29. Una battaglia e una vittoria in una notte

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I vampiri avanzarono finché la terra non tremò e una vampa rossa illuminò il cielo oltre le chiome degli alberi di fuoco, seguita da una sagoma nera e lucente dalle grandi ali traslucide che coprì ogni luce con la sua massa vibrante.

Ogni cosa parve mescolarsi nel terrore, la notte vorticò di denti e muscoli.

Fuoco.

Sangue irrigò il terreno, che bevve avido come una bestia di dimensioni inimmaginabili.

Il cielo notturno fu presto pieno di altre innumerevoli ali grigie di creature demoniache, un esercito intero di Vampiri Maggiori giunse richiamato dall'antico istinto della guerra e del dolore che è loro sovrano.

«Venite, fratelli, venite!» Urlò uno di loro, ancora in forma umana aprendo le braccia pallide contro il cielo nero, l'espressione di esaltata ferocia dipinta sul volto ebbro di pazzo piacere «Venite! Sorgete dal vostro sonno, ridestatevi e volate! Che non rimanga alcun umano su questa terra, né il lupo a contrastarci! Si alzi la musica dei gemiti e delle grida, si veda il sangue schizzare macchiando i nostri ed i loro petti!» proruppe in una risata alta, di quelle che si potrebbero definire sataniche, mentre lo stormo dei suoi simili lo superava scendendo verso la battaglia, poi distese la lunga mano in avanti come per raccogliere tutte le terre con un sol gesto «Figli del buio, sorgete su questa terra maledetta, spargete il sonno eterno al vostro passaggio».

Colui che aveva urlato doveva essere un Signore Grigio, perché nonostante avesse assunto la forma umana, che si stagliava all'orizzonte su una collinetta sopraelevata, la sua pelle non era diafana e vellutata come quella di tutti i vampiri, ma di un grigio polveroso che faceva pensare a una superficie rivestita di velluto.

Sembrava più antico degli altri, e più terrificante, con le iridi rosse che risaltavano sulla pelle più scura.

"I Signori Grigi sono irritanti, hanno un sacco di manie di grandezza" fu quello che pensava Shadow mentre sollevava la testa e ruggiva impennandosi, mentre fiamme di un rosso brillante scaturivano dalle sue letali fauci

«Non giocate con me! Non si scherza!» urlò rauco, con ira, ritornando su quattro zampe con un tonfo che scosse la terra, poi anche lui rise e seguitò spedito a parlare «Dimenticate forse quale antica stirpe fronteggiate?» ringhiò, in un crescendo di straripante rabbia, e con la fierezza di un vero drago gonfiò il petto «Tanto meschini siete da rischiare così senza ideali il vostro misero surrogato di vita? Tornerete nella terra da cui siete venuti, come cenere, e su di voi pianterò l'albero del pane e la quercia».

"L'albero del pane" Ragionò Shadow "Però, proprio una bella pianta... mi vengono bene le allusioni"

"Non saprei" fu il commentò di Mark, incerto.

Lui non l'aveva capita, quella battuta.

Ci fu un istante di quiete, illusoria e sottile.

L'aria puzzava di bruciato come dopo un gigantesco barbecue, ma c'era anche una specie di retrogusto polveroso, vecchio.

Mark era immobile con le mani premute contro la gola di un grosso vampiro a terra. Nero, ferito e sanguinante, ansimava gonfiando il gozzo di aria, inginocchiato e piegato in avanti con le labbra nere intrise di spuma cremisi che colava sulla gola lentamente, a rivoli.

Scontramondi - 1. La pietra delle fontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora