XIV

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«Sadness is a wall between two gardens»

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«Sadness is a wall between two gardens»

Il mattino successivo Jimin si svegliò, notando all'istante che il ragazzo al suo fianco non era in stanza. Il letto era fatto, con le coperte tirate su e i cuscini appoggiati con precisione sulla spalliera.

La luce filtrava dalla finestra, illuminando ogni centimetro di quella stanza bianca e spoglia.

Si tirò subito a sedere, passandosi una mano tra i capelli, guardandosi intorno prendendo, poi, il suo cellulare, provandogli a mandare un messaggio.

To TaeTae:

«Tae, dove sei

Un trillo seguito da una piccola vibrazione. Jimin scattò con lo sguardo verso la scrivania, vedendo il telefono del grigio appoggiato su di essa, con lo schermo illuminato dalla notifica appena arrivata.

Il biondo decise di alzarsi, avvicinandosi poi al telefono del suo compagno di stanza. Lo guardò per qualche istante, senza toccarlo, né sfiorarlo. Si girò, andando verso la porta del bagno, che trovò socchiusa, la aprì e non trovò nulla, nemmeno lì.

Prese una grande boccata d'aria e uscì dalla stanza, dopo essersi infilato le pantofole, incamminandosi verso la stanza degli infermieri. Bussò cauto, per la prima volta in tutto il periodo del suo ricovero.

Una donna sulla cinquantina gli aprì e lo scrutò da cima a fondo. «Bong Soon, è un tuo paziente» disse non curante del ragazzo, girandosi e tornando a sedere sul divano, mangiando delle patatine in un modo alquanto bizzarro e allo stesso tempo disgustoso.

«Oh, Jiminie cosa succede?» chiese, accostando la porta dietro di sé. Il ragazzo si morse il labbro inferiore, spostando lo sguardo sul muro dietro la donna, per evitare qualsiasi contatto visivo. Boccheggiò un paio di volte, prima di trovare il coraggio di parlare. «Tae- Taehyung è a fare qualche visita?» chiese con tono decisamente basso. La donna scosse la testa, aggrottando le sopracciglia. «Non è in stanza?» chiese di rimando lei. Jimin si maledì, avrebbe fatto finire nei guai il suo compagno di stanza. «Oh- probabilmente è andato in bagno e non me ne sono nemmeno reso conto» cercò di sorridere per provare a far trapelare un po' di sicurezza dal suo corpo minuto e malnutrito. Ringraziò cordialmente e sgattaiolò via da quella situazione imbarazzante e pericolosa.

Fece per tornare in stanza, ma si fermò di colpo, dandosi un piccolo schiaffo sulla fronte con la propria mano. Il tetto Jimin, certo che sei proprio stupido. Sbuffò e si girò in un batter d'occhio, incamminandosi verso quella parte quasi abbandonata dell'ospedale, accessibile solo da chi ne conosceva l'esistenza.

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