IV

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«Get lost in what you love

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«Get lost in what you love. »

Era una settimana e mezza che Taehyung era rinchiuso in quella prigione, com'era chiamata da lui. Ogni giorno era sempre più drammatico e stancante. I due ragazzi continuavano a sostenersi a vicenda durante le terapie e durante il giorno. Erano diventati l'uno la stampella portante dell'altro.

Quella mattina era una mattina calma, pacata. I due erano distesi sull'erbetta nel tetto dell'ospedale, avvolti completamente dal silenzio. Un silenzio tranquillizzante, quasi rilassante.

Taehyung, giorno dopo giorno, stava diventando curioso, sempre più curioso, sul biondo. Voleva sapere da quanto tempo combatteva questa battaglia, da quanto tempo stesse male. Perchè sembrava conoscere la situazione molto bene, ogni sua emozione, lui la coglieva e riusciva subito a tranquillizzarlo. Ma non aveva il coraggio di chiederglielo. Non riusciva a trovare il coraggio di parlare di questi argomenti, con nessuno.

«Tae, ti esce il fumo dalle orecchie fra poco, a cosa pensi?» chiese il biondo, girandosi di fianco, per osservare meglio il grigio. Taehyung tornò sulla terra e spostò lo sguardo in quello del biondo. «Mhm, niente di importante» rispose. Jimin sbuffò «Smettila di mentirmi, cosa c'è?»

Taehyung sospirò e, anch'esso si girò di lato per poter osservare meglio i lineamenti dolci del viso di Jimin. «Non so, pensavo a tante cose» disse con voce flebile. «Tipo? Dimmene una, quella che più ti tormenta» rispose in seguito il biondo. «Non vorrei risultare troppo invadente o testa di cazzo, quindi-» Jimin lo bloccò sul nascere. «Vuoi sapere da quanto tempo sto così?» chiese, sorridendo. Taehyung si morse il labbro inferiore, annuendo debolmente.

«Quanto sei stupido Taehyung!» ridacchiò il biondo «Siamo nella stessa barca, entrambi, non puoi imbarazzarti per queste cose.» Scosse la testa, ridendo, in disapprovazione. «Due anni, comunque. Sono due anni ormai.» chiuse gli occhi.

Due anni di sofferenza pura. Due anni da quando i suoi genitori non si fecero più vivi, due anni da quando combatteva da solo, completamente da solo. Due anni da quando la sua vita si era bloccata in un limbo sperduto nel nulla. Due anni di puro inferno.

Taehyung continuava a guardarlo, al suo fianco, senza proferire parola. Gli piaceva rimanere così, piaceva ad entrambi. Ognuno scrutava i lineamenti contrastanti dell'altro. Jimin aveva dei lineamenti così soffici, delicati, come un piccolo bambino. Taehyung era completamente l'opposto. I lineamenti del suo viso eran più calcati, spigolosi e perfetti, come definiti dalla mente di Jimin.

Avevano passato ore ed ore entrambi a scrutare ogni minimo centimetro del viso dell'altro, senza stancarsi mai. Era diventata una loro cosa.

I loro sguardi vagavano sul viso dell'altro, facendo scorrere il tempo, senza accorgersene. Erano in sintonia, forse più del dovuto e, forse, presi dal momento, i loro sguardi si scontrarono e si intrecciarono. Si legarono, e sapete quei legami indissolubili, difficili da sciogliere? Ecco, quella mattina si creò ciò tra i due ragazzi.

Si sedettero, senza nemmeno accorgersene. L'uno di fronte all'altro, sguardo nello sguardo. Mani intrecciate che, nemmeno loro si accorsero di averle così.

Rimasero in quella posizione per almeno una decina di minuti, quando, il biondo, cominciò ad avvicinarsi, sempre di più. Si ritrovarono a pochi millimetri di distanza. Il loro sguardo era sempre incastonato, come una pietra preziosa era incastonata nella roccia. Impossibile da separare e da staccare.

"Taehyungie" disse susurrando Jimin, ma il grigio gli mise un dito sulle labbra, facendo così che stesse in silenzio. Voleva godersi quel momento. Voleva godersi ogni singolo istante, nel più totale silenzio.

In poco tempo si ritrovarono l'uno attaccato all'altro. Le loro labbra erano unite in un piccolo e dolce bacio, quasi innocuo. Un bacio che per loro era diventato liberatorio. I due ragazzi, quella mattina, sul tetto dell'ospedale, si baciarono, capendo così cosa fosse quel piccolo barlume di salvezza.

Si staccarono, appoggiandosi fronte-fronte. Rimasero con gli occhi chiusi, per qualche manciata di minuti. Erano solo loro, nessuno poteva disturbarli. Erano solo Jimin e Taehyung, due ragazzi malati che, avevano trovato quel pizzico di speranza l'uno nell'altro.

«Taeh-» Jimin cominciò a parlare di nuovo, ma venne interrotto di nuovo dal grigio. «Jimin-ah, ti prego, non parlare. Il silenzio, questo silenzio, riesce a dire molto di più di qualsiasi parola» e sorrisero insieme, all'unisono.

Jimin si sentiva in paradiso, nonostante tutto l'imbarazzo provato perché sì, era stato lui a fare la prima mossa e, per di più, con un ragazzo. Mai se l'avrebbe aspettato in vita sua, ma successe. Era un miscuglio di emozioni. Felicità, serenità, tranquillità. Dopo anni, Jimin poteva dire di aver fatto una cosa giusta, che non avrebbe rimpianto.

Taehyung si sentiva strano, quella era la prima cosa che poteva affermare. Ma era felice, felice di aver fatto una cosa fuori dagli schemi, felice che fosse successo con il ragazzo che, ormai, aveva imparato a conoscere come la sua ancora di salvezza.

Rimasero così ancora per un po', fino a quando sentirono la porta spalancarsi, dietro di loro, quindi si staccarono di colpo, imbarazzati. Un'infermiera era venuta a chiamarli, erano stati convocati dai medici di reparto.

Si alzarono e a stento si guardarono in viso, l'un l'altro. L'imbarazzo cresceva e loro se ne rendevano conto.

Oncology | VminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora