16. Invasori da altri mondi

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L'umana si accorse quasi subito della grossa station wagon grigia che parcheggiava davanti a casa sua e gli si avvicinò guardandola con cortese curiosità

«Posso aiutarla, signore?» chiese piano, sorridendo con quelle sue belle labbra rosa e morbide.

Lo sportello dell'automobile si aprì e la ragazza vide uscire dall'abitacolo un uomo tozzo, alto, dai capelli di un castano scuro arruffati e ispidi, il volto duro, squadrato, gli occhi infossati e attorniati da occhiaie scure. Lei smise di sorridere per un istante, turbata da un oscuro presentimento, poi riprese la sua espressione dolce

«Mi ha sentito? Posso aiutarti?»

«Aiutarmi» rispose il grosso tipo, con una voce graffiante, leggermente nasale, che terminò in un ringhio basso e prolungato come le fusa di un gatto

«Non ti senti bene?» chiese preoccupata la giovane, tendendo una mano delicata verso la guancia del Bruno

«Io ho fame, solo questo. Non è nulla...»

«Se vuoi puoi entrare da me a pranzare, ti va? Tranquillo, è solo dovere di ospitalità»

«Mi piacerebbe molto pranzare con te, se devo essere sincero» mormorò il Bruno, sollevando la testa e osservando con brama il volto della donna «Ma dubito che ti piacerebbe, potrei non essere per te la migliore delle compagnie».

La ragazza indietreggiò turbata, serrando involontariamente i pugni. Si era accorta solo adesso che gli occhi dello straniero erano gialli e cupi, iniettati di sangue, e la guardavano con un folle desiderio inquietante. Il cuore le balzò in petto, il terrore la invase.

Il Bruno fece un passo in avanti e si leccò le labbra sentendo la saliva schiumare dentro la sua bocca e le viscere contorcerglisi come se richiamassero l'attenzione del loro possessore sulla possibilità di mangiarsi chi aveva davanti. Come uomo lupo, però, sapeva di dover essere prudente. Annusò l'aria e aguzzò l'udito per scoprire la presenza di altre persone che avrebbero potuto rappresentare un pericolo per lui. Ghignò cupo e soddisfatto quando ebbe la conferma del fatto che l'unica compagnia della ragazza era un bambino di sette o otto anni circa, un misero moccioso che non poteva certo fermarlo

La ragazza s'irrigidì dopo aver fatto ancora un paio di passi all'indietro, nervosa

«Stai indietro!» esclamò, il tono tremante «Indietro!»

«Ho fame» ringhiò il Bruno, abbassandosi un po' sulle gambe «E ho fame di carne»

«Cosa vuoi, brutto maniaco?! Sono armata, sai?»

«Tremo di paura...» ironizzò l'altro, scoprendo i denti in una sorta di silenzioso ringhio.

La donna si ritrasse fino all'uscio e allungò una mano dietro la porta

«Ti avevo avvertito, pazzo di un maniaco!» esclamò con accento feroce, estraendo un fucile con determinazione contro il Bruno, pronta a fare fuoco senza pietà

«Oh, un'arma!» esclamò il licantropo, falsamente sorpreso, alzando un braccio

«Non c'è niente da scherzare, io ti ammazzo!».

Il Bruno contrasse la mascella e balzò in avanti. In un solo istante, mentre la giovane donna sollevava la canna del fucile, serrò i pugni e gettò le mani con forza, colpendo il volto della ragazza. Il sangue schizzò dallo zigomo distrutto in uno spruzzo che raggiunge la fronte del licantropo nello stesso istante in cui lo sparo partiva dal fucile che il Bruno si era infilato sottobraccio e il proiettile fischiò nell'aria diretto verso il cielo chiaro.

Scontramondi - 1. La pietra delle fontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora