8. Sanare le ferite

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«Grazie»

«Non è una notte meravigliosa?» disse all'improvviso Artenair, la testa volta al cielo «Quante stelle, lontano dal mondo degli uomini, quanto splendore...».

Tutti guardarono l'imponente figura grigia alata, curiosi, udendo la sua voce mutare, divenire profonda e modulata

«... A volte penso che la colpa di molti mali sia mia, e sapete perché? Perché per me vita è bellissima e il mondo è perfetto, non capisco come possono esistere guai, lacrime, tristezza, perché tutto è cosi meraviglioso per me... perciò quando vedo qualcuno stare male penso che la colpa è la mia, altrimenti come potrebbe lui stare cosi male in un mondo cosi bello?».

Silenzio. Una striscia argentea, la coda di una stella cometa, si disegnò brillante nel cielo. Era vero che il mondo era bello, meraviglioso, unico. Nessuna stella sembrò uguale all'altra e tutte sorridenti, l'aria tersa e fresca, le brezza leggera, di quelle che un po' scompiglia i capelli un po' si spegne, la luna coperta dalle nubi simili a panni di velluto blu scuro, o panna colorata, mentre si spegnevano all'orizzonte gli ultimi barlumi di luce rossa, ferrea, infuocata. Dov'era il paradiso se non lì, in quelle notti dolci del sapore d'autunno e dal suono di flauti di canna in cui fischia il vento?

Harry dovette ammettere che valeva la pena di essere lì anche solo per far vagare lo sguardo fra le colline, per non parlare dei draghi, giganti sovrani segreti del mondo, e tutto ciò era dieci volte meglio di una cena fra colleghi che sai tiravano addosso velenosi commenti e battutine ironiche mentre sotto sotto cercavano di fregarsi l'un l'altro il posto e si disprezzavano per le differenze di salario, di ufficio, di trattamento. Dieci volte meglio di finire un videogame difficile, dieci volte meglio di guardare la televisione, dieci volte meglio di camminare senza meta per poi infilarsi una discoteca alla ricerca di uno strano surrogato di divertimento.

Artenair aprì le ali, teli grigiobluastri attraversati da miriadi di capillari più scuri, e si sollevò sulle potenti zampe posteriori

«Allora ci sentiamo presto eh!» ruggì gioviale «Arrivederci, caparbi esploratori dell'ignoto!».

Poi si sollevò in volo e si allontanò nel cielo notturno, le squame rilucenti di riflessi lunari un po' argentei sull'opaco grigio del potente dorso. Un ultima risata ruggente risuonò, poi più nulla. Per qualche secondo di totale calma non si udì nemmeno il vento. Shadow emise un ringhio basso simile a un ululato innaturale, lungo e rauco, che era il suo saluto.

Mark sventolò in aria la spada, da buon guerriero incosciente qual'era, poi si avvicinò a John e gli passò una mano dietro le spalle, tenendolo sotto braccio amichevolmente

«Volpone, pensi anche tu quello che penso io?»

«Non saprei... io sto pensando al vestito zebrato di una signora che ho visto a Wall Street, proprio bizzarro, tu?»

«Penso proprio di no, poi... che diamine...» Mark s'interruppe e guardò dall'altro lato «Che fai Lita?»

La donna dai capelli tinti rossi rimase congelata con la mano tesa verso di lui, in faccia l'espressione del gatto sorpreso a rubare un pezzo di prosciutto

«Voglio congratularmi con te per la vittoria» rispose, con una vocetta candida

«Non toccarmi!».

Lei fece un salto di mezzo metro e nascose la mano dietro la schiena

«Che musone che sei! Potevi dirlo prima!» gli urlò, tentando di sembrare offesa e anche vagamente imbarazzata «Me ne vado in macchina»

«E vai, vai...» borbottò, vagamente sollevato, il Dragoniere Oscuro.

Shadow sghignazzò

«Caspio, potresti essere più gentile con la signorina!»

Scontramondi - 1. La pietra delle fontiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora