22. Motociclisti

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Lì per lì non ci fece caso. Erano solo motociclette: una cosa troppo comune da quelle parti.

D'improvviso Scheggia fece un salto indietro

«Cani bastardi! Ci sono i biker!»

«I biker?» chiese Harry, sollevando un sopracciglio ma non ebbe tempo di dire altro che Mike lo prese per la camicia e gli ordinò di correre, di nascondersi, con un'impellenza che lo spaventò.

Da una curva ampia spuntarono una banda di teppisti che ad Harry parvero grossi come montagne, vestiti di rosso e di nero, occhiali da sole e giubbotti di pelle, su motociclette enormi.

La gang nera e il giovane bianco si andarono a nascondere in un vecchio ripostiglio muffito. Ray si sentì in dovere di dare spiegazioni ad Harry

«Mai sentito parlare di rivalità fra clan?» gli chiese, eloquente e a bassa voce

«Si» rispose il giovane bianco mentre uno strano presentimento si faceva strada in lui

«Ecco, quelli là che hai visto sono i Kobra... nome scemo... e non è che siamo rivali, è che cercano di ammazzarci ogni volta che ci vedono. Bastardi biker»

«Ma voi non ce l'avete una casa?»

«Si che ce l'abbiamo!»

«E allora perché non vi nascondete... non ci nascondiamo tutti là?»

«Scherzi? Tempo di uscire di qua e ci beccano ...»

«E voi avete paura?»

«Evitiamo risse» spiegò Scheggia, ragionevole «Per colpa loro il nostro compagno, J.T.J, non è qui, ma all'ospedale» si fermò in ascolto, teso, i tendini del collo in rilievo sotto la pelle lucida e scura «Tu senti niente?»

«No»

«I biker sono andati?»

«Penso di si» rispose Mike, accostando l'orecchio alla porta «Non li sento e loro sono fortemente casinisti, no?» sospirò e si passò il dorso della mano sulla fronte «Se ne sono andati» commentò infine.

Aprì la porta, un pannello spesso di truciolato compatto, e uscì in strada. Gli altri lo seguirono ridendo, dandosi anche qualche pacca da "post pericolo", tutti più rilassati.

Harry si infilò le mani in tasca, ancora per metà spaventato e per metà elettrizzato. Era uscito per una passeggiata e si era trovato a nascondersi con una gang di periferia in un ripostiglio per sfuggire a un gruppo di motociclisti assatanati. Forse era proprio questo, che cercava, il brivido. Nel pensarlo, un sorriso gli si disegnò sul volto.

«Ehi Scheggia» Disse, curioso «Ma vi capita spesso di dovere scappare da quelli?»

«Abbastanza»

«Ma perché ce l'hanno con voi?»

«Vorrei tanto saperlo anch'io che vogliono dai noi quei figli di... »

«Te lo faccio sapere subito!» ruggì qualcuno, con una voce bassa, roca, sprezzante.

Harry fu percorso da un brivido e si guardò intorno. I biker li avevano circondati da tutte le parti, grossi come montagne in giubbotto di pelle. I Kobra, alla fine si erano dimostrati più furbi di quanto si fosse detto e li avevano presi in trappola.

Quello che aveva parlato per primo avanzò verso Mike. Non era meno grosso dell'erculeo nero, semmai non tonico nell'esatto modo, ma camminava strano, come se fosse infortunato al ginocchio destro. Insomma, piegava male la gamba e tutto il peso poggiava su un lato del corpo. Aveva la barba leggermente riccia, di un color catrame lucido, e i capelli lunghi sparati come un personaggio dei fumetti visto molto tempo prima da Harry, che ricadevano irti sulle spalle possenti. Occhi di ghiaccio, acuti e odiosi, scorrevano placidi, sicuri, sulla gang degli afro. Si accorsero di Harry.

Scontramondi - 1. La pietra delle fontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora