Il cuore le battezza all'impazzata: il sangue veniva pompato velocemente all'interno del suo corpo, lo sentiva scorrere lungo tutte le vene e le arterie, compiere il suo giro per poi venire ripompato di nuovo, il petto le si abbassava e si alzava velocemente e i suoi polmoni non riuscivano ad accogliere abbastanza aria che veniva immediatamente ribbuttata fuori. Non sapeva perché l'avesse fatto; aveva rischiato di venire toccata solo per salvare quella povera fanciulla accanto a lei, conosciuta solo qualche ora o minuto prima. L'aveva fatto d'istinto e tutto ciò la sfiniva ma d'altra parte la eccitava, si sentiva viva. In quell'azione aveva provato qualcosa di unico, di nuovo e lo avrebbe rifatto anche altre diecimila volte se solo avesse potuto.
Appoggiò la testa quasi con forza sul muro, e lasciò andare un piccolo sbuffetto prima di accasciarsi e riprendere fiato. Girò la testa verso Nora, la sua Noruccia; lei, d'altro canto, dormiva beatamente. Il suo petto si abbassava e si alzava dolcemente, il suo cuore era calmo, non dava segni di nervosismo o fretta. La sua espressione era dolce: con la bocca semi aperta, gli occhi chiusi lievemente, quasi a non volersi più aprire, a non voler più vedere questo mondo e i suoi folti capelli ricci e rossi le coprivano buona parte del viso; qualche capello rischiava anche di entrarle in bocca, facendole cambiare per un attimo espressione e spingendola a tossire per levare il capello insidioso.
Alice nell'osservarla si lasciò scappare una risatina. Soprattutto quando lei prese un lungo respiro e le entrarono in bocca una massa di capelli che quasi la soffocarono. Allora si alzò le mani tra i suoi morbidi capelli biondi e si tolse il suo cerchietto. Era un cerchietto azzurrognolo, con attaccato a esso il bocciolo aperto di una rosa rossa. Ad Alice piaceva tantissimo, infatti lo portava sempre con sé, inoltre riusciva sempre a tenere a bada i suoi capelli che le andavano sempre in qualche modo a coprirle il viso. Infilò le dita in quel cespuglio rosso, ogni ricciolo sembrava quasi a volerle solleticare le dita, erano morbidi ma crespi, sembravano avere una resistenza tutta loro. Però il cerchietto entrò alla perfezione, riuscendo a tenerli a bada.
Alice continuò a osservarla ancora un po', per poi senza rendersene conto, addormentarsi.
Passarono probabilmente ore prima che gli occhi di Alice si aprirono di scatto. -Diamine!- imprecò e si alzò. Non sapeva dire con precisione quanto tempo fosse passato.
Si diede una veloce occhiata intorno, non sembrava cambiato niente. Poi si girò di scatto e tirò un sospiro di sollievo, Nora era ancora lì che dormiva. Si avvicinò a lei e tentò di scuoterla -Avanti, Noruccia! Svegliati!-. Ma la fanciulla non fece alcun segno di reazione. Riprovò diverse volte, ma ottenne lo stesso risultato. Allora d'istinto si scostò una treccia di capelli dal suo orecchio sinistro e con -Perdonami Noruccia- appoggiò l'orecchio al suo seno. Attese per un paio di secondi, finché non riuscì a scorgere i lenti battiti del suo cuore. Sospirò di nuovo. Però non riusciva a capire come mai non avesse ancora aperto gli occhi. "O la va o la spacca" pensò e si caricò la fanciulla sulle spalle.
Il corridoio presentava cinque porte, due laterali a destra, due laterali a sinistra e una davanti a loro, dietro soltanto mura. Accanto a una delle porte, la più vicina a sinistra, c'era il solito tavolino con il vaso di fiori, però era lindo e pulito, rispetto alla stanza precedente, e i fiori rilasciavano un delicato e inebriante odore di lavanda.
Si diresse subito verso la porta davanti a lei. Appoggiò la mano sulla maniglia argentata e la girò. -Chiusa, ovviamente! Troppo facile altrimenti-. Si voltò e ritornò al punto di partenza. L'unica cosa che le era rimasta da fare era esaminare cosa nascondesse al suo interno ogni porta. Decise di iniziare dalla porta più vicina al tavolo con il vaso. Girò la maniglia e la porta si aprì. Ai suoi occhi comparve una vasta biblioteca, era piena di libri ovunque: partivano dal basso fino a toccare il soffitto; le librerie infatti erano altissime. L'unico modo per raggiungere quei libri, ipotizzò Alice, era di usufruire una scaletta di legno, appoggiata a ridosso della libreria.
Superò il cardine ed entrò, ma prima di poter  fare anche solo un altro passo, immediatamente davanti a loro comparve un fantasma. Era un ragazzo, mingherlino, portavadegli occhiali neri e lenti molto spesse, i capelli pettinati tutto all'indietro e un espressione di disagio in tutto il suo corpo ectoplasmatico. Alice osservò con strana curiosità quell'essere, il quale a differenza del cavaliere, aveva una sfumatura verde, e non sembrava in alcun modo ostile.
-AIUTAMI...-
-Cosa...?- quasi non prese un colpo a sentire quelle parole così inaspettate.
-AIUTAMI...-
-O o o ok? Cosa ti serve?- si sentiva piuttosto imbarazzata, non aveva la minima idea di cosa fare.
Il fantasma la fissò per qualche secondo, poi senza dire alcuna parola, si girò e indicò un punto non preciso dietro di lui, in fondo alla libreria.
-C'è qualcosa che dobbiamo prenderti lì in fondo?- chiese.
Il fantasma annuì.
Alice non sapeva minimamente cosa aspettarsi in mezzo alla libreria, era troppo pericoloso andarci con Nora sulle spalle. Così decise di appoggiarla vicino.alla libreria.
-Posso lasciarla qui? È al sicuro?-
Il fantasma la guardò, ma non fece alcun tipo di reazione. Alice scocciata, si rivolse alla fanciulla: -Torno presto, Noruccia. Tu intanto rimani qui, non credo che ti farà del male!-.
Si alzò e si diresse verso il punto indicato dal fantasma. In quel punto le due librerie parallele si stringevano tra loro, formando un percorso; avrebbe dovuto percorrerlo fino alla fine e tornare indietro. Deglutì ed entrò.
Era proprio come immaginava, le due librerie si intrecciavano e si univano ad altre librerie, firmando un percorso labirintico e l'incredibile altezza di quest'ultime non lasciava alcuna via di fuga, se non un fortissimo senso di chiusura, come se la biblioteca stessa volesse tenerla per sempre lì in quel labirinto.
Alice avanzava con cautela e fin troppa calma in mezzo a tutti quei libri. L'odore di vecchio e di carta ammuffita riempiva le sue narici, dandole però una strana sensazione di benessere. Proseguiva senza perdere un attimo, appena si accorgeva di aver sbagliato, ritornava sui suoi passi e proseguiva in un'altra deviazione. Era sempre stata una ragazza schematica e mappare mentalmente quel labirinto, per lei, era un gioco da ragazzi.
Forse.
Non sapeva che non era mai stata sola fin da quando è entrata.
Infatti al terzo incrocio, dopo aver tirato il percorso almeno due volte, eccola lì, con gli occhi azzurri, capelli biondi e lisci e sorriso misterioso.
-Ma cosa?- Alice era incredula, davanti a lei c'era lei stessa. La osservava con i suoi stessi occhi penetranti, non si muoveva, era immobile. Lei d'altro canto non sapeva cosa fare, se muoversi o meno, sentiva solo una strana sensazione, e l'immancabile odore di sangue. Però lei non aveva tempo da perdere, cominciò a muovere lentamente la gamba, quando...
-FERMA! Non ti muovere!-
Alice si irrigidì di colpo e un gatto nero, saltò da dietro l'angolo di un incrocio davanti a lei.
-Queste sono Poltergeist dei Libri, uno di loro ha assunto la tua identità, e finché non troverai il libro dal quale proviene e lo distruggerai, avrà un totale controllo delle tue azioni!- detto questo, il gatto balzò da un libro all'altro della libreria, fino a raggiungerne la cima.
-Come immaginavo! Non ti lasciano la vita facile!- e con un colpo di zampa fece cadere un libro, che andò a sbattere sul pavimento di fronte a lei e al Poltergeist.
Appena il libro toccò terra, aprendosi, il Poltergeist cambiò forma davanti ai suoi occhi. Era una donna, dallo sguardo di ghiaccio e con un enorme bocca aperta munita di grandi denti aguzzi e appuntiti, la folta chioma dei suoi capelli argentei copriva tutto il suo corpo e in mano brandiva una falce.
-Avanti! Devi essere tu a distruggerlo! Veloce!- miagolò dalla cima della libreria.
-E come?- sbuffò Alice mentre con una capriola evitò la falce. La situazione non stava diventando per niente facile e quel gatto cominciava a risultarle più fastidioso del Poltergeist.
-So benissimo cosa nascondi sotto la gonna, Signorina-
Alice lo squadrò, e tirò fuori il coltello. Ero lo stesso con cui aveva pugnalato il cavaliere nella stanza precedente, lo aveva conservato per ogni possibile eventualità, o almeno questa era la scusa che si era detta.
Saltò in direzione dello spettro e prima ancora che quest'ultimo potesse girarsi, lanciò il coltello che andò a conficcarsi dritto nelle pagine di quel libro.
Il fantasma si girò e menò un altro fendente che la ragazza schivò per un soffio.
-Ehmm... Genio di un felino, non funziona!-
-Questo perché devi tenerlo in mano il coltello quando dai il colpo di grazia! Dolce signorina-
-Dirmelo prima?-
-Te lo avevo detto che dovevo essere tu a farlo-
"Brutto gattaccio!" riuscì a pensare Alice, mentre tra un salto e l'altro evitava gli attacchi delle falce. Però senza in alcun modo riuscire a superarla e raggiungere il libro. Finché esausta non si accasciò a terra.
Non ce la faceva più, ansimava e non riusciva a reggersi con le gambe. Come prima il petto si alzava e si abbassava velocemente. Poi una goccia cadde davanti a lei. Rimase sorpresa, era il suo sudore. Un sudore freddo, dovuto non dalla stanchezza, ma dalla paura.
Alzò lo sguardo verso quell'essere, non poteva credere che una tale creatura possa averla messa alle strette.
Non poteva crederci.
Si alzò ignorando tutta la sua stanchezza, il suo sguardo era cambiato, era severo, duro, freddo. Camminava lentamente verso il fantasma, il quale la osservava alzando in alto la falce. Alice non si fermò e continuò ad avvicinarsi tenendo lo sguardo in alto davanti a sé. La falce si abbassò di colpo, puntando alla testa, dritta verso in mezzo ai suoi tremendi occhi.
Cherry conosceva Alice, anche se lei non se lo ricordava, sapeva fin da subito di cosa era capace se stimolata, per questo cercava di aiutarla, se fosse stata in debito con lui, allora lei lo avrebbe aiutato per quella questione. Sotto i baffi si lasciò sfuggire un piccolo accenno di un sorriso.
La ragazza con una velocità impressionante, schivò la falce, per poi saltare su uno degli scaffali. Il fantasma non fece tempo a contrattaccare che, usando lo scaffale come trampolino, riuscì a superarlo e cadere proprio accanto al libro.
Alice diede un'ultima occhiata al Poltergeist, poi senza dire o fare alcuna espressione, con il piede spinse ancora di più il coltello all'interno del libro. Il fantasma ululò di dolore, lasciando cadere la falce. Però non l'avrebbe lasciata vinta facilmente e tentò di agguantarla, ma lei spinse ancora più a fondo e il fantasma svanì come era apparso lasciando solo un cumulo di polvere.
Alice si lasciò cadere a terra esanime,mentre il gatto saltò finalmente giù e si sedette di fronte a lei.
-Che vuoi ancora?- sbottò lei abbastanza infastidita
-Portami dalla Piccola Nora- rispose il gatto e con un'aria anche abbastanza irritante per i suoi gusti.
"Piccola Nora?" -Cosa vuoi da Noruccia?-
Il gatto la squadrò con aria interrogativa per qualche secondo, poi con la solita aria superba rispose -Lo saprai quando mi avrai portato li!-
-Maledetto gattac...- non riuscì a finire la frase e dal fondo della biblioteca si sentì un forte rombo.
-Come immaginavo, la Casa sta cercando di correggere il Bug!-
-Cosa?-
-Presto! Portami da lei!- sembrava preoccupato.
-Prima devo prendere un libro!- sbottò Alice, sempre meno intenzionata a dargli ascolto.
-Ce l'hai là sotto!- disse indicando con la coda il libro pugnalato.
-Quello?- Si alzò e prese il libro. Ora poté osservarlo meglio. Aveva delle strane incisioni dorate sul dorso e nella copertina vi era raffigurato un pentagramma. In ogni angolo di quest'ultimo vi era era incisa una lettera, le quali, lette da destra verso sinistra, formavano la scritta "DEATH". Ne era sicura, era proprio quello giusto.
Il gatto vedendo la sua espressione, si alzò e appoggiando una zampa sul suo piede -Allora, andiamo?- Alice annuì.
Appena si girò un libro cadde da uno degli scaffali. "Ma cosa?" Non fece in tempo a vedere cosa fosse successo che una marea di libri uno dopo l'altro cominciavano a cadere con violenza dietro di loro, fino a raggiungerli.
-Alice! Corri!- urlò il gatto, non se lo fece ripetere e scattò.
I libri però si adeguavano alla loro velocità e più si avvicinavano all'uscita, più erano veloci a cadere. Anche le librerie stesse non aiutavano, quest'ultime cominciavano a stringersi tra di loro, impedendo in tutti i modi e soffocando i due.
Alice faceva da guida ripercorrendo la mappa mentale al contrario, sapeva benissimo che non poteva sbagliare neanche una volta.
Riusciva comunque a mantenere il sangue freddo, pensando costantemente alla persona che le stava più a cuore al momento, la sua Noruccia. Era sempre stata sola, in quella Casa, a vagare tra i vari pericoli e trappole, rimanendo poi bloccata nel secondo piano. Non sapeva dire da quanto fosse là, per quanto ne sapeva o ricordava, poteva esserci stata sempre in quella casa, magari è addirittura nata lì dentro. Poi un giorno trovò quella fanciulla tra le scale che portavano al secondo piano, rimase subito incantata dei suoi capelli rossi incasinati, la sua pelle chiara quasi albina. La portò nell'infermeria e se ne prese cura per giorni, finché non si svegliò. Fu solo grazie a Nora se ha avuto la forza di andare avanti e uscire insieme a lei in quella casa, insieme alla sua prima vera amica.
Per questo non aveva alcuna intenzione di perdere.
Alice prese il gatto in braccio, ignorando i suoi lamenti, e saltò. Riuscirono a superare l'uscita proprio al pelo,  mentre l'ultima successione di libri cadeva bloccando il labirinto per sempre.
-Non farlo mai più- miagolò infastidito quel gattaccio mentre si puliva il pelo tutto incasinato. La ragazza si alzò, sorrideva, aveva di nuovo provato quella sensazione fantastica, tutto il suo corpo era in fermento. Sì guardò subito intorno, Noruccia era ancora lì, addormentata, al sicuro. Sorrise dolcemente "Sono tornata, Noruccia". Ma il sorriso si spense immediatamente.
Il gatto stava camminando verso Nora, dopo averla raggiunta, assunse un'aria strana, diversa da prima, era arrabbiato.
-Presto! Dammi il libro!- disse rivolto a lei.
-Cosa?- non riusciva a capire più nulla.
-Perchè...- il gatto divenne triste, quasi come se dentro di sé non lo volesse, come se combattesse con sé stesso.
Guardò Nora.
-Lei è la causa di tutto! Quel libro è l'unica cosa che può ucciderla!-

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