Oncology | Vmin

XVII

«promise»

«sii tu il mio sole.»

Cinque parole, cinque semplici parole che fecero scoppiare di gioia il cuore del biondo. Taehyung gli aveva chiesto di rimanere al suo fianco, dopo il grande discorso appena fatto e, stentava a crederci. Gli sembrava davvero surrrale.

«Lo sarò, te lo giuro» Jimin annuì, sentendo il cuore cominciare a correre, all'impazzata.

«Jimin-ah, aiutami a smettere di avere paura, ti prego» sussurrò il grigio, prendendo la mano del suo compagno di stanza, che strinse poi, come per avere un punto d'appoggio, un punto fisso in quella vita altalenante.

«Tae, lo farò. Rimarrò sempre al tuo fianco, non ricordi? Te l'ho promesso, ti ho promesso che non ti avrei mai lasciato» ed infine lo abbracciò, tenendolo stretto fra le sue braccia, come a volerlo proteggere. Entrambi stentavano a credere alla realtà, in quel determinato momento.

Poi, per una manciata di secondi si guardarono negli occhi, prima di far scontrare le loro labbra in un bacio casto e quasi debole, come una vera richiesta d'aiuto da parte del grigio, e una grande risposta dal biondo.

Jimin portò le mani tra i capelli di Taehyung, scompigliandoli tutti. Amava farlo, era un gesto che, in quel lasso di tempo, riusciva a compiere solo lui. Nessun altro riusciva a farlo, senza dar fastidio o far lamentare il ragazzo. Nessuno, tranne Jimin.

«Ogni giorno che passa, mi convinco sempre di più che tu sia un angelo, mandato sulla terra per evitare che io incasini ancora di più la mia vita.» Jimin sorrise a trentadue denti. Taehyung era sincero, glielo leggeva negli occhi e il leggero rossore creatosi sulle gote confermava il tutto.

«Sono un disastro anche io Taehyung, la mia vita lo è sempre stata» gli disse, posando una mano sulla sua guancia. «Quindi, che ne dici di smettere di essere in tutto questo casino e di uscirne, insieme?»

«Dico che sarebbe un'idea meravigliosa» mormorò a voce bassa, non riuscendo a trattenere un'altra lacrima, solitaria, che Jimin asciugò all'istante.

«Io e te, contro tutto e tutti da oggi, quindi?»

«Esattamente. Non ti lascerò mai TaeTae, sei la cosa più preziosa nella mia vita» e lo riabbracciò di nuovo, sentendo quasi il suo petto esplodere per colpa della felicità, per la prima volta in anni e anni di sofferenza, tristezza e solitudine. 

«Guardami però Tae» si allontanò, per fissare il suo sguardo negli occhi scuri e profondi del grigio. «Voglio che tu, ogni volta che senti qualcosa, che vuoi sfogarti, lo faccia con me, intesi? Se vorrai piangere, ridere o semplicemente parlare, sarò al tuo fianco, in qualsiasi momento. Riuscirai sempre a trovarmi, in qualsiasi momento.»

«Cos'ho fatto per meritarti? Grazie mille, davvero.» abbassò lo sguardo, sorridendo.

«Tae, voglio che me lo prometti. Lo farai?» chiese, con una scintilla di speranza negli occhi.

«Te lo prometto Jiminie» rispose poi, alzando lo sguardo, guardando dritto negli occhi il suo compagno. Era sincero, ci avrebbe davvero provato, anche se sarebbe stata davvero dura.

[...]

I due si erano allungati sul letto ed erano rimasti così per tutto il giorno, l'uno affianco all'altro, che condividevano le cuffiette, sentendo la loro musica preferita, al buio, con il solo spiraglio di luce, proveniente dalla finestra, dove si intravedeva una Seoul ricca di colori, felice e gioiosa, come parve ai due.

«TaeTae» lo richiamò il biondo «che cos'hai fatto alla mano?» gliela prese delicatamente, accarezzandola con il pollice.

«Sono stupido Jiminie, ecco cos'ho fatto» sospirò. «Sono serio Taehyungie, cos'hai combinato?» e così, alla fine, si arrese.

«Ero talmente tanto incazzato con me stesso che ho tirato un... un cazzotto al muro. E beh, ho rischiato di spaccarmi una mano» tirò su la testa per accorgersi di come Jimin lo stesse fulminando con lo sguardo.

«Hai ragione, sei stupido» sbuffò.

Il mio stupido, pensò.